CATANZARO, I MEDICI DI FAMIGLIA SONO
SULL’ORLO DI UNA SERIA “CRISI DI NERVI”

di GIACINTO NANCI – «Dottò mi avete sbagliato l’impegnativa, dottò mi dovete sdoppiare l’impegnativa, dottò mi hanno detto che l’impegnativa va fatta così etc. etc.». sono queste le osservazioni che, più e più volte, quotidianamente voi assistiti fate a me vostro medico di famiglia.

Tutto questo avviene da quando è stato pubblicato sul Bur della Regione Calabria nel lontano 2019 il nuovo tariffario regionale delle prestazioni sanitarie. Il tariffario contiene per ogni prestazione sanitaria un codice (numero), una denominazione precisa e un numero di branca specialistica.

Ogni medico prescrittore per prescrivere una visita specialistica o qualsiasi esame deve apporre sulla impegnativa il codice della prestazione, la denominazione e il numero di branca che sono indicati nel nuovo tariffario regionale pubblicato e diventato legge regionale e che tutti dobbiamo applicare. Alle prime osservazioni degli assistiti la prima cosa che ho fatto è stata quella di chiamare i gestori del mio programma di gestione della cartella clinica computerizzata degli assistiti perché implementassero il nuovo tariffario regionale della Calabria nel programma che è il più diffuso in Italia e denominato Millewin.

La loro risposta è stata che lo avevano già fatto e che anzi la regione Calabria è stata la regione che li ha fatti dannare di più (hanno usato proprio questo termine) per la corretta implementazione. Quindi il nuovo tariffario regionale, anche per certificazione della regione Calabria, sul mio programma è correttamente implementato e le mie prescrizioni sono conformi ad esso. E allora perché gli assistiti sono costretti ad un andarivieni per “correggere” le mie impegnative prescritte correttamente?

Lo sono perché proprio le strutture sanitarie regionali calabresi sono quelle che non applicano correttamente il nuovo tariffario e quindi non sono in grado di “accettare” le impegnative fatte in rispetto del tariffario regionale. Gli assistiti sono costretti all’andarivieni perché poi le prescrizioni non conformi al tariffario regionale richiesti dalle struttura sanitarie (laboratori analisi, poliambulatori, esami strumentali visite specialistiche etc.. etc.. ) non sono dematerializzabili dal programma di gestione della cartella clinica dell’assistito e quindi devono essere prescritte su ricetta rossa non inviabile per email e si deve ritirare in studio.

Ma come è possibile che a più di tre anni dalla pubblicazione del tariffario regionale le strutture sanitarie regionali calabresi non sono riuscite a modificare i loro programmi di ricezione delle impegnative prodotte dai medici prescrittori in linea con il nuovo tariffario regionale?

Eppure la Calabria è stracolma di commissari alla sanità: da 13 anni in applicazione del piano di rientro sanitario regionale abbiamo il commissario regionale alla sanità, da più di 4 anni abbiamo commissariate tutte e cinque le aziende sanitarie e sempre da 4 anni abbiamo commissariati i tre grandi ospedali regionali Pugliese-Ciaccio di Catanzaro, Annunziata di Cosenza e Morelli di Reggio Calabria e abbiamo commissariato anche il policlinico Mater domini di Catanzaro. Ma il commissariamento non dovrebbe essere sinonimo si efficienza e velocità e allora perché tutti questi commissari straordinari in quattro anni non sono riusciti a fare ciò che un gestore (Millewin) della cartella clinica computerizzata ha fatto in pochissimo tempo?

Non crediamo che tutti questi commissari imposti dai governi nazionali alla sanità calabrese sono tutti degli inetti per cui pensiamo che ci sono altri motivi anche per ritardi gravi come questo della mancata implementazione del nuovo tariffario nei programmi di ricezione delle impegnative nelle strutture sanitarie regionali.

E il motivo è che la Calabria è la regione che da più di 20 anni ha la sua sanità gravemente sotto finanziata nonostante che tra i suoi circa due milioni di abitanti ci sono molti più malati cronici che non in altri due milioni di altri italiani, per cui la Calabria avrebbe dovuto avere finanziamenti pro capite in sanità molto più elevati (e non inferiori) delle altre regioni. Anzi il piano di rientro e tutta la pletora di commissariamenti imposti alla Calabria per ripianare il presunto deficit (dovuto invece dagli insufficienti finanziamenti a fronte di molti malati cronici) hanno avuto il compito di tagliare ulteriormente la spesa sanitaria ed è per questo che oggi la situazione della sanità calabrese è ancora più disastrosa di 10 anni fa e questo vero e proprio disservizio della mancata applicazione del tariffario regionale ne è l’ultimo esempio.

La salvezza per la sanità calabrese sarebbe la chiusura del piano di rientro e finanziare le sanità regionali in base al criterio della numerosità delle malattie presenti in ogni regione. E oggi abbiamo una opportunità perché il governatore della regione Campania che è in una condizione simile a quella della Calabria ha fatto ricorso al Tar proprio per questo scorretto modo di finanziare le sanità regionali. Il governo ha promesso è programmato per l’anno venturo la modifica dei criteri del riparto dei fondi sanitari alle regioni intuendo, prima della pronuncia del Tar, che questo accoglierà sicuramente la richiesta del governatore della Campania.

La parola adesso passa ai “distratti”, fino a questo momento, amministratori e politici calabresi tutti che hanno l’opportunità di attivarsi affiche finalmente venga fatto un riparto dei fondi sanitari adeguato ai bisogni dei molti malati calabresi e far cessare questo umiliante andare avanti e indietro degli assistiti per “correggere” le impegnative prescritte correttamente. (gn)

SANITÀ CALABRIA, PER LA CORTE DEI CONTI
NON È CHIARO L’UTILIZZO DELLE RISORSE

di GIACINTO NANCILa sezione Corte dei Conti della regione Calabria nella seduta del 01 dicembre 2022 ha messo in evidenza le gravi criticità della sanità calabrese evidenziate sia dal suo ultimo posto nella graduatoria nazionale nell’applicazione dei Lea (Livelli Assistenziali di Assistenza) con miseri 125 punti ed anche  in regressione rispetto all’anno precedente, sia per la mancata approvazione del documento contabile che non pone alcuna certezza in ordine alla modalità di impiego delle risorse e sia per la stratosferica spesa di 242 milioni di euro per le cure dei calabresi fuori regione.

Ma come è possibile che possa accadere una cosa simile visto che la sanità calabrese è sotto piano di rientro dal 2009 e commissariata dal 2010 e visto che la regione Calabria da circa 4 anni ha commissariate sia tutte e 5 le sue aziende sanitarie che i tre più grandi ospedali regionali?

L’applicazione del piano di rientro sanitario e tutti gli altri commissariamenti sono stati imposti alla regione Calabria per un presunto deficit della sua spesa sanitaria causata dalla presunta cattiva amministrazione degli amministratori calabresi. Ma se dopo tredici anni di piano di rientro e di un totale commissariamento della sua sanità la Corte dei Conti registra l’ulteriore peggioramento dei Lea, l’ulteriore aumento della spesa sanitaria dei calabresi fuori regione e la mancanza di un documento contabile dobbiamo allora pensare che la causa di tutto ciò non sono stati ne i “cattivi” amministratori calabresi e neanche il fatto che siano stati mandati, dai governi nazionali, in Calabria in questi 13 anni dei commissari tutti incapaci, ma qualcos’altro.

Ed in effetti il vero problema del presunto deficit sanitario, dei Lea in caduta e della disastrosa situazione della sanità calabrese sta nel fatto che da più di 20 anni a questa parte alla Calabria vengono assegnati in assoluto, in confronto con le altre regioni,  meno fondi per la sua sanità nonostante la necessità di una maggiore sua spesa sanitaria per i molti malati cronici in più rispetto alla media nazionale per come è stato certificato perfino dal commissario al piano di rientro Scura già nel lontano 30/09/2015 con il dca N. 103 vidimato, per come prevede il piano di rientro, prima dal Ministero dell’Economia e poi da quello della Salute.

Quindi dal governo in giù tutti sanno che la Calabria riceve meno fondi pro capite in assoluto per la sua sanità nonostante abbia tra i suoi residenti moltissimi malati cronici in più (circa 300.000 per come è facile conteggiarli dalle dettagliate tabelle del Dca n. 103 del commissario Scura) e tutti sanno che è proprio questa la vera causa di quanto denunciato dalla Corte dei Conti. Anche un bambino sa che i pochi fondi arrivati in Calabria non hanno permesso che i suoi molti malati cronici si potessero curare bene e un malato cronico che non si cura peggiora e poi per potersi curare costa molto di più e peggiora a tal punto che poi per curarsi deve recarsi nei costosissimi centri di eccellenza fuori regione con ulteriore peggioramento della spesa sanitaria e del presunto deficit.

Ed è proprio ciò che è accaduto in Calabria, ed è per questo che 13 anni di piano di rientro e quattro di totale commissariamento hanno portato ad un ulteriore peggioramento dei livelli di assistenza e dei conti sanitari della Calabria. Allora si può perfino perseverare con il piano di rientro e i commissariamenti, nonostante che siano essi stessi a far peggiorare la sanità calabrese, ma bisogna assolutamente modificare il criterio di riparto dei fondi sanitari alle regioni basandolo sulla presenza della numerosità dei malati cronici che è il vero indicatore dei reali bisogni delle sanità regionali.

L’ultima conferenza delle regioni ha posto le basi per una modifica del riparto dei fondi per il prossimo anno basato sulla mortalità sotto i 75 anni e sulla “deprivazione” e ciò configura sicuramente  una prima presa di coscienza del problema di un corretto riparto, ma che sicuramente è poca cosa perché questa modifica di riparto dei fondi porta una variazione di pochissime decine di milioni di euro mentre con il criterio della differente numerosità delle malattie croniche nelle  varie regioni la modifica del riparto è dell’ordine di centinaia di milioni di euro. Ed è questa l’unica e vera soluzione per un corretto riparto dei fondi sanitari alle regioni.

Una ultima considerazione che denuncia l’aberrazione del piano di rientro sanitario è il fatto che, a causa di esso è stato imposto dal governo alla Calabria un prestito forzoso ed usuraio di 424 milioni euro per il quale noi calabresi restituiremo ben 924 milioni in 30 anni dal 2011. Stiamo pagando ben 30.7 milioni di euro all’anno invece di 16 perché su quel prestito forzoso ci è stato applicato dal governo un tasso quasi usuraio del 5.89% (tasso usuraio per le anticipazioni di cassa è del 6,3%).

Quindi ci è stato imposto non solo un ingiusto piano di rientro che ha ulteriormente ridotto gli insufficienti fondi alla sanità calabrese ma anche un altrettanto prestito usuraio e come se tutto ciò non bastasse noi calabresi stiamo pagando, sempre a causa del piano di rientro, più tasse degli altri italiani. Infatti per ripagare il presunto deficit sanitario un lavoratore calabrese con un imponibile di 20.000 euro paga da ormai 12 anni a questa parte ben 406 euro in piu’ di Irpef di ogni altro lavoratore italiano ( e lo dovrà continuare a farlo per i prossimi 28 anni) e un imprenditore calabrese con un imponibile di un milione di euro paga ben 10.700 euro in più di Irap degli altri imprenditori italiani così il piano di rientro oltre a far peggiorare la salute dei calabresi mette in rovina anche la sua economia.

Allora per porre fine alle ingiustizie verso i malati calabresi e la Calabria tutta: 1) fine del piano di rientro, 2) fine dei commissariamenti, 3) riparto dei fondi sanitari alle regioni basato sulla numerosità delle malattie presenti, 4) fine della super tassazione e 5) restituzione dei soldi sottratti con il prestito usuraio. (gn)

[Scritto insieme ai medici dell’Associazione Mediass – Medici di Famiglia Catanzaro, Fabiano Esterina, dott.ssa Greco Antonietta, dott. Muscolo Andrea e dott. Rossi Carmelo]