di MARIACHIARA MONACO – Franco Terranova è giovanissimo, ha 23 anni e un talento da vendere, che l’ha portato ad ottenere risultati eccezionali in Italia e all’estero. E pensare che tutto è nato grazie al suo primo computer, ricevuto in regalo all’età di 9 anni. Da lì, la scintilla non si è mai spenta, alimentata da una passione così forte da non sembrare vera.
«L’informatica ti dà la possibilità di tradurre le idee in codice, in qualcosa di tangibile, finito. Questo feedback continuo e immediato mi ha rapito fin dall’inizio», confessa.
Valige alla mano, parte dalla Calabria per poter frequentare l’Università di Pisa, iscrivendosi al corso di laurea in ingegneria informatica. Durante il percorso accademico, ha avuto la possibilità di approfondire diversi ambiti, e di legarsi in particolar modo a quello dell’intelligenza artificiale. Un colpo di fulmine che ha solcato la sua strada offrendogli una direzione.
«Per la mia tesi triennale, ho pensato ad un’IA in grado di riconoscere le emozioni. Tutto questo attraverso dei sensori in grado di misurare grandezze come l’elettromiografia, l’elettroencefalogramma, e avere un modello statistico in grado di trasportare questi dati in input, misurandoli sul corpo attraverso dei sensori live, così da intercettare immediatamente le emozioni provate attraverso un’applicazione».
L’intelligenza artificiale come volàno per riconoscere particolari forme di depressione, momenti di sbalzo emotivo, e perché no, per migliorare l’interazione fra l’uomo e la macchina.
«Potrebbe prevenire anche molti incidenti stradali. I sensori infatti, possono essere incorporati nella cintura, nel sedile, invitando la guida a fermarsi nel caso in cui le emozioni negative vengano rilevate», spiega.
Ma perché fermarsi, quando si può ambire alle stelle e allo spazio?
Ecco che arriva l’Esa, (European Space Agency), dove il giovane ricercatore, concluso il percorso triennale, ha preso parte ad un progetto riguardante l’utilizzo dell’IA per supportare le future missioni spaziali degli astronauti sulla Luna e su Marte.
«In Germania mi sono occupato del riconoscimento di una patologia scaturita dall’esposizione del corpo umano alla microgravità – afferma – tenendo in considerazione che il livello di gravità presente sulla Luna, su Marte, e sulla stazione spaziale internazionale è molto diverso dalla Terra».
Ma di cosa si tratta?
«Questa patologia è stata trovata per la prima volta negli anni ’00, su un astronauta americano, e da allora è iniziato lo studio. Ancora non c’è una soluzione per fare in modo che scompaia – confessa – è stata contratta dal 66% di astronauti che hanno effettuato missioni spaziali. L’idea per individuarla, è quella di sviluppare un dispositivo che attraverso l’IA, sia in grado di scansionare la retina e riconoscere dunque la malattia».
Un’esperienza unica fatta di studio, ricerca, ma anche d’incontri speciali: «Ogni venerdì si dedicava un Happy hour a Samantha Cristoforetti e alla sua missione. L’incontro con lei è stato unico, interessante, ho avuto modo di parlarle anche del mio progetto».
Un bagaglio che si fa sempre più ricco di esperienze, non solo lavorative, ma anche umane, interculturali.
La dinamicità della vita in tutte le sue sfaccettature ha da sempre abbagliato e appassionato Franco, il quale dopo l’esperienza tedesca, per la stesura della tesi magistrale si è recato oltreoceano.
Altro giro, altra corsa, si è passati dallo spazio al Fermilab, un laboratorio di ricerca gestito dal governo a stelle e strisce, che si occupa dello studio della fisica delle particelle elementari. Figlia di una forte connessione con l’Italia, questa macchina perfetta, è stata intitolata ad Enrico Fermi, scienziato di fama mondiale che, proprio come Terranova, ha studiato sui banchi dell’Università di Pisa.
Un presagio? Chi lo sa.
Sta di fatto che a Chicago, Franco sta lavorando alla realizzazione di un telescopio a guida autonoma in grado di esplorare il cielo, e di raccogliere dati nel modo più ottimale, tenendo in considerazione fattori come il meteo, e altri non facilmente identificabili.
«Sosterrò a fine settembre la tesi a Pisa, ma avere la possibilità di conoscere persone provenienti da tutti i continenti è molto stimolante – racconta – certo, la nostalgia di casa si fa sentire, ma cerco di mantenere sempre vivi i contatti con i miei amici, in Toscana come in Calabria».
Ma qual è il suo sogno nel cassetto? Anche se dei piccoli grandi sogni li ha già realizzati: «Vorrei proseguire con la ricerca, non so se in campo accademico o industriale. Sicuramente il dottorato che inizierò in Francia, subito dopo la laurea, mi aiuterà a capire meglio».
Per parafrasare Primo Levi: «Se si escludono istanti prodigiosi e singoli che il destino ci può donare, l’amare il proprio lavoro costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra». E, ascoltando la voce di Franco Terranova, sono abbastanza sicura che lui sia fra questi fortunati. (mm)