di FRANCO BARTUCCI – Il Sud al centro dell’attenzione nei pensieri e nelle dichiarazioni del Presidente Mario Draghi. Numerosi appelli sono stati fatti da diverse figure politiche della nostra Regione, perché la Calabria abbia i suoi riconoscimenti in materia della programmazione del Recovery Fund e Recovery Plan per arrivare all’ultima definizione Recovery Sud, dopo le due giornate di dibattito sui problemi del Sud, organizzato in remoto dal Ministro per il Sud, Mara Carfagna.
Draghi non dimentichi il Sud, è il titolo di un documento firmato dal già presidente della Giunta regionale calabrese, Mario Oliverio, insieme ad alcuni sindaci e rappresentanti di associazioni e forze sociali della Calabria e Sicilia, nel quale si evidenzia il drammatico problema dell’ammodernamento infrastrutturale del Sud ed in particolare di due regioni quali appunto la Calabria e la Sicilia, che «come è noto – si evidenzia nel documento – rimangono in una condizione di più accentuata marginalità anche in considerazione della inadeguata ed arretrata rete di collegamenti. Riteniamo di vitale importanza assumere impegni urgenti e precisi relativi all’ammodernamento infrastrutturale del Mezzogiorno con particolare riferimento al prolungamento dell’Alta Velocità ferroviaria (a 300 km/h) sulla Salerno / Reggio Calabria e quindi sulla Messina /Catania / Palermo; alle grandi infrastrutture portuali del Sud Gioia Tauro, primo porto container italiano, Augusta secondo porto industriale italiano e tutti gli altri porti commerciali nazionali localizzati nelle Regioni del Mezzogiorno; ai grandi sistemi autostradali jonico e tirrenico e le principali trasversali».
«Abbattere le distanze – si puntualizza ancora nel documento firmato dal già presidente Mario Oliverio della Regione Calabria – nella mobilità di persone e merci ed uscire dalla perifericità dando pari opportunità ai territori e alle imprese, è una condizione imprescindibile per affrontare e risolvere davvero con serietà e concretamente la Questione meridionale. In questo quadro, la realizzazione dell’attraversamento stabile dello Stretto di Messina diventa una scelta coerente e funzionale ad un disegno di grande impatto e valenza strategica».
«È necessaria, quindi – continua il documento – una impostazione chiara che può essere assunta tenendo conto del documento elaborato dai docenti ordinari delle facoltà di Ingegneria di sei Università siciliane e calabresi, e che costituisce un rigoroso contributo tecnico analitico con particolare riferimento alla sostenibilità degli investimenti necessari infrastrutture basilari per la crescita di due regioni del Sud, Calabria e Sicilia nelle quali vivono sette milioni di italiani, e necessarie per affermare e consolidare un ruolo centrale del nostro Paese nel contesto del bacino euro-mediterraneo. È questa una condizione per creare opportunità di crescita e per spezzare la spirale che spinge tanti nostri giovani fuori dalla loro terra. Il futuro dei nostri territori passa dall’attuazione di queste progettualità».
Intanto, è ancora fresca la notizia comunicata dalla parlamentare del Partito Democratico, Enza Bruno Bossio, che la Commissione Trasporti della Camera, su sua relazione insieme all’on. Paolo Ficara, del Movimento Cinque Stelle, ha dato via libera per la realizzazione dell’alta velocità Salerno Reggio Calabria e attraversamento stabile dello Stretto.
A queste richieste ed accoglienza dell’investimento sull’alta velocità Salerno/Reggio Calabria, ci sono le considerazioni che scaturiscono dai lavori del convegno promosso dalla ministra Carfagna sullo sviluppo del Sud, in cui il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, nel fare le sue valutazioni ha sostenuto la necessità di ottenere adeguati finanziamenti per l’Università “Mediterranea” dello Stretto, al fine di puntare ad un programma dedito alle alte tecnologie; mentre trecento sindaci calabresi, con a capo il sen. Ernesto Magorno, aderiscono al piano Recovery Sud, che prevede adeguati finanziamenti per superare il forte divario Nord/Sud con investimenti necessari a creare coesione sociale, economica e territoriale, che trova attenzione nello stesso ministro Carfagna, ricevendo una delegazione di sindaci, il cui incontro si conclude con l’annuncio dell’istituzione di un Capitolo Sud, con almeno 150 miliardi di euro di risorse, grazie ai fondi Pnrr ed altri finanziamenti europei.
Il dibattito che si sta sviluppando anche mediaticamente sugli investimenti del Recovery fund, e di conseguenza sul Recovery plan, è molto ampio con richieste, segnalazioni ed indicazioni precise su interventi e finanziamenti da ottenere in virtù anche di un riequilibrio degli investimenti nel rapporto Nord/Sud Italia. Si parla molto di investimenti strutturali e si ha l’impressione, soprattutto in Calabria, che si parli pochissimo di investimenti e progetti legati al mondo giovanile, come alla ricerca e al mondo universitario, pur di fronte a specifiche raccomandazioni del Presidente Mario Draghi e da quanto specificato nel manifesto Rapporto Sud del ministro Carfagna.
Per tutto questo, è strano il silenzio totale delle tre Università calabresi, le cui voci non si riescono a sentire. Eppure, l’Università della Calabria, bloccata dal 2007 sulle colline di Arcavacata, potrebbe far sentire la sua voce, avendo territorio e progetti giacenti nei suoi archivi, per portare a compimento il suo disegno di cittadella universitaria nel contesto di una nuova grande “città unica” nella media Valle del Crati.
Nel 1998, è il caso di ricordarlo, l’Università della Calabria, su interessamento del concessionario titolare dell’impresa Bocoge, ottenne dall’Unione Europea un parere favorevole per un finanziamento di 600 miliardi di lire, individuati tra fondi concessi e non utilizzati, che le avrebbero consentito di portare a compimento il progetto dell’Università secondo gli elaborati progettuali dell’arch. Vittorio Gregotti. Un finanziamento che fu ostacolato all’epoca dal sindaco di Cosenza, e che se ne perse traccia per ovvi motivi.
Con quei finanziamenti, l’Università della Calabria, oggi, sarebbe nelle dimensioni pensate dai progettisti del concorso internazionale del 1973 (Gregotti e Martensson): con il suo campus, la stazione ferroviaria sull’asse Cosenza/Paola/Sibari in località Settimo di Montalto Uffugo, il centro culturale, il parco scientifico e tecnologico, il centro servizi per le imprese, il centro affari, il centro sportivo regionale con lo stadio, un palasport e la piscina, un asse direzionale, il centro espositivo e le scuole di specializzazione, con la ridefinizione dell’ingresso Sud dell’Università, collegato in modo dignitoso alla superstrada Paola/Cosenza/Sila/Crotone.
Tutto questo è andato in fumo, rallentando l’evoluzione produttiva, economica e sociale di quella parte di società residente nel territorio di pertinenza, il tutto inserito nel disegno progettuale della Grande Cosenza, con la sua metropolitana e magari con il fiume Crati navigabile, pensato dai padri fondatori e ripreso saltuariamente nel tempo da figure accademiche e dirigenziali della stessa università. Oggi, grazie al Recovery fund, ci potrebbe essere una valida opportunità per riproporre il progetto e realizzarlo con la condivisione, insieme all’attuale dirigenza dell’Università, dei comuni e delle istituzioni del territorio locale, provinciale e regionale.
Un progetto valido che ha nell’Università, centro di ricerca di alta qualità internazionale e formazione per tanti giovani calabresi e non solo provenienti da altre regioni italiane e di vari Paesi del mondo, il suo punto di maggiore attrazione e amalgama nell’essere nell’area del Mediterraneo una città che irradia attraverso il lavoro nuovi comportamenti di socializzazione e cultura, nonché di crescita economica puntando alle alte tecnologie ed all’innovazione.
Bisogna crederci a tale idea progettuale, ed è strano che sia l’Università che i sindaci del territorio dell’area urbana della media Valle del Crati se ne stiano buoni, buoni in silenzio ed inattivi incapaci nel programmare il futuro di progresso per le popolazioni gravitanti nel comprensorio e non solo. (rcs)