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Mimì Lucano in tv da Fazio: una bella lezione di fraternità e di umiltà

21 ottobre – È stata una magnifica lezione di fraternità, con l’umiltà e la bonomia che gli sono congeniali: Domenico Lucano ha potuto raccontare nella trasmissione di Fabio Fazio la storia del modello Riace, nato per caso e diventato un esempio di integrazione che rispetta in pieno il dettato costituzionale dell’art. 10 (Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge).
Non sì è difeso dalle assurde accuse che gli sono state riversate addosso attaccando i giudici, ma ha spiegato la limpidezza degli intenti perseguiti: aiutare chi ha bisogno, offrendo solidarietà e accoglienza adeguata. Lucano ha ricordato il primo sbarco per un naufragio nel 1998 dei profughi curdi proprio a Riace. È nata in quel momento l’idea di integrare in un paese abbandonato, utilizzando le case dismesse e lasciate a deperire, una massa eterogenea di nazionalità diverse, fino a mettere insieme una geografia umana straordinaria (oltre venti – ha spiegato).
Cosa succederà domani Lucano lo ha indicato chiaramente: se lo Stato ritira il proprio aiuto c’è la solidarietà internazionale che si è già mobilitata in queste settimane e non mancherà di far giungere gli aiuti necessari. Non è un modello – ha detto il sindaco sospeso di Riace – è un’esperienza che ha permesso di realizzare un ideale di integrazione che nessuna legge, nessun provvedimento amministrativo potrà mai imporre come norma. Riace è diventata, questo sì, un simbolo dell’integrazione possibile e da questa esperienza si può e si deve ipotizzare un’idea di accoglienza che superi ogni intolleranza e soprattutto prevarichi sui rigurgiti di razzismo che interessi di parte hanno rinfocolato per fini elettorali.
Chi ha avuto la voglia e la pazienza di seguire i 25 minuti di intervista (che chi ha perso può rivedere su RaiPlay) dovrà ricredersi su Domenico Lucano: una persona per bene, con ideali ammirevoli. La storia gli renderà giustizia, ma intanto la giustizia gli restituisca, in tempi rapidi, l’onore macchiato: se colpevole di malversazione o altri reati sarà giudicato ed eventualmente condannato, ma se l’unico reato contestato resterà quello di troppa umanità, qualcuno dovrà vergognarsi delle dichiarazioni di questi giorni. (s)

RIVEDI IL VIDEO DELL’INTERVISTA DI LUCANO A CHE TEMPO CHE FA SU RAIPLAY:

 

 

«Mi hanno chiamato Mimmo i giornalisti, tutti mi conoscono come Mimì»

Oggi era apparsa anche una bella pagina con l’intervista di Francesco Merlo su la Repubblica, dove tra l’altro Lucano rivela che il nome con cui lo chiamato tutti in paese è Mimì. Alla domanda di Merlo se ce l’ha con i giornalisti Lucano risponde «Questa te la devo dire bene: il Lucano raccontato non esiste, mi chiamo Mimì e non Mimmo e hanno scritto che sono primitivo e naïf. Si infilano nel luogo comune: Lucano è iperbolico e cafone perché un calabrese è sempre un calabrese».
– E non è vero?, incalza Merlo – «Certo, ha un’identità forte: va sino in fondo, ha passioni, esaltazioni individualistiche, accese solitudini, e coltiva l’intelligenza libertaria sin dai tempi di Telesio e di Campanella… Ma hanno identità forti anche i siciliani, i sardi, i toscani, i genovesi, i romani, i napoletani. Solo agli indomiti e ostinati calabresi è riservato il pittoresco? Stasera vado da Fazio: in tv è anche peggio».