di SANTO STRATI – La sofferta rinuncia di Nicola Irto alla candidatura a presidente della Regione disvela ulteriormente una verità incontrovertibile nella sinistra calabrese: l’assenza di leader e di personalità in grado di presentare alternative valide nel caos che ora, più di prima, sta consolidandosi nello scenario delle prossime elezioni. Avevamo anticipato nell’edizione di ieri l’insofferenza di Irto, una personalità di spicco che avrebbe potuto convogliare consensi anche trasversali, e ieri mattina non ha indugiato ulteriormente, annunciando con un’intervista sulle pagine online de L’Espresso l’intenzione di ritirarsi dalla competizione.
Irto non lo fa sottovoce, anzi mette in evidenza le incongruenze di questa strana candidatura piaciuta solo a metà della sinistra calabrese: «per mesi ho – ha scritto su twitter – ho lavorato al mio programma per cambiare la Calabria, coinvolgendo giovani, società civile, imprenditori, mondo universitario. Ora ho preso atto che non ci sono le condizioni per andare avanti e l’ho scritto ad Enrico Letta». Nell’intervista a Susanna Turco di Espressonline, Irto dice una verità già nota a molti: ««Appare di continuo una volontà di mettere in discussione le decisioni prese da molto tempo dal partito democratico calabrese e dagli alleati di centrosinistra: ma continuando a perdere tempo si lascia terreno alla destra e a De Magistris. Rinuncio quindi all’incarico e chiedo a Enrico Letta di trovare una soluzione per non continuare a svilire la dignità degli elettori e dei militanti del Pd in Calabria».
La mossa di Irto arriva il giorno dopo dell’annuncio del sindaco di Diamante, il senatore Ernesto Magorno di Italia Viva, di voler scendere nella competizione, rifiutando però, a priori, qualsiasi ipotesi di primarie. Un’idea lanciata dalla sottosegretaria al Sud, la pentastellata Dalila Nesci che si è detta pronta a correre – e bocciata dal “Tan-Dem“ De Magistris-Tansi e presa con atteggiamento poco convinto dagli altri grillini calabresi. Anzi per qualcuno di loro (come Melicchio e Tucci) il ritiro della candidatura di Iro dovrebbe aprire la strada a un nuovo confronto a sinistra. Sì ma quale sinistra?
Irto è molto diretto nelle sue dichiarazioni: «Il Pd deve cambiare, non solo per poter mettersi in gioco alle elezioni, ma con una nuova generazione che c’è, anche se viene vissuta con fastidio da chi pensa solo a fare carriera: ma non possiamo ridurci ai feudi, dobbiamo essere una comunità aperta. Non possiamo solo pensare con chi ci alleiamo: il Pd deve dire cosa vuol fare, se vuol parlare agli elettori». Da mesi – ha detto all’Espresso – il confronto politico resta avvitato su se stesso: parlano tutti di coalizione prescindendo dai programmi. La Calabria è allo stremo, per gli atavici problemi strutturali e per l’ulteriore anno di pandemia, eppure sembra non importare a nessuno. A volte mi sembra di essere l’unico che cerca di dare una visione di futuro, a pensare sia indispensabile un quadro netto di progetti, chiarezza per attuarli. Non basta infatti vincere, bisogna governare, altrimenti torniamo alle sabbie mobili, che poi sono la storia anche di questa terra: la melma dove si impantanano le coalizioni senza identità.
L’attacco al partito è senza esclusione di colpi: «Un partito che vuole essere attrattivo non può suddividersi in piccoli feudi che giocano a pare gli strateghi per garantirsi una poltrona. Né in Calabria, né altrove. Purtroppo intravedo questo schema anche al livello di governo: c’è troppa timidezza. Da mesi mi sgolo, ad esempio, affinché si affronti il tema della sanità in regione. Siamo ancora fermi, salvo l’ultimo confuso decreto che ci fa passare da uno status di regione commissariata, a quello di super commissariata, senza ovviamente alcun impegno economico vero per superare il debito sanitario. Intorno al tema sanità c’è il capitolo infrastrutture, ma neanche su quello si muove nulla. E al governo c’è il Pd: non da mesi, da anni. Ho visto stallo e tatticismo. E ho anche visto che c’è un trasversalismo, in pezzi del centrosinistra calabrese, dovuto ad interessi comuni con pezzi del centrodestra. Ho steso un programma in questi mesi, l’ho condiviso con il vero motore della regione: studenti, imprenditori, terzo settore, professionisti. Sarebbe stato bello concentrarsi su questo. Ma nessuno vuol discutere di contenuti: solo di tattica, credendo di prendere un voto in più».
La deputata Enza Bruno Bossio ha condiviso in pieno la posizione di Irto: «Le dichiarazioni di Nicola Irto – ha detto – impongono una riflessione critica, senza veli, sul modo in cui il PD nazionale ha inteso, finora, affrontare la vicenda elettorale calabrese. Ha ragione Irto: è richiesto un cambio di passo. Bisogna uscire dalla palude nella quale è stato condotto lo schieramento calabrese delle forze progressiste. Non è possibile che le dinamiche di potere tra le correnti romane del Nazareno possano impaludare o addirittura, come afferma Irto, mettere in discussione le decisioni prese da molto tempo dal PD calabrese. È stato un grave errore politico aver voluto inseguire De Magistris e legittimarlo, di fatto, come una parte del campo di centrosinistra».
«Si è disperso così – secondo la deputata dem – il potenziale vantaggio competitivo rispetto ad un centrodestra ancora oggi senza candidato. Invece di investire sul profilo innovativo e riformista della candidatura di Nicola Irto, il gruppo dirigente nazionale ha preferito blandire populismi ed espressioni politiche tanto massimaliste quanto minoritarie. È auspicabile che la reazione di Nicola Irto possa, pertanto, prima di tutto essere utile a rilanciare un progetto di governo capace di competere alle elezioni per vincere e governare bene ma anche per spezzare la spirale di una concezione feudataria che da tempo il PD nazionale va esercitando sulla Calabria e i calabresi».
Tirato in ballo il vicesegretario dem Peppe Provenzano ha detto subito di non aver mai aperto a De Magistris: «Ho lavorato – ha detto – e siamo al lavoro per un campo democratico e progressista più largo e competitivo. Tutto il Partito democratico dev’essere protagonista di questo percorso. La destra in Calabria va battuta, non è tempo di isolarsi. Non possiamo dare nessuna terra per perduta». Un’idea, quest’ultima, condivisa dal segretario Enrico Letta che giovedì manda Francesco Boccia in Calabria, da Irto, per tentare di fargli cambiare idea.
In questo scenario, ovviamente la coppia Tansi-De Magistris si sente ancora più forte e lo stesso sindaco di Napoli (segretamente) gongola dello sfascio dem nell’illusione che la sinistra calabrese possa vedere in lui la soluzione ultimativa per fermare la pressoché certa vittoria del centrodestra. Ma le cose non sono così come sembrano apparire: la figura di De Magistris è maldigerita in ampie parti della sinistra calabrese e, se da un lato, trova il consenso di molti primi cittadini abbagliati dal colore arancio, possibile simbolo di rinascita, dall’altro la situazione reale del consenso esprime numeri fin troppo bassi per determinare una strategia vincente.