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Calabria.Live quotidiano sabato 20 dicembre 2025

Reggio, ciao sindaco Giuseppe Falcomatà: 12 anni di incompiute

di PINO FALDUTOAlla città di Reggio non si rende un buon servizio né con il silenzio né con le mezze verità, quando i fatti non possono più essere nascosti, attenuati o raccontati diversamente da ciò che sono. Scrivo questa lettera con il rispetto dovuto a chi ha ricoperto per quasi dodici anni la carica di sindaco di Reggio Calabria, ma anche con il riguardo personale che nasce da un rapporto di conoscenza e di affetto maturato nel tempo, e dal legame che è sempre esistito con la sua famiglia. Caro Giuseppe, dodici anni sono un tempo lungo. Abbastanza lungo per incidere davvero. Abbastanza lungo per cambiare il destino di una città. Abbastanza lungo, soprattutto, per assumersi fino in fondo la responsabilità dei risultati. Oggi quei risultati non sono più una questione di opinioni politiche, di narrazioni o post sui social. Sono numeri ufficiali, utilizzati da banche, imprese, fondi di investimento, organismi nazionali e internazionali. E quei numeri dicono una cosa semplice e durissima: Reggio Calabria è ultima in Italia per la qualità della vita.

Ultima nei servizi. Ultima nel lavoro. Ultima nelle opportunità per i giovani. Ultima nella capacità amministrativa.

Ultima proprio negli indicatori che misurano se un territorio è in grado di attrarre sviluppo o è destinato a perderlo. Questo dato pesa più d una inaugurazione, più di qualsiasi evento, più di qualsiasi slogan.

Dal 2014 a oggi Reggio Calabria ha perso oltre 15.000 residenti, passando da circa 184.000 abitanti a meno di 169.000, con un trend costante di diminuzione. Non si tratta di denatalità: è emigrazione strutturale. Sono andati via i giovani, ma anche famiglie intere e persone in età lavorativa, svuotando la città di capitale umano, competenze, lavoro e futuro. Questa non è una statistica astratta. È la fotografia di una città da cui si parte, non di una città che cresce.

E mentre Reggio Calabria perde popolazione reale, l’azione amministrativa si è spesso concentrata su interventi simbolici, come l’apertura di scuole nido e parchi gioco, privi però di un contesto demografico, sociale ed economico che ne garantisse utilizzo, manutenzione e continuità.

Strutture che, senza famiglie che restano e senza servizi veri, rischiano inevitabilmente il degrado, trasformandosi da annunci politici in spazi vuoti.

Negli stessi anni la città ha perso finanziamenti strategico, come i PinQuA, ha assistito agare deserte, bandi senza partecipanti, immobilismo sul PSC, reti idriche completate ma non attivate, e ha trasformato contenzioni tributari in strumenti di bilancio anziché di giustizia.

Ha messo in vendita beni simbolici e delicatissimi, come il Miramare, snaturando patrimoni nati per finalità sociali.

Nel frattempo la macchina comunale ha vissuto un’instabilità continua, incompatibile non solo con il Pnrr, ma perfino con la gestione ordinaria. A questa instabilità si è sommato il continuo cambio di assessori e vice sindaci, una rotazione costante che ha impedito qualsiasi continuità amministrativa, svuotando di senso le deleghe

e rendendo la Giunta comunale un organismo perennemente provvisorio. In dodici anni non è rimasta una quadra, non è rimasta una linea di governo, non è rimasta una responsabilità riconoscibile.

Il risultato è evidente: di quella prima Giunta, di quel metodo e di quelle scelte, oggi non è rimasto nulla. E una città complessa come Reggio Calabria non può essere governata senza continuità, stabilità e visione. E mentre si accumulavano ritardi e occasioni perse, la città veniva accompagnata verso una politica dell’apparenza: eventi, luminarie, inaugurazioni ripetute, estetica senza visione, comunicazione continua e risultati assenti.

I numeri del Sole24Ore certificano che questa impostazione non ha funzionato.Nemmeno il dato, pure positivo, dei 900.000 passeggeri dell’Aeroporto dello Stretto riesce a cambiare il quadro, perché racconta una città da cui di parte, non una città che cresce.

A rendere tutto ancora più grave è l’ipocrisia istituzionale delle manifestazioni di commiato tuttora in corso.

Cerimonie, parole solenni, narrazioni autocelebrative, come se si stesse chiudendo una stagione di successo. Ma la normalità non si proclama, si misura. E quando i dati ufficiali collocano Reggio Calabria agli ultimi posti in Italia, continuare a raccontare una normalità inesistente significa confondere la rappresentazione con la realtà. Le istituzioni non hanno il compito di consolare, ma di dire la verità. Perché senza verità non c’è fiducia, e senza fiducia non c’è futuro. A tutto questo si aggiunge una scelta politica precisa: non essere protagonista nella richiesta delle opere compensative legate al Ponte sullo Stretto, anzi porsi di traverso, rinunciando a difendere fino in fondo l’interesse di Reggio Calabria in un passaggio storico che poteva rappresentare un’occasione irripetibile di sviluppo. Le grandi opere non si giudicano a parole: si governano. E scegliere di non farlo non è neutralità, è responsabilità politica. Ancora più grave è quanto accaduto con Mediterranean Life. Il Consiglio comunale ti aveva formalmente incaricato di dare seguito all’Accordo di Programma per la sua realizzazione. Quell’atto non ha mai avuto seguito. Nessun accordo.

Nessuna conclusione. Nessuna assunzione di responsabilità.

Così non è stato solo bloccato un progetto strategico per la città, ma sono stati bruciati anni di possibilità, di investimenti, di lavoro, di programmazione e di credibilità. Quando un’Amministrazione non dà seguito a una delibera del Consiglio comunale, non è prudenza è mancanza di serietà istituzionale. Questo non è un giudizio personale. È la fotografia oggettiva dello stato in cui la città viene lasciata.

Ed è qui il punto più difficile, ma anche più onesto da dire: era giusto che questa stagione amministrativa finisse. Non per rivalsa, non per spirito di contrapposizione, ma perché Reggio Calabria ha bisogno di una discontinuità vera, profonda, culturale prima ancora che politica.

La storia recente della città dimostra che Reggio sa rialzarsi quando viene governata con responsabilità, competenza e senso del limite.

Lo ha fatto negli anni della Primavera di Reggio Calabria, l’unico periodo che ancora oggi viene indicato come fase di reale risalita.

Oggi serve tornare a quello spirito: meno narrazione, più decisioni; meno estetica, più infrastrutture; meno eventi, più servizi; meno gestione del consenso, più governo della realtà.

Oggi, dopo dodici anni da sindaco, il tuo ruolo istituzionale è cambiato.

Sei stato eletto a rappresentare Reggio Calabria in Consiglio Regionale, e questo avrebbe richiesto un atteggiamento diverso, più umile, più responsabile, più aderente alla realtà dei numeri. Nel nuovo ruolo che ti è stato affidato dai tuoi elettori resta ancora uno spazio di responsabilità.L’auspicio è che tu possa usarlo con maggiore aderenza alla realtà dei numeri e ai bisogni reali della città, anche come gesto di rispetto verso una comunità che merita verità e serietà.

Questa lettera non nasce da ostilità personale, né cancella i rapporti umani e familiari che hanno sempre accompagnato il nostro confronto.

Nasce dalla convinzione che amare Reggio Calabria vuol dire la verità, anche quando è scomoda.

Reggio Calabria non ha bisogno di apparire. Ha bisogno, finalmente, di essere governata come una cosa seria.

(Imprenditore)