L’IMPROVVISAZIONE SUL CINQUANTENARIO
EPPURE LA METROCITY PRODUCE CULTURA

di SANTO STRATI – Nonostante il grande impegno della vicepresidente Giusi Princi e degli altri attori chiamati nel comitato per le celebrazioni del cinquantenario del ritrovamento dei Bronzi nel mare di Riace, la sensazione che ancora si coglie è di grande improvvisazione, con l’angoscia di mettere in fretta rimedio a una disattenzione imperdonabile. Non si è scoperto ieri che il 16 agosto del 2022 sarebbero stati 50 anni esatti dal ritrovamento dei due tesori della Magna Grecia. Tesori che il mondo intero – e non sappiamo quanti ancora non ne conoscono l’esistenza – ci invidia. Eppure a pochi mesi dall’anniversario che offriva ai calabresi, e soprattutto ai reggini, un’occasione irripetibile di promozione  turistico-culturale che avrebbe messo la Calabria sotto gli occhi di tutto il pianeta, ancora manca un progetto preciso la cui realizzazione dovrà combattere con tempi ristrettissimi. Per fare un esempio, il logo del cinquantenario avrebbe dovuto essere l’occasione per un concorso internazionale destinato a designer e artisti di tutto il mondo e avrebbe costituito una prima promozione mondiale dell’evento. Invece…

Invece, ad oggi, l’unica proposta – risibile  – è quella di far venire a Reggio Bocelli a cantare: e chi se ne frega di Bocelli (con tutto il rispetto per il grande artista) diranno i potenziali visitatori attratti (?) dall’idea di vedere da vicino i due guerrieri. Chi vuol vedere i Bronzi non cerca la voce possente di Bocelli, ma vorrebbe capire come fare ad arrivare a Reggio, visto che l’aeroporto funziona a mezzo servizio (permetteteci la generosa valutazione per uno scalo vergognosamente inutilizzato) e che tipo di offerta turistica potrebbe trovare. Per intenderci, chi volesse venire a Reggio per una visita ai Bronzi, non si accontenta di un meraviglioso gelato nel chioschetto centenario di Cesare o delle prelibatezze dello chef Filippo Cogliando e del suo magnifico ristorante l’Accademia (entrambi a un passo dal Museo Archeologico Nazionale – un tempo “della Magna Grecia, oggi non più? – ma probabilmente avrebbe piacere di scoprire l’Aspromonte, gli altri straordinari siti archeologici (la Villa Romana di Casignana, il Teatro Greco di Locri, le preziose testimonianze di Medma-Rosarno, l’incanto di Scilla, il fascino di Tropea, il Codex Purpureus e mille altre inestimabili bellezze che solo i calabresi non sono capaci di valorizzare. No, il visitatore deve avere un ventaglio di offerte, con le cosiddette commodities che gli permettono di spostarsi e guardarsi intorno, scoprire – a seconda delle proprie preferenze – paesaggi incontaminati e mozzafiato (per esempio le Valli Cupe) e percorsi religiosi (il Cammino di San Francesco o quello Basiliano) oppure itinerari enogastronomici inimitabili, che si possano attuare con facilità. Non serve Bocelli, serve cervello e buonsenso che fanno il paio con capacità e competenza.

Oggi la Calabria è al Bit. Cosa andiamo a proporre alle agenzie di viaggio se non c’è un piano intelligente e programmatico per accogliere (e avvincere) i potenziali futuri turisti? Che poi non andrebbero considerati tali, bensì ospiti in visita, con tutto il riguardo che la tradizionale accoglienza calabrese non fa mai mancare. Diciamoci la verità: chi scopre la Calabria se ne innamora. Ma non si fa nulla per farla scoprire. La promozione ridicola del corto di Muccino costata tanti quattrini non ha funzionato (come si fa a stanziare quasi due milioni per la produzione e non prevedere altrettanti per la comunicazione?). Esistono iniziative individuali, lodevoli, straordinarie che combattono ogni giorno con la burocrazia di sindaci indifferenti preoccupati solo a misurare la larghezza dei tavolini e l’occupazione del suolo ma trascurano di premiare, incentivare, sostenere esercenti e gli imprenditori del turismo che vorrebbero portare ricchezza in Calabria (con legittima aspirazione al personale e giusto utile) ma non trovano interlocutori.

C’è l’aspetto del turismo di ritorno, quello delle radici: potrebbe portare centinaia di migliaia di calabresi che vivono lontano a riscoprire le terre degli avi. Una frotta di visitatori, di ospiti aggiuntivi al turismo mordi e fuggi che alla Calabria non serve perché non ha le strutture ricettive adatte. E le tante iniziative che si stanno accavallando contano più sull’appassionato impegno di singoli (per esempio, il prof. Tullio Romita dell’Unical) e di associazioni (come Casa Calabria International) che organizzano e promuovono con successo il turismo delle radici, ma non trovano il sostegno concreto della Regione. Manca, a nostro modesto avviso, un’idea di coordinamento, che punti a fare rete, a organizzare e stimolare nuove iniziative a tutela dei visitatori e di chi nel turismo vorrebbe lavorare e vivere di esso. Ci sono migliaia di giovani laureati pronti a lasciare la Calabria, quando potrebbero occuparsi delle risorse del territorio, sul piano della cultura, del turismo, del paesaggio. Ma chi li arruola? Chi li forma e li prepara? Chi si prende la briga di lavorare su questo eccezionale capitale umano? Nessuno, purtroppo, e ci piacerebbe molto essere smentiti con numeri e fatti concreti.

Eppure, come si può ascoltare nell’intervista video (link), al delegato alla Cultura della Città Metropolitana di Reggio Filippo Quartuccio ci sono segnali importanti che provengono proprio dalla città dei Bronzi e dalla sua (ex) provincia.

«I beni culturali – afferma Quartuccio – devono essere vissuti dai cittadini, altrimenti poi sono destinati all’abbandono. E proprio perché si tratta di beni culturali, bisogna farli raccontare da chi, persone o associazioni, vivono nei luoghi che ospitano le ricchezze del territorio. Il nostro impegno è coinvolgere gli altri per far conoscere la storia». E, bisogna dire, i numerosi progetti portati avanti dalla MetroCity potrebbero costituire un modello di partenza per tutta la regione: si parla della valorizzazione dei patrimoni immateriali e, soprattutto, si pensa al giusto ruolo che la biblioteche svolgono come promozione di cultura. Ma si chiederà: i Bronzi stanno nella Città Metropolitana (a cui appartiene anche il Comune di Riace dalle cui acque sono emersi i due maestosi guerrieri di bronzo), com’è possibile che  oggi, a pochi mesi dalle celebrazioni del ritrovamento ci siano ancora incertezze sul da farsi?

Abbiamo sottolineato l’impegno della vicepresidente Princi, ma l’operazione anniversario non è soltanto un’operazione culturale: soprattutto, doveva (dovrebbe, potrebbe?) essere una gigantesca operazione di marketing territoriale, avendo come testimonial il suggestivo magnetismo dei due guerrieri. Un’operazione di immagine che avrebbe sbocchi che non si riesce nemmeno a pensare, data la forza e la carica vitale della loro maestosa fisicità. Sono una delle più grandi e ultime testimonianze della scultura magnogreca del V secolo a.C., espressione di quella cultura che ha donato la civiltà al mondo, ma rischiano di diventare un’inutile “paccottiglia reale” che non interessa nessuno, men che meno ai calabresi.

Per cortesia evitiamo questo harakiri: non c’è molto tempo, ci sono tre milioni di euro (da spendere intelligentemente, se si è capaci), e non servono bancarelle di salsiccia o le vocalità di Bocelli per attrarre visitatori. Serve una visione di futuro: quello che, a cominciare dai Bronzi, la Calabria si merita. (s)