di MARIACHIARA MONACO – È stato presentato, presso il teatro “A.Rendano” di Cosenza, il libro intitolato Amara verità, scritto da Carlo Guccione, esponente di spicco del Partito democratico e più volte consigliere regionale.
Hanno partecipato attivamente all’evento anche il sindaco della città, Franz Caruso, il presidente dell’ordine dei Medici di Cosenza, Eugenio Corcioni, ed il ministro del lavoro, Andrea Orlando.
Al centro della discussione, spicca indisturbato il problema della sanità calabrese, conosciuta ormai a livello nazionale attraverso inchieste giornalistiche ed interventi politici, che probabilmente, ancora non hanno attecchito fuori dal palazzo. Si tratta di un debito a tanti zeri, quello accumulato negli anni, che grava sulle spalle dei cittadini, costretti a recarsi fuori regione, per poter ottenere anche cure basilari, che la Calabria, non ha la possibilità di offrire.
Un buco nero dunque, che ha ingoiato miliardi di euro, soldi che spesso, sono stati intascati senza neppure un’elevata difficoltà, dalla criminalità organizzata.
Per spiegare meglio il concetto, non bisogna partire da troppo lontano; infatti dopo 12 anni di commissariamento da parte dello Stato, i calabresi hanno pagato circa un miliardo di euro in addizionali Irap e Irpef, ma nonostante ciò il settore ha regalato più scandali, come è spiegato in modo compiuto nel libro, che servizi sanitari.
I temi e gli interrogativi che l’autore in questo caso pone in auge, sono cruciali. Partendo dalle ingenti somme di denaro dilapidate, a quelle perdute per incuria, o incapacità amministrativa che ci portano a pensare immediatamente allo scandalo delle fatture pagate più volte. Un aspetto spettrale ma allo stesso tempo vero, confermato recentemente anche dal presidente della regione, Roberto Occhiuto.
E se è vero che in ogni intervista e intervento rilasciato sul tema Sanità, il presidente si lamenta di aver trovato in Calabria “un vero e proprio disastro sanitario”, è anche vero che questo disastro è sotto gli occhi di tutti, soprattutto dei medici e dei numeri. Infatti nel 2010, per via del piano di rientro della sanità, oltre a operare tagli nei reparti che hanno comportato la diminuzione di quasi il 15% del personale, e a bloccare il turnover, sono stati chiusi 18 ospedali, tra i quali quello di Cariati (Cs), che serviva un territorio amplissimo.
Adesso, l’ospedale più vicino dotato di unità di emodinamica, che per gli infartuati e i colpiti da ictus è fondamentale e fa la differenza tra la vita e la morte, dista 90 km ed è a Castrovillari, e per giunta si tratta di un territorio collegato molto male dal punto di vista stradale e dei trasporti. Come le spieghiamo queste cose, ai pazienti, ed ai loro familiari?
«Da tutto questo – secondo Guccione – da una situazione gravissima che non ha eguali nel paese, bisogna partire per individuare i responsabili e puntare a risolvere i problemi che quotidianamente gravano su migliaia di cittadini. Anche lo Stato – continua – ha responsabilità pesanti, visto che sotto la gestione commissariale la situazione è notevolmente peggiorata. Deficienze e ritardi, durante la presenza in Calabria dei proconsoli inviati da Roma, sono paurosamente aumentati. Limiti e distorsioni di ogni tipo non hanno scalzato la regione dagli ultimi posti delle graduatorie nazionali per qualità, efficacia, capacità organizzativa nel settore sanitario».
Per il presidente dell’ordine dei Medici di Cosenza, Eugenio Corcioni, il punto non sono solo i commissari, certamente in molti casi poco appropriati al ruolo, ma i direttori generali nominati dalla politica regionale. È lì, il vero nodo, perché è lì che si concentra un potere, quello dei manager sanitari, che spesso si sono rifiutati di collaborare con i commissari.
«Ciò che mi ha spinto a scrivere- ha spiegato l’autore – è raccontare le mie battaglie da consigliere regionale, che ho condotto sia verso Scopelliti, sia verso Oliverio. Ho scoperto io le doppie e triple fatture di cui oggi parlano tutti, e proprio per questo, sono stato sentito più volte dalla Guardia di Finanza. Non ho scritto il libro per autoelogiarmi, bensì perché siamo a una svolta».
«Dopo anni lo Stato ha fallito – ha continuato – questo è un dato politico che mi fa dire che lo Stato è in debito con la Calabria. Poi c’è un altro debito ingiustificato, alimentato da un intreccio politico affaristico. I soldi in bilancio servono a pagare un enorme costo anche generato dalle proroghe delle gare. L’Asp di Reggio Calabria ad esempio, ha 49 gare prorogate, e dal 2003 abbiamo servizi scadenti a costi elevatissimi. Per la ristorazione la gara si è fatta solo recentemente e per 15 anni abbiamo pagato 2,5 euro in più a pasto rispetto la media nazionale. Moltiplicate per il numero giornaliero di pazienti e potrete farvi l’idea del giro d’affari che ci sta dietro. Il tutto per la mala gestio dei commissari».
Le conclusioni sono state affidate al ministro Orlando: «Il commissariamento di dodici anni dice tutto – ha esordito – e noi non ci nascondiamo rispetto agli errori del passato come fanno altre forze politiche che pure erano al Governo. È meno semplice però capire come si estingue questo debito. Io parto da una riflessione: Il coronavirus è stato uguale per tutti, ma in ognuna delle regioni si sono individuate soluzioni diverse».
«Bisogna riflettere, allora – ha aggiunto – su una competenza regionale così spinta. Invece vedo che si torna a insistere sull’autonomia differenziata e mi preoccupo. La seconda questione riguarda il tema dell’istituto del commissario che vale anche per lo scioglimento dei comuni per infiltrazioni. Se mandiamo qualcuno a svolgere monocraticamente una azione di bonifica ma la struttura resta la stessa non ne caviamo un ragno dal buco. Bisogna individuare bene quale mandato e quali strumenti debbano avere i vari commissari».
La terza questione posta da Orlando riguarda la sfida del Pnrr che non è solo un problema calabrese: «Il rischio è che venga usato per tappare le falle del sistema anziché riformarlo alla base. La svolta allora è ridare una centralità del ruolo dei sindaci». (mm)