NON SOLO I SIGNORI DEL NO, BUROCRAZIA
IL VERO OSTACOLO A CRESCITA E SVILUPPO

di ERCOLE INCALZA  – Il ruolo dei burocrati e il ruolo dei dicasteri: sono questi i “contenitori” entro cui si muovono i “signori del No”. Riporto di seguito quanto dichiarato ultimamente in una intervista dal Ministro della Difesa Guido Crosetto; una intervista in cui, rispondendo ad una precisa domanda se il percorso ad ostacoli della manovra era da addebitare alla latitanza della Ragioneria Generale dello stato e dello stesso Ministero dell’Economia e delle Finanze, Crosetto ha ribadito: «Il primo problema è stata la tempistica: Giorgetti ha avuto appena tre giorni per mettere su la manovra. Il secondo è quello di una classe dirigente nei Ministeri e in ogni settore della macchina burocratica che va cambiata in profondità. Non si può pensare di fare politiche nuove e diverse, se nei posti chiave tieni funzionari che hanno mentalità vecchie o servono ideologie di cui noi rappresentiamo l’alternativa. E poi c’è il problema di classe parlamentare come avvenuto nel 2018 per i 5 Stelle; si è pagata un po’ di inesperienza».

In merito poi allo spoil system Crosetto precisa: «Il termine scade a fine gennaio, di certo non è facile sostituire le burocrazie esistenti. Perché alcune persone sono di grande valore. E perché la macchina amministrativa deve andare avanti e non puoi fermarti mandando subito via funzionari di cui non ti fidi o hanno idee diverse dalle tue. Ci vuole un po’ di tempo. Ma bisogna avere il coraggio di fare queste scelte, mentre in alcuni Ministeri c’è il timore di prendere decisioni che invece vanno prese per rimettere in moto il Paese. Serve coraggio. Bisogna tagliare con il machete alcune catene che bloccano lo sviluppo dell’Italia: ora ci vogliono 17 anni per realizzare un’opera pubblica, dovranno diventare quattro o cinque al massimo. Il machete – precisa sempre Crosetto – andrà usato con chi nelle amministrazioni pubbliche si è distinto per la capacità di dire no e di perdere tempo».

La dichiarazione del Ministro Crosetto non solo è condivisibile ma trova ampia motivazione in una stasi della pubblica Amministrazione durata ormai quasi otto anni; un periodo in cui la vera responsabilità, come ho denunciato sempre, è stata anche dei vari Governi che si sono succeduti. Il loro unico obiettivo infatti era quello di non avviare investimenti in conto capitale ma solo iniziative in conto esercizio quali gli 80 euro per i Salari bassi, il Reddito di Cittadinanza, il Quota 100.

Ma tornando alle dichiarazioni del Ministro Crosetto devo anche precisare che queste assurde anomalie relative al lungo arco temporale che intercorre tra la intuizione di un’opera progettuale e la sua concreta realizzazione, spesso anche oltre venti anni, vada ricercata nella discutibile competenza e ruolo di alcuni Dicasteri. Dobbiamo intanto ammettere che il Ministero dell’Economia e delle Finanze è, a tutti gli effetti, l’unico riferimento decisionale di qualsiasi scelta del Governo e il ruolo dei vari Dicasteri è senza dubbio propositivo, ma in partenza si sa bene che le stesse proposte, anche le più convincenti e le più urgenti, sono filtrate ed approvate solo dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Illudersi quindi di decidere, di scegliere ed approvare determinati progetti nella piena autonomia del Dicastero competente e proponente significa solo non aver capito le regole classiche del nostro sistema istituzionale.

Ma non possiamo però sottovalutare il ruolo e la funzione di altri due Dicasteri, quello dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e quello dei Beni Culturali; il Ministero dell’Ambiente è preposto alla approvazione della Verifica di Impatto Ambientale (VIA) e se necessario anche alla approvazione della Valutazione Ambientale Strategica ed inoltre alla formulazione di un apposito parere. Ed anche in questo caso il ruolo e la funzione diventano elemento filtrante. Il Ministero dei Beni Culturali, attraverso le Sovrintendenze competenti a scala territoriale è un’altra sede, o meglio, un’altra occasione per intervenire ulteriormente sulla coerenza della proposta progettuale all’interno dell’ambito in cui l’opera viene a collocarsi.

Poi c’è la Conferenza dei servizi in cui i vari tecnici dei territori attraversati dall’intervento ed i vari responsabili istituzionali (Presidenti di Regione e Sindaci) diventano attori primari nella conferma di scelte progettuali già definite abbondantemente nelle fasi di avvio delle proposte progettuali. Ultimamente per scimmiottare una tradizione francese abbiamo introdotto un altro filtro inutile: il cosiddetto “Dibattito Pubblico”; una occasione utile solo per ritardare l’approvazione di un’opera.

Per completare il patetico percorso ci sono poi la Corte dei Conti e i vari TAR. Quindi le sedi istituzionali, gli strumenti procedurali, e le norme in questi anni più che i burocrati, sono stati a mio avviso, la causa più preoccupante di questa assurda capacità a “non fare”; sembra davvero inconcepibile il fallimento previsionale della spesa del PNRR entro il 2022: una spesa stimata prima di 43 miliardi, poi di 34 miliardi, poi di 20 miliardi ed ora forse 15 miliardi o, addirittura meno.

Quindi primo atto da compiere non è solo quello di vagliare l’operato di chi è preposto alla gestione della cosa pubblica ma anche rivedere integralmente queste “isole delle competenze” utili solo per dare ruolo e funzione anche ad organismi che spesso non avrebbero neppure la specifica competenza. Ma per evitare questo che spesso assimilo al “gioco dell’oca”; cioè per evitare che l’iter approvativo insegua i vari momenti decisionali e spesso ritorni all’inizio della procedura, avevo, copiando il consiglio del Commissario europeo Paolo Gentiloni, consigliato nei primi mesi del PNRR (cioè due anni e mezzo fa) di costruire presso la Presidenza del Consiglio una sede in cui contestualmente tutti i soggetti competenti esprimessero il proprio parere e, insisto, contestualmente approvassero o bocciassero la proposta. In fondo ribadivo e proponevo ciò che sin dall’inizio ci aveva richiesto la stessa Unione Europea e cioè una unica Governance.

Concludo questa mia nota senza dubbio condividendo, come detto prima, la denuncia del Ministro Crosetto, ma al tempo stesso ribadendo che la capacità della spesa, ormai diventata nel nostro Paese ridicola, non cambierà se non si avvia da subito una revisione sostanziale di questa ricca proliferazione di organismi competenti; siccome però invocare la riforma sostanziale di questa inconcepibile macchina è difficile o forse impossibile, cerchiamo almeno di evitare che questi itinerari, questi esami delle proposte avvengano fuori da una logica unica ed organica. Qualcuno dirà che con le opere del PNRR e con i Decreti legge di snellimento delle procedure si sta già tentando di fare una simile procedura; io purtroppo devo dire che non è vero.

Per rendere quindi meno dannosi i signori del no pensiamo anche a rivedere i contenitori in cui tali signori cercano di motivare, spesso pur non avendolo, il loro ruolo. In proposito consentitemi una ultima considerazione: lo spoil system è certamente una procedura utile per dare vita a strutture di piena fiducia di chi, in una determinata fase storica, governa il Paese ma spesso coloro chi inizialmente sembrano signori del sì con il passare del tempo diventano i peggiori signori del no. (ei)

(Il prof. Ercole Incalza, manager di Stato di provata esperienza, è stato Dirigente di diversi Ministeri)

LA SFIDA DEI COMMERCIALISTI CALABRESI
NON UN PROBLEMA IL SUD, MA UNA RISORSA

Partiamo dal decreto semplificazioni, approvato giusto ieri alla Camera: per “semplificare” le norme vigenti i decreti attuativi sono passati da 39 a 64. L’eterna malattia della burocrazia ministeriale è inguaribile, anzi cresce a dismisura: è perennemente attivo il famoso servizio Ucas (Ufficio complicazioni affari semplici) per rendere difficile la vita dei cittadini e, soprattutto, dei commercialisti. Sono questi ultimi le vere vittime sacrificali di una burocrazia paralizzante che, anche nel post-covid, continua a massacrare senza pietà: carte, scartoffie, una mole di documenti inutili richiesti ugualmente da uffici e istituti di credito che potrebbero tranquillamente farne a meno. Gli aiuti economici promessi dal Governo agli imprenditori si sono impantanati nella palude del più vieto conservatorismo burocratico: tutto come prima, peggio di prima. Il nostro Paese è sommerso da leggi, rimandi di leggi, decreti attuativi che non attuano in attesa di altre norme di attuazione, una giungla di norme da cui è impossibile uscire indenni. È dura la vita dei commercialisti  – se ci permettete l’allusione all’incipit di Corrado Alvaro di Gente d’Aspromonte – in Italia, ma è ancora più difficile in Calabria.

Ma a Paola, dove il Consiglio dei dottori commercialisti e degli esperti contabili ha festeggiato i suoi vent’anni con un bel convegno, non si è parlato solo di burocrazia e delle difficoltà che questa professione incontra ogni giorno di più a causa dei mille adempimenti richiesti.  Per discutere di Mezzogiorno e ripresa economica, sono stati invitati, oltre al Presidente del Cdcec Giorgio Sganga, il sindaco di Paola Roberto Perrotta, la presidente della Regione Calabria Jole Santelli, il delegato del rettore di Unical Vincenzo Ferrari, il presidente della Svimez Adriano Giannola, il direttore del Quotidiano del Sud Roberto Napoletano e l’assessore regionale Fausto Orsomarso.

«Il Mezzogiorno non è un problema ma una risorsa», ha detto l’ex presidente dei commercialisti paolani Giuseppina Greco, organizzatrice del convegno, che ha sottolineato come questa professione sia vitale come contributo al sistema Paese. Il sottotitolo dell’incontro Venti anni di analisi ed esperienze verso politiche di sistema spiega la percezione del “problema” Mezzogiorno, un messaggio di speranza, quasi un auspicio che le politiche di sistema possano finalmente servirsi dell’apporto fondamentale dei dottori commercialisti che siano attori e non “vittime” dei macchinosi inghippi burocratici che soffocano il Paese.

È una grande soddisfazione per il presidente Sganga aver fatto di Paola – come ha dichiarato a Guido Scarpino del Quotidiano del Sud – «piccolo centro di questa bellissima Europa, un punto di riferimento per una discussione di addetti ai lavori. E la presenza annunciata di colleghi non solo calabresi, non solo meridionali, ma anche rappresentanti di altre regioni, fa capire come il tema di un’Italia a due velocità non può più essere tollerato. Qui deve essere chiaro che se non c’è la perequazione richiesta, verosimilmente quest’Italia non andrà da nessuna parte». Il presidente Sganga osserva: «Noi commercialisti abbiamo il polso dell’economia dell’intera Nazione, e non solo; e ognuno di noi ce l’ha in particolare per la propria regione. Le domande che più di un imprenditore mi pone sono: ci riprendiamo? Quando. Purtroppo devo rispondere che ancora non ho le idee chiare. E se le idee chiare non le ho io che sono un addetto ai lavori, figuriamoci il resto». I commercialisti non. voglio soldi, ma essere ascoltati, in quanto rappresentano le istanze che vengono dai cittadini. Il caso delle scadenze fiscali spostate ma messe tutte insieme, per esempio, non è un danno solo ai commercialisti, ma per l’intera comunità dei contribuenti.

Cambiare passo. È questo che propone il convegno di Paola. «L’idea del vecchio capitalismo – ha detto Sganga –  che aveva bisogno di un Sud da sfruttare che si trovasse in America o in Europa o nell’altra parte del mondo, non ha più senso. Oggi c’è bisogno di tanta libertà e di liberismo, ma dev’essere liberismo sociale che equivale all’idea unitaria di in percorso che crea sviluppo nel Mezzogiorno e sviluppa l’Italia». (rcs)