Cosenza-Catanzaro, la partita della pace mancata e della propaganda dell’inutile

di FRANCO CIMINO – Nella storia dell’Umanità ci sono i giorni dell’odio e quelli dell’amicizia. I giorni della pace e quelli della guerra. Negli spazi più piccoli, paesini, quartieri e vicinato, condomini e parentado compresi, ci sono i giorni delle liti e delle strette di mano, dopo non poche scazzottate magari.

Nel calcio di oggi, invece, c’è solo guerra, odio rancore e voglia di vendetta e rappresaglia. Gli stadi sono diventati un campo aperto, anche all’esterno, di battaglia. Gradinate, piazzali antistanti, vie di trasferimento fino all’uscita e oltre le città delle guerre del pallone. Un manipolo di stupidi e scellerati nelle due diverse e contrapposte fazioni, mettono sottosopra i luoghi che dovrebbero essere in festa.

Lo Sport, con la maiuscola, è festa. Anche il calcio, pur questo della corruzione dello spirito sportivo per il diavolo denaro che lo domina, è sport. Il più completo perché all’agonismo aggiunge l’arte, alla forza atletica la tecnica, alla prestazione lo spettacolo. Il Calcio, con la maiuscola, è dunque festa. Nella maggior parte dei nostri stadi, invece, è guerra. Di più, quasi in tutti quelli calabresi. Della guerra ha tutto, tranne i morti e i feriti a migliaia. Ha il nemico. Ha il rancore e la voglia di vedere “finire” il nemico. Ha l’insulto feroce e la propaganda falsificante, quella di bugie di ogni genere, che alterano i fatti pur documentati. Ha la preparazione alla battaglia, fisica, mentale, verbale. Ha il disprezzo delle norme che regolano la convivenza civile e l’ordine sociale nell’assoluto rispetto degli spazi e delle cose di quei luoghi. Ha le reciproche autorità istituzionali, che difendono i propri “guerriglieri” e accanto a loro poi stanno convinti che dai belligeranti di propria appartenenza venga un consenso maggiore per restare al posto di comando.

Infine, ma non per finire le motivazioni. C’e la logica della guerra. Essa é dichiarata e fatta dai pochi contro la volontà dei quasi tutti. C’è il coinvolgimento di un popolo, la gente, in una cosa che non è loro, ma contro di loro. Si prenda, ad esempio, la partita odierna tra il Cosenza e il Catanzaro e si ricordino i fatti dell’anno scorso. Quanti sono quelli che da una parte e dall’altra, pur con diverse responsabilità, li hanno prodotti? In tutto un centinaio di facinorosi. Allo stadio ci vanno almeno quindicimila persone, tutte reciprocamente a tifare con forza per la propria squadra. Ma che c’entrano loro con i cento “guerrieri”?

Queste partite tra corregionali si chiamano derby per significare la stupenda specialità della partita. Due cuori che si confrontano, due tifoserie che si esaltano sportivamente. Il derby è la festa dello Sport più bella, come quelle della corsa dei centri metri alle Olimpiadi o la finale di Wimbledon, che vedeno battersi magnificamente per la vittoria due dello stesso paese o due amici. Una volta c’erano gli sfottò che duravano settimane. Oggi gli insulti che infiammano in “armi” un pomeriggio distruttivo. Cosenza e Catanzaro, due nobili città, ricche di buona storia e di civiltà. Che c’entrano i cosentini e i catanzaresi con le guerre di una piccolissima parte delle curve, che poi sono bellezza di folclore affascinante. Di ricchezza umana straordinaria.

Nulla, c’entrano, infatti. Le due Città vivono due momenti diversi, oggi. Più fortunato quello della Brutia per via dei notevoli sostegni ricevuti. Molto meno, e non solo per il mancato sostegno esterno, quella dei Tre Colli. Ma ambedue hanno problemi enormi e aspirazioni più grandi ancora. Tutti questi non dipendono da chi vincerà la guerra del pallone, ma dalla buona capacità di governarle, unita alla buona partecipazione dei cittadini alla vita pubblica.

Il loro buon domani, sarà meglio favorito, piuttosto, dalla solidarietà politica e sociale delle due belle Città. Dalla loro intelligenza di mettere insieme le importanti ricchezze, che entrambe possiedono. Che sono tanto di diversa qualità da potersi completare in un buon progetto di sviluppo, che coinvolga e favorisca tutta intera la crescita della Calabria, terra comune. Invece, Cosenza e Catantaro non si parlano.

Per lavorare insieme. Non si sono parlati neppure in questi mesi di attesa spasmodica (?!) del derby. Sarebbe stato bello che i due sindaci, dopo aver progettato insieme opere feconde per i due territori e si fossero incontrati cento volte, pranzato insieme cinquanta, camminato sottobraccio per le vie delle loro Città, chiamassero, mesi addietro, i tifosi buoni dei club belli e buoni, e costruissero la pace tra le tifoserie.

E, oggi, facessero ciò che ho proposto due volte in tempi lontani: che i due primi cittadini muovessero, alla testa, dei propri ultras, da due piazze diverse e si incontrassero davanti allo stadio. Si stringessero la mano mentre i tifosi si sarebbero abbracciati. E, poi, entrassero allo stadio tutto insieme. Lì dentro aperte le bandiere incitassero, con slogan e canti puliti, la squadra del cuore. E che vincesse chi avrà fatto un goal in più. Ché avrebbe sempre vinto lo Sport. E con esso le due squadre e le due Città. I due sindaci e tutti noi, che non amiamo le guerre. Tardivo è, pertanto, l’invito di Caruso a Fiorita di assistere insieme alla partita. Sbagliato é il diniego, pur cortese, di quest’ultimo. Di più, perché accompagnato da una frase che non mi è molto piaciuta, sebbene tanto ad effetto.

Quel voler restare tra la “mia gente”, sa ancora di inutile, inopportuna, conflittualità. Avrebbe fatto in tempo ad andare il nostro sindaco a Cosenza. Anche in “ zona Cesarini” avrebbe fatto ancora in tempo. Ci vada anche adesso a fischio d’inizio già dato. Sarebbe meglio con una piccola rappresentanza della nostra tifoseria. Incontri i tifosi rossoblu, e li inviti a venire in tanti alla partita di ritorno. Ci vada adesso. Davvero. Non mai è tardi. Le due Città distano solo lquarantacinque minuti. Un soffio di bellezza. Un tocco di originalità calabrese. (fc)

Derby Cosenza-Catanzaro, il sindaco Caruso: Recedere all’aumento dei biglietto

Il sindaco di Cosenza, Franz Caruso, ha chiesto alla società del Cosenza Calcio di desistere dal proposito di aumentare il prezzo dei biglietti del derby Cosenza-Catanzaro, in programma allo Stadio San Vito-Marulla il 26 dicembre.

Una richiesta che arriva dal primo cittadino «se le notizie che stanno circolando nelle ultime ore sul web, riferite anche da testate nazionali on line» dovessero trovare conferma, in modo da «consentire a tutta la tifoseria cosentina di assistere alla partita alle condizioni abitualmente praticate o a prevedere, piuttosto, eventuali riduzioni del prezzo dei biglietti».

«Non vorremmo che – ha aggiunto Franz Caruso – in una partita così importante e molto attesa, lo Stadio San Vito-Marulla restasse semi vuoto, considerato che, oltre al divieto di vendita dei biglietti per i tifosi del Catanzaro per motivi di ordine e sicurezza pubblica, si aggiungerebbe la paventata eventualità, di cui si parla negli articoli pubblicati da alcune testate on line, che anche i tifosi rossoblù possano disertare lo stadio, in quanto le due curve starebbero valutando la possibilità di non recarsi al Marulla nel derby di Santo Stefano. È per questo che invitiamo il patròn Guarascio e l’amministratore unico della società rossoblù a recedere dal proposito di aumentare i prezzi dei biglietti, qualora le voci che circolano dovessero trovare conferma». (rcs)

L’OPINIONE / Franco Cimino: Catanzaro e Cosenza, le belle città separate da 100 km e da una partita di pallone

di FRANCO CIMINO – Mancano esattamente, mentre scrivo, quattro giorni meno due ore. Lo sapete pure voi, vero? Sì che lo sapete! Novantasei ore! Ma che state pensando, alle due notizie, opposte tra loro, che stanno tenendo il mondo con il fiato sospeso, e cioè all’attacco finale che Benjamin Netanyahu ha programmato e promesso di muovere contro Rafah, l’unica città ancora rimasta, quasi per intero, in piedi sulla tragica Striscia di Gaza? Oppure, alla dichiarazione congiunta di pace, finalmente, dopo più di cinquant’anni, tra israeliani e palestinesi, che metterà fine davvero alla lunga guerra, e all’odio incrociato che la muove, nell’unico modo che la renderà possibile? E quale, il modo, se non la più vecchia negoziazione quasi riuscita a Rabin e Arafat nel lontano 1999, auspice lo statunitense Clinton?

È sempre quella, a ciascuno il proprio Stato nel territorio che lo comprenda e nella piena libertà e sicurezza dei due popoli che se ancora non si volessero amare sicuramente si riconosceranno vicendevolmente e parimenti si rispetteranno. No, non è questo. E chi vuoi che se ne importi con tutti i problemi ben più seri che abbiamo! L’attesa, invece, scorre lungo i cento chilometri di “autostrada”, che separano Cosenza e Catanzaro, due città tra le più importanti per il futuro della Calabria. La partita in questione, è quella di calcio.

Una semplice partita, di un semplice campionato, tra due squadre che stanno facendo assai bene per onorarlo con le proprie imprese sportive. Sono il Cosenza e il Catanzaro. I rossoblu e i giallorossi. Colori così marcatamente differenti, ma ben forti, che renderanno più bello il verde del campo di giuoco. Due squadre belle. Anche a vedersi. Anche a vederle giocare in un modulo (così si dice?) l’uno diverso dall’altro. Quaranta calciatori tutti di buon livello, con qualche campione che ben figurerebbe nella serie superiore. Squadre, le nostre, ben dirette da due allenatori molto bravi. Soprattutto, seri e volenterosi, leali e onesti.

Due società dell’antico prestigio, ben guidate da due dirigenti di alto valore, con due presidenti pure belli e simpatici, che tengono alla loro squadra, ai risultati e ai compiti di correttezza, educazione, signorilità, ad esse affidati. Sarà una partita bellissima. Spettacolare e con tanti goal. Delle due compagini, io, lo si sa, ne amo una, come amo, anzi molto di più, la Città cui appartiene e della quale ne condivide i colori. E l’aquila reale che su di essi, e sopra i tre colli, campeggia come simbolo. E sovrana ne regge la storia antica e del suo spirito la rinnova. Per scaramanzia, pur se ad essa non credo, non dico a vantaggio di quali colori saranno le reti in più. Desidero solo che sia una gara sportiva. Bella, pulita, corretta.

Una gara che esalti lo sport e l’onore delle due città, che se stimolate e orientate politicamente dai rappresentati delle rispettive istituzioni e di quella regionale, dovranno, abbandonando campanilismi e maledìche invidie e gelosie, affratellarsi, unitamente alle altre consorelle. E operare, strettamente vicini, per fare uscire la Calabria dalla crisi in cui, nonostante non sottovalutabili risultati, ancora si trova, per avviarsi all’ultimo appuntamento per lo sviluppo e la crescita della Democrazia. Nell’ultima primavera che le resta. Le tifoserie, che vantano una buona reputazione di educazione sportiva, si impegnino a lanciarsi, da una curva all’altra, nient’altro che cori d’ironia e battute sarcastiche, affinché chi “non salti” simpatico sempre sia. Io conosco da vicino i tifosi della mia città.

Li conosco per la generosità della loro ospitalità e per l’educazione che hanno manifestato in tutte le trasferte in cui, da ogni punto della penisola, hanno raggiunto gli stadi in cui giocato la nostra squadra. Sono sicuro che al San Vito si confermeranno, grati della cortese ospitalità dei cosentini. Chi da quelle parti, usando impropriamente importanti ruoli istituzionali, carica un certo sentimento come se la squadra avversaria dovesse “restituire” un maltolto che non corrisponderebbe affatto ai meriti di una vittoria, invece, netta conseguita sul campo dell’andata, rischia di alimentare un clima di tensione interna nociva alla nobile città bruzia. Da romantico quale sono e sognatore quale vengo da taluni considerato, mi piacerebbe, visto che la partita inizierà alle sedici e trenta, che i due sindaci, che avranno pranzato insieme, si diano appuntamento nello stesso spazio con le rispettive tifoserie e insieme si rechino allo stadio ciascuna con le proprie bandiere.

Ché domenica si giocherà solo una partita di pallone. Nella quale in palio ci sono solo uno o tre punti. Nulla di più è. Nulla di più dovrebbe essere. E, allora, anticipiamolo questo grido, con unica voce; «Viva il Cosenza. Viva il Catanzaro. Viva la Calabria anche sportiva. E gloria, gloria, allo sport» (fc)