Il presidente dell’Associazione Cittadini per il Cambiamento, Nuccio Pizzimenti, ha chiesto che il sindaco di Reggio, Giuseppe Falcomatà, si dimetta prima della probabile sospensione, prevista dalla Magistratura per il 19 novembre, «per rispetto verso gli elettori e la città tutta».
Per il primo cittadino, infatti, sono stati chiesti un anno e dieci mesi di reclusione per il Caso Miramare, e Pizzimenti, oltre a chiedere le dimissioni, ha chiesto al sindaco di non compiere altri attivi amministrativi, «in modo che i cittadini possano ritornare alle urne, si trovasse un impiego lontano dalla politica, per il bene di una comunità che deve rinascere. In ogni caso, il Consiglio Comunale è investito delle implicazioni da noi evidenziate, per il bene e la rinascita della nostra città ormai in un baratro immane»
Per Pizzimenti, «la Legge Severino, a nostro modesto avviso dovrebbe essere modificata, in quanto non ci appare eticamente e giuridicamente corretto, anche sotto il profilo costituzionale, che il ruolo del sindaco condannato per reati abbastanza gravi, eventualmente sospeso dall’Autorità Giudiziaria per 18 mesi, venga surrogato da un vicesindaco facente funzioni, non votato dai cittadini per un compito così delicato».
«Pertanto – ha aggiunto – riteniamo un’imposizione legislativa, la surroga con il vicesindaco f.f., che per quanto ci è dato sapere, non ha suscitato reazioni ostative, probabilmente per scarsa percezione della grande implicazione sul piano amministrativo e dell’accessibilità democratica di un’istituzione primaria per i cittadini, quale il Comune».
«A tale proposito – ha evidenziato – è opportuno, ricordare che la legge elettorale, sancisce che nei Comuni con popolazione superiore 15.000 abitanti, il Sindaco venga eletto, a suffragio universale e diretto, contestualmente all’elezione del Consiglio Comunale. Noi vorremmo sapere per comprendere meglio, quale sia il motivo che contraddice la legge e il mandato popolare, affidando a persona non eletta, la carica del Sindaco condannato e sospeso?».
«Al riguardo, riteniamo che – ha spiegato – quando un sindaco viene condannato bisognerebbe tornare alle urne, per eleggere un nuovo Sindaco e non sospenderlo per 18 mesi. Altresì va messo in forte evidenza che, in linea generale, la problematica concernente l’estensione dei poteri del Vicesindaco, ha formato oggetto di due pareri del Consiglio di Stato (n. 94/96 del 21 febbraio 1996 e n. 501/2001 del 14 giugno 2001), chiaramente orientati verso una configurazione non restrittiva dei poteri del Vicesindaco, sulla base della considerazione che, secondo i principi generali, la preposizione di un ‘sostituto’ all’ufficio o carica in cui si è realizzata la vacanza, implica di norma l’attribuzione di tutti i poteri spettanti al Sindaco».
«Il Supremo Consesso Amministrativo – ha spiegato ancora – ribadisce l’esigenza di continuità nell’azione amministrativa dell’ente locale, postulando che in ogni momento debba esserci un soggetto giuridicamente legittimato ad adottare tutti i provvedimenti oggettivamente necessari, nell’interesse pubblico. Pertanto, al Vicesindaco reggente deve essere riconosciuta pienezza di poteri anche per quanto concerne la revoca o nomina degli assessori».
«Ma attenzione! – qui l’incongruenza legislativa – i pareri del CdS. (pareri, non sentenze) – ha proseguito Pizzimenti – risalgono al 2001, ben 11 anni prima della Legge 6 novembre 2012, n. 190 – Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione (Legge Severino), Decreto legislativo 31 dicembre 2012, n.235. La legge fino a che punto condanna il dolo, se, nello stesso tempo – sorprendente abbaglio legislativo – premia la continuità amministrativa, di un consesso delegittimato da una giunta coinvolta a pieno titolo in una delibera palesemente illegittima? Al fine di chiarire questi interrogativi, chiediamo che – ove, come ormai appare probabile, e come i cittadini legittimamente si aspettano, considerata anche la precedente condanna della dr. Angela Marcianò, venga emessa sentenza di condanna, e si produca all’interno del Consiglio Comunale, una interrogazione parlamentare in merito, e/o un rilievo presso il Consiglio di Stato al riguardo».
«Per questo – ha aggiunto – (ed altri gravi motivi, non da ultimo, la sentenza della Corte Costituzionale – 23 giugno – 11 luglio 1961, n. 40. “Tra le diverse mozioni che dell’ordine pubblico si hanno nella legislazione, la nozione da accettarsi, ai fini dello scioglimento dei consigli comunali, è quella che attiene alla sicurezza ed alla quiete pubblica”. Sicurezza e quiete pubblica fortemente messa a rischio a Reggio Calabria, dal disastro ambientale e sanitario dei rifiuti, della viabilità, dei servizi minimi essenziali, della trasparenza amministrativa, delle sospensioni per i voti dei defunti, per l’abuso nella gestione dei fondi vincolati, sulle ripetute bocciature e fallimenti amministrativi su tutti i fronti, sul disgregamento di ogni concetto di famiglia e di appartenenza, dovuto ad una neo emigrazione mai vista negli ultimi 50 anni)». (rrc)