di MAURO ALVISI – Il modello competitivo d’impresa e società che va delineandosi soddisfa le caratteristiche basi del mio progetto “La Palestra delle idee” che presentai a Confindustria Veneto in un Convegno con il Ministero dell’istruzione nel 2004 a Longarone (BL). Un modello in cui le persone e la loro capacità creativa hanno un ruolo fondamentale.
Allora sostenevo che occorresse cercare talenti, stabilendo contatti con le scuole del territorio, prima con gli istituti professionali, (a Draghi fischieranno le orecchie…) quelli tecnici e i licei poi, via via che la sfida si faceva più complessa, con le università.
Un’idea ripresa oggi da un progetto nuovo chiamato LIBERALEUROPE che sto cercando di promuovere.
L’impresa, la parola lo spiega bene, specie in Italia e di questi tempi, è un’avventura, qualcosa che si rinnova sempre, al contrario dell’azienda che è sinonimo di replicabilità.L’unicità delle idee e del talento è inimitabile,la replicabilità appartiene ad altri mondi e non al nostro, né più la catena di montaggio.
E in quest’ottica il modello gerarchico chiuso di gestire un’impresa, un partito, un team è morto e sepolto.
I collaboratori, i tesserati, non sono dipendenti ma attori in prima persona. Non sono un numero. Sono soggetti e non oggetti, attori e non spettatori o meglio “consumattori”, termine che coniai personalmente nel 2003 durante la Crociera del Marketing davanti alla platea delle blue chip e multinazionali in Italia. Allora ero considerato un guru della materia. Poi questa veste mi è andata stretta. Occorre svecchiare i ruoli e l’immagine che abbiamo e diamo di noi stessi.
Occorre creare un “vivaio”: Come nelle squadre di calcio o di basket. Stabilire un contatto a partire dalle scuole elementari dove il genio già appare con visite di orientamento e progetti comuni: va dato ai ragazzi tempo di capire se un lavoro, una professione può essere interessante per loro, e se ci sono opportunità di farli crescere occorre farlo senza indugi perché il nostro futuro sono loro.
Le sette main road della Palestra delle Idee :
1. Valorizzare il territorio
Cercare e orientare talenti equivale a promuove iniziative sul territorio anche nel periodo estivo, come Impresa per tutte le età, un laboratorio di formazione per “ragazzi” dai 6 agli 80 anni: l’università della Strada.
Lo sviluppo, con le idee innovative, come le Start Up del Sud, la gioventù trainante il Paese, e il Giffoni Film Festival lo dimostrano, non avviene solo nei grandi centri, ma ovunque ci sia qualcuno che lo sogni, lo pensi lo voglia e lo progetti. Un’impresa esiste se sa far rete ma se soprattutto dialoga con il proprio territorio.
Genius e Loci sono una sola cosa.
2. Giocare d’anticipo e sedurre anziché soddisfare
Cercare di anticipare i desiderata del mercato e del cittadino elettore. Anzi indurlo seducendolo (conducendolo a sé). Allargare la propria base relazionale, individuando nuovi scenari sui quali lavorare.
L’unico vero capo di un’azienda è il cliente e di una comunità civica e democratica il cittadino elettore. Che oggi è un prosumer capace di consumare e produrre contenuti (i prodotti e le app son sempre più user generated): senza di lui non c’è stipendio per l’imprenditore, né poltrona da onorevole, sindaco o governatore. né per il loro staff.
3. Creare un brandscape
Dove risiedere e far risiedere il patrimonio tangibile e allo stesso momento più intangibile e più importante per l’impresa e la comunità che è l’essere umano, la gente, people. Una volta assunti non devono trovarsi di fronte una struttura gerarchica, ma ad un nuovo territorio dell’immaginario euforico, una wonderland professionale dove si lavora in gruppo su progetti comuni. Sta all’intraprendenza di ognuno trovare e generare nuovi progetti su cui lavorare.
4. Fare rotta verso il cambiamento come verso l’isola del tesoro
A che serve imporre soluzioni? Il vero cambiamento non risiede nel allenare al problem solving ma nell’allenare a rovesciare i problemi in opportunità: L’abilità di cercare continuamente è più performante di quella di trovare ogni tanto e occorre gente che si ponga problemi e lavorare insieme con chi pone il problema. Cercare l’inconsueto e non l’obsoleto, il sentiero stretto più che l’autostrada che tutti battono.
5. Una benzina chiamata fiducia
È rivoluzionario dare fiducia e contemplare che possa anche venire tradita. Non importa, è un processo irreversibile quello del dono che potenzia ogni ruolo; donare fiducia all’intera catena di valore. Il dono non è mai simmetrico e chi lo riceve prima o poi lo concede indietro superandolo.
6. Fare rete nell’infosfera della good reputation
Costruire e mantenere buona reputazione e relazioni di scopo è vitale per l’impresa e la società postmoderna. Impresa 3.0 o 4.0 ? ma che importa la last version ? Stiamo passando dalla cultura zero defect a quella zero defection quella dove il centro non è cancellare ogni difetto ( spesso è il piccolo difetto a sedurre) ma cancellare il rischio di venire lasciati a terra su un’isola deserta dal cliente, dai partner, dalle istituzioni, dai cittadini, dai collaboratori, dai media, dai fornitori, dai talenti.
Per questo occorre una “coltura d’impresa” ancor di più di una cultura d’impresa. Non è un gioco di parole seminare e coltivare relazioni per raccogliere benessere e successo personale e collettivo.
7. Analizzare chi ci sta davanti e non dimenticare mai quelli indietro
Occorre un duplice benchmark :
a) analizzare sempre la best practice di chi ci precede, capirne i meccanismi, le dinamiche competitive vincenti e assumerle come modello di confronto dinamico;
b) Avere consapevolezza che in fondo alla scale, spesso nei bui sottoscala dell’umanità sofferente c’è quanto più potenziale di svolta si possa mai immaginare. Pensare agli ultimi non è solo un dovere di noi tutti ne tantomeno facile filantropismo ma è un continous learning by defending and saving di rivoluzionario aspetto di welfare doing e wellness creating. ′
[Mauro Alvisi è docente
universitario, esperto di marketing]