POVERTÀ LA NUOVA EMERGENZA DEL SUD
CALABRIA: FORTE RISCHIO DI ESCLUSIONE

Al Sud è emergenza poveri. È quanto ha denunciato il presidente della Svimez, Adriano Giannola, spiegando che lo shock energetico e la comparsa di nuove emergenze sociali, dovute agli effetti dell’inflazione, rischiano di provocare da 500mila a 600mila nuovi poveri solo nel Sud.

E la Calabria non è esclusa. In una recente intervista al Corriere della Calabria, il direttore Luca Bianchi, aveva dichiarato che «in Calabria la povertà già era aumentata nell’ultimo anno anche se con ritmi non elevati. Le persone che vivono in famiglie a rischio povertà ed esclusione in Calabria sono circa 800mila (40% della popolazione in linea con la media meridionale) nel 2020 erano il 39,7%».

La Svimez, nel suo rapporto presentato nel mese di novembre, aveva denunciato come il Pil calabrese scenderebbe a -0,9%, innescando la recessione.

«L’economia regionale risente maggiormente, rispetto al resto del Paese – ha spiegato Bianchi – del rialzo dei prezzi a causa della presenza più diffusa nella regione di nuclei familiari meno abbienti, colpiti dai rincari dei beni alimentari e dei prodotti energetici, i cosiddetti “beni incomprimibili”. In Calabria oltre il 35% dei nuclei familiari appartiene alla fascia di popolazione più povera (il doppio della media nazionale), in queste famiglie le spese per bollette (+34% di inflazione) e generi alimentari (+9%) coprono oltre l’80% della spesa complessiva».

Nel rapporto, infatti, viene evidenziato come «nel Mezzogiorno una famiglia numerosa su quattro è povera (24,9% per le famiglie con cinque o più componenti), mentre raggiungono quota 14,3% quelle con quattro componenti. Fra le famiglie di soli stranieri, l’incidenza della povertà è particolarmente alta e raggiunge quota 30,6% a livello nazionale, salendo al 37,6% nel Mezzogiorno. La presenza di minori incide in misura significativa sulla condizione di povertà: nel Mezzogiorno il 13,7% delle famiglie in cui è presente almeno un minore sono povere, contro l’11,5% medio italiano».

La povertà assoluta tra le famiglie con persona di riferimento occupata nelle regioni meridionali è all’8,2%.

«Fra i lavoratori dipendenti, le incidenze di povertà per l’Italia e il Mezzogiorno raggiungono il 7,5% e l’8,6% rispettivamente – si legge nel Rapporto –. Le quote più elevate si osservano fra le famiglie di operai e assimilati, anche se con uno scostamento tutto sommato 8 limitato del Mezzogiorno rispetto all’Italia (13,6% contro 13,3%). Se si guarda la dinamica si osserva un ulteriore aumento della povertà nel Mezzogiorno per queste famiglie: rispetto al 2020 si passa dal 12,7% al 13,6%. Si conferma più elevata, infine, l’incidenza nelle famiglie in cui la persona di riferimento è in cerca di occupazione: per questa categoria si parla di oltre una famiglia su cinque a livello nazionale (22,6%) e di quasi una su quattro nel Mezzogiorno (24%). L’incidenza è cresciuta di 6 punti percentuali rispetto al 2020 (contro i 3 del dato medio nazionale».

Una emergenza che non ha assunto proporzioni drammatiche grazie agli interventi del Governo che, tuttavia, non bastano più. Per il presidente Giannola «occorre che il Governo s’inventi qualche cosa e che continuino a crescere le attività di servizi come turismo, ristorazione e commercio».

Soprattutto, «da un lato – ha spiegato Giannola – va assicurata continuità alle misure contro il caro energia per mitigare l’impatto sui bilanci di famiglie per le quali i rischi di una nuova povertà energetica sono più concreti, e a favore delle imprese per salvaguardarne l’operatività; dall’ altro, va accelerato il rilancio degli investimenti pubblici e privati dando priorità ad uno straccio di politica industriale attiva per ampliare e ammodernare la base produttiva e creare buona occupazione soprattutto al Sud».

La Regione è intervenuta con 75 milioni di euro contro la povertà per il triennio 2021-2023.

Il Piano individua le azioni e gli interventi nell’ambito della lotta alle povertà e al disagio sociale nell’ottica della progressiva definizione di livelli essenziali delle prestazioni da garantire nell’ambito dei servizi sociali e dell’integrazione e assistenza socio-sanitaria. Il Piano regionale poggia su tre pilastri: l’attuazione dei Livelli essenziali delle prestazioni legati al Reddito di cittadinanza/Reddito di inclusione; l’implementazione di servizi ed interventi a favore di persone in condizioni di povertà estrema e senza dimora; l’avvio e sviluppo di interventi e servizi in favore di coloro che, al compimento della maggiore età, vivono fuori dalla famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell’Autorità Giudiziaria (Care Leavers).

«Sono risorse – ha spiegato l’assessore regionale al Welfare, Emma Staine – che si inseriscono nella valutazione complessiva di un fenomeno che non è legato solo alla ridotta o alla mancanza totale di reddito, ma riguardano l’accesso alle opportunità che consentono di partecipare alla vita sociale ed economica della nostra regione, con l’obiettivo prioritario di uscire dal meccanismo dalla mera erogazione di risorse monetarie, e di ragionare in termini di inclusione reale». (rrm)