L’ultima chiusura – parziale – dal 28 al 2 novembre è a Catanzaro: le scuole ancora aperte richiedono interventi continui di igienizzazione e sanificazione degli ambienti e sempre più spesso viene attivata la cosiddetta Didattica Digitale Integrata (DDI) al fine di garantire la continuità scolastica in modo strutturato e organizzato. La pandemia non s’attenua e il contagio cresce, il ricorso alla DDI risulta sempre più frequente. La materia è stata disciplinata con un decreto del ministero dell’istruzione del 7 agosto scorso che spiega che cos’è la didattica digitale integrata e indica le linee guide da seguire, ove fosse necessario fermare l’attività scolastica in presenza per motivi emergenziali. La didattica a distanza è prevista solo per le scuole superiori, in caso di nuovo lockdown dovrà essere adottata in tutti gli ordini scolastici, dall’infanzia alle primarie, alla scuole medie.
Certo, se si guarda ai banchi monoposto (magari con la bizzarria delle rotelle) in molti casi mai consegnati e alle soluzioni ingegnose quanto improvvisate di alcuni direttori didattici che hanno fatto segare in due i tradizionali banchi a disposizione, viene da pensare che, ancora una volta, sono stati sottovalutati i rischi di una nuova eventuale, se non più che probabile, fase autunnale del coronavirus. I mesi di lockdown della passata primavera non hanno insegnato nulla e a fronte di un impegno straordinario di dirigenti scolastici, docenti e personale che hanno fatto miracoli per predisporre aule e classi in modo adeguato per l’apertura dell’anno scolastico, è sconfortante riscontrare la grande impreparazione del ministero dell’Istruzione.
L’idea della didattica digitale – che altro non è che una innovativa metodologia di insegnamento-apprendimento aggiuntiva a quella tradizionale – si basa su due presupposti fondamentali: l’utilizzo di un computer o di un tablet e, naturalmente, una connessione stabile a internet. Due condizioni che in Calabria hanno mostrato in più occasioni troppe criticità, a cui, in qualche modo, ha posto rimedio la Regione con l’assessore Sandra Savaglio e la compianta presidente Santelli, con l’acquisto di tablet per gli studenti. Non sappiamo se è una leggenda metropolitana, ma sembrerebbe che tra i tanti tablet acquistati per gli studenti ci sono stati anche dei meravigliosi iPad che hanno solo lo svantaggio di costare praticamente il triplo o il quadruplo di un comune tablet android. A cosa saranno mai destinati gli eventuali iPad – ove fosse vera la notizia del loro acquisto – non è stato di sapere, però non è sbagliato ricordare che con appena 100/150 euro si possono reperire ottimi tablet che risultano perfetti per la didattica a distanza.
Il problema rimane quello della connessione: non viene tenuto in considerazione che non tutti i ragazzi hanno a disposizione una connessione a banda larga (non tutte le famiglie posseggono un personal computer e se i ragazzi in età scolare sono più d’uno il problema s’ingigantisce) ma meno che meno hanno a disposizione la banda larga. Secondo voi, qualcuno al ministero dell’Istruzione ha pensato al divario – reale – tra precarietà e benessere? All’inevitabile disuguaglianza che si viene a creare, nel caso della didattica digitale, tra le famiglie che possono permettersi anche più di un pc in casa o vari tablet in famiglia, e chi ha, a malapena, un modestissimo telefonino di prima o seconda generazione? Non, non ci ha pensato nessuno, tant’è che non è stato studiato e realizzato un piano per la banda larga – gratuita! – da destinare all’istruzione e alla formazione a distanza. Fatte salve iniziative singole e non coordinate dei vari carrier di telefonia in Italia, a favore di moltissime famiglie italiane.
A Cosenza, qualche settimana fa, con un finanziamento del Comune voluto dal sindaco Mario Occhiuto, è partito un importante progetto sulla didattica digitale nella scuola di via Milelli. «Un progetto rivoluzionario – ha dichiarato il sindaco –, in collaborazione e con il supporto di un’altra scuola della Lombardia che, in questo settore, è considerata “buona pratica” e prima in Italia». Un progetto, dunque, che rende la Scuola cosentina – già diventata punto di riferimento della città – una delle più innovative d’Italia, in cui «l’impianto didattico – ha spiegato Occhiuto – sarà, infatti, gradatamente, ma in maniera decisa, improntato alla didattica digitale».
«Il ricorso alla didattica digitale – ha aggiunto Occhiuto – sarà costante e i docenti saranno appositamente formati e accompagnati nello sviluppo del progetto, con un metodo di lavoro improntato ad un modo diverso di apprendere. Un metodo in virtù del quale si cercano informazioni, si selezionano contenuti, rendendoli funzionali al contesto e alle richieste, con la figura del docente che non è più il leader delle proprie lezioni, ma accompagna i processi di apprendimento degli studenti».
Il criterio della DDI si basa sulla “concessione in comodato d’uso delle dotazioni strumentali dell’istituzione scolastica, avendo cura che essi contemplino una priorità nei confronti degli studenti meno abbienti” – dice la circolare ministeriale con le linee guida – e affida alle istituzioni scolastiche l’acquisto di sim dati per garantire la connettività. Del divario digitale Calabria-resto d’Italia abbiamo scritto in più occasioni: pochi i servizi online (come ha fatto notare qualche mese fa la Corte dei conti a proposito dello snellimento della burocrazia di carta), e un segnale spesso debole che non riesce a coprire in modo omogeneo il territorio sì da garantire una connessione stabile anche nei piccoli centri montani. Non tutti gli studenti vivono nelle città capoluogo o nei grossi centri, ci sono realtà di difficile gestione già complesse per le difficoltà nella mobilità poco efficiente, figurarsi con un segnale internet a intermittenza che tipo di didattica a distanza si può garantire agli studenti.
In questi mesi di apparente “tranquillità”, come si è detto, non è stato preso in considerazione il problema della connessione, sia dal punto di vista economico – per evitare ulteriori aggravi di costi per le famiglie – sia da quello della stabilità del segnale. All’inizio della pandemia avevamo lanciato l’idea di utilizzare i canali televisivi locali per organizzare la didattica a distanza: se internet non è presente in tutte le famiglie, un televisore in casa c’è di sicuro (se non è sostituito da tablet di ultima generazione). Quindi si poteva – si può ancora – pensare di organizzare unitamente alla connessione internet cicli di lezioni a distanza, attraverso le reti private locali (senza contare che Rai Cosenza per un progetto del genere potrebbe mettere a disposizione bande di segnale non utilizzate e disponibili). Ne abbiamo parlato il 7 aprile scorso, in piena pandemia, quando dal Governo furono stanziati 3 milioni e 600mila euro per la didattica a distanza. Nessuno ha ritenuto opportuno provare ad elaborare un progetto che, oggi, a fronte di un nuovo probabile impedimento di formazione in presenza, potesse alleviare il disagio dei docenti (mortificati nella loro funzione educativa) e degli studenti. Ma “non è mai troppo tardi” (come recitava il titolo della fortunata scuola televisiva dell’indimenticabile maestro Alberto Manzi che insegno a leggere e scrivere a milioni di analfabeti): in Regione dovrebbero, potrebbero, pensarci. Subito, prima che sia davvero troppo tardi. (s)