Gutta cavat lapidem, poesie di Caterina Silipo

di SANTO STRATI – La nuova raccolta poetica di Caterina Silipo (Gutta cavat lapidem), edita da Falzea ha diversi meriti che è opportuno indicare per sottolineare la validità del percorso lirico dell’autrice.

Prima di tutto quello di utilizzare i suoi versi per tracciare, attraverso la ricognizione della natura e della sensibilità interiore umana, linee di sentimento che vanno dritte al cuore. È la suggestione del verso che nella poesia assume il ruolo primario di una narrazione al pari di un dialogo serrato di pagine di un romanzo, così il racconto poetico s’ingegna a stuzzicare sentimenti e indurre alla riflessione. Che poi è un compito precipuo di chi scrive in versi (ma la Silipo è anche autrice di romanzi e racconti), cioè usare la parole per evocare emozioni e spingere al confronto con se stessi.

Il titolo deriva, come chiunque abbia studiato il latino, da una famosa citazione di Lucrezio nel suo De Rerum Natura, tratta da Ovidio. La goccia scava la pietra, ovvero la perseveranza riesce là dove tutto appare impossibile, come bucare una roccia. E l’impegno di di utilizzare gocce di poesia per scavare nel profondo del cuore porta, nel caso di Caterina Silipo a un felice, quanto scontato risultato: le sue liriche sono un compagno appassionato e gentile, ma dalla lettura si ricava una sensazione profonda di coinvolgimento emotivo. I sentimenti, soprattutto quelli più nascosti, allora reagiscono e respirano quella che l’autrice chiama lucida malinconia e che traspare dai suoi versi. Per disegnare paesaggi d’intimità condivisibile eppure impenetrabile, che “costringe” a reagire intellettivamente e dopo un primo impulso timoroso (la paura di non cogliere il senso) far proprie le parole che evocano ricordi e suscitano emozioni.

La poetica di Caterina Silipo dunque dialoga con i suoi lettori: abbiamo sempre più bisogno di poesia in un mondo che corre vertiginosamente verso l’abisso, oscurando i veri valori dell’umanità e del vivere in comune. Riesce a catturare l’attenzione e ricambia con un verso pacato che però vigorosamente illustra il senso della vita e indica il percorso ideale per affrancarsi da solitudine e infelicità che, troppo spesso, circolano indisturbate nei cuori delle persone semplici ma anche dei potenti, dei buoni e dei cattivi.

La reattività, ovviamente non può essere mai la stessa, ma questo viaggio tra natura e sentimento rivela il chiarore della vita e ogni giorno presenta una nuova avventura che merita di essere vissuta fino in fondo. L’avventura della vita, che ci chiede, spesso inascolata, di dimenticare rancori e cattivi pensieri, e affrontare con un sorriso la sfida che si rinnova ogni 24 ore.

“Siamo tutti soli / esseri sperduti /che si cercano / e si rincorrono”: sono i versi che sintetizzano la visione del mondo da parte dell’autrice, senza fatalismi né pessimismo, ma che rivelano l’anelito di una speranza che non può e non deve morire. “Gocce di pioggia, sole in un grande mare, un mare immenso, gocce che gonfiano i fiumi e li fanno straripare, ma gocce che si uniscono pur rimanendo sole. L’aria dello Stretto, sicuramente, ha inciso non poco nell’animo poetico della Silipo, instillando quel forte senso di passionalità viva e di classicismo che è di casa da queste parti, nel solco di un percorso avviato da grandi nomi della Magna Grecia (Ibico reggino, la poetessa Nosside, ispiratore di una sensibilità in genere superiore alla normalità. E questa istanza di sentimenti porta inevitabilmente a dividere chi scrive versi in libertà, per esprimersi, e chi (come nel caso di Caterina Silipo) una i versi per attrarre e suscitare emozioni, per suggestionare, nel senso più bello del termine, e ricavare sensazioni.

Il “mestiere” di poeta è molto più complicato di quello dello scrittore. a volte bastano poche righe per esprimere quanto decine di pagine riescono a dare.

Le emozioni più belle –  ripropone l’autrice citando Baudelaire –   sono quelle che non puoi spiegare: è il compito della poesia, è il meccanismo straordinario del “poetare” al servizio degli altri. In quetso caso un’umanità disattenta eppure in trepida attesa di messaggi, di versi che inducano a ripensare il senso della vita e dare un senso alla propria di vita. Una bella raccolta, da tenere sul comodino e sfogliare prima di addormentarsi. I versi della Silipo, però, non inducono il sonno, ma danno una carica vitale. (s)

GUTTA CAVAT LAPIDEM
di Caterina Silipo
Con la prefazione di Mimmo Nunnari

Falzea Editore
ISBN 9788882965419

La notte prima dell’arcobaleno, di Caterina Silipo

di RAFFAELLA PLUTINO – Ritrovo con piacere, a distanza di anni, la scrittura delicata di Caterina Silipo, già in passato apprezzata per i suoi versi di squisita bellezza, che l’hanno resa cara al pubblico e non solo a quello elitario che ruota intorno al pianeta spesso utopico e irraggiungibile della poesia; tal che, infatti, la sua voce poetica ha conquistato anche il cuore e l’attenzione dei cosiddetti ” non addetti ai lavori”, meritando significativi riconoscimenti da molteplici e variegati contesti.
Ho letto con molta attenzione questo terzo romanzo della Silipo, talmente che ne scrivo dopo mesi e dopo altre parecchie riletture. Non già perché il libro sia di difficile lettura o interpretazione, soltanto perché sin dalle prime battute mi sono resa conto che quest’opera meritava sicuramente un esame molto approfondito dei temi e dei contenuti, peraltro mirabilmente intrecciati a tutta una serie di esperienze umane e letterarie a volte ben delineate e facilmente riconoscibili, altre più sottese e visionarie, e qua, secondo me, sta un primo pregio del romanzo. Che si apre con una inquadratura temporale ben precisa (“era la fine di maggio”), e subito introducendo la protagonista della vicenda (“la mia adorata gattina”), la gattina Nuvola, attorno alla quale graviteranno poi tutte le emozioni, i ricordi dell’autrice, nonché tutte le altre figure di questa suggestiva trama, in primis Adele, l’io narrante, (Alba, Karima, Michele), a fare da cornice, ma tutt’altro che passiva o statica, al prezioso racconto. Dopo poche pagine, ecco che il lettore è portato in un contesto geografico ben preciso, Tirneto (tranquilla cittadina dell’entroterra calabrese),c he dà voce soprattutto ai ricordi, spesso dolorosi, e qua sta il lato realistico dell’opera, affrontato anche in chiave psicologica, attraverso flashback di scenari rurali, caratterizzati spesso da sofferenza, necessità di emigrazione, impotenza, mancanza di orizzonti.
Sappiamo, sin dalle prime battute, che la gattina è malata (“ho composto il numero della clinica veterinaria e ho chiesto di parlare con il veterinario Andrea”). Una malattia che la porterà alla morte. Ma ciò che affascina e cattura, in tutto il libro, è la sapiente mescolanza di sogno e realtà, visione e lucidità, sofferenza e speranza,r assegnazione e utopia. Splendidi passaggi soprattutto nei capitoli “Un tragico salvataggio” e “Il rogo”, forse i più drammatici di tutto il romanzo.
Tuttavia, e qua sta a mio parere la vera forza e magia dell’opera, la narrazione “circolare” apre uno spiraglio di luce su tutta la vicenda, presente, passato, aspettative del futuro, a dimostrazione che qualche filo, dal nero gomitolo, si può tirare.(“Allora niente è come sembra!…Avevo perduto la mia anima, avevo perduto mio fratello, avevo perduto Dio, alla fine ho trovato tutti e tre”).
Decisamente un’opera che tra dolore e visione, ripercorre con grande umanità e delicatezza il rapporto tra “anima” e il mistero della vita. Perché, forse, anche il sogno non sia sterile e la realtà non sia solo il regno del dolore.

CATERINA SILIPO
LA NOTTE PRIMA DELL’ARCOBALENO
Falzea Editore, ISBN 9788882965181