INDUSTRIALI DUBBIOSI SULLA RIPARTENZA
IN CALABRIA CRESCITA SOLTANTO DELL’1%

Il 2020 è stato un anno difficile per il Mezzogiorno, sopratutto per la Calabria che, nell’anno della pandemia, ha ‘collezionato’ dati davvero preoccupanti, tratteggiando un quadro desolante, che dovrebbe far capire che è necessaria una svolta per far ripartire la regione e una terra che deve essere valorizzata, non distrutta.

A chiudere questo 2020, sono i dati di Confindustria con il Check-up Mezzogiorno sulla congiuntura del 2020 elaborato con il Centro studi Srm (Intesa Sanpaolo), che indicano, per il Mezzogiorno, per il 2021-2020, una ripresa debole (+1,2% e +1,4%) contro il +4,5% e +5,3% del Centro Nord; mentre gli effetti della pandemia sul Pil – Prodotto Interno Lordo sono meno pronunciati (-9%) contro il -9,8% del Centro Nord.

«Alcune variabili evidenziano, però – si legge nel rapporto – anche una capacità di “resilienza” dell’economia meridionale, sulla quale puntare la ripresa, accelerando l’impiego delle risorse Ue già disponibili e di quelle programmate già dall’anno prossimo».

Per quanto riguarda l’andamento dell’occupazione, è stato riportato che «la ripresa produttiva del terzo trimestre 2020 non è riuscita a compensare il calo rispetto allo stesso periodo del 2019, diffuso in tutta la Penisola ma particolarmente significativo al Sud (-2,2% ovvero 135 mila occupati in meno), con variazioni negative più consistenti in Calabria (-7,8%) e Sardegna (-7,5%)».

DatiIn Calabria, infatti, per quanto riguarda le imprese attive per settore di attività, il settore manifatturiero registra un calo (-0,8%) insieme alla Sardegna (-0,7%).

Nonostante le misure adottato dal Governo abbiano migliorato la liquidità, invertendo la tendenza regressiva in atto fino a dicembre 2019 degli impieghi creditizi, riportandoli a giugno 2020 ai livelli di un anno prima, si registra un peggioramento nel ritardo dei pagamenti delle Pmi delle imprese nel Mezzogiorno, dove la Calabria registra la percentuale più alta (15%), seguita dalla Sicilia (18%). Il ritardo dei pagamenti delle Pmi delle imprese del Mezzogiorno, infatti, «che nel terzo trimestre 2020 raggiunge un livello quasi doppio del dato medio nazionale rispetto allo stesso periodo del 2019, con un incremento della quota di imprese del Sud che superano i 60 giorni di ritardo di oltre il 50% rispetto al dato di un anno prima (dall’8% al 12,4%)».

«Sulle politiche di coesione – si legge nel Rapporto – si registra un risultato positivo sulla certificazione della spesa dei Fondi strutturali, necessaria per scongiurare il rischio di disimpegno automatico e, quindi, la perdita delle risorse impegnate. A ottobre, l’Italia ha certificato 16,3 miliardi, pari al 90% delle risorse da spendere; il Sud c’è andato vicino, certificando l’87% delle risorse dei Por, con risultati migliori sul Fesr di Abruzzo e Campania e sul Fse di Basilicata, seguite dalla Calabria, che per l’emergenza sanitaria ha stanziato 140 milioni di euro per l’emergenza sanitaria; 45 per istruzione e formazione; 180 milioni per le attività economiche; 100 milioni per il lavoro, 35 milioni per il sociale, per un totale di 500 milioni di euro.

«La riallocazione delle risorse sui Por – si legge nel Rapporto – del Mezzogiorno non ha penalizzato gli interventi a sostegno delle imprese, tuttavia quella finalizzata a fronteggiare l’emergenza sanitaria è stata meno consistente nel Mezzogiorno e, pur essendo coerente con il minore impatto della pandemia all’atto della sua definizione, questa scelta ma non si è dimostrata previdente rispetto ai suoi successivi sviluppi».

«Tuttavia – si legge ancora – c’è la possibilità concreta e immediata di intervenire sull’emergenza sanitaria, sui suoi impatti indotti dalla nuova fase pandemica e sul sostegno alla transizione delle imprese per una nuova politica di sviluppo del Mezzogiorno. Oltre alla prospettiva del Pnrr e all’avvio del nuovo ciclo di programmazione 2021-2027, l’iniziativa React Eu, con i suoi circa 10 miliardi già disponibili per il 2021 e la possibilità di compensare spese fino al 100% sostenute a partire da febbraio 2020, rappresenta un’occasione da non perdere».

«A tal fine – conclude il rapporto di Confinfustria e Srm – occorre accelerare il processo di programmazione, coinvolgendo il partenariato economico e sociale a livello nazionale e regionale, operando in continuità coi Programmi operativi 2014-2020 e privilegiando i Por rispetto ai Pon, per rafforzare l’azione di resilienza e di ripresa a livello territoriale».

A ribadire che quello presentato dal rapporto Check Up Mezzogiorno è un quadro preoccupante, è l’eurodeputato Vincenzo Sofo, che ha sottolineato che «il prezzo più alto di questa crisi sanitaria, come si evince dal calo nel 2020 delle esportazioni del Mezzogiorno del 15,6% (contro il 12,2% del Nord) e dalle previsioni di crescita per il 2021 e il 2022 che per il Nord saranno approssimativamente del 4-5% mentre per il Sud soltanto di circa l’1%».

«Ma – ha aggiunto – il dato più agghiacciante riguarda la Calabria che quest’anno a causa della pandemia è stata vittima di un crollo dell’occupazione di quasi l’8%, peggior dato d’Italia. Ecco perché è assolutamente necessario convincere il premier Giuseppe Conte ad aumentare la quota di investimenti del Recovery Fund destinata al Sud e in particolare al territorio calabrese, che già prima del Covid era tra quelli con più disoccupazione d’Europa».

«Mi rivolgo, dunque – ha concluso Sofo – ai governatori meridionali e in particolar modo al presidente f.f. Nino Spirlì, affinché ingaggino con forza questa battaglia che è sì territoriale ma per il futuro di tutta la Nazione».

«Se crolla il Sud – avverte l’ex assessore regionale al Bilancio Mariateresa Fragomeni, oggi candidata sindaca a Siderno – crolla il Paese. Il PIL che precipita del 9%, e una previsione di ripresa nel 2021-2022 del +1,2% e +1,4%, molto al di sotto delle regioni del centro-Nord; una contrazione dell’export del -15,6%; 135mila posti di lavoro in meno: questa fotografia del Mezzogiorno e della sua economia evidenzia la gravità degli effetti recessivi della pandemia su un territorio già storicamente debole, da tutti i punti di vista». La Fragomeni sottolinea quanto sia importante, praticamente vitale per il futuro del Sud, agganciare l’occasione delle risorse previste dal piano Next Generation Eu, che dall’Europa arriveranno all’Italia, e della scelta dei progetti prioritari da realizzare. Un’occasione unica, che il Sud non può perdere e la possibilità concreta di colmare il gap che esiste da sempre con il resto del Paese, intervenendo non soltanto sull’emergenza sanitaria, ma anche su infrastrutture, tecnologia, istruzione, sostegno alle imprese. Per raggiungere finalmente una nuova politica di sviluppo del Mezzogiorno che faccia da volano anche per il futuro dell’intero Paese.

«Per questo – ha concluso – confidiamo che si raggiunga al più presto l’accordo su un’equa distribuzione delle risorse del piano Next Generation Eu, riguardo alle quali è già in moto e da tempo, un acceso e duro confronto. E che siano soltanto “voci di corridoio” quelle che riguardano l’eventuale sottrazione di parte dei fondi, diversamente distribuiti, che la cosiddetta “decontribuzione Sud”, introdotta in via sperimentale da ottobre a dicembre dal decreto Agosto e fino al 2029, destina invece al sostegno delle imprese e dell’occupazione nel Mezzogiorno.
Sarebbe un grave danno non solo per il Sud, ma per l’Italia tutta, poiché la questione meridionale rappresenta una priorità per l’intero Paese». (rrm)

IL REPORT DI CONFINDUSTRIA-SRM