IL FUTURO DELLA CALABRIA SARÀ “GREEN”
DA LEGAMBIENTE 100 IDEE PER LA SVOLTA

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Il futuro della Calabria parte e passa dalla transizione ecologica. Per questo Legambiente ha presentato 100 proposte da sottoporre al nuovo Parlamento in cui sono inserite, riforme e interventi su un tema che è stato dimenticato nella campagna elettorale conclusasi da poco, ma che è stata quasi completamente ignorata.

«La Calabria, così come l’intero Paese – ha dichiarato Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria nel corso della conferenza svoltasi a Lamezia Terme –  ha bisogno di programmazione e di capacità di visione. I temi ambientali che sono strettamente connessi a quelli sociali ed economici, devono costituire la priorità della prossima legislatura».

«Cambiamenti climatici, crisi energetica e fonti rinnovabili, rigenerazione urbana ed efficientemente energetico, ciclo dei rifiuti, economia circolare come pilastro della transizione ecologica, mobilità sostenibile: sono i temi che per Legambiente riguardano il futuro della Calabria, insieme alla tutela della biodiversità, al turismo sostenibile, all’agricoltura biologica, alla salvaguardia del patrimonio forestale ed un no deciso al ponte sullo Stretto, una cattedrale nel deserto».

Ma non è soltanto all’infrastruttura che l’Associazione ha detto no. Bocciatura secca anche per il rigassificatore di Gioia Tauro che, secondo Legambiente, non si dovrebbe fare.

Come spiegato dalla presidente Parretta, «anche l’impianto di Gioia Tauro avrebbe la funzione ipotetica di attenuare la gravità della crisi in corso diversificando le fonti di approvvigionamento energetico del Paese. Ribadiamo che non c’è logica alcuna nel realizzare rigassificatori per liberare il Paese dal ricatto del gas russo comprando il gas da Paesi come Egitto, Algeria, Libia, il Congo o gli Usa. L’Italia e la Calabria devono realizzare un’autentica transizione ecologica che renda l’Italia indipendente dall’estero in materia di energia».

Nella sede del Civico Trame di Lamezia Terme, dove Cristina Porcelli, direttrice Fondazione Tre e responsabile del Civico Trame ha ritenuto «significativo ospitare ospitare un dibattito pubblico sui temi ambientali proprio a Civico Trame, un presidio democratico e di legalità che vuole porsi come punto di riferimento del territorio nell’ambito del confronto e della partecipazione civica, della fruizione della cultura, dell’esercizio dei diritti», sono state presentate le 100 proposte, che hanno al centro: lotta alla crisi climatica, dimenticata in questa campagna elettorale, innovazione tecnologica, lavoro e inclusione sociale.

Nello specifico, si parla di nuove leggi da approvare, come ad esempio quelle sull’eliminazione dei sussidi alle fonti fossili, sul consumo di suolo, sul riordino dei bonus edilizi, in materia di lotta alla gestione illecita dei rifiuti, alle illegalità lungo le filiere agroalimentari, e per la tutela della fauna e della flora protette; semplificazioni; velocizzazione degli iter autorizzativi a partire dagli impianti a fonti rinnovabili e dell’economia circolare;  approvazione di decreti attuativi mancanti, da quelli sull’end of waste per il riciclo  a quelli della legge di recepimento della direttiva Red II sulle rinnovabili, sull’agricoltura biologica o sui controlli del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente (Snpa), solo per citarne alcuni.

E poi, tra gli altri interventi da mettere in campo: uno spostamento di risorse pubbliche dai settori più inquinanti a quelli più innovativi e con minor impatto ambientale, intervenendo sui sussidi ambientalmente dannosi; potenziamento in organico e competenze degli uffici centrali e territoriali preposti al rilascio delle valutazioni di impatto ambientale, delle autorizzazioni e ai controlli; investimenti in nuove infrastrutture green, a partire da impianti eolici a terra e mare, fotovoltaici sui tetti, agrivoltaici, impianti industriali dell’economia circolare, quelli per smaltire l’amianto, mobilità urbana a zero emissioni, trasporto pendolare, ammodernamento di acquedotti, adeguamento dei depuratori esistenti e realizzazione dei nuovi, riqualificazione degli edifici scolastici, solo per citarne alcuni.

Secondo Legambiente, infatti, «se la transizione ecologica italiana andrà in questa direzione potrà contribuire davvero a tutelare l’ambiente, creare nuova occupazione, realizzare nuovi impianti di economia verde e aiutare famiglie e imprese a ridurre il caro bollette. Sul fronte occupazionale l’Italia, secondo l’ultimo Rapporto Green Italy di Fondazione Symbola e Unioncamere, vantava a fine 2020 oltre 3,1 milioni di occupati in green job».

«La spinta che può arrivare dalle rinnovabili – viene spiegato – in coerenza con il pacchetto europeo REPowerEU, secondo l’associazione confindustriale Elettricità Futura garantirebbe 470.000 nuovi posti di lavoro entro il 2030, in aggiunta ai 120.000 di oggi. Secondo Fondazione Enel e The European House – Ambrosetti in Italia il percorso verso emissioni nette pari a zero entro il 2050 creerà 2,6 milioni di nuovi posti di lavoro».

Tra gli errori da evitare, poi, l’Associazione si focalizza sul ritorno al nucleare e, in particolare, sul Ponte sullo Stretto, un «insensato progetto» per Legambiente che, invece, suggerisce di concentrarsi sugli «investimenti in collegamenti veloci e frequenti tra la Sicilia, la Calabria e il resto della Penisola, portando le Frecce nei collegamenti tra Palermo, Catania e Roma, potenziando il trasporto via nave lungo lo Stretto e rafforzando i collegamenti in treno da Reggio Calabria a Taranto e Bari» .

Viene evidenziato, anche, il bisogno di accelerare sull’economia circolare, «facilitando, in primis, la realizzazione di una rete impiantistica innovativa su tutto il territorio nazionale e semplificando l’iter tortuoso di approvazione dei decreti End of waste».

Legambiente, infatti, ha ricordato che in diverse parti del Paese ci sono nuovi impianti industriali a servizio della «transizione ecologica che meritano di essere replicati» e, tra questi, cita i digestori anaerobici che producono biometano a Rende.

Accanto a queste proposte, poi, Legambiente indica tre fasi da seguire:  la prima, «l’Europa che ha una leadership importante a livello internazionale nella lotta alla crisi climatica; seguita poi dalla «riconversione ecologica del tessuto produttivo, che può garantire milioni di nuovi posti di lavoro, l’apertura di nuovi impianti produttivi o  la riconversione di quelli già esistenti».

L’ultima fase è rappresentata, infine, dalla «giusta transizione ecologica, un obiettivo da perseguire in primis penalizzando economicamente le aziende più inquinanti, a partire da quelle che hanno fatto extraprofitti clamorosi nel settore delle fossili; favorendo le riconversioni delle competenze professionali e dei cicli produttivi a maggior impatto ambientale, utilizzando anche le risorse europee del Just Transition Fund; contrastando gli interessi ecomafiosi che stanno già puntando ad acquisire appalti e risorse dedicati alla riconversione ecologica dell’economia; combattendo la povertà energetica e facilitando l’accesso a servizi e più innovative ai meno abbienti».

Giorgio Zampetti, direttore nazionale di Legambiente, ha evidenziato come «nei prossimi cinque anni, il nuovo esecutivo dovrà date risposte concrete ed efficaci per contrastate la crisi climatica, superare l’emergenza energetica e garantire una vera transizione ecologica. Non c’è più tempo, l’Europa ha fissato il 2026 come termine ultimo de cantieri del Pnrr e il 2030 per gli obiettivi climatici. I prossimi 5 anni saranno quindi fondamentali per il raggiungimento di questi traguardi».

«Occorre, dunque, correggere la rotta rispetto a quanto fatto fino ad oggi – ha concluso –. Noi non faremo mancare il nostro contributo, come dimostra l’Agenda di Legambiente che abbiamo presentato ai partiti e che mette al centro la difesa dell’ambiente e gli interessi delle imprese e delle famiglie».

Interessante, poi, l’intervento del prof. Raffaele Agostino, docente del Dipartimento di Fisica all’Università della Calabria, per mettere in luce come «fra le proposte di Legambiente, elementi trasversali sono l’Energia e la formazione».

«In questo contesto – ha detto – il sistema regionale universitario e quello della ricerca è attivo e pronto a rispondere alle sfide del cambiamento climatico, dell’uso razionale dell’energia, del rafforzamento delle infrastrutture anche attraverso la riduzione della piaga dell’emigrazione dei cervelli».

Ma non deve essere solo il sistema universitario e della ricerca a scendere in campo per la transizione ecologica. Serve anche che le istituzioni, in primis la Regione, facciano la propria parte in questo lungo percorso che è determinante per il futuro della Calabria e dei suoi cittadini. (ams)