LA CALABRIA NEL GIORNO DELLA MEMORIA
RICORDA A TARSIA IL CAMPO FERRAMONTI

Nel Giorno della Memoria, il Museo della Memoria Ferramonti di Tarsia rappresenta per la Calabria un punto di riferimento essenziale “per non dimenticare”. Il 27 gennaio per la Calabria, significa pensare al campo di concentramento fascista di Ferramonti, a Tarsia, nel Cosentino, dove dal 1940 furono internati ebrei, italiani, antifascisti italiani e stranieri, gruppi di cinesi e profughi politici. Pur nella vergogna della sua istituzione, Ferramonti, però, può vantare un trattamento più umano, rispetto agli altri campi, tanto che non ha registrato alcuna vittima dell’atrocità nazi-fascista. Dopo l8 settembre passò sotto la gestione del comando alleato e fu sgomberato nel settembre 1945, per venire chiuso definitivamente qualche mese dopo.

Il Museo ha riaperto al pubblico con modalità di visita nuove, che mettono a frutto il valore della “temperanza” e della “giusta distanza” che il lockdown per l’emergenza sanitaria da #Coronavirus ha lasciato in eredità. All’interno del Museo occorre mantenere la distanza minima interpersonale di un metro e mezzo. Le visite sono contingentate e scaglionate in turni di gruppi composti al massimo da 10 persone.

Inagurato nel 2004, il il Museo Internazionale della Memoria di Ferramonti di Tarsia – fortemente voluto dall’Amministrazione comunale – raccoglie la documentazione sugli anni di attività del campo di concentramento di  Ferramonti di Tarsia. All’interno dell’area del Museo è possibile visitare la sala del plastico, ricostruzione in legno che mostra la grandezza in scala del Campo e dei suo 16 ettari di estensione. In questa sala, oltre un percorso documentale che mostra come si è arrivati alla costruzione del campo, è possibile approfondire la tematica della promulgazione delle leggi razziali in Italia ad opera del regime fascista nel 1938.

Ferramonti era una contrada paludosa e malarica del comune di Tarsia, in provincia di Cosenza, poi bonificata nella seconda metà degli anni ’30. Poiché il governo fascista doveva costruire dei campi di internamento per gli ebrei stranieri e per tutti i cittadini di paesi nemici rimasti in Italia, venne individuata quest’area che un faccendiere romano vicino al regime, Eugenio Parrini, che aveva realizzato opere di bonifica, fece scegliere in modo da utilizzare le strutture già presenti e ottenere il monopolio nello spaccio alimentare. Nacquero così i campi di Pisticci (MT), riservato soprattutto a oppositori politici italiani, e il campo di Ferramonti di Tarsia (CS), destinato a ebrei e cittadini stranieri nemici.

Il Campo di Ferramonti di Tarsia fu l’unico esempio di un vero campo di concentramento costruito dal governo fascista a seguito delle leggi razziali e rappresenta storicamente il più grande campo di internamento italiano. A partire dal giugno 1940 vi transitarono circa 3000 internati. Il Campo si estendeva su un’area di 16 ettari ed era composto da 92 baracche di varia dimensione, molte delle quali con la classica forma ad “U” e forniti di cucina, latrine e lavabi comuni. Nel Campo vi fu una rilevante attività culturale e sportiva che aiutò a mitigare le estreme difficoltà di vita dovute alla presenza della malaria e alla scarsità di cibo. Il 1943 fu l’anno più difficile per Ferramonti, ma anche quello che vide la sua liberazione. Tra il settembre e l’ottobre del 1943 passò a pochi metri dal campo l’intera armata tedesca Hermann Göring in ritirata dal sud. Per evitare pericoli, la direzione dispose l’evacuazione del Campo e tutti gli ebrei che potevano furono fatti scappare nelle campagne circostanti dove vennero ospitati dai contadini del territorio di Tarsia. Per evitare una intrusione nazista e a protezione degli ebrei rimasti nel campo perché troppo anziani o malati, venne issata una bandiera gialla all’ingresso del Campo con la presenza del cappuccino Lopinot per spiegare ai tedeschi la presenza di una epidemia di tifo all’interno. Grazie a questi stratagemmi, Ferramonti rimase indenne da ogni azione da parte delle truppe tedesche. Le uniche morti violente avvenute nel campo derivarono da un mitragliamento da parte di un aereo alleato impegnato in un duello aereo sopra il cielo del Campo alla fine dell’agosto 1943. Dopo l’armistizio dell’8 settembre l’autorità italiana abbandonò il Campo e la mattina del 14 settembre 1943 entrarono nel Campo i primi camion inglesi. Da quel momento il campo di Ferramonti di Tarsia ebbe una conduzione ebraica. Il Campo fu ufficialmente chiuso l’11 dicembre 1945. Per la peculiarità della sua organizzazione sociale e per il trattamento umano ricevuto dagli internati, il Jerusalem Post lo definì “un paradiso inaspettato” e lo storico ebraico Steinberg lo ha definito “the largest kibbutz on the European continent”.

Oggi, in particolare, è previsto un evento in modalità streaming sul tema “Ferramonti, il lager, la speranza, la salvezza: la dimensione europea del Campo di Ferramonti”con la partecipazione del sindaco di Tarsia Roberto Ameruso, della direttrice del Museo della Memoria Teresina Ciliberti, del rappresentante calabrese della comunità ebraica di Napoli Roque Pugliese, Maria Cristina Parise Martirano, presidente del Comitato Dante Alighieri di Cosenza, Stanislao De Marsanich, presidente dei Parchi letterari, e Lydia Shapirer, presidente della Comunità ebraica di Napoli. Con le testimonianze di Zew Kuten (internato) Fulvio Solms (figlio dell’internato Werner Solms), Dina Smadar ed Eva Rachel Porcilan (nate nel campo di Ferramonti), Yolanda Bentham (figlia dell’internato David Henry Ropschitz), Pina e Walter Brenner (figli dell’internato Gustav Brenner internato a Ferramonti) e Sara e Maid Babad (figli dell’internato Markus Babad). (rrm)

Per seguire l’evento: https://www.youtube.com/channel/UCdQNOWwDmPmilYa6_ySBVkg