CRESCE LA POLEMICA SULLO SCONTRO TRA REGIONE ED ESECUTIVO NAZIONALE, INTERVIENE IL PRESIDENTE TALLINI;
La polemica sui tavolini all'aperto

Per qualche tavolino in più: Boccia vs Santelli
Non serve a nulla il ricorso al Tar del ministro

di SANTO STRATI – Se il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia avesse tenuto a mente quanto scrisse Romano Prodi contro i tribunali amministrativi, probabilmente avrebbe potuto evitare di crearsi l’immagine del burocrate tutto scartoffie che mal si attaglia a un fine (e apprezzatissimo) professore di economia, con tanto di master alla Bocconi. Com’è noto, dopo la formale diffida (di cui non si trova obbligo nella giustizia amministrativa) ha annunciato il ricorso al Tar contro l’ordinanza della Presidente Santelli sulla riapertura di bar e ristoranti, purché con tavoli all’aperto. Un’ordinanza che – è bene ribadirlo – non impone alcun obbligo di alzare le saracinesche per gli esercenti, ma offre la facoltà a chi voglia di poter “ricominciare” l’attività, servendo ai tavoli, pur nel rispetto delle rigorose norme di distanziamento e di prevenzione sanitaria imposte dai vari decreti del Presidente Conte.

Alla fine, bisognerà convenire che lo scontro tiene banco giusto per qualche tavolo di trattoria: Conte aveva autorizzato il servizio di asporto, la Santelli ha aggiunto qualche tavolino all’esterno. In Calabria il clima permette persino di bersi una cioccolata calda all’aperto durante i mesi invernali, figurarsi ora con la bella stagione. E l’involontario suggerimento della presidente Jole è stato subito recepito da diversi presidenti di Regione, a cominciare da Zaia, ma anche e soprattutto da diversi esercenti al di fuori della Calabria. Tanto per fare un esempio, stamattina a Roma, molti bar hanno riaperto mettendo fuori un tavolino dove servire il caffè o il cappuccino “da asporto”. Vietato avvicinarsi al bancone, ma lecito “asportare” dal tavolino davanti al bar l’irrinunciabile espresso…

A cosa è servito l’annuncio della diffida e cosa succederà adesso con il ricorso al Tar? Andiamo per ordine. Romano Prodi, nel 2013 in un articolo sul Messaggero riferiva dell’amara ironia di un investitore che proponeva di abolire Tar e Consiglio di Stato per non legare le gambe all’Italia. «Non posso – scriveva Prodi – non notare che il ricorso a questi tribunali è diventato un fatto normale ogni volta in cui si procede a un appalto o che sia pronunciato l’esito di un concorso pubblico o una qualsivoglia decisione che abbia un significato economico. Il tutto senza sostanziali limiti al ricorso». Ecco, quali sono i vantaggi di un ricorso che mette davanti agli occhi dei cittadini un doloroso confronto tra diverse amministrazioni dello Stato? La risposta è semplice: nessuno. Il Tar dà ragione a uno dei due contendenti e decide se un provvedimento può avere ancora validità di legge o meno.

Nel caso specifico, il ministro Boccia ha dapprima fatto una diffida, affidandola ai giornali (e qui si potrebbe disquisire a lungo come entrambi i contendenti Boccia vs Santelli hanno saputo sfruttare lo scontro in termini di visibilità mediatica) e stamattina – sempre attraverso la stampa – ha fatto sapere che ricorrerà al Tar.

Bene, il cittadino comune che conosce i tribunali amministrativi regionali (Tar) quasi esclusivamente per aver sempre letto della lentezza con cui istruisce le pratiche e quindi deposita poi le sentenze, avrà ghignato pensando a come se le studia tutte il ministro Boccia per apparire in tv e sui giornali. A pensar male si fa peccato – diceva Andreotti – ma spesso ci s’azzecca. Ecco perché tutta la storia, più che un duello per il rispetto della normativa, sembra più una sfida mediatica a chi appare di più.

Secondo la prassi amministrativa, non c’è bisogno di diffida prima di ricorrere contro un provvedimento di un organo dello Stato. Boccia lo ha fatto “per cortesia istituzionale”? mah… Certo si è conquistato le prime pagine, regalando altresì (e gliene siamo grati da calabresi) una grande visibilità alla nostra regione e alla sua Presidente. Poi ha annunciato il ricorso al Tar. Ma di quale città? La competenza è regionale e poiché è un’ordinanza della presidente della Regione Calabria, il ministro Boccia dovrà far presentare il ricorso al Tar di Catanzaro. E, a quanto pare, l’Avvocatura generale dello Stato sta lavorando alacremente sul documento da presentare al tribunale del Capoluogo. Per ottenere, in questo caso, un decreto votato dai componenti del Tar calabrese che si tradurrà presumibilmente in una sospensiva, in attesa del giudizio. Oppure potrebbe contare su un decreto d’urgenza del presidente del Tar che delibera senza bisogno di consultare gli altri membri, varando un provvedimento che – notate bene – non è impugnabile.

Detto in parole povere si sta sollevando un polverone inutile che si poteva tranquillamente evitare, dato che – al massimo – il Tar potrà decidere di sospendere la validità dell’ordinanza n. 37 della Santelli e cioè impedire agli esercenti dei locali pubblici di avvalersi della facoltà di mettere qualche tavolino fuori del bar, senza alcun’altra conseguenza né di natura penale né civile per la Presidente.

Fin qui il ministro ha fatto la sua parte, quale strenuo difensore del rispetto delle normative, ma ha ricevuto una fiera e decisa risposta da parte del presidente del Consiglio regionale Mimmo Tallini che gli ha rinfacciato l’inesistenza di una cosiddetta “clausola di supremazia” che consente al potere centrale di sospendere l’autonomia delle Regioni.

Ci è piaciuta meno – nella sua enfasi mediatica – l’accusa alla Santelli sull’utilizzo dei tamponi. A mezzo stampa Boccia ha detto: «Mi sarei aspettato un impegno forte e radicale come quello messo nell’ordinanza. Ne abbiamo spediti 84mila ma ne hanno fatti solo 37mila per 2 milioni di abitanti». Gli ha replicato, giustamente piccata, la Santelli rivendicando «una media di un test ogni 55 abitanti. Un risultato tra i più alti tra le regioni del centro-sud che registrano una media di 1 test ogni 60 abitanti». E questo «nonostante le difficoltà dovute non alla disponibilità dei tamponi ma al reperimento dei reagenti e soprattutto delle attrezzature per effettuare i test nei cinque laboratori regionali».  La schermaglia per l’ordinanza offre il pretesto per versare (senza ragione) un po’ di fiele per alimentare la polemica politica dell’opposizione. Ma Tallini è stato chiaro anche nei confronti di chi (il commissario pd Graziano e il capogruppo Bevacqua)  lo accusava di parzialità:  «Difendere le prerogative costituzionali della Regione in materia sanitaria e in riferimento alla ‘fase 2’ nella polemica col Governo, a proposito delle ordinanze della presidente Santelli, tutto mi pare tranne che un atto di parte. Il dibattito sulla potestà legislativa concorrente come disciplinata dalla riforma del Titolo V della Costituzione nel 2001 e che nell’emergenza pandemica ha generato molteplici e vistose incomprensioni,  è d’altronde di stringente attualità non solo fra costituzionalisti ma anche tra le forze politiche». E a Boccia il giorno prima aveva chiaramente detto – perché riferisse al Governo – «non ci faremo piegare e risponderemo con altrettanta fermezza» all’«esibizione muscolare” dell’esecutivo con il ricorso al Tar.

Quindi, un’altra storia di ordinaria burocrazia, con la differenza che se il ricorso fosse presentato da un privato, non avrebbe la tempistica velocissima prevista in casi come questo. Scusate, ma a parte la bella visibilità per la Calabria – che ne guadagna in reputazione lanciando l’idea di essere una meta ideale per il turismo “interno” come regione covid-free, agli italiani il ministro Boccia, in nome e per conto dell’ “aspirante sovrano” Conte  (che graziosamente “concede” ai sudditi), questa sceneggiata la poteva risparmiare. Del resto, un po’ di pepe nella patria del peperoncino, alla fine, non toglie il giusto sapore del “diavolicchio” calabrese. E il messaggio rimane uno solo: venite in Calabria non solo perché è unica,bellissima e inimitabile, ma persino virtuosa e lungimirante nella gestione dell’emergenza covid. (s)