INCUBO DENATALITÀ: UNO SCENARIO FOSCO
SI PROFILA PER LE UNIVERSITÀ CALABRESI

di SERGIO DRAGONELe università del Sud entro il 2040 potrebbero diventare atenei fantasma. Uno studio realizzato da Talents Venture, una società specializzata nell’istruzione universitaria, illustra uno scenario apocalittico: calo delle nascite ed emigrazione dei ragazzi meridionali verso gli atenei del Centro-Nord e dell’estero renderanno non più sostenibili i sistemi universitari del Sud. Diminuiranno drasticamente i giovani di età compresa tra i 18 e i 21 anni che oggi rappresentano il 90% delle immatricolazioni. 

Un quadro fosco che indica nelle Università pugliesi e campane quelle che corrono maggiormente il rischio di desertificazione e quindi, sia pure allo stato teorico, di chiusura nell’arco dei prossimi venti anni.

Ma anche la Calabria non sfugge a questo meccanismo. Secondo questo studio, la nostra regione registrerà nel 2040 la riduzione del 23,8% della popolazione giovanile compresa tra i 18 e i 21 anni, con un rischio desertificazione per i quattro atenei che compongono il nostro sistema universitario (Unical, Umg, Mediterranea e Dante Alighieri per stranieri). Risulteranno troppi, troppo costosi e quindi non più sostenibili economicamente in relazione alle immatricolazioni.

I rettori del Sud sono in grande allarme anche perché inevitabilmente diminuiranno anche le risorse. Il Magnifico dell’Università di Bari, Stefano Bronzini, sta lavorando ad una proposta rivoluzionaria per contrastare questo processo: federare tutte le Università della Puglia e farne una sola, con un solo rettore, un solo consiglio d’amministrazione e un solo senato.

Dice Bronzini: «A Brindisi metterei l’energia, a Taranto concentrerei archeologia e ambiente. A Lecce troverebbero posto le nanotecnologie, a Foggia l’agroalimentare e a Bari la sanità, la fisica, il calcolo, la chimica. Facoltà molto richieste come per esempio Giurisprudenza le lascerei su tutto il territorio, ma legate a un solo ateneo».

Uno dei vantaggi sarebbe di natura economica: secondo Bronzini la federazione di università pugliesi permetterebbe di proporre investimenti che non siano in concorrenza ma in coesione e le risorse sarebbero distribuite in modo equo e non ci sarebbe una contesa degli studenti fra atenei.

Proiettata nella nostra regione, la proposta Bronzini porterebbe alla nascita di un’unica, grande Università, con ogni sede territoriale a detenere un primato in determinate facoltà: a Catanzaro il polo medico e quello giuridico; a Cosenza l’ingegneria e l’informatica; a Reggio Calabria, architettura. Si potrebbe perfino pensare, in questa logica, a facoltà innovative da localizzare a Crotone, Vibo Valentia, Rossano/Corigliano. L’obiettivo sarebbe quello di concentrare tutte le risorse in un unico ateneo e fare valere il peso di un numero consistente di immatricolazioni, puntando anche ad un deciso incremento delle iscrizioni da parte di studenti stranieri.

Ma in Calabria, ovviamente, si procede in direzione del tutto opposta, quella della guerra senza quartiere tra i quattro atenei, con una lotta al coltello per accaparrarsi un po’ di immatricolazioni. La duplicazione della facoltà di medicina, alla luce dello studio di “Talents Venture”, appare più che una conquista, un autentico suicidio che alla lunga porterà all’asfissia di entrambe le facoltà calabresi per la riduzione delle immatricolazioni entro il 2040.

Il rischio di diventare atenei fantasma non fermerà la folle corsa alle duplicazioni, se è vero che anche Reggio Calabria rivendica una terza facoltà di medicina. L’Unical, che gioca da solista in maniera incontrastata, punta sugli studenti stranieri, registrando quest’anno un boom di domande, quasi diecimila, provenienti da 108 Paesi del mondo, per accedere ai 240 posti per la laurea biennale in lingua inglese. Forse non basterà per evitare il rischio desertificazione previsto per il 2040, ma certamente è già qualcosa e forse servirà ad allontanare di qualche anno  il default.

Ora non voglio dire che in Calabria bisogna guardare alla proposta Bronzini come un modello, ma basterebbe lavorare ad un rafforzamento delle facoltà “identitarie” di ciascun ateneo calabrese, concentrando le risorse ed evitando inutili e costosissimi doppioni come “medicina”.

Una considerazione finale. La Puglia guarda al futuro e pensa di federare le forze, la Calabria si gira indietro e pianta inutili e patetiche bandierine, senza minimamente valutare i devastanti impatti che il calo demografico e i flussi migratori avranno nei prossimi venti anni.  (sd)

IL LUNGO INVERNO DEMOGRAFICO D’ITALIA
IN CALABRIA SI RIVELA ANCORA PIÙ RIGIDO

di GIUSEPPE DE BARTOLO – Il Papa, il giorno dell’Epifania, durante l’Angelus, presentando la “lettera agli sposi”, è ritornato, con grande preoccupazione, sulla denatalità, sull’inverno demografico che colpisce molti paesi e soprattutto l’Italia. “Sembra che tante coppie- ha detto Papa Francesco- preferiscano rimanere senza figli o con un figlio soltanto”. Ed ancora: “Facciamo tutto il possibile per riprendere una coscienza, per vincere questo inverno demografico che va contro le nostre famiglie, contro la nostra patria, anche contro il nostro futuro”. Mattarella nel suo discorso di fine anno ha anch’egli sottolineto l’urgenza di “invertire i dati allarmanti sulla natalità”. Queste preoccupazioni si basano, com’è noto, su dati ormai ben consolidati: i rapporti che con regolarità l’Istat pubblica sulla natalità mettono in evidenza ogni volta un nuovo record negativo e non fa eccezione il Report pubblicato il 14 dicembre scorso che certifica il calo delle nascite anche nel 2021, calo che la pandemia ha ulteriormente accentuato. Nel 2020 i nati sono stati 404.892, 15 mila in meno rispetto al 2019 e, secondo i primi dati, ancorché provvisori, nei primi nove mesi del 2021 le minori nascite sono già 12mila e 500, quasi il doppio di quanto osservato nello stesso periodo del 2020. Il numero dei figli per donna nel 2020 è sceso a 1,24 rispetto al valore di 1,44 del periodo 2008-2010, periodo in cui si è registrato il massimo relativo della fecondità. Se poi si considera la fecondità delle donne residenti l’indice precipita addirittura a 1,17 figli, uno degli indici di fecondità più bassi al mondo! Se si pensa che per avere a la semplice sostituzione delle madri con le figlie è necessario un livello di fecondità di 2,1 figli, si comprende come sia “severo” nel nostro Paese l’inverno demografico richiamato da Papa Francesco e menzionato da Mattarella nel suo discorso. Ricordiamo che dal 2008 le nascite sono diminuite di ben 172mila unità nella quasi totalità dovute al calo delle nascite da coppie con entrambi i genitori italiani. È vero che dall’anno duemila questo trend è stato temperato dall’immigrazione straniera, ma va sottolineato che anche l’apporto positivo dell’immigrazione sta perdendo di efficacia man mano che invecchia il profilo per età di questa popolazione.

La bassa fecondità, che ha segnato gli ultimi quarant’anni, insieme con l’aumento della sopravvivenza – ricordiamo che la vita media alla nascita rispetto a mezzo secolo fa è aumentata di ben 10 anni – ci consegnano un Paese con un elevato invecchiamento demografico, tratto che condizionerà fortemente il prossimo futuro. Infatti, entro il 2050 si prevede che gli ultrasessantacinquenni potrebbero rappresentare ben il 35% della popolazione complessiva e ciò renderà ancora più necessario e urgente adattare le politiche di protezione sociale ad una quota di popolazione anziana sempre più numerosa.

In questo quadro la Calabria si troverebbe in un “inverno demografico” ancora più rigido. Infatti, nel 2050, secondo lo scenario mediano costruito dall’Istat, la nostra Regione potrebbe perdere 367mila residenti, pari al 19,4% della sua popolazione odierna, quasi il doppio di quell’11% in meno che l’Italia intera avrebbe nello stesso periodo. Inoltre, l’indice di vecchiaia, ovvero il rapporto tra anziani e giovanissimi aumenterebbe da 169% di oggi al 336% del 2050. Ricordiamo che oggi vaste zone della nostra Regione soffrono di un forte spopolamento e sono segnate da un invecchiamento molto severo che è destinato ad aumentare nel tempo, mettendo in grande difficoltà il debole tessuto economico-sociale già provato dalla pandemia in corso. Per esempio, in provincia di Cosenza il primo gennaio 2021 nel Comune di Alessandra del Carretto a fronte di un giovanissimo ci sono ben 12,5 ultrasessantacinquenni, a Carpanzano il rapporto è di 1 a 11, a Castroregio di 1 a 9; in provincia di Reggio Calabria, a Roccaforte del Greco il rapporto è di 1 a 11; in provincia di Crotone, a Carfizzi è di 1 a 8,7 e a San Nicola dell’Alto di 1 a 6.

Questo declino, come è stato sottolineato anche in altre occasioni, potrà essere contrastato solo se la questione demografica sarà assunta a vera e propria emergenza nazionale, costruendo una vera politica sociale e economica che aiuti la popolazione anziana ad avere un ruolo attivo nella società, che sostenga la famiglia e la procreazione e che non consideri l’immigrazione come un problema ma come una risorsa da valorizzare attraverso l’accoglienza e l’integrazione. (gdb)

[Giuseppe De Bartolo è professore di Demografia all’Università della Calabria]