SANT’ANDREA APOSTOLO (CZ) – Al via l’iniziativa “No mozziconi in spiaggia”

A Sant’Andrea Apostolo dello Jonio, l’Associazione Romana Andreolesi Ets, in collaborazione con la Pro Loco Sant’Andrea, promuove l’iniziativa di tutela e di rispetto dell’ambiente No mozziconi in spiaggia, giunta alla sua terza edizione.

L’obiettivo è sensibilizzare contro l’abbandono di mozziconi di sigaretta in spiaggia, mediante distribuzione gratuita (come da locandina) di posacenere ignifughi, per evitare che i mozziconi delle sigarette e il filtro, elemento fortemente inquinante, siano gettati e dispersi nella spiaggia del litorale Andreolese.

L’Associazione Romana Andreolesi e La Pro Loco Sant’Andrea ringraziano quanti, aderendo all’iniziativa, saranno protagonisti e al contempo testimoni di una diffusa e capillare campagna di sensibilizzazione in tema ambientale. (rcz)

Mare Pulito incontra Occhiuto: Illustrata ordinanza che impone obblighi ai Comuni

Continua  la collaborazione tra l’Associazione Mare Pulito e le istituzioni, al fine di garantire l’adeguata tutela del mare calabrese.

Nei giorni scorsi l’Associazione ha incontrato il presidente della Regione, Roberto Occhiuto. All’incontro, a cui hanno partecipato il presidente e il vicepresidente dell’Associazione, rispettivamente Alessandro RuvioGiuseppe Dattilo, è stato illustrato il contenuto della nuova ordinanza, emanata dal presidente Occhiuto, che impone obblighi di controllo e di azioni concrete a carico dei Comuni, delle Province e dell’Arpacal.

Fra i principali obblighi da oggi a carico dei comuni: verificare il corretto funzionamento delle vasche non autorizzate allo scarico e delle fosse di Imhoff; verificare le utenze che, seppur obbligate, ancora non risultano allacciate alla rete fognaria pubblica; verificare la presenza di scarichi abusivi; effettuare la verifica straordinaria sulla funzionalità delle stazioni di sollevamento; inoltre, entro 5 giorni dall’emanazione dell’ordinanza i Comuni dovranno comunicare come intendono dare attuazione alla stessa e dovranno dare comunicazione anche dell’esito delle operazioni svolte; verificare la costante presenza di personale sugli impianti, compresi i giorni festivi; garantire l’accesso all’Arpacal e ai tecnici della Regione a tutti gli impianti, per verificare il corretto funzionamento.

Per quanto riguarda la Provincia e l’Arpacal, in base allordinanza regionale, la prima dovr‡ effettuare controlli straordinari su tutti i territori, mentre la seconda dovrà fornire supporto tecnico, effettuare costanti controlli sui depuratori, predisporre un catasto degli scarichi su supporto informatico e comunicare tutti i dati raccolti alla Regione.

Inoltre, entro 5 giorni dall’emanazione dell’ordinanza i Comuni dovranno comunicare come intendono dare attuazione alla stessa e dovranno dare comunicazione anche dell’esito delle operazioni svolte.

Al fine di garantire l’attuazione concreta dell’ordinanza, è previsto che il mancato delle disposizioni ivi contenute costituire violazione dell’art. 650 del Codice Penale.

A tal proposito, la Regione fa sapere che molti illeciti sono stati già segnalati alle Procure competenti.

Nel corso dell’incontro, poi, si è parlato anche del portale ampliato “Difendi l’Ambiente”, che sarà online dalla prossima settimana. Sul nuovo portale ogni cittadino potrà come sempre inviare le proprie segnalazioni sulle situazioni di criticità, ricevendone immediato riscontro e ottenendo aggiornamenti sulla presa in carico e su come viene affrontata la problematica.

Per quanto riguarda poi le azioni concrete, nel corso dell’incontro è stata comunicata la predisposizione di un potenziamento del controllo delle coste attraverso lutilizzo di droni dotati di termo scanner, con particolare attenzione sull’individuazione di scarichi abusivi e di sostanze inquinanti risalendo il corso dei torrenti.

L’Associazione Mare Pulito, inoltre, riceverà da parte della Regione i report delle attività svolte. (rcz)

All’Unical studiosi italiani sottoscrivono mozione d’intenti per tutela dell’ambiente

di FRANCO BARTUCCIL’Università della Calabria ha ospitato nelle giornate del 22 e 23 giugno, nell’aula “Umberto Caldora” la tradizionale conferenza annuale sulla “Difesa del Suolo e l’inquinamento”, giunta alla 44esima edizione, organizzata  dal LaMPIT (Laboratorio di Modellistica numerica per la Protezione Idraulica del Territorio), dal Centro Studi Acquedotti e Fognature, dai Dipartimenti di Ingegneria Ambientale e Ingegneria Civile e dall’Associazione Idrotecnica Italiana – Sezione Calabria, sotto la direzione dei professori Giuseppe Frega e Francesco Macchione.

Attraverso cinque sessioni di lavoro, con oltre quaranta relazioni svolte da  studiosi italiani provenienti da varie Università del nostro Paese che si occupano di difesa del suolo, dissesto idrogeologico, erosione costiera, risorse idriche e inquinamento delle acque, è stato fatto il punto sulle varie problematiche e questioni poste nel tema stesso della conferenza.

Da precisare, comunque, che alle relazioni presentate hanno contribuito 175 coautori provenienti da 31 Università, di cui 5 Università straniere, nonché dal Cnr, dall’Ispra e dalle Autorità di Bacino Distrettuale.

Gli eventi recentissimi, come la grave siccità di questi ultimi mesi in tanta parte dell’Italia, la disastrosa alluvione della Romagna, la catastrofica alluvione conseguente alla breccia deliberatamente provocata da mano ostile alla diga di Kakhovka in Ucraina, l’inquinamento delle acque interne e costiere, documentano l’importanza e l’urgenza delle tematiche  affrontate nei lavori del Convegno.

Tutto ciò ha portato gli studiosi partecipanti ad approvare alla fine dei lavori una mozione nell’intento di trovare forme di mobilitazione ed impegni precisi da parte delle autorità competenti e delle organizzazioni politiche nel risolvere e tenere sotto osservazione costante i punti in esame.

«La qualità e il grado di approfondimento e di innovazione – è scritto nella mozione – che hanno caratterizzato i lavori presentati documentano che la ricerca italiana, che si svolge in modo diffuso nelle Istituzioni universitarie e di Ricerca in tutto il territorio nazionale, può contribuire, attraverso soluzioni efficienti, efficaci e durature, a risolvere l’atavico problema della messa in sicurezza del territorio nazionale, premessa imprescindibile ad ogni ipotesi di sviluppo responsabile e sostenibile».

«Al riguardo si registrano segnali incoraggianti – continua la mozione – di un infittimento di dialogo tra le Istituzioni di ricerca e gli organismi tecnici operanti sul territorio, che possono incrementare in maniera virtuosa l’attività conoscitiva dei fenomeni naturali e antropici e di definizione degli interventi strutturali e non strutturali (opere e misure di mitigazione) con tecniche moderne e multidisciplinari per la soluzione sostenibile delle problematiche della difesa del suolo e della gestione e tutela delle acque. Ciò nel solco della legge 183/1989 (legge sulla difesa del suolo), del successivo decreto legislativo 152/2006 (norme in materia ambientale), in recepimento della Direttiva europea 2000/60/ce sulle acque e del Decreto legislativo 49/2010 in recepimento della direttiva europea 2007/60/cesu valutazione e gestione del rischi di alluvioni, per un risolutivo affronto della problematica della difesa del suolo, lotta alla desertificazione, tutela delle acque dall’inquinamento e gestione delle risorse idriche, per come delineata dalle norme contenute nella parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006 , n. 152 (Norme in materia ambientale)». 

«Detto dialogo tra istituzioni di ricerca e organismi tecnici va possibilmente ulteriormente promosso e potenziato, essendo esso un elemento indispensabile ai cicli di aggiornamento conoscitivo e revisione dei piani di gestione previsti dagli strumenti normativi appena menzionati».

«Si possono qui registrare azioni stimolanti in alcune realtà distrettuali, nelle quali sono in corso collaborazioni tecnico-scientifiche finalizzate a ‘irrobustire’ la conoscenza, l’analisi e l’interpretazione dei fenomeni indispensabili per la risoluzione delle problematiche in materia di difesa del suolo, tutela dei corpi idrici, tutela dei beni esposti, compromissione del suolo».

«Data l’attualità di ciò che nella legge viene indicato – si precisa nella mozione – circa l’attività conoscitiva, si ritiene utile richiamarne qui letteralmente l’articolazione, auspicando che le attività dei soggetti coinvolti siano polarizzate con rinnovata energia e con il dovuto sostegno del Governo per l’attuazione di quanto è lì delineato: a) raccolta, elaborazione, archiviazione e diffusione dei dati; b) accertamento, sperimentazione, ricerca e studio degli elementi dell’ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio; c) formazione ed aggiornamento delle carte tematiche del territorio; d) valutazione e studio degli effetti conseguenti alla esecuzione dei piani, dei programmi e dei progetti di opere previsti dalla presente sezione; e) attuazione di ogni iniziativa a carattere conoscitivo ritenuta necessaria per il conseguimento delle finalità della legge sulla difesa del suolo».

«Si segnala in particolare – dicono infine gli studiosi partecipanti alla Conferenza annuale dell’UniCal  con la loro mozione – l’importanza della sistematizzazione e della condivisione delle principali osservazioni relative al sistema fisico e variabili climatiche. Si auspica che le suddette attività siano svolte in maniera integrata in un’ottica di approccio multidisciplinare/olistico per l’attuazione di percorsi/strumenti di pianificazione e gestione delle risorse acque/suolo, sistema ambientale territoriale e nello specifico: 1) sostenibilità delle risorse idriche; 2) gestione del rischio di alluvione; 3) gestione del rischio di frana; 4) gestione del sistema costiero. La ricaduta di questa modalità di approccio arriva naturalmente fino agli aspetti ingegneristici per la corretta progettazione delle opere».

«Il Comitato Scientifico e i partecipanti alla 44.a Edizione di ICIRBM si faranno carico di veicolare, infine, anche attraverso le organizzazioni che rappresentano le comunità scientifiche e tecniche, proposte di iniziative per l’attuazione piena dei punti sopra richiamati, nel dialogo con gli Organismi tecnici e con le Pubbliche Istituzioni centrali e regionali».

L’evento è stato patrocinato dalla Società Idrologica Italiana, dal Gruppo Italiano di Idraulica, dall’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Meridionale e dall’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Cosenza. (fb)

Rapani (Fdi) presenta interpellanza per evitare riapertura impianto di San Sago a Tortora

Il senatore di Fdi, Ernesto Rapani, ha presentato una interpellanza al ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, «per sapere se e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per evitare la riapertura dell’impianto di San Sago a Tortora».

Tale impianto, per il parlamentare, «potrebbe essere in conflitto con le esigenze di tutela ambientale e della salute, sollecitando le Regioni interessate a svolgere un’istruttoria completa ed approfondita, che valuti attentamente, tra gli altri, la pericolosità dei rifiuti trattabili».

«Al Ministro, tra le premesse ho evidenziato che l’eventuale riapertura sta destando grande apprensione, tra cittadini, associazioni e istituzioni locali – ha aggiunto – perché negli anni oggetto di numerose denunce e procedimenti giudiziari per ipotesi di smaltimento illecito di rifiuti solidi urbani provenienti da Calabria, Campania e Basilicata e sversamento di liquami non depurati nel Tirreno. Le preoccupazioni aumentano se si considera che il sito rientra nella perimetrazione del Parco Nazionale del Pollino, l’area protetta più estesa d’Italia, il cui habitat riveste un ruolo fondamentale per la tutela di specie rare e in via di estinzione, e al fiume Noce. Sito nato oltre 30 anni fa come impianto pubblico autorizzato al trattamento dei reflui urbani comunali, poi riconvertito in impianto privato autorizzato al trattamento dei rifiuti speciali pericolosi e non solo».

«L’impianto, infatti – ha proseguito – dovrebbe trattare svariate tipologie di rifiuti speciali liquidi e fangosi provenienti, tra l’altro, da industria tessile, chimica e meccanica, nonché percolati prodotti dagli impianti di discarica e rifiuti provenienti da tutta Italia, che mettono a serio rischio ambientale un territorio come quello della Valle del Noce, tra Calabria e Basilicata, considerato un vero paradiso terrestre».

Rapani ha ricordato che secondo un atto di sindacato ispettivo del 13 gennaio 2022 «“già a partire dal 1992 vi è stato un susseguirsi di eventi riguardanti l’impianto: moria di pesci nel fiume tra l’impianto ed il mare; un tir sorpreso dai Carabinieri a riversare rifiuti pericolosi su un terreno adiacente il fiume Noce”, tutti episodi a cui hanno fatto seguito indagini della Procura di Paola e di Lagonegro ed anche un sequestro giudiziario, il 27 novembre 2013, che ha fermato l’attività delle macchine che trattavano 300 metri cubi di reflui urbani e industriali (in buona parte pericolosi) al giorno, per un totale di 110.000 metri cubi all’anno».

«Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Paola – ha sottolineato il senatore di Fdi nell’interrogazione – disponendo il sequestro preventivo dell’impianto ha riscontrato la presenza di numerose tubazioni volanti, predisposte sulle vasche per bypassare sezioni del processo depurativo, la completa disattivazione della sezione di depurazione relativa alla denitrificazione, l’inefficacia della sezione di depurazione relativa alla ossidazione, il non perfetto funzionamento del sistema di caricamento dei fanghi disidratati e l’inosservanza delle prescrizioni contenute/richiamate nell’Autorizzazione integrata ambientale».

«Da quanto appreso dalla stampa – ha concluso Ernesto Rapani – nei mesi scorsi erano state rinviate le Conferenze dei servizi in cui si sarebbe dovuto riesaminare l’Autorizzazione Integrata Ambientale, perché nella nota tecnica trasmessa, con parere negativo motivato, erano evidenziate, appunto, tutte le criticità della struttura, i vincoli sull’area e la sussistenza degli usi civici che, secondo il dipartimento Ambiente della Calabria, non incidono sul rilascio dell’Aia». (rp)

Il presidente Mancuso incontra Errigo (Arpacal): Puntare su binomio Ambiente-Sviluppo turistico”

Il presidente del Consiglio regionale, Filippo Mancuso, ha incontrato il commissario straordinario dell’Arpacal, gen. Emilio Errigo e alcuni dirigenti. Nel corso dell’incontro istituzionale si è dialogato costruttivamente sul funzionamento e delle future competenze di Arpacal.

«Il ruolo dell’Arpacal è di fondamentale importanza per la tutela, il controllo, il recupero ambientale e per la prevenzione  e   promozione  – ha detto Mancuso – della salute collettiva. Discutiamo di temi e questioni che incidono sul diritto alla salute e sulle prospettive di sviluppo turistico, il che significa che sulla costante attività di contrasto ai reati ambientali bisogna essere conseguenti e rigorosi».

 Il commissario Errigo ha sottolineato la centralità del ruolo istituzionale dell’Agenzia nella tutela, difesa e valorizzazione dell’ambiente della regione e del rinnovato impegno ad intraprendere ogni azione concreta volta al miglioramento della qualità della vita dei cittadini e di quanti decidono di vivere o permanere in Calabria.

«Abbiamo il dovere di garantire alle presenti e future generazioni il diritto di vivere in un ambiente salubre nel rispetto della biodiversità e salvaguardare i fragili ecosistemi. In un prossimo futuro, a seguito delle proposte modifiche alla legge istitutiva di Arpacal, saranno poste in essere le conseguenti iniziative che si renderanno necessarie a difesa dell’ambiente nel suo complesso».

«L’esigenza della transizione ecologica, su cui l’Europa – ha continuato Mancuso – ha posto vincoli ben stretti anche per l’utilizzazione delle risorse del Pnrr, dovrà essere un obiettivo delle nostre comunità. Pertanto, dall’Arpacal ci aspettiamo tutti – e non dubitiamo che la sua governance corrisponderà alle aspettative – l’individuazione e rimozione dei fattori di rischio per l’uomo, per la fauna, per la flora e per l’ambiente fisico».

«A supporto dei provvedimenti legislativi assunti finora dalla Regione – ha concluso il presidente del Consiglio regionale – c’è naturalmente bisogno di colmare l’organico carente dell’Agenzia, dotandola delle figure professionali necessarie e, allo stesso tempo, c’è anche bisogno di investire in formazione ed educazione ambientale. Ribadisco la disponibilità del Consiglio regionale a sostenere le iniziative dell’Arpacal, per la tutela della salute dei calabresi e per la sicurezza del territorio». (rrc)

PONTE, AMBIENTALISTI CONTROCORRENTE
IL PARERE FAVOREVOLE DI FAREAMBIENTE

di ROBERTO DI MARIAVincenzo Pepe, presidente di FareAmbiente ha di recente ribaltato tutti i luoghi comuni dell’ambientalismo “mainstream” a proposito del Ponte sullo Stretto. Nelle sue dichiarazioni, un aperto riconoscimento della sostenibilità ambientale del collegamento stabile tra Sicilia e Calabria.

Pepe arriva a queste conclusioni superando il muro di preconcetti di molti suoi “colleghi” ambientalisti militanti, e prendendo atto dei risultati di studi scientifici e analisi molto approfondite. In particolare, uno studio (“Stretto di Messina e rispetto della transizione ecologica”) pubblicato dal Distretto Rotary 2110, Sicilia e Malta, redatto dagli ingegneri Mollica e Musca, nel quale sono evidenziati i benefici che la realizzazione del Ponte comporterebbe per l’ambiente.

È proprio da questo studio che scaturisce l’enorme riduzione di emissioni di CO2 che si registrerebbe dopo la realizzazione del Ponte. Un ridotto utilizzo del traghettamento da parte del gommato comporterebbe circa 140.000 ton. di CO2 e diverse centinaia di tonnellate di altri inquinanti (ossidi di azoto, di zolfo, particolato, etc.) in meno sullo Stretto.

Una riduzione del 90-95% rispetto alla situazione attuale. Ma questo è solo uno dei tanti aspetti che dovrebbero indurre gli ambientalisti a chiedere loro la costruzione del Ponte. Il progressivo trasferimento del trasporto merci da gomma a ferro è un obiettivo che l’Ue persegue da molti anni: entro il 2030 la quota su rotaia deve essere pari almeno al 30%.

Oggi, in Italia siamo al 13%, ma in Sicilia va peggio: percentuali da prefisso telefonico e treni merci sono praticamente scomparsi dall’isola. Il perché è presto detto: che senso ha trasferire le merci da un camion a un treno che non si sa quando parte e, tantomeno, quando arriverà a destinazione?

Tanto vale farle restare su gomma e scegliere due possibilità: la rete stradale ed il traghettamento a Messina o, più facilmente, il traghettamento Ro-Ro verso il continente, senza cambiare modalità. A dispetto del fatto che entrambe le soluzioni sono molto più impattanti sull’ambiente rispetto al trasporto su rotaia, che può essere rilanciato, in Sicilia, solo realizzando il collegamento stabile con il continente. I treni merci viaggerebbero senza “rottura di carico”, divenendo competitivi con le altre modalità di trasporto, permettendo un facile conseguimento degli obiettivi stabiliti dalla Ue ed evitando le pesanti sanzioni che si prevedono in caso di inadempienza. FareAmbiente lo ha capito.

Sono riflessioni banali ed è difficile credere che siano sfuggite perfino agli ambientalisti più appassionati, ma anti-Ponte sempre e comunque. I quali, peraltro, nelle loro tesi si spingono ad altre valutazioni, che con l’ambiente fanno semplicemente a pugni.
Consideriamo gli effetti che avrebbe il Ponte sulla mobilità delle persone.

Sappiamo che il Ponte comporterebbe l’arrivo dell’Alta Velocità in Sicilia, servendo altri 5 milioni di italiani e metterebbe il treno in condizione di competere con l’aereo, diventandone una validissima alternativa, consentendo di coprire il tragitto Catania-Roma in meno di quattro ore, da centro a centro. Con l’aereo, già oggi, ce ne vogliono quasi cinque, considerando i tempi necessari agli spostamenti centro-aerostazione, controlli, etc.

Meraviglia che i paladini della sostenibilità ambientale senza se e senza, nell’analisi costi-benefici, diano più peso agli aspetti economici che all’enorme riduzione dell’emissione di sostanze pericolose. Il trasporto aereo incide profondamente sul riscaldamento globale ed è per questa ragione che il trasferimento al treno di una quota consistente dei viaggiatori sulle medie distanze rappresenta uno degli obiettivi prioritari dell’Ue. Alcuni Paesi membri – in particolare in Francia – vietano tratte aeree fra città già collegate in Av ferroviaria.

Ma le considerazioni sull’impatto reale del Ponte sull’ambiente, non finiscono qui. Basta allargare lo sguardo al di là dei confini nazionali per rendersi conto che l’isola viene inserita in uno dei corridoio “Core” della rete Ten-T europea dei trasporti. La Sicilia, infatti, si trova al centro del Mediterraneo, un mare che dopo il raddoppio del canale di Suez viene solcato da un quarto del traffico containers dell’intero globo.

Una quantità enorme di merci, in maggioranza diretta dalla Cina all’Europa. Com’è noto, una parte consistente di queste merci sfiora le coste siciliane, attraversa lo Stretto di Gibilterra e viene sbarcata nei porti del Mare del Nord (Rotterdam-Amburgo-Anversa). Se soltanto un’aliquota significativa arrivasse in Europa attraverso un porto mediterraneo, i percorsi di queste navi si accorcerebbero di 5-6.000 km, con una riduzione nelle emissioni in ambiente molto rilevante.

Va rammentato, per la precisione, che il percorso via ferrovia da questi porti verso ipotetiche destinazioni nel centro dell’Europa sarebbe paragonabile, se non inferiore, a quello da intraprendere a partire dai porti del Northern range. La Sicilia, con la sua posizione geografica, è una candidata ideale anche per le sue enormi potenzialità portuali, attualmente inespresse. Il piano regolatore portuale di Augusta prevede – grazie a fondali profondi 22 metri -, quasi 10 km di banchine accessibili alle più grandi navi esistenti. Il doppio di Gioia Tauro, attualmente lo scalo più grande in territorio italiano.

In tal senso, sia Genova che Trieste sono fortemente penalizzate e i disperati e costosissimi interventi necessari per renderle appena più competitive non porteranno risultati concreti: è vero che la contestatissima nuova diga foranea di Genova – che secondo autorevoli esperti finirà per costare oltre 1,5 mld di euro – renderebbe la città ligure in grado di accogliere grandi portacontainers (cosa oggi impossibile), ma offrirebbe meno di un quinto dei banchinamenti che potrebbero essere presto disponibili ad Augusta a costi di gran lunga inferiori. Il PNRR italiano ha puntato tutto sui due porti del nord Italia ma i risultati saranno risibili. Nel silenzio assordante degli ambientalisti di casa nostra.

Per quali ragioni i nobili movimenti ambientalisti – FareAmbiente a parte – non hanno preso atto delle evidenze sopra accennate? Convenienze politiche, inerzia, abitudine o forse la comodità di avere un simbolo contro cui combattere, la cui imponenza fa presa sull’immaginario collettivo, risvegliando ancestrali quanto ingiustificati timori?
Inoltre, è comodo confondere l’impatto estetico, certamente importante, con quello ambientale ma è anche vero che il Golden Gate, il Rion Antirion e il viadotto di Millau sono tra le opere più fotografate al mondo. Manca l’onestà intellettuale, come ha dimostrato FareAmbiente. (rdm)

Occhiuto: La difesa del suolo e lotta all’abusivismo dovrebbe essere in cima all’agenda politica

«Questo tema della difesa del suolo e della lotta all’abusivismo dovrebbe essere in cima all’agenda politica di tutti i decisori, sia di quelli che partecipano alle scelte del governo nazionale, sia di quelli regionali e comunali». È quanto ha dichiarato il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, nel corso del suo intervento a Tg2 Post.

«È davvero importante – ha evidenziato – che ci sia una coscienza collettiva che deve riguardare anche i cittadini, spesso autori degli abusi. Si dice che occorrono risorse per fronteggiare il dissesto idrogeologico. Ed è vero. Nella mia Regione io, appena insediato, ho trovato 500 milioni di euro da spendere nelle attività per fronteggiare il dissesto idrogeologico, con una progressione della spesa di circa 9-10 milioni all’anno. L’ho raddoppiata, portandola a 20 milioni nel 2022, ma è comunque pochissimo perché se non c’è una struttura capace di metterle a terra queste risorse non producono gli effetti che invece potrebbero produrre».

«Presto incontrerò i sindaci – ha aggiunto – per mettere a punto un piano per la difesa del territorio e chiederò loro molta attenzione al presidio. I fenomeni che si sono verificati ad Ischia hanno interessato zone abitate, ma molti dimenticano che nelle Regioni del Sud – dove ci sono paesi montani nei quali non c’è più l’uomo e dove dunque non c’è la manutenzione del territorio – questi fenomeni si verificano più assiduamente».

Il Governatore, poi, ha espresso preoccupazione per «l’allerta meteo emanata dalla Protezione Civile nella mia Regione. Ci sono Comuni che vedono le strade trasformate in torrenti, ci sono smottamenti, c’è stato un tornado a Crotone».

«Purtroppo – ha proseguito – si tratta di fenomeni a cui assistiamo ormai ordinariamente dopo allerta gialla o fenomeni temporaleschi. Questo tema dei cambiamenti climatici, che per tanti anni abbiamo considerato un fenomeno secondario, quasi un vezzo degli ambientalisti, oggi è invece sotto gli occhi di tutti».

«Credo che la nostra epoca stia pagando anche le conseguenze di un consumo del suolo – ha spiegato – fatto dalle generazioni precedenti, e che oggi espone molta parte della popolazione a gravi rischi. In Calabria ci sono dei fiumi che sono tombati. Il problema è che la natura non sa che quel fiume non c’è più e che al suo posto c’è una strada, e quando piove si trasforma di nuovo in un torrente, in un fiume, trascinando tutto ciò che si trova davanti».

«Nella mia Regione da un anno a questa parte, da quando io mi sono insediato – ha concluso – c’è tolleranza zero sui reati ambientali, non sono solo quelli relativi all’abusivismo ma anche quelli relativi alla mala depurazione, agli incendi boschivi. Siamo stati per la prima volta la Regione che quest’anno ha avuto meno incendi. La tolleranza zero può arrivare anche fino all’abbattimento delle case abusive». (rrm)

AMBIENTE, LA CALABRIA È SEMPRE ULTIMA
A CAUSA DELLA FRAGILITÀ DEL TERRITORIO

La Calabria in forte calo nelle performance ambientali. È quanto è emerso dal report Ecosistema urbano di Legambiente realizzato in collaborazione con Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore, sulle performance ambientali di 105 Comuni capoluogo che tiene conto di 18 indicatori, distribuiti in sei aree tematiche: aria, acque, rifiuti, mobilità, ambiente urbano ed energia.

Per l’Associazione, infatti, sono pochi i capoluoghi di provincia italiani che sono riusciti a fare la differenza sulla sostenibilità ambientale. In Calabria, solo Cosenza ha raggiunto un importante risultato: è l’unica città del Sud a entrare, quest’anno, nella top ten della graduatoria: è quinta. Vibo Valentia si posiziona 46esima, mentre Catanzaro 63esima. Reggio si posiziona 91esima, mentre Crotone è tra gli ultimi: al 100esimo posto.

«La classifica di Ecosistema urbano 2022 – ha dichiarato Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria – disegna un quadro di grande difficoltà dei capoluoghi di provincia calabresi. Una fragilità ambientale e sociale ben evidente sia nell’analisi dettagliata dei parametri che nell’arretramento, in alcuni casi nettissimo, delle posizioni rispetto allo scorso anno».

«Caso emblematico quello di Crotone che si colloca, come ormai da molti anni – ha spiegato – in fondo alla lista scivolando di ben  15 posizioni. Unica eccezione positiva è Cosenza, quinta nella graduatoria nazionale, ma che rispetto allo scorso anno scivola di una posizione con criticità in alcuni dei 18 indicatori presi in considerazione dal rapporto».

Nonostante i buoni risultati, per Cosenza sono tante le criticità su cui deve lavorare. Dal Rapporto, infatti, è emerso «un basso indice di verde pubblico a cui fa da contraltare un consistente tasso di inquinamento dell’aria dovuto alla congestione del traffico urbano in alcune zone. Si registra, poi, una scarsa incidenza di buone pratiche per l’adattamento ai cambiamenti climatici, mentre risulta non efficiente la gestione della raccolta dei rifiuti».

«Criticità – si legge in una nota del Comune di Cosenza – su cui ha inciso in maniera forte e determinata la nuova amministrazione, invertendo, finalmente, la rotta. Ed, infatti, un sostanziale miglioramento nell’inquinamento dell’aria si è già registrato grazie alle modifiche sulla viabilità, in particolare, di via Roma e Piazza Bilotti, che sarà certamente più incisivo e definitivo quando sarà operativo il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile, la cui redazione è stata affidata all’Unical».

«Importante svolta sulle buone pratiche per l’adattamento ai cambiamenti climatici, inoltre – si legge – è dato dal progetto per “Interventi green blue” finanziato per circa 300 mila euro e  che sarà realizzato  nei pressi dell’ultimo lotto di via Popilia».
«Uno dei punti centrali e qualificanti del programma Cosenza2050 è la visione di “Cosenza Ecologica”– ha affermato la vicesindaco ed assessore all’ambiente Maria Pia Funaro – . Con l’obiettivo, quindi,  di realizzare un percorso green, abbiamo previsto la realizzazione di due boschi urbani. Abbiamo, infatti, aderito sin dal nostro insediamento al progetto “Un albero per il futuro” promosso dal Ministero per la transizione Ecologica ed abbiamo sottoscritto un protocollo d’intesa con A0CO2.  Alla fine di questo primo anno di amministrazione si stima di riuscire a mettere a dimora circa 700 nuove specie arboree. A ciò si aggiunge l’istituzione del Garante del Verde che ci porta ad essere la prima città a sud di Napoli ad averlo costituito. Punto critico e nota dolente rimane, invece, la gestione dei rifiuti, su cui però siamo già intervenuti approvando il nuovo piano dei rifiuti che sarà messo in atto appena saranno concluse le procedure del relativo bando».

«Su input del sindaco Franz Caruso – ha concluso Maria Pia Funaro – abbiamo bandito interventi spot e instabili per come hanno fatto i nostri predecessori che continuano ad autoincensarsi, dimentichi dei fallimenti di cui sono lastricati i propri percorsi. Noi   preferiamo portare avanti, invece, un’azione corretta, improntata alla legalità ed alla trasparenza, armoniosa e strutturata, facendo rete anche con i Comuni più virtuosi d’Italia, i cui risultati positivi saranno presto tangibili e non avranno bisogno di essere decantati da noi stessi. Sicuri di ciò, il giudizio lo lasciamo ai nostri concittadini, che sanno distinguere il grano dal loglio».

Vibo Valentia, invece, è tra le cinque città del comparto Sud-Isole piazzate meglio, con risultati straordinari sul fronte della raccolta differenziata. Un risultato che ha portato il sindaco Maria Limardo a partecipare alla presentazione del Rapporto a Roma.

Il primo cittadino, infatti, ha illustrato i punti di forza dell’attività amministrativa condotta negli ultimi tre anni, e che ha permesso a Vibo Valentia di piazzarsi quest’anno al 46esimo posto nazionale. Un balzo enorme se si tiene conto che all’atto dell’insediamento dell’amministrazione Limardo la città galleggiava al 104esimo posto di Ecosistema urbano, mentre già nel 2021 era riuscita a raggiungere il 39esimo posto.

Il sindaco, poi, ha parlato della grande attività compiuta a partire dai concetti di tutela ambientale e sviluppo sostenibile, «utilizzando la cultura come arma vincente per superare storiche criticità, poiché era importante ribaltare l’impatto reputazionale che a livello nazionale ci penalizza».

Entrando nel merito, Limardo ha spiegato come sia stato fondamentale iniziare col “valorizzare l’esistente”, a cominciare dagli indirizzi agli uffici comunali.

«Quanto alla differenziata – ha spiegato – abbiamo portato la città da una percentuale molto bassa ad attestarsi oggi stabilmente sopra il 70%. Lavoriamo per una raccolta di qualità e selettiva, la sfida ulteriore è proprio questa. Per farlo al meglio abbiamo a disposizione due centri di raccolta, dei quali uno verrà inaugurato a breve. Di recente ci siamo posti una problematica che è quella del riuso dell’asfalto, poiché tante volte le imprese conferiscono il rimosso in discarica mentre bisognerebbe agevolarne il riuso».

Ma ambiente non è solo raccolta differenziata, ed infatti a Vibo si sta cercando di incidere molto anche «su altri settori, come l’abusivismo edilizio, la realizzazione di piste ciclabili per le quali abbiamo già i fondi a disposizione, un impianto di bike sharing in città di imminente avvio, ed ancora il progetto City Log per decongestionare il centro dai mezzi di trasporto merci con la possibilità di effettuare consegne attraverso mezzi elettrici posti nelle stazioni ai lati della città»

«Ed ancora, stiamo lavorando molto – ha aggiunto il sindaco – sul limitare la dispersione idrica grazie ad interventi di ingegnerizzazione della rete, inoltre abbiamo appena acquistato le centraline per il rilevamento dei campi elettromagnetici e il monitoraggio della qualità dell’aria. Una serie di iniziative che permetteranno certamente alla mia città di diventare sempre più competitiva».

«Ma l’aspetto più importante – ha concluso il primo cittadino di Vibo – è l’eredita immateriale che potremo lasciare, serve una rivoluzione culturale che consenta alla cittadinanza di comprendere che quella per la tutela ambientale e lo sviluppo sostenibile è la vera sfida del presente e del futuro. E sono certa che la gente sarà al fianco dell’amministrazione per raggiungere risultati sempre più lusinghieri».

Nonostante i buoni risultati, quello emerso dal Report è «un quadro che deve fare molto riflettere – ha evidenziato Parretta –. Nonostante l’urgenza e la gravità della crisi climatica, energetica ed ambientale, nelle nostre città  non vi sono stati i cambiamenti necessari, anzi si registra complessivamente un peggioramento. Sono indispensabili iniziative urgenti e concrete che incidano nelle cinque aree tematiche prese in considerazione da Ecosistema urbano: qualità dell’aria, consumo e dispersione acqua, mobilità, rifiuti ed ambiente urbano».

«Le città calabresi possono e devono essere rese più inclusive, sicure, sostenibili e a misura d’uomo – ha evidenziato –. Deve essere ripensato, ad esempio, l’efficientamento degli edifici, installando impianti di energia rinnovabile; fermare il consumo di suolo ed incentivando parchi e foreste urbane, puntare sul trasporto pubblico e sostenibile, migliorare il sistema idrico per evitare le perdite d’acqua, completare fognature e reti di depurazione, realizzando gli impianti del riciclo per gestire al meglio il ciclo dei rifiuti. L’assetto delle nostre città deve cambiare volto per diventare più vivibili».

«E per farlo – ha concluso – è necessario un investimento di energie e risorse nelle opere pubbliche tali da realizzare realmente la transizione ecologica della Calabria». (rrm)

 

BENVENUTO IN CALABRIA, PRINCE ALBERT
TESTIMONIAL DELLA TUTELA AMBIENTALE

di SANTO STRATI – La visita di tre giorni che il Principe Alberto di Monaco farà da domani in Calabria, non solo onora la nostra terra, dove peraltro esistono anche radici lontane dei Grimaldi, ma soprattutto è uno stimolo a occuparsi e preoccuparsi della natura e del territorio. L’Aspromonte con le sue straordinarie testimonianze di biodiversità, sia di flora, sia di fauna, e il mar Mediterraneo, laboratorio permanente di biodiversità marina, sono due ricchezze che i calabresi – in particolare le nuove generazioni – devono imparare a rispettare e proteggere. E lo stesso discorso vale per la Sila e il Pollino (non dimentichiamo che la Calabria ha la bellezza di tre parchi nazionali) e le grandi rocce, i laghi, i reperti archeologici e rupestri, oltre alle tracce, meravigliosamente uniche, della civiltà classica che la Magna Grecia ci ha lasciato. La presenza del Principe Alberto è l’occasione per fare tesoro del suo impegno, mondiale, nella salvaguardia di mari, foreste, territori: occorre diffondere la cultura ambientale, educando sin da bambini ad avere cura dell’habitat naturale.

E l’attenzione che il Principe Alberto II di Monaco riserva all’Ambiente, sin dal primo momento della sua incoronazione, lascia guardare con ottimismo verso il futuro. Lo sviluppo sostenibile non è soltanto una serie di belle parole utili a disegnare scenari non apocalittici del pianeta: c’è il segnale di un concurante impegno nei confronti della biodiversità e delle risorse naturali della Terra, con l’obiettivo di ridurre i gas serra e ristabilire quell’equilibrio troppo spesso compromesso della sostenibilità ambientale.

E, considerando, che il Principato si affaccia sul Mediterraneo (che contiene il 7,5% delle specie mondiali della biodiversità marina), il ruolo da protagonista del Principe Alberto, a favore della tutela dell’Ambiente, diventa ancora più rilevante nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica. 

Nel 2006 il Principe Alberto ha creato un’apposita Fondazione per combattere i cambiamenti climatici e difendere la biodiversità, i mari e le risorse idriche del nostro pianeta: molte altre sezioni, oltre quella monegasca, sono seguite in tutto il mondo, inclusa l’Italia, con l’obiettivo, ammirevole, della salvaguardia del patrimonio ambientale. 

Ben 720 progetti di sostenibilità ambientale sostenuti da risorse personali del Principe e donazioni (ben 92 milioni di euro raccolti in questi anni) indicano un percorso di impegno globale per ridare il giusto equilibrio all’ambiente, col rispetto della natura e la tutela di un ecosistema che rischia di collassare.

Il pensiero del Principe è noto: occorre lavorare tutti insieme, scienziati, capi di Stato e rappresentanti delle Istituzioni, politici ed esponenti  delle organizzazioni internazionali, mondo economico e produttivo, senza dimenticare il coinvolgimento della società civile, al fine di individuare le soluzioni per la sostenibilità necessaria e possibile del Pianeta. Occorre cooperare per raggiungere l’obiettivo di un’etica sociale che garantisca la salvaguardia ambientale e consegni alle nuove generazioni un futuro non più irrimediabilmente inquinato e soffocato da fumi e scarichi che uccidono l’ambiente e sconvolgono l’ecosistema.

Per giungere a risultati concreti è, soprattutto, necessario sensibilizzare i giovani al rispetto della natura, alla tutela della biodiversità, alla salvaguardia delle foreste, anche attraverso piccoli gesti di vita quotidiana che non trascurino mai l’attenzione verso l’ambiente e la natura. Abituarsi a proteggere e preservare l’ecosistema significa limitare i danni che, inevitabilmente, in assenza di sostenibilità, l’atmosfera rischia di subire e con essa il clima, le cui mutazioni sono sotto gli occhi di tutti, ogni giorno, e, non da ultimo, le coltivazioni, che rappresentano il benessere di milioni di individui che di esse vivono. 

C’è, dunque, l’esigenza di diffondere la cultura ambientale e fare in modo che si realizzino modelli di tutela della sostenibilità: il Principe Alberto di Monaco è il propulsore di quella necessaria attitudine a rispettare l’habitat in cui viviamo, e questo lo rende un sovrano illuminato, ammirevole esempio di nobile impegno per il futuro del Pianeta. L’ultimo principe di un’Europa che nel Mediterraneo trova la sede naturale per il suo nuovo Rinascimento. Prossimo venturo e di sostenibilità. Benvenuto in Calabria, Principe Alberto. (s)

Ambiente, convenzione tra Arpacal e Società Italiana di Geologia Ambientale

Importante convenzione è stata stipulata tra Arpacal Società Italiana di Geologia Ambientale, che crea un modello innovativo di collaborazione esportabile in tutta Italia sul tema dell’ambiente.

Le parole chiave sono tre: collaborazione, sinergia e divulgazione. La collaborazione Arpacal e Sigea si intende su un campo molto ampio come quello ambientale che riguarda aspetti che sono sinergici. Il lavoro comune tende ad avere una visione globale dello stato dell’ambiente che comprende tutte le matrici e soprattutto quella legata all’idrogeologia.
«L’esperienza della Società Italiana di Geologia Ambientale è per noi fondamentale e l’enorme professionalità ci aiuterà nel dare un impulso molto forte alle nostre attività. Cruciale è la divulgazione dei dati ma anche la ricerca sul campo che noi facciamo. Questo aspetto sarà fondamentale non solo per lo scambio di carattere tecnico – scientifico ma anche per la formazione delle nuove generazioni. La divulgazione delle informazioni, rendere i risultati degli studi accessibili e leggibili alle nuove generazioni ci consentirà di formare una coscienza diversa e speriamo molto più consapevole dei rischi idrogeologici e la prevenzione», ha dichiarato Michelangelo Iannone, Direttore Scientifico di Arpacal intervenendo al Convegno per il Trentennale della nascita della Società Italiana di Geologia Ambientale, conclusasi ieri a Roma presso la prestigiosa sede della Società Geografica Italiana.
Arpacal ha partecipato alla Convention Nazionale della Società Italiana di Geologia Ambientale che ha riscontrato particolare successo con la presenza di Enea, Ispra, CNR, numerose Università Italiane, Consiglio Nazionale dei Geologi. Società Geografica Italiana. Un grande evento per il trentennale della SIGEA con il patrocinio morale del Ministero della Transizione Ecologica e del Ministero dell’Ambiente. La sede giusta, dunque per presentare la convenzione tra SIGEA e Arpa Calabria.
«Si tratta – ha spiegato Antonello Fiore, presidente nazionale Sigea – di un modello innovativo esportabile anche in altri territori italiani. Arpacal e Società Italiana di Geologia Ambientale, andranno a collaborare sulle varie tematiche ambientali anche nell’attività di informazione e conoscenza dei programmi di educazione ambientale. Grazie alla sensibilità del management dell’Arpacal, del Commissario Domenico Pappaterra, e alla sempre più concreta e stringente collaborazione con la sezione regionale di Sigea, la Calabria può vantare il primo accordo tra Sigea e Arpa che andrà a creare un’interazione di competenze in diversi settori riguardanti l’ambiente».
«La Sigea per 30 anni – ha dichiarato Gaetano Osso, Presidente della Sigea sezione Calabria – si è dimostrata un’associazione seria, che ha argomentato scelte e confronti scientifici nell’interesse della collettività. La Calabria, negli ultimi anni, ha calamitato l’interesse non solo degli addetti ai lavori, triplicando gli iscritti, ma anche dei cittadini comuni, delle scuole e di Enti che si occupano della gestione di aree naturalistiche e museali. Sono però anche cosciente che il lavoro fin qui svolto non deve essere considerato come un punto di arrivo ma come stimolo e impegno per proseguire e ampliare la coscienza ambientale, unico futuro per l’uomo e il Pianeta». (rcz)