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REGGIO – Beni confiscati, l’opposizione chiede commissariamento del settore

Sia commissariato il settore della gestione dei beni confiscati del Comune di Reggio Calabria. È questa la richiesta avanzata dai consiglieri di opposizione, Minicuci, Milia, Caridi, Maiolino, De Biasi, Anghelone, Malaspina, Rulli, accanto al Presidente della Commissione Controllo e Garanzia del Comune, Massimo Ripepi, in quanto «i beni confiscati alla ‘ndrangheta risultano fuori controllo e negli ultimi sei anni, ovvero da quando è in carica l’Amministrazione Falcomatà, non si è proceduto mai a nessuna ispezione. Non esistono neanche le carpette con la documentazione dell’assegnazione dei beni assegnati e, addirittura, non si conosce neanche il numero reale dei beni».

Solo in seguito alle continue richieste di chiarimento della Commissione Controllo e Garanzia del Comune, presieduta da Massimo Ripepi, si è appreso che nessuno conosce il numero dei beni confiscati assegnati e nessun monitoraggio e controllo è stato effettuato negli ultimi sei anni, anzi gli attuali due assessori dei Servizi Sociali e del Patrimonio, con relativi Dirigenti, non hanno ben chiaro di chi sia la competenza ad effettuare gli adempimenti prescritti per legge. Si tratta di un fatto gravissimo, per il quale urge una denuncia pubblica sul comportamento incompetente, inadeguato e a dir poco vergognoso del Sindaco e degli organi deputati alla gestione di tali atti amministrativi. Al danno gravissimo, la beffa delle giustificazioni incredibili e mirabolanti degli amici del Sindaco che difendono l’indifendibile senza rossore e vergogna.

Proprio in Commissione Controllo e Garanzia, dinanzi a questo scenario apocalittico di incuria e sciatteria politico-amministrativa, il consigliere di maggioranza Giuseppe Marino, capogruppo PD, si vantava sostenendo che Reggio Calabria rappresenta un fiore all’occhiello nazionale nella gestione dei beni confiscati e un modello da imitare per le altre città italiane.

«Ci chiediamo – si legge in una nota – su quali basi si possano fare tali affermazioni, quando non siamo riusciti a trovare nemmeno le carpette delle pratiche riguardanti i singoli beni confiscati. Dov’è la trasparenza? Ma soprattutto dov’è la cultura della legalità? In una città ad altissimo tasso mafioso, dove è facile che le infiltrazioni criminose facciano velocemente il loro corso, il Comune non si preoccupa di fare le dovute ispezioni come raccomanda la normativa del “Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la rigenerazione dei beni comuni urbani”. Tale prescrizione prevede, che almeno una volta all’anno l’ente preposto, ovvero il Comune, faccia un monitoraggio della situazione e controlli il rispetto di tutti i requisiti previsti dalla suddetta normativa, da parte dei concessionari di tali beni. Il responsabile del procedimento in questione si deve anche avvalere della Polizia Municipale per fare tutti gli accertamenti del caso».

«Ebbene – continua la nota – ad oggi il Comune di Reggio non ha effettuato nemmeno una verifica, ma al tempo stesso non si è nemmeno preoccupato di comunicare alla Prefettura eventuali difficoltà ad ottemperare al suo dovere istituzionale. È mai possibile, che si debba accettare una tale negligenza e poi addirittura sentire un consigliere di maggioranza propagandare il grande lavoro dell’amministrazione, quando quest’ultima si comporta in maniera contraria a quanto dice? Lo provano i fatti, che il presidente Ripepi ha deciso di comunicare nel dettaglio con una lettera al Prefetto, al Ministro degli Interni, al Direttore dell’Agenzia Nazionale dei beni Confiscati, al Procuratore Nazionale Antimafia ed antiterrorismo ed al Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, attraverso una lettera in cui sono narrate le peripezie della Commissione Controllo e Garanzia, che in questi mesi ha tentato con ogni mezzo lecito di ottenere sia dal Settore Patrimonio e Erp sia dal Settore Servizi sociali i documenti relativi all’attività di monitoraggio e controllo dei beni confiscati».

«Per tutta risposta – continua ancora la nota – la Commissione ha ricevuto solo l’elenco parziale dei beni, ma né i verbali del monitoraggio né i provvedimenti di revoca sono pervenuti alla Commissione. È, altresì, chiamato in causa l’assessore Delfino e il dirigente dei Servizi sociali Barreca, ma anche in questo caso l’unica risposta è stata una giustificazione di assenza e per ultimo la promessa di avviare i procedimenti relativi al controllo. A questo punto, urge nell’immediatezza, rispetto a questi fatti che violano la legge e la fiducia accordata dai cittadini al Comune, l’intervento dell’ufficio territoriale del Governo».

«Oggi, più che mai – prosegue la nota – corre l’obbligo della Commissione di andare avanti con il lavoro di accertamento dell’attività amministrativa, perché ormai è sotto gli occhi di tutti che Falcomatà non è in grado di sostenere il suo ruolo politico e amministrativo, generando un danno enorme per l’intera comunità reggina e, in questo specifico caso, un gravissimo pericolo di ulteriore penetrazione mafiosa nel tessuto socio-economico della città già così provata da anni di incuria e connivenze. I reggini hanno bisogno di amministratori competenti, di uomini e donne in grado di salvaguardare e riqualificare questo difficile territorio e di far tesoro degli errori del passato, spargendo semi di fiducia e prospettive di futuro in una regione che da sempre sopravvive ai soprusi della ‘ndrangheta».

«Ripepi ribadisce il dovere, a tutti i costi – conclude la nota – di tutelare il nostro territorio e di promuovere una politica sana, capace e propositiva. Dello stesso avviso sono stati i Consiglieri intervenuti Minicuci, Milia, Malaspina che hanno ribadito con forza la gravità di quanto avvenuto nella gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata da parte di una amministrazione che continua a sventolare ipocritamente la bandiera della legalità e della trasparenza».

I capigruppo di maggioranza, hanno respinto le critiche dell’opposizione, sottolineando come «la lotta alla mafia è un tema talmente delicato che non può scadere a livelli così infimi e bassi di contrapposizione politica. Ciò che taluni, oggi, affermano dai banchi della minoranza di Palazzo San Giorgio fa veramente rabbia perché non si può gettare in bagarre o, ancora peggio, strumentalizzare il lavoro che, in questi anni, l’amministrazione comunale ha mirabilmente condotto sul tema del riutilizzo a scopi sociali dei beni confiscati alla criminalità. Le vuote invettive avanzate dai consiglieri di minoranza sono per noi delle medaglie al petto. Ma soprattutto: da che pulpito viene la predica?».

«Un impegno costante – prosegue la nota – duraturo, incisivo e riconosciuto in tutta Italia tanto da essere elevato ad esempio nelle più importanti e prestigiose assemblee del Paese. Si tratta, infatti, di un’attività laboriosa e talmente significativa che, soltanto qualche tempo fa, ha portato il direttivo dell’Agenzia Nazionale per l’Amministrazione e destinazione dei beni confiscati a riunirsi proprio a Reggio Calabria. Fu, quello, un segnale molto forte di affermazione e promozione delle azioni intraprese dall’amministrazione, guidata dal sindaco Giuseppe Falcomatà, capace, in pochi mesi, di rilanciare una strategia divenuta simbolo di trasparenza e meritocrazia». 

«Oggi  – continua la nota dei Capigruppo – le case dei boss le abitano le persone svantaggiate. Oggi le ricchezze sottratte alla criminalità sono diventate, in tutto e per tutto, patrimonio della collettività. E nei beni confiscati assegnati al Comune di Reggio sono ospitate decine di splendide esperienze sociali di riscatto e di servizio alla comunità. Cosa va, dunque, blaterando la minoranza di centrodestra? Smemorati e in malafede, questo sono. Perché noi abbiamo raccolto dalle macerie un Comune, fino a quel momento, guidato da una Commissione prefettizia insediatasi dopo lo scioglimento per le infiltrazioni mafiose dipanatesi negli stessi anni in cui, alcuni che adesso vanno blaterando falsità e menzogne, sedevano senza però sentire, vedere o parlare. Senza denunciare nulla di quanto accertato dalla magistratura e dal Ministero dell’Interno». 

«Ma davvero: di cosa stanno parlando? – conclude la nota –. Da chi dovremmo prendere lezioni di etica, moralità e buone prassi? Dagli stessi che votavano ogni cosa senza colpo ferire? Da chi, giustappunto, arriva la predica?». (rrc)