di SERGIO DRAGONE – Con la scomparsa, quasi contemporanea, di Franco Zagari e Paolo Portoghesi si chiude l’epoca delle grandi archistar che hanno segnato con il loro genio e le loro opere, spesso contestate, la storia della Catanzaro degli anni Ottanta e Novanta. Una stagione irripetibile che vide una classe politica lungimirante scendere dal piedistallo dell’autoreferenzialità e chiedere al meglio dell’architettura italiana un impegno diretto per trasformare la città, con uno sguardo proiettato verso il futuro. Non solo Zagari e Portoghesi, ma anche Carlo Aymonino ( che aveva buttato giù un affascinante progetto del lungomare) e Gianfranco Spagnesi.
L’asse Dc-Psi, che pure era un patto di potere, era anche un patto culturale, un’alleanza tra due diverse visioni della società che avevano però a cuore un rilancio del Capoluogo dopo anni di sonnolenza. Tutte le più importanti opere moderne della città – dall’inquieta piazza Matteotti al Complesso Monumentale del San Giovanni, dal teatro Politeama al viadotto Kennedy – sono figlie di quel periodo.
Marcello Furriolo, giovane sindaco democristiano con un passato da comunista, incarnava quell’ansia di modernità. Trovando una sponda importante nei settori più avanzati del Partito socialista e soprattutto sull’assessore all’urbanistica Michelangelo Frisini, persona molto capace e discreta, lontana dai riflettori.
Catanzaro non ha mai amato questi Giganti dell’architettura. Franco Zagari, persona gentile e affascinante, venne contestato duramente per la famosa scala di piazza Matteotti, poi abbattuta a furor di popolo come era avvenuto decenni prima per la strettoia di corso Mazzini e sostituita con l’attuale fontana. Zagari è universalmente riconosciuto come uno dei più grandi progettisti del paesaggio in Europa e lo stesso progetto di piazza Matteotti è stato pluripremiato in Spagna, Francia e Belgio.
Paolo Portoghesi è stato accusato di avere calato dall’alto il progetto del Politeama, ma secondo gran parte della critica si è trattato di un felice inserimento in un contesto urbanistico molto sfilacciato.
L’ambizioso progetto del lungomare di Aymonino ha lasciato posto all’attuale “alzamuro”, appena abbellito dal mosaico disegnato da un altro grande del design come Mendini.
Catanzaro ha avuto un solo grande architetto, Saul Greco, progettista del Palazzo della Provincia, del Palazzo delle Poste e di quello dell’Enel. Il monumento architettonico più importante è certamente il viadotto ad arco unico sulla Fiumarella progettato da Riccardo Morandi.
Catanzaro non ama le archstar e le architetture ardite. Mi spiego così l’ostracismo ostinato, qualche volta anche condito da considerazioni beffarde, ai progetti di Fabio Rotella e Franco Righini per il centro storico. Non si faranno mai, se capisco gli umori del Palazzo.
E non è vero che la presenza dei grandi architetti abbia umiliato le professionalità locali. Si pensi al ruolo che hanno avuto professionisti locali per Franco Zagari (penso all’ing. Nando Gabellini) o per Paolo Portoghesi (penso al supergeometra Nicola Santopolo).
Ora che il dolce e geniale Franco Zagari se n’è andato (ho fatto in tempo a sentirlo al telefono appena due settimane fa), finisce la stagione dell’innovazione e dell’azzardo. Spero solo che Catanzaro, con un giudizio più sereno, non dimentichi questi pilastri della storia dell’architettura italiana ed europea. (sd)