IL GOVERNO ABBATTE IL CARICO FISCALE
MA I CALABRESI PAGANO LE TASSE PIÙ ALTE

di GIACINTO NANCI Da ben 12 anni noi calabresi, in applicazione dell’art.2 comma 86 legge n. 191 del 2009 che quantifica la sopratassa a causa del piano di rientro sanitario calabrese, paghiamo più tasse di tutti gli altri italiani.

Un lavoratore calabrese con un imponibile di 20.000 euro ha pagato ogni anno ben 406 euro in più di Irpef di un lavoratore lombardo o veneto, e un imprenditore calabrese con un imponibile di 1 milione di euro ha pagato ogni anno 10.700 euro in più di un imprenditore piemontese o emiliano.

A questo aumento di Irpef e Irap si aggiunge sia l’aumento delle accise che l’aumento del numero dei ticket per le prestazioni sanitarie. E, come se ciò non bastasse, noi calabresi stiamo pagando un mutuo di 428 milioni di euro che il Governo ci ha fatto nel 2011 per risanare il nostro presunto deficit sanitario e per il quale, ogni anno, fino al 2040 stiamo restituendo 30,7 milioni all’anno per un totale di ben 922 milioni di euro con un interesse del 5,89% che è molto vicino al tasso usuraio che è del 6,3%. Infatti dei trenta milioni che ogni anno restituiamo al Ministero dell’Economia ben 21,5 sono di interessi e solo 10 di capitale, se il tasso fosse quello dell’1%, che normalmente si usa per questi tipi di prestito pagheremmo solo 16 milioni all’anno.

Per cui tra aumento di tasse, di accise e prestito noi calabresi, da almeno 10 anni, ogni anno versiamo al Governo circa 150 milioni. Ma perché tutto questo? Perché la Calabria con un decreto del dicembre 2009 è stata posta in piano di rientro sanitario perché ha speso in sanità più di quanto ha ricevuto e questo salasso economico nei nostri confronti è fatto per risanare quel presunto deficit. Lo definisco “Presunto deficit” perché quello della Calabria non è un vero deficit sanitario, ma è la conseguenza di una errata ripartizione di fondi sanitari alle regioni. Infatti fin dal 1998 da quando è entrata in vigore la nuova modalità di riparto dei fondi sanitari alle regioni basato sul calcolo della popolazione pesata che è un criterio solo demografico cioè più soldi dove ci so no più anziani (Nord) e meno soldi dove ci sono più giovani (Sud), la Calabria, insieme a molte regioni del sud, ha ricevuto pro capite meno fondi per la sua sanità e spesso è stata proprio la regione che ne ha ricevuto di meno in assoluto.

La Calabria ha ricevuto fino a qualche centinaio di euro in meno rispetto alla regione più finanziata e, se si moltiplicano le centinaia di euro ricevute in meno pro capite per i circa due milioni di residenti in Calabria, si comprende bene ci vengono sottratti ogni anno parecchie centinaia di milioni di euro. Ma la cosa grave è che questi fondi insufficienti vengono dati proprio alla regione Calabria, dove ci sono molti più malati cronici e quindi quei pochi soldi non potevano bastare per curare i molti più malati cronici e per forza di cose si è dovuto sforare.

Che c’è la necessità di modificare il criterio di riparto dei fondi sanitari alle regioni lo ha certificato perfino il ministro della salute Fazio che, già nel lontano primo aprile 2011, ha solennemente dichiarato che «entro due anni ripartiremo i fondi sanitari in base al criterio della prevalenza delle malattie e non più rispetto all’età che penalizza regioni con un basso indice di vecchiaia»… (leggi Calabria). Ovviamente la modifica del riparto non è stata mai fatta. Che in Calabria ci sono molti più malati cronici del resto d’Italia lo hanno certificato perfino i Ministeri dell’Economia e della Salute approvando il DCA n. 103 del lontano 30/09/2015 del commissario al piano di rientro Scura nel quale con tanto di tabelle si quantificavano in 287.000 i malati cronici in più nei circa due milioni di calabresi rispetto ad altri due milioni di altri italiani.

Il DCA n. 103 ha anche quantificato un altro fattore di maggiore spessa sanitaria calabrese calcolando in 50.000 i malati cronici calabresi con comorbilità rispetto al resto d’Italia. È stato questo, quindi, il vero motivo per cui si è creato il “presunto deficit”, sono arrivati pochi fondi proprio dove ci sono molti più malati cronici. Ed è anche questo il motivo per cui dopo ben 12 anni delle restrizioni e dei tagli del piano di rientro il deficit sanitario è raddoppiato ed è perfino triplicata la spesa per le cure dei calabresi fuori regione.

Anzi, è stato proprio il piano di rientro a fare ulteriore danno alla sanità calabrese, perché con i suoi tagli e restrizioni ha impedito ai malati calabresi di curarsi e non ci vuole grande scienza per capire che un malato cronico che non si cura, poi per essere curato costa molto di più e si complica a tal punto che poi per curarsi deve recarsi nei costosissimi centri di eccellenza fuori regione aggravando il “presunto deficit”.

Ed è ciò che, anche a causa del piano di rientro, si è puntualmente verificato. Purtroppo in questi dodici anni, anche a causa del piano di rientro, si è verificato anche il fatto che per la prima volta nella storia della Calabria l’aspettativa di vita invece di continuare ad aumentare è diminuita e a parità di patologia, specialmente oncologica, in Calabria si muore prima. È per questo che il neogovernatore Occhiuto sbaglia a farsi nominare commissario, Lui è il quinto, e proprio per quanto appena detto fallirà come gli altri quattro.

Perché le cose cambino per i malati calabresi il neogovernatore deve andare di persona alla Conferenza Stato-Regioni, che è l’organo che ripartisce i fondi sanitari alle regioni, e votare contro ogni riparto dei fondi sanitari alle regioni che non tiene conto della numerosità delle malattie in ogni regione perché essendo i voti della Conferenza Stato-Regioni alla unanimità, anche il suo solo voto contrario bloccherebbe tutto e la costringerebbe a modificare il criterio di riparto che finalmente smetterebbe di penalizzare la Calabria.

Il neogovernatore Occhiuto deve pretendere che dove ci sono molti più malati cronici come la Calabria arrivino i fondi proporzionati perché è il solo modo per dimostrare che il piano di rientro è non solo sbagliato, ma anche dannoso per i malati calabresi.

Riparto dei fondi sanitari proporzionati alla numerosità delle malattie altrimenti il piano di rientro non avrà mai fine e oltre a danneggiare, come sta già facendo, la salute dei calabresi affosserà l’intera economia calabrese con aumento di tasse accise, ticket sanitari e prestiti onerosi. (gn)

(L’autore, Giacinto Nanci, è un medico di Catanzaro)