di SANTO STRATI – La compianta presidente Jole Santelli, quando arrivò a Germaneto, non lo mandò a dire e, com’era nel suo stile di vita, dichiarò apertamente che in Regione c’era troppo grigio: «Ci sono 800 persone che lavorano negli uffici della Regione, ma non sappiamo a quale titolo e per fare cosa». Non se lo sono chiesti nemmeno Giunta e Consiglio regionale di fronte al progetto di legge presentato da Vito Pitaro (eletto nella lista Santelli Presidente) per “sistemare” (con regolare assunzione) 208 “precari dell’Ente regionale. Tra i quali – ci sia consentito di pensare – ci saranno splendidi lavoratori in attesa da anni di una giusta regolarizzazione, ma anche molti degli 800 indicati dalla Santelli: precari sì, ma, molto spesso, nullafacenti. Non è un’offesa per i lavoratori ai quali non vengono affidati compiti precisi e si stipendiano ugualmente, semmai si dovrebbero vergognare i calabresi di avere una Regione che non è capace di amministrare le proprie risorse, sia umane sia finanziarie.
Naturalmente la grande stampa nazionale, su una storia così, ci sguazza dentro, figurarsi se i giornaloni del centro-nord si lasciano scappare un’occasione così ghiotta per sottolineare un’altra legge. discutibile che porta la firma di tutti i capigruppo. Purtroppo, hanno ragione, è troppo opaca la questione per non immaginare la solita manovrina pre-elettorale per catturare consenso.
Operazione sacrosanta, quella di regolarizzare i precari, ci mancherebbe altro, ma sorge un legittimo dubbio sulla validità dei provvedimenti che questa Giunta e questo Consiglio possono prendere. Secondo la Corte costituzionale i consigli regionale in regime di prorogatio possono adottare soltanto atti necessari e urgenti, senza alcuna possibilità di emanare leggi. Ovvero Consiglio regionale e Giunta non possono – come indica il progetto di legge che ha avuto il placet di tutti i capigruppo – stabilizzare i lavoratori assunti senza concorso e destinati in illo tempore a società in house della Regione, Fondazioni (tipo quella dei Calabresi nel mondo che ha sprecato una dozzina di milioni di euro senza alcun beneficio per la collettività) o organismi tipo CalabriaLavoro. Nelle quali molte assunzioni avvenivano per chiamata diretta, con il doveroso dubbio di qualche preferenza verso amici e parenti.
Per fortuna, i sindacati confederali Cgil-Cils-Uil per voce dei rispettivi segretari generali della Calabria Angelo Sposato, Tonino Russo e Santo Biondo, hanno puntato i piedi contestando decisamente «iniziative pasticciate della Regione sul precariato… da campagna elettorale».
Il sindacato confederale – si legge in una nota – prende le distanze non già dal personale eventualmente interessato, che merita rispetto e non di essere preso in giro, ma da manovre non chiare che non risolvono i problemi e non guardano alla questione nel suo complesso. «Basti pensare che nella Regione Calabria, sguarnita negli organici, invece di sostituire il personale che viene collocato in quiescenza, lo si tiene in servizio mediante forme di collaborazione che comportano un impiego di risorse da investire ben diversamente, per esempio nella stabilizzazione di quei lavoratori precari che di fatto mandano avanti gli uffici regionali. Questa è una condizione necessaria perché si possa avere un confronto serio tra Regione e sindacati confederali sulla questione dei precari.
«È capace la classe politica calabrese di assumere seriamente la responsabilità di dare finalmente risposta all’enorme bacino di lavoratori precari che lavora nelle strutture regionali e sub regionali? Oppure si vuole continuare con il promettere tutto a tutti, che significa un sostanziale niente per nessuno, di cui può andare “fiera” questa legislatura regionale?»
C’è poco da coprire, lo scandalo dell’inefficienza e dei nullafacenti prima o poi scoppierà e verranno fuori anni di magagne su cui la magistratura non potrà fare a meno di indagare. La verità è che, per rispetto di chi lavora, dopo aver conquistato, mediante regolare concorso, un posto pubblico, non si possano a cuor leggero regolarizzare assunzioni “allegre” fatte in anni passati e oggi trasformate in diritti inalienabili di stabilizzazione.
Per i tre segretari generali calabresi prevale sempre la logica del sussidio: «percorsi di contrattualizzazione sbandierati urbi et orbi, ma senza uno straccio di reale proposta tecnico-operativa. Questo è in sintesi l’operato della Giunta e del Consiglio regionale attualmente in carica. Alla luce di tutto questo – proseguono Sposato, Russo e Biondo –, bisognerebbe avere l’onestà intellettuale di capire che della problematica del precariato calabrese dovrà rispondere la politica calabrese nella sua interezza, non certo il sindacato che in più occasioni ha dato prova di responsabilità e disponibilità nel volere risolvere davvero uno dei mali storici della nostra regione.
«A voi politici, dunque, la scelta: proseguire nella legittimità delle procedure, oppure nascondervi dietro la foglia di fico della finta legalità produttrice di clientela e di incarichi ad personam che, leggendo le cronache recenti, sembra non scandalizzare nessuno dell’attuale classe politica regionale. Il sindacato è, tra l’altro, ancora in attesa della convocazione del tavolo regionale sulle politiche attive per il lavoro, che doveva essere finalizzato a dare sull’occupazione risposte rispettose della dignità delle persone».
La soluzione si chiama trasparenza: «Se la volontà della Regione è realmente quella di dare una svolta alla vicenda dei precari nella direzione di azioni chiare e risolutive, Cgil, Cisl e Uil Calabria sono immediatamente disponibili a un confronto per cercare, nel rispetto delle norme vigenti, le soluzioni praticabili. A lavoratori che attendono da anni il giusto riconoscimento per un impegno al servizio dei cittadini calabresi non si danno risposte con manovre da campagna elettorale, attente a piccoli orticelli, con cui si continuano a generare forme di dipendenza dalla politica».
Il tempo degli incarichi “clientelari” dovrebbe essere finito, ma la regola delle assunzioni, o meglio delle “stabilizzazioni” ci dice esattamente il contrario. I fantasmi della Cittadella che aveva intravisto la povera presidente Jole stanno in agguato a difendere l’indifendibile. Ma fino a quando? (s)