Trenta Associazioni, in una lettera aperta ai Comuni calabresi, all’Anci, al Consiglio regionale della Calabria e all’Agenzia dei Beni confiscati, di attivarsi per trovare un alloggio per le donne vittime di violenza.
Una donna maltrattata “costretta”, per mancanza di alternative, a vivere con i figli minori in un appartamento sottostante a quello dell’ex marito violento che la vittima aveva regolarmente denunciato. Una situazione di grave rischio che aveva portato i servizi a valutare l’allontanamento dei minori per assicurare loro adeguata protezione.
Di questi giorni la situazione di cinque minori vittime di violenza assistita che si trovano a vivere con la madre in una sola stanza senza trovare, nemmeno dopo una estenuante ricerca, disponibilità di qualche privato a dare in affitto una abitazione. Un piccolo spaccato del nostro territorio di una condizione in cui versano in Italia ben 6 milioni 700mila donne e bambini vittime di violenza, dove potere contare su un alloggio è il primo passo verso l’autonomia.
Diritto negato in calabria dai Comuni nonostante la legge della regione n.20 del 2007.L’art. 7 della suddetta legge che statuisce in tema di “assistenza alloggiativa garantita”, così testualmente recita: «I Comuni, al fine di garantire adeguata assistenza alloggiativa alle donne, unitamente ai loro figli minori, che vengono a trovarsi nella necessità, adeguatamente documentata dagli operatori dei Centri antiviolenza e/o dagli operatori comunali, di abbandonare il proprio ambiente familiare e abitativo, in quanto vittime di violenze e abusi sessuali fisici o psicologici e che si trovano nell’impossibilità di rientrare nell’abitazione originaria, si avvalgono della riserva degli alloggi di cui all’articolo 31 della legge regionale 25 novembre 1996, n. 32».
Purtroppo, però, nonostante una precisa disposizione di legge, i Comuni calabresi, in palese violazione della stessa, continuano ad ignorare il dettato normativo anche a fronte di segnalazioni di urgenza spesso segnalate dalle forze. È superfluo ribadire la gravità delle violazioni di quelle previsioni normative finalizzate a tutelare la posizione della vittima di reati endofamiliari, nonché a scongiurare irreparabili tragedie familiari.
Peraltro, le conseguenze di questi mancati interventi hanno ricadute importanti non solo per le vittime di violenza, ma anche sotto il profilo del sistema di protezione e di accoglienza delle donne con il paradosso che le case rifugio e le case accoglienza che ospitano nell’emergenza le donne maltrattate, non potendo in molti casi dimetterle per mancanza di soluzioni abitative, registrano spesso una situazione di esaurimento dei posti e l’impossibilità di potere procedere a nuove accoglienze. Inoltre si registra a carico della regione uno spreco di risorse economiche rilevantissimo.
Serve, quindi, una assunzione di responsabilità immediata da parte dei Sindaci che sono chiamati a provvedere anche attraverso l’utilizzo dei beni confiscati, che, si ricorda, sono a pieno titolo parte del patrimonio di edilizia residenziale del Comune e della regione che a oltre sedici anni dalla legge 20 sul contrasto alla violenza di genere non ha provveduto ad aggiornarla e soprattutto a finanziarla .
I soggetti promotori di questa lettera di denuncia chiedono:
- Ai Comuni calabresi tramite anche l’Anci, il rispetto delle vigenti disposizioni di legge assegnando in via d’urgenza, a seguito di provvedimento giudiziario e/o di pubblica sicurezza, alloggi disponibili del patrimonio edilizio, compresi i beni confiscati e sequestrati a nuclei familiari composti da donne che abbiano subito violenza.
- Al Consiglio regionale della Calabria di adottare delle norme legislative che rafforzino questo diritto dando seguito alle proposte di legge presentate sul tema per garantire alle donne vittime di violenza dei percorsi di autonomia abitativa, lavorativa e sociale.
- Alla Agenzia dei beni Confiscati di attivare un tavolo tecnico per affrontare questa criticità
Si chiede, inoltre, che i consigli degli ordini degli avvocati della regione, nonché le diverse associazioni che si occupano della difesa dei diritti civili, di valutare la possibilità di attivare servizi di assistenza legale per tutte quelle donne vittime di violenza che chiedono il riconoscimento dei diritti previsti dalle norme vigenti. (rcz)