SANITÀ CALABRIA, TASK FORCE PER I CONTI
LA SFIDA È SUL RIORDINO DEGLI OSPEDALI

di  SANTO STRATI – Con la nomina del secondo sub-commissario per i conti, Ernesto Esposito, un manager che arriva dalla Regione Basilicata, il presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto è a metà dell’opera di risanamento della sanità calabrese. Appena a metà, perché manca l’aspetto più strettamente operativo degli ospedali, della diagnostica, dell’organizzazione delle Case salute, etc. Ovvero, serve puntare a un serio riordino di una situazione ormai diventata insopportabile per i calabresi. Per fare questo, il presidente Occhiuto non faccia l’errore dei suoi predecessori nell’incarico di commissario alla sanità che si sono preoccupati (si fa per dire…) di sanare i conti (spesso si sono aperte altre voragini finanziarie). trascurando l’aspetto principale del diritto alla salute: ospedali funzionanti, strutture adeguate, attrezzature aggiornate. E soprattutto personale medico e sanitario, nella misura necessaria a fronteggiare non solo l’emergenza Covid – che è comunque di prima importanza – ma anche le altre patologie – ahimè – sempre più trascurate per dare spazio alle terapie intensive anticovid e alle terapie d’urgenza sempre contro il coronavirus. In Calabria si continua a morire di altro, questo dev’essere chiaro, e occorre che l’impegno – già gravoso – che ha assunto il presidente Occhiuto dovrà avere sostegno e punti di appoggio competenti e specialistici.

In poche parole, Roberto Occhiuto ha una sola strada per affrontare la situazione della sanità in Calabria: accanto ai due ottimi subcommissari, con buona probabilità in grado di esprimere al meglio capacità e competenze per risanare i conti, punto di partenza fondamentare per risalire la china, deve dotarsi di una task force scientifica di altissimo livello che conosca il territorio e le sue criticità e possa intervenire con adeguata professionalità a indicare gli interventi più urgenti. Ci sono – tanto per essere chiari – magnifiche professionalità scientifiche calabresi, dentro e fuori della Calabria, in grado di offrire un apporto notevole alla soluzione dei tantissimi problemi: molti di loro – non staremo qui a fare nomi – sono già stati chiamati dalla compianta Jole Santelli, ma la loro operatività è stata pressoché soffocata da burocrazia e impicci amministrativi che hanno impedito di svolgere il proprio mestiere di consulenti scientifici. Occhiuto si rivolga alle tante eccellenze, molte delle quali offriranno – siamo certi – gratuitamente il loro tempo e prestazioni di altissima specializzazione al fine di individuare il percorso virtuoso che va seguito per uscire dalla crisi.

Si è preso una bella gatta da pelare il presidente Occhiuto, assumendo in proprio il ruolo di commissario alla Sanità, ma fa parte della sfida che, da accorto politico, ha voluto lanciare, con l’obiettivo – lodevole e ammirevole – di fare qualcosa di buono per la propria terra. La sua scommessa è pesante, ma può essere vinta e l’impegno dimostrato in questi primi mesi di presidenza mettono in evidenza che ha un’invidiabile energia e una grande voglia di arrivare al risultato. Il tempo dirà se quelle che gli oppositori classificano come “semplici buone intenzioni” in realtà si tradurranno in magnifiche realizzazioni: si tratta di seminare bene, per raccogliere meglio, dopo.

Non si risparmia Occhiuto, è evidente, è sotto gli occhi di tutti e bisogna dargli un credito almeno di convinzione e temperanza: il suo obiettivo – lo abbiamo scritto più volte – non è fare il Presidente della Calabria, bensì dei Calabresi. E può raggiungere tale risultato offrendo ai suoi conterranei prima di tutto la possibilità di curarsi in casa propria (perché ci sono eccellenze a Reggio, a Catanzaro, dovunque nella regione), ovvero godendo del diritto alla salute fin qui regolarmente negato, e poi lavoro e opportunità per tutti, soprattutto donne e giovani che, in Calabria, soffrono di una discriminazione doppia. I nostri laureati sono costretti ad andar via perché mancano occasioni di formazione, di specializzazione, di impiego: non c’è la minima prospettiva di futuro, come fanno a immaginare di mettere su famiglia, costruirsi (o comprare) una casa, mettere solide radici nella terra che ha dato loro i natali e che dovrebbe diventare quella dove far crescere i figli? E le donne? Che sono obbligate a rinunciare al lavoro, se mettono al mondo figli, perché non ci sono strutture di accoglimento e di assistenza, mancano asili nido, non ci sono politiche attive a difendere la maternità, perciò la scelta diventa obbligata: o lavoro o famiglia.

I suoi precedessori, abbiamo già detto, hanno accuratamente evitato di sentire i professionisti. Citiamo un caso che vale per tutti: c’è in Calabria un’organizzazione non-profit – Comunità competente – che si avvale di medici, specialisti, manager della sanità, etc. Ha cercato, senza successo, di incontrare il precedente commissario Guido Longo per offrire idee, suggerimenti, soluzioni, vista l’ottima conoscenza del territorio. Il virologo Rubens Curia che ne è il portavoce, ha un trascorso di anni all’assessorato regionale alla Sanità, ha fatto il manager sanitario, ha capacità e competenza: Longo non lo ha voluto ricevere nemmeno per un saluto. Non faccia, il presidente Occhiuto lo stesso errore e, soprattutto, non si lasci suggestionare (cosa che riteniamo quasi impossibile) dalle sirene partitiche che escludono l’uno o l’altro specialista in base alla tessera o all’appartenenza politica. La battaglia per la sanità va combattuta tutti insieme, con uno schieramento trasversale, in grado di utilizzare e mettere a profitto le migliori competenze disponibili sul mercato, perché chi non conosce il territorio nulla sa delle esigenze che vanno affrontate e, possibilmente, risolte. Crei il presidente Occhiuto una task force di specialisti calabresi chirurghi, farmacologi, oncologi, etc (che poi sono nei migliori ospedali d’Italia e del mondo) e si faccia consigliare su come riaprire ospedali e centri di cura e come intervenire in tutti i settori chiave della sanità.

Ieri, al Palazzetto delle Associazioni a Cosenza, al centro vaccinale, Occhiuto ha incontrato medici e infermieri che hanno garantito e garantiscono il servizio anche in queste giornate di festa per vaccinare la popolazione, ai quali ha espresso «la gratitudine dei calabresi e del presidente della Regione, ai soldati della battaglia contro il Covid. Mi riferisco a tutti quei medici e agli infermieri, che anche in questi giorni di festa stanno vaccinando tanti cittadini. Stiamo avendo – ha detto Occhiuto – buoni risultati sulla vaccinazione. Non è semplice in Calabria, perché abbiamo una sanità che ha molti più problemi, con una carenza di personale maggiore rispetto alle altre Regioni, ma nonostante questo tanti operatori stanno lavorando con grande abnegazione. Tra l’altro, i medici e gli infermieri delle altre Regioni hanno avuto i riconoscimenti sugli straordinari, mentre in Calabria ancora no. Per fortuna sono riuscito a recuperare le risorse, e credo che nei prossimi giorni anche i nostri operatori sanitari avranno il soddisfacimento di questi loro diritti». Appunto, ci sono risorse sottopagate e, spesso, sottoutilizzate, e ci sono strutture sanitarie che possono essere rimesse in funzione in tempi brevi, ma serve fare in fretta e con competenza. Non si muore di solo Covid e non c’è solo la pandemia. In Calabria ci sono uomini e donne, specialisti o semplici medici, negli ospedali che non si sono mai fermati, nonostante le mille difficoltà: è un impegno difficile, ma non impossibile, da realizzare. I calabresi mostrano di credere al nuovo Presidente: non li dovrà deludere. (s)

L’OPINIONE / Pino Parise: Pandemia e ignoranza, connubio pericoloso

di PINO PARISE – Le pestilenze e le epidemie, così come le false notizie, sono sempre esistite. Spargere notizie false e tendenziose e sobillare le folle è stata sempre un’arma micidiale per colpire i propri avversari, soprattutto politici o religiosi. Socrate venne condannato, come empio e corruttore dei giovani, per motivi politici. E per motivi politici e religiosi è stato condannato Cristo dalle autorità del tempo, come bestemmiatore e sobillatore politico. Alla base di tutto vi è la furbizia di pochi e l’ignoranza di tanti, causa di tragedie nel corso dei secoli.

L’ignoranza è rappresentata plasticamente dalla ” caverna” di Platone dove i prigionieri, rivolti verso l’interno e legati da catene, vedono “ombre” di uomini che camminano fuori, riflesse sul muro della caverna. E per loro quelle ombre sono l’unica realtà. Immaginando che qualcuno riesca a slegarsi e uscire fuori, si renderà conto che la vera realtà è un’altra. L’uomo che ha conosciuto il vero, comprende che è suo dovere ridiscendere nella caverna per partecipare agli altri la verità che ha conosciuto, anche a costo di non essere creduto, di essere considerato un folle, un sobillatore che turba la pace. Anche a costo di essere condannato a morte.
Socrate nei suoi insegnamenti aveva detto che per raggiungere la verità immutabile ed universale bisognava elevarsi dal piano della sensibilità, dove si hanno solo opinioni diverse e mutevoli, al piano della ragione ma per fare questo bisogna prendere coscienza di non sapere ovvero redimere i veri ignoranti:coloro che credono di sapere e non sanno.
Elevarsi al piano della ragione non è facile perché significa pensare con la propria testa.

Anche Hegel parla della ” fatica del pensiero”. La folla abdica facilmente al pensiero e si affida a chi le assicura pane e divertimento. “Panem et circenses”, dicevano i Romani. Questo vale per tutti i problemi, particolarmente per le pesti e le epidemie che hanno accompagnato la storia dell’uomo. La folla vuole subito una risposta e un capro espiatorio. Nella epidemia di Atene del 335 a.C. persino uno storico come Tucidide affermò che la colpa era degli Spartani che avevano avvelenato le acque del Pireo. Nella peste nera del 1348 che distrusse più di un terzo della popolazione europea, la popolazione inferocita accusò soprattutto gli ebrei. Chi ha studiato i “Promessi sposi” ricorda che furono ritenuti colpevoli gli “untori”. Nell’ultima pandemia che ci ha colpiti e stiamo vivendo e chissà ancora per quanto tempo, sono tante le ipotesi che sono state fatte, dal contrasto tra le grandi potenze, all’invenzione di una malattia per tenere soggiogate le persone.
Ragionevolezza vorrebbe che ci affidassimo alla scienza, intesa come ricerca razionale che progredisce ed è capace di autocorregersi. La scienza vede nei “vaccini” l’unica arma, oltre alle altre direttive o “restrizioni”, per vincere questa tragica epidemia.

Basterebbe conoscere un po’ la storia per rendersi conto che le grandi malattie che, per secoli, hanno flagellato l’umanità , come la poliomielite, il morbillo, la tubercolosi, il vaiolo, a partire dal 1700, sono state sconfitte con i vaccini. È sufficiente una piccola operazione matematica per rendersi conto di quanto i benefici superino gli eventuali rischi, insiti in tutto ciò che facciamo nella nostra vita.

E allora smettiamola con questi atteggiamenti disfattisti che aumentano il caos nel mondo e diamo speranza affinché la ragione, anche faticosamente, riesca ad emergere e vincere paure, ignoranza, violenza e pregiudizi. La scienza vinca sulla la pandemia, la conoscenza trionfi sull’ignoranza. (pp)

INSOSTENIBILE LEGGEREZZA IRRAZIONALE
ECCO LA SOCIETÀ AI TEMPI DEL POST-COVID

Interessante e ricco di spunti di riflessioni, anche per la Calabria, è il Rapporto Censis 2021 che, in questa edizione, analizza l’impatto che ha avuto il covid-19 non solo a livello economico, ma anche quello sociale. Quello che emerge, è un quadro completo, in cui regna sovrana l’irrazionalità, che ha «infiltrato il tessuto sociale, sia le posizioni scettiche individuali, sia i movimenti di protesta, e si ritaglia uno spazio non modesto nel discorso pubblico, conquistando i vertici dei trending topic nei social network, scalando le classifiche di vendita dei libri, occupando le ribalte televisive».

Una irrazionalità che «non è semplicemente una distorsione legata alla pandemia – viene spiegato nel Rapporto – ma ha radici socio-economiche profonde, seguendo una parabola che va dal rancore al sovranismo psichico, e che ora evolve diventando il gran rifiuto del discorso razionale, cioè degli strumenti con cui in passato abbiamo costruito il progresso e il nostro benessere: la scienza, la medicina, i farmaci, le innovazioni tecnologiche. Ciò dipende dal fatto che siamo entrati nel ciclo dei rendimenti decrescenti degli investimenti sociali».

«Questo determina un circolo vizioso: bassa crescita economica, quindi ridotti ritorni in termini di gettito fiscale, conseguentemente l’innesco della spirale del debito pubblico, una diffusa insoddisfazione sociale e la ricusazione del paradigma razionale. La fuga nell’irrazionale è l’esito di aspettative soggettive insoddisfatte, pur essendo legittime in quanto alimentate dalle stesse promesse razionali» spiega il Rapporto che rileva come «l’81% degli italiani ritiene che oggi è molto difficile per un giovane vedersi riconosciuto nella vita l’investimento di tempo, energie e risorse profuso nello studio. Il 35,5% è convinto che non conviene impegnarsi per laurearsi, conseguire master e specializzazioni, per poi ritrovarsi invariabilmente con guadagni minimi e rari attestati di riconoscimento».

«Per due terzi (il 66,2%) – continua il Rapporto – nel nostro Paese si viveva meglio in passato: è il segno di una corsa percepita verso il basso. Per il 51,2%, malgrado il robusto rimbalzo del Pil di quest’anno, non torneremo più alla crescita economica e al benessere del passato. Il Pil dell’Italia era cresciuto complessivamente del 45,2% in termini reali nel decennio degli anni ’70, del 26,9% negli anni ’80, del 17,3% negli anni ’90, poi del 3,2% nel primo decennio del nuovo millennio e dello 0,9% nel decennio pre-pandemia, prima di crollare dell’8,9% nel 2020».

Negli ultimi trent’anni di globalizzazione, tra il 1990 e oggi, l’Italia è l’unico Paese Ocse in cui le retribuzioni medie lorde annue sono diminuite: -2,9% in termini reali rispetto al +276,3% della Lituania, il primo Paese in graduatoria, al +33,7% in Germania e al +31,1% in Francia. L’82,3% degli italiani pensa di meritare di più nel lavoro e il 65,2% nella propria vita in generale. Il 69,6% si dichiara molto inquieto pensando al futuro, e il dato sale al 70,8% tra i giovani.

Quello che fa preoccupare, invece, è che «per il 5,9% degli italiani (circa 3 milioni di persone), il Covid semplicemente non esiste. Per il 10,9% il vaccino è inutile e inefficace. Per il 31,4% è un farmaco sperimentale e le persone che si vaccinano fanno da cavie. Per il 12,7% la scienza produce più danni che benefici».

Si osserva una irragionevole disponibilità a credere a superstizioni premoderne, pregiudizi antiscientifici, teorie infondate e speculazioni complottiste. Dalle tecno-fobie: il 19,9% degli italiani considera il 5G uno strumento molto sofisticato per controllare le menti delle persone. Al negazionismo storico-scientifico: il 5,8% è sicuro che la Terra sia piatta e il 10% è convinto che l’uomo non sia mai sbarcato sulla Luna. La teoria cospirazionistica del «gran rimpiazzamento» ha contagiato il 39,9% degli italiani, certi del pericolo della sostituzione etnica: identità e cultura nazionali spariranno a causa dell’arrivo degli immigrati, portatori di una demografia dinamica rispetto agli italiani che non fanno più figli, e tutto ciò accade per interesse e volontà di presunte opache élite globaliste».

Di fronte a uno scenario tanto desolante, tuttavia, c’è un fattore che, da un certo punto di vista, è stato positivo con questa pandemia: la riscoperta della solidarietà. «Un terzo degli italiani, infatti, ha «partecipato a iniziative di solidarietà legate all’emergenza sanitaria, aderendo alle raccolte di fondi per associazioni non profit, per la Protezione civile o a favore degli ospedali. Quasi un terzo di coloro che si sono attivati ha svolto in prima persona attività gratuita in associazioni di volontariato impegnate nella lotta al Covid. Il 20,7% degli italiani ritiene che la gestione dell’emergenza da parte delle istituzioni abbia prodotto buoni risultati, per il 56,3% è stata abbastanza adeguata, per il 23,0% inadeguata».

Tralasciando il fattore “complotto”, il Censis ha rilevato che solo il 15,2% degli italiani ritiene che, dopo la pandemia, la propria situazione economica sarà migliore, mentre per la maggioranza, il 56,4% resterà uguale, e per il 28,4% peggiorerà. E, forse, sono quest’ultimi, i “pessimisti”, ad aver ragione, o quasi. O meglio: per il Censis, «ci sono fattori di freno che congiurano contro la ripresa economica».

«Tutti i rischi di natura socio-economica – viene scritto – che avevamo paventato durante la pandemia (il crollo dei consumi, la chiusura delle imprese, i fallimenti, i licenziamenti, la povertà diffusa) vengono oggi rimpiazzati dalla paura di non essere in grado di alimentare la ripresa, di inciampare in vecchi ostacoli mai rimossi o in altri che si parano innanzi all’improvviso, tanto più insidiosi quanto più la nostra rincorsa si dimostrerà veloce. A cominciare dal rischio di una fiammata inflazionistica. A ottobre 2021 il rialzo dei prezzi alla produzione nell’industria è stato consistente: +20,4% su base annua. Si registra un +80,5% per l’energia, +13,3% per la chimica, +10,1% per la manifattura nel complesso, +4,5% per le costruzioni».

Un altro aspetto analizzato dal Censis, sono le incognite che pesano sul risveglio dei consumi dopo la depressione della domanda interna: «il forte recupero dei consumi delle famiglie (+14,4% tra il secondo trimestre del 2020 e il secondo del 2021) è figlio dell’allentamento delle misure di contenimento del contagio».

«Si prevede una crescita dei consumi del 5,2% su base annua, inferiore alla crescita del Pil e inadeguata a ricollocare il Paese sui livelli di spesa delle famiglie del 2019. In Italia il tasso medio annuo di crescita reale dei consumi si è progressivamente ridotto nel tempo, passando dal +3,9% degli anni ’70 al +2,5% degli anni ’80, al +1,7% degli anni ’90. Nel primo decennio del nuovo millennio si è attestato su un +0,2% e poi l’anno della pandemia ha trascinato in negativo la media decennale: -1,2%».

Il Censis, poi, ha rilevato come «un’occupazione povera di capitale umano, una disoccupazione che coinvolge anche un numero rilevante di laureati e offerte di lavoro non orientate a inserire persone con livelli di istruzione elevati indeboliscono la motivazione a fare investimenti nel capitale umano. L’83,8% degli italiani ritiene che l’impegno e i risultati conseguiti negli studi non mettono più al riparo i giovani dal rischio di dover restare disoccupati a lungo. L’80,8% degli italiani (soprattutto i giovani: l’87,4%) non riconoscono una correlazione diretta tra l’impegno nella formazione e la garanzia di avere un lavoro stabile e adeguatamente remunerato».

Infatti, per l’Ente, «l’Italia affronta la grande sfida della ripresa post-pandemia con una grave debolezza: la scarsità di risorse umane su cui fare leva. Il primo fattore critico è l’inverno demografico»: Tra il 2015 e il 2020 si è verificata una contrazione del 16,8% delle nascite. Nel 2020 il numero di nati ogni 1.000 abitanti è sceso per la prima volta sotto la soglia dei 7 (6,8), il valore più basso di tutti i Paesi dell’Unione europea (media Ue: 9,1).

La popolazione complessiva diminuisce anno dopo anno: 906.146 persone in meno tra il 2015 e il 2020. Secondo gli scenari di previsione, la popolazione attiva (15-64 anni), pari oggi al 63,8% del totale, scenderà al 60,9% nel 2030 e al 54,1% nel 2050. Secondo un’indagine del Censis, poco prima della pandemia il 33,1% dei capifamiglia con meno di 45 anni aveva l’intenzione di sposarsi o di convivere e il 29,8% aveva l’intenzione di fare un figlio.

Ma soltanto il 26,5% ha continuato a progettare o ha effettivamente intrapreso un matrimonio o una convivenza stabile. In un caso su dieci il progetto originale è stato annullato. La grande maggioranza delle famiglie che stavano pensando di avere un figlio ha deciso di rinviare (55,3%) o di rinunciare definitivamente al progetto genitoriale (11,1%).

Un altro aspetto su cui il Censis lancia l’allarme, è quello dedicato all’edilizia, dove c’è il rischio che, a fronte di un incremento degli interventi nell’edilizia privata, ci siano, invece, pochi interventi per quelli pubblici, come Scuole e ospedali.

Viene rilevato, infatti, che «al 30 settembre 2021, gli interventi edilizi in corso o conclusi incentivati con il super-bonus 110% sono stati più di 46.000, per un ammontare di investimenti ammessi a detrazione pari a quasi 7,5 miliardi di euro (di cui il 68,2% per lavori conclusi), con un onere per lo Stato di 8,2 miliardi. Il boom degli ultimi mesi è legato alla crescita della quota relativa ai condomini, che oggi è pari solo al 13,9% degli interventi (la percentuale era del 7,3% a febbraio), ma rappresenta poco meno della metà dell’ammontare complessivo (il 47,7%), dato che l’importo medio dei lavori nei condomini si attesta intorno ai 560.000 euro, contro i circa 100.000 euro degli interventi su singole unità immobiliari».

Dall’indagine, poi, emerge che «il 74,1% dei giovani di 18-34 anni ritiene che ci siano troppi anziani a occupare posizioni di potere nell’economia, nella società e nei media, enfatizzando una opinione comunque ampiamente condivisa da tutta la popolazione (65,8%)».

Il 54,3% dei 18-34enni (a fronte del 32,8% della popolazione complessiva) ritiene che si spendano troppe risorse pubbliche per gli anziani, anziché per i giovani. La precarietà lavorativa sperimentata nei percorsi di vita individuali influenza il clima di fiducia verso lo Stato e le istituzioni. Il 58% della popolazione italiana tende a non fidarsi del governo, ma tra i giovani adulti la percentuale sale al 66%.

I Neet, i giovani che non studiano e non lavorano, costituiscono una eclatante fragilità sociale del nostro Paese. Tra tutti gli Stati europei, l’Italia presenta il dato più elevato, che negli anni continua a aumentare. Nel 2020 erano 2,7 milioni, pari al 29,3% del totale della classe di età 20-34 anni: +5,1% rispetto all’anno precedente. Nel Mezzogiorno sono il 42,5%, quasi il doppio dei coetanei che vivono nelle regioni del Centro (24,9%) o nel Nord (19,9%).

Insieme alla questione “Giovani”, è stata affrontata anche quella delle “Donne”, il cui numero di occupate, a giugno 2021, è diminuito: «sono 9.448.000, alla fine del 2020 erano 9.516.000, nel 2019 erano 9.869.000».

Nel rapporto, infatti, emerge che «durante la pandemia 421.000 donne hanno perso o non hanno trovato lavoro. Il tasso di attività femminile (la percentuale di donne in età lavorativa disponibili a lavorare) a metà anno è al 54,6%, si è ridotto di circa 2 punti percentuali durante la pandemia e rimane lontanissimo da quello degli uomini, pari al 72,9%. Da questo punto di vista, l’Italia si colloca all’ultimo posto tra i Paesi europei, guidati dalla Svezia, dove il tasso di attività femminile è pari all’80,3%, e siamo distanti anche da Grecia e Romania, che con il 59,3% ci precedono immediatamente nella graduatoria».

«La pandemia ha comportato un surplus inedito di difficoltà rispetto a quelle abituali per le donne che si sono trovate a dover gestire in casa il doppio carico figli-lavoro. Il 52,9% delle donne occupate dichiara che durante l’emergenza sanitaria si è dovuto sobbarcare un carico aggiuntivo di stress, fatica e impegno nel lavoro e nella vita familiare, per il 39,1% la situazione è rimasta la stessa del periodo pre-Covid e solo per l’8,1% è migliorata. Tra gli occupati uomini, invece, nel 39,3% dei casi stress e fatica sono peggiorati, nel 44,9% sono rimasti gli stessi e nel 15,9% sono migliorati».

Infine, un capitolo è stato dedicato a internet che, durante l’emergenza, «a più di un italiano su due le tecnologie digitali hanno consentito di provvedere alle proprie necessità (58,6%), di mantenere le relazioni sociali (55,3%) e di continuare a lavorare o studiare (55,2%)».

«Ma il livello di istruzione rappresenta ancora un fattore di filtro. Ad esempio, gli utenti di internet in possesso di un basso titolo di studio (fino alla licenza media) sono più restii a utilizzare online il proprio conto corrente: lo fa il 30,3% a fronte del 60,1% di diplomati e laureati» ha rilevato il Censis. (rrm)

Covid-19. Occhiuto: contagi contenuti in Calabria, ma sanità in grossa difficoltà

La situazione in Calabria per quanto riguarda la pandemia non è allarmante: il presidente Roberto Occhiuto, in un’intervista a SkyTg24, ha fatto il punto sulla situazione. «In Calabria – ha detto – abbiamo un tasso di contagi abbastanza contenuto rispetto a quello di altre Regioni, ma abbiamo anche, purtroppo, una sanità in grossa difficoltà: pochi posti letto in terapia intensiva e pochi posti letto per i ricoveri Covid. Ci preoccupa che un aumento dei contagi, soprattutto dei non vaccinati, possa generare una pressione sulla rete ospedaliera: da noi sarebbe un disastro.
«Al momento in Calabria abbiamo l’11% di posti letto Covid e il 6% di posti in terapia intensiva occupati. La situazione è ancora sotto controllo, ma l’aumento dei contagi e la circostanza che nella mia Regione ci sia ancora il 18%, circa 300mila persone, di calabresi che non è ancora vaccinato, mi dà qualche preoccupazione. In Calabria non ho chiuso i centri di vaccinazione anche quando, nelle scorse settimane, si vaccinavano poche persone. Ho preso questa decisione perché non volevo dare ai miei concittadini l’impressione che ci fosse un allentamento di tensione.
Sto spingendo molto sulle terze dosi e sulla vaccinazione, e sto impegnandomi – da neo commissario alla sanità – ad aumentare i posti letto in terapia intensiva».

Sulla questio no-vax, Occhiuto è stato chiaro: «Se dovessero esserci delle nuove eventuali restrizioni, noi presidenti di Regione abbiamo chiesto che queste debbano riguardare solo i non vaccinati. Trovo irragionevole non vaccinarsi, perché mi fido della scienza: i non vaccinati muoiono nove volte di più rispetto agli immunizzati. Le eventuali restrizioni per i non vaccinati non sarebbero una punizione, sarebbero semplicemente la diretta conseguenza di una loro libera scelta. Non si può pensare – ha detto Occhiuto – che le conseguenze di una libera, ma irresponsabile, scelta possano essere patite dalla maggioranza della popolazione che si è vaccinata.
Nella mia Regione voglio continuare a vedere i ristoranti, gli alberghi, i bar e le attività commerciali, aperti. Se ci dovessero essere delle restrizioni significa che in questi luoghi non potranno accedere i non vaccinati”». (rrm)

Occhiuto: Chi è vaccinato non può pagare irresponsabilità di una minoranza

«Chi si è vaccinato non può pagare per la irresponsabilità di una minoranza» ha dichiarato il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, a Buongiorno Regione Calabria.

Il presidente, infatti, ha ribadito la sua contrarietà «a ogni restrizione, tant’è che uno dei miei primi atti da presidente della Regione Calabria è stato quello di modificare la circolare che definiva le modalità per indicare le zone rosse», e che «non ho fatto alcuna zona rossa. Ho scritto alle aziende sanitarie che non bastavano i contagi, bisognava fare la zona rossa solo dove c’era una pressione sulla rete ospedaliera dovuta al fatto che esisteva un basso numero di vaccinati».

«Però – ha aggiunto – se dovessero aumentare i contagi, ma soprattutto se tale aumento dovesse provocare una pressione sulla rete ospedaliera o sulle terapie intensive e il governo dovesse decidere di porre in essere nuove restrizioni, queste restrizioni non possono riguardare i soggetti vaccinati, ma devono essere pensate solo per coloro che non lo sono». (rcz)

 

Il presidente Occhiuto: Se Calabria in Zona Arancione le restrizioni spetteranno ai no vax

È dura la linea assunta del presidente della Regione, Roberto Occhiuto, che, in una intervista al Corriere della Sera, ha dichiarato che «se la Calabria rientrerà in zona arancione, le restrizioni spetteranno ai No vax».

«Non è giusto – ha evidenziato – che chi ha avuto il senso di responsabilità di porsi il problema della collettività subisca le conseguenze di chi non ha avuto questa sensibilità».

Per quanto riguarda le limitazioni, il Governatore è chiaro: «se una misura vale per uno, deve valere per tutti – risponde -. Poi bisogna capire quale tipo. Ma se restringiamo l’accesso a luoghi affollati ai non vaccinati bisogna farlo per tutti. Inclusi i bambini».

«Il diritto alla salute deve essere garantito – ha ribadito –. Si tratta di ragionare su quale è il diritto prevalente. Alcuni Paesi hanno l’obbligo vaccinale. Io sarei favorevole. Del resto i bambini ce l’hanno già per alcune malattie come il morbillo».

Secondo il presidente della Calabria, il sistema dei tamponi «non è sufficiente. Basta guardare il numero dei ricoverati. Il 90% non è vaccinato. E se ci si contagia tra non vaccinati si va in terapia intensiva creando un problema al sistema».

Per la sottosegretaria per il Sud, Dalila Nesci, «la nomina da parte del Consiglio dei Ministri del Colonnello Maurizio Bortoletti come sub commissario della sanità in Calabria garantirà un valido supporto al Presidente Occhiuto nel lavoro di risanamento del sistema regionale».

«Il colonnello Bortoletti – ha concluso – in virtù della sua esperienza istituzionale, saprà fornire un contributo prezioso per l’opera di riequilibrio dei conti e riorganizzazione della sanità in Calabria che Occhiuto, in quanto commissario, dovrà portare avanti. A entrambi ribadiamo la volontà di instaurare una leale collaborazione nell’interesse dei cittadini e rivolgiamo auguri di buon lavoro in questo percorso di rilancio del sistema sanitario». (rrm)

Occhiuto incontra Figliuolo: convinto della necessità di tenere aperti gli hub vaccinali

Il Presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto ha incontrato a Roma il commissario straordinario gen. Francesco Paolo Figliuolo al quale ha ha ribadito di essere convinto della necessità di tenere aperti tutti gli hub vaccinali in Calabria.

«Questo pomeriggio – ha riferito il Presidente Occhiuto – ho incontrato a Roma il generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario straordinario del governo per l’emergenza Covid. L’ho ringraziato per il prezioso lavoro fatto nel Paese, e anche in Calabria, in questi mesi, e per il suo costante impegno contro la pandemia. Abbiamo affrontato i temi della campagna vaccinale e dei prossimi passi da compiere per proseguire con vigore e decisione la somministrazione delle dosi. Ci sono ancora cittadini che devono decidere se vaccinarsi o meno – e su questo sarà importante continuare un’attenta opera di informazione – e poi ci sono le terze dosi, già partite per alcune categorie e che da dicembre interesseranno migliaia di persone. Ho informato Figliuolo della mia iniziativa per mantenere aperti tutti gli hub vaccinali della Calabria, e gli ho manifestato la necessità di rinnovare i contratti, in scadenza, al personale messo a disposizione dalla struttura commissariale e che lavora in questi centri. Operatori sanitari – questi ultimi – che sono stati e che continuano ad essere fondamentali per la buona riuscita della campagna vaccinale. Il commissario mi ha assicurato che si adopererà per risolvere questa situazione, e per rimpiazzare le figure che in questi mesi si sono dimesse dall’incarico, magari dopo aver iniziato la scuola di specializzazione o dopo aver trovato una nuova occupazione».

Prima di recarsi a Roma, il Presidente Occhiuto, che ha congelato tutte le posizioni dirigenziali in Regione, aveva scritto una lettera a tutti i direttori generali della Cittadella in relazione all’avviato processo di efficientamento della struttura amministrativa, «nella prospettiva imminente – ha sottolineato il governatore – di una più generale riforma della macchina regionale alla luce delle tante sfide – Pnrr, fondi europei 21/27 e capitolo sanità su tutte – che ci attendono e che richiederanno un adeguato impegno.
«Sono conscio che saranno tante le risorse umane da motivare e valorizzare, ed a tal proposito sarà anche vostra cura cercare di contribuire alla costruzione della migliore espressione della burocrazia regionale – scrive Occhiuto –, chiedendo “attenzione” in ordine alle molteplici scadenze di fine anno, per evitare qualsiasi forma di disimpegno di risorse che potrebbe arrecare danni all’amministrazione, “soprattutto alla luce di impegni giuridicamente vincolanti, nonché a garantire tutti gli ‘oneri’ assunti con il governo e la Commissione europea.
«Non possiamo permetterci il lusso di perdere alcuna risorsa», il ragionamento del presidente della Regione, che invita, dunque, i direttori generali a fornire «un prospetto con le attività in essere a valere sui diversi fondi della programmazione nazionale e comunitaria con specifica indicazione delle risorse previste, della spesa effettuata e di quella che si presume di completare al 31.12.2021».
Allo stesso tempo il governatore Occhiuto pretende che venga garantita una «adeguata presenza a tutti i tavoli in sede tecnica istituiti presso le diverse amministrazioni centrali, con particolare riguardo alla Conferenza Stato-Regioni», e che vengano successivamente inoltrati alla presidenza report puntuali sui vari dossier esaminati. (rcz)

La Regione ha autorizzato le Farmacie alle prenotazioni e somministrazione terza dose

La Regione Calabria ha autorizzato le farmacie alle prenotazioni e alla somministrazione della terza dose Booster, nell’ottica  di dare concreta e immediata attuazione a quanto concordato nel protocollo del 16 aprile 2021.

La dose booster è una dose di richiamo dopo il completamento del ciclo vaccinale primario, somministrata dopo almeno sei mesi dall’ultima dose. Il tipo di vaccino che dovrà essere somministrato è una dose del vaccino Comirnaty di BioNTech/Pfizer come richiamo, indipendentemente da quello inoculato nel ciclo vaccinale primario.

Le categorie a cui possono accedervi sono i soggetti di età uguale o superiore agli 80 anni; personale e ospiti dei presidi residenziali per anziani; esercenti le professioni sanitarie e operatori di interesse sanitario che svolgono le loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, secondo le attuali indicazioni; persone con elevata fragilità motivata da patologie concomitanti/preesistenti di età uguale o maggiore di 18 anni e soggetti di e più 60 anni.

«La somministrazione della terza dose in farmacia sarà possibile dalla prossima settimana prenotandosi nella propria farmacia di fiducia che ha aderito al progetto della Vaccinazione anti-Covid – ha dichiarato Vincenzo Defilippo, Presidente di Federfarma Calabria –. Questa fase procede seguendo le indicazioni del Generale Figliuolo che ha indicato le farmacie come strumento per una vaccinazione fortemente capillare sul territorio nazionale».

Per Alfonso Misasi, Segretario Regionale Federfarma Calabria, la terza dose è fondamentale per la tutela della salute, in particolare nei soggetti più fragili per età o patologie.

«Il vaccino – ha spiegato – è lo strumento più forte a nostra disposizione contro il virus, come dimostrano i dati sui contagi e sui ricoveri. È la strada giusta per potenziare la prevenzione sul territorio, non soltanto in questa fase di emergenza, ma anche in vista della campagna antinfluenzale». (rcz)

Prociv: Attiva prenotazione per dosi “addizionali” e “booster”

La Protezione Civile regionale ha reso noto che è possibile prenotarsi per ricevere le dosi addizionalibooster nell’ambito della campagna vaccinale anticovid-19 a questo link.

Dose addizionale
Per dose addizionale si intende una dose aggiuntiva di vaccino a completamento del ciclo vaccinale primario, somministrata al fine di raggiungere un adeguato livello di risposta immunitaria.
Al riguardo, le attuali evidenze sui vaccini anti COVID-19 in soggetti sottoposti a trapianto di organo solido o con marcata compromissione della risposta immunitaria per cause legate alla patologia di base o a trattamenti farmacologici e che abbiano già completato il ciclo vaccinale primario, mostrano un significativo beneficio, in termini di risposta immunitaria, a seguito della somministrazione di una dose aggiuntiva di vaccino. In particolare sono incluse le seguenti condizioni (che potranno essere aggiornate sulla base di evidenze disponibili):
– trapianto di organo solido in terapia immunosoppressiva;
– trapianto di cellule staminali ematopoietiche (entro 2 anni dal trapianto o in terapia immunosoppressiva per malattia del trapianto contro l’ospite cronica);
– attesa di trapianto d’organo;
– terapie a base di cellule T esprimenti un Recettore Chimerico Antigenico (cellule CAR-T);
– patologia oncologica o onco-ematologica in trattamento con farmaci immunosoppressivi, mielosoppressivi o a meno di 6 mesi dalla sospensione delle cure;
– immunodeficienze primitive (es. sindrome di DiGeorge, sindrome di Wiskott-Aldrich, immunodeficienza comune variabile etc.);
– immunodeficienze secondarie a trattamento farmacologico (es: terapia corticosteroidea ad alto dosaggio protratta nel tempo, farmaci immunosoppressori, farmaci biologici con rilevante impatto sulla funzionalità del sistema immunitario etc.);
– dialisi e insufficienza renale cronica grave;
– pregressa splenectomia;
– sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) con conta dei linfociti T CD4+< 200cellule/μl o sulla base di giudizio clinico.

Sulla base delle indicazioni fornite in precedenza, tali soggetti dovrebbero aver già ricevuto due dosi di vaccino a m-RNA; comunque, indipendentemente dal vaccino utilizzato per il ciclo primario (Comirnaty, Spikevax, Vaxzevria, Janssen), considerate le indicazioni fornite dalla commissione tecnico scientifica di AIFA (che tengono conto delle attuali informazioni in ambito regolatorio relative alle dosi aggiuntive), è possibile utilizzare come dose addizionale uno qualsiasi dei due vaccini a m-RNA autorizzati in Italia: Comirnaty di BioNTech/Pfizer nei soggetti di età ≥ 12 anni e Spikevax di Moderna nei soggetti di età ≥ 18 anni.
La dose addizionale va somministrata dopo almeno 28 giorni dall’ultima dose.

Dose “booster”
Per dose “booster”, in questo contesto, si intende una dose di richiamo dopo il completamento del ciclo vaccinale primario, a distanza di un determinato intervallo temporale, somministrata al fine di mantenere nel tempo o ripristinare un adeguato livello di risposta immunitaria, in particolare in popolazioni connotate da un alto rischio, per condizioni di fragilità che si associano allo sviluppo di malattia grave, o addirittura fatale, o per esposizione professionale.
La dose “booster” va somministrata dopo almeno sei mesi dall’ultima dose.

Al momento, la somministrazione di dosi “booster” di vaccino anti SARS-CoV-2/COVID-19 è prevista per le seguenti categorie:

– soggetti di età ≥ 80;
– personale e ospiti dei presidi residenziali per anziani.
In un momento successivo, una dose booster potrà essere altresì offerta agli esercenti le professioni sanitarie e operatori di interesse sanitario che svolgono le loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali, a partire dai soggetti di età ≥60 anni o con patologia concomitante tale da renderli vulnerabili a forme di COVID-19 grave o con elevato livello di esposizione all’infezione.
Indipendentemente dal vaccino utilizzato per il ciclo primario (Comirnaty, Spikevax, Vaxzevria, Janssen), considerate le indicazioni fornite dalla commissione tecnico scientifica di AIFA, sarà per ora possibile utilizzare come dose “booster” uno qualsiasi dei due vaccini a m-RNA autorizzati in Italia (Comirnaty di BioNTech/Pfizer e Spikevax di Moderna).

In linea con quanto evidenziato dal CTS, la strategia di somministrazione di una dose “booster” potrà includere anche i soggetti con elevata fragilità motivata da patologie concomitanti/pre-esistenti, previo parere delle agenzie regolatorie.
La strategia di offerta vaccinale a favore di ulteriori gruppi target o della popolazione generale verrà invece decisa sulla base dell’acquisizione di nuove evidenze scientifiche e dell’andamento epidemiologico. (rcz)

 

L’OPINIONE / Giovanni Condemi: Vicenda Covid un boomerang per la scienza

di GIOVANNI CONDEMI – La vicenda del Covid 19 e della pandemia conseguenziale, nell’ambito delle diverse gestioni a livello mondiale, probabilmente sta diventando un boomerang per la scienza medica tanto che l’impressione che si ricava e che in fondo questo fosse ciò che si voleva ottenere o comunque uno degli obiettivi sensibili del progetto destabilizzante. Da un lato la manipolazione laboratoristica prospettica dalle finalità di cura nelle manipolazioni genetiche si è passati alla gestione da guerra calda in questa occasione, dall’altro le incongruenze cliniche suggerite dall’andamento della pandemia rappresentano la negazione di alcuni principi già consolidati in medicina, se ne deve prendere atto. A questo si aggiunge che neanche la matematica è ormai più una scienza esatta (e con essa anche la statistica ) perché gli sconvolgimenti creati mettono in dubbio e sotto accusa anche queste due branche che da scienza comunque derivano. Una cosa è certa il tutto conseguenzialmente ha portato ad “un dividi e impera”, non si è capito bene perché e soprattutto a favore di chi.

L’essere umano resta vittima consapevole e inconsapevole di tragedie che possono essere personali o collettive ma l’intrusione di questa sperimentazione prima laboratoristico-genetica sul virus e poi quella attuata per tramite i vaccini sconquassa vecchi regimi razionali. La Conclusione Vera dovrà attendere le verifiche del tempo, di anni. C’è forse un peccato originale che è quello di avere dato in pasto a personalità inadatte, per status e cultura, a trasmissioni giornalistiche a professionisti ed a ripetizione con pass non opportuni un argomento che già di per sé è partito su una falsariga e si è amplificato nel tempo con una serie di contributi sicuramente non all’altezza della situazione. Ai posteri l’ardua sentenza!

[Giovanni Condemi è Direttore U. O. C. Oncologia Ospedale Spok Locri]