Enzo Scalese, segretario generale della Cgil Area Vasta Catanzaro, Crotone, Vibo Valentia, ha ribadito la necessità di «rivedere in maniera complessiva il sistema di depurazione delle acque, prima di tutto ammodernando impianti decisamente obsoleti».
«Le vecchie strutture vanno sostituite – ha aggiunto – è questo il primo passo da compiere per contenere l’affluenza di enormi quantitativi di elementi inquinanti nel nostro mare. Spetta alla politica definire la programmazione e alle istituzioni realizzare il percorso all’insegna della legalità e della trasparenza, ne va del futuro dei nostri figli».
Scalese, poi, ha sottolineato che questa è «un’estate davvero difficile per la costa tirrenica calabrese, ed in particolare quella che si estende tra i territori di Lamezia e Vibo Valentia. Il nostro splendido mare deturpato, violentato da liquami e sporcizie di ogni tipo che pongono drammaticamente all’attenzione l’urgenza della risoluzione di una problematica ambientale, diventata anche economica, viste le conseguenze negative sul turismo e quindi sugli operatori già messi a dura prova dalla pandemia. L’inquinamento è una costante davanti a cui politica e istituzioni sembrano essersi rassegnati. Ma così non deve essere, e non può essere, mai».
«L’inquinamento delle acque della costa tirrenica – ha spiegato – è legato alla mancata depurazione, e a sversamenti che spetterà alle autorità competenti verificare se si tratta di natura illegale. Da settimane continuano ad arrivare nelle Procure di Vibo e Lamezia segnalazioni di cittadini preoccupati: al netto delle rassicurazioni dell’Arpacal, infatti, il mare continua ad essere invaso da schiuma delle tonalità tra il verde e il giallo, un quadro davvero poco rassicurante per i turisti e per tutti i calabresi. Tanto che appena qualche giorno fa si è arrivati al sequestro preventivo del depuratore consortile a cui sono collegati Lamezia, anche diverso Comuni del comprensorio. Le indagini porteranno a fare chiarezza sullo sversamento dei fanghi nel torrente Turrina e anche nel mar Tirreno».
«Le procure di Vibo e Lamezia, insomma – ha concluso – fanno quello che non è riuscita a fare la politica: hanno definito una task force che vede coinvolge le due Procure, ma anche Calabria Verde, l’Arpacal, i carabinieri del Noe, la Guardia di Finanza, i Forestali, la Capitaneria di Porto, per cercare di risalire e capire l’origine del fenomeno. Si è partiti con i controlli sui depuratori e sui corsi d’acqua nel tratto di costa compresa tra Pizzo fino al Golfo di Sant’Eufemia e che coinvolge dunque i territori di Curinga, Acconia, San Pietro Lametino e dove è situato il pontile dell’ex Sir». (rcz)