CASSANO ALLO IONIO (CS) – Agli studenti un messaggio di Maria Falcone

In occasione della Strage di Capaci, il presidente del Centro Studi “Giorgio La Pira”, Francesco Garofalo, consegnerà agli studenti delle Scuole di Cassano allo Ionio un messaggio di Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone.

Nella lettera rivolta ai ragazzi, la professoressa Falcone, sottolinea «mio fratello Giovanni sosteneva che per sconfiggere la criminalità mafiosa non poteva essere sufficiente una repressione da parte delle forze dell’ordine, ma al contrario essa aveva la necessità di essere accompagnata da meccanismi di cooperazione tra le istituzioni da un lato, e, dall’altro, dalla diffusione tra i cittadini e soprattutto tra i giovani, di una cultura della legalità, gettando le basi per una società libera dalla prevaricazione mafiosa».

«È, quindi, necessario che anche le scuole – viene evidenziato – in quanto luoghi di cultura strategici per la formazione delle nuove classi dirigenti, e primo baluardo della nostra cultura democratica, si indirizzino verso una cultura della legalità e della condivisione, e si attivino in iniziative, volte alla tutela della memoria di uomini e donne che hanno dato la loro vita per costruire una società più giusta e pacifica».

Dal canto suo il presidente, Francesco Garofalo, nel ringraziare Maria Falcone, ha auspicato per il prossimo anno, la partecipazione degli studenti delle scuole cittadine a Palermo, in cui viene fatta memoria di Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e dei valorosi uomini della scorta.

«Il messaggio della Signora Falcone – ha sottolineato –, evidentemente è segno di sprono a proseguire sul percorso di memoria e legalità, per impegnarci ulteriormente, con passione sul nostro territorio». (rcs)

A Cosenza presentato il libro su Giovanni Falcone di Claudio Martelli

di MARIACHIARA MONACOÈ stato presentato, nel suggestivo Salone degli Specchi, presso il Palazzo Arcivescovile di Cosenza, il volume Vita e persecuzione di Giovanni Falcone scritto da Claudio Martelli, ex guardasigilli e fedelissimo del leader socialista Bettino Craxi.

Ne hanno discusso insieme all’autore, Fabio Liparoti, Presidente Unione Giuristi Cattolici di Cosenza, Sergio Tursi Prato, Direttore Responsabile di Miga web TV, Sandro Principe, storico amministratore socialista rendese, e Giacomo Mancini.

«Abbiamo voluto fortemente la presenza dell’onorevole Martelli, uno dei maggiori protagonisti politici degli anni ’90, egli ricoprì il ruolo di Vice Presidente del Consiglio nel Sesto e Settimo Governo Andreotti, e di Ministro della Giustizia. La sua, fu un’azione incisiva per quanto concerne la lotta alla criminalità organizzata, basti pensare al decreto Scotti – Martelli, nel quale il 41bis venne modificato e ampliato ai detenuti reclusi per mafia. Questo volume mette in evidenza numerose zone d’ombra sulla strage di Capaci del 23 maggio ’92, e analizza da cima a fondo, periodi difficili per il nostro paese, dal Terrorismo, alla Trattativa Stato – Mafia», introduce Tursi Prato.

Un racconto avvincente, ma anche incisivo e rabbioso, nel quale l’ex guarda sigilli, ricostruisce minuziosamente gli anni della sua permanenza presso il Ministero della Giustizia, durante i governi Andreotti, e Amato (quest’ultimo dal giugno ’92 all’Aprile ’93), dal quale si dovette dimettere in febbraio, poiché raggiunto da un avviso di garanzia, arrivato probabilmente per la stretta collaborazione con il magistrato siciliano Giovanni Falcone, chiamato a dirigere l’Ufficio Affari Penali del Ministero, dopo un incontro, proprio a Palermo con Martelli.

Tutto questo, mentre l’Italia intera veniva scossa dall’inchiesta Mani Pulite, dall’omicidio di Salvo Lima (marzo1992), e non solo, visto che nel gennaio dello stesso anno era arrivato al culmine il cosiddetto Maxiprocesso, iniziato nel 1986, che aveva visto condannare tanti boss, fra cui il latitante Riina, personalità di spicco nella gerarchia di Cosa Nostra.

Artefice di tale miracolo giudiziario, fu proprio Falcone, grazie al suo innovativo sistema di indagine che prevedeva forti collaborazioni fra le Procure e le forze di polizia, anche oltreoceano, in particolare con la Fbi e la Dea. Martelli, nel cuore del racconto ha messo in evidenza non solo le capacità investigative del magistrato, il sostegno massiccio dell’opinione pubblica e la fama anche negli Usa, di Giovanni Falcone, ma anche il ruolo della magistratura e della politica (come il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando), che lo avevano messo sotto accusa attraverso interrogatori e sedute speciali del CSM.

«Falcone ebbe tanti nemici, ma due furono quelli che cominciarono a farlo morire, e che poi effettivamente lo uccisero. Al primo posto c’è  la mafia di Totò Riina che lo massacrò col tritolo; al secondo, i non pochi magistrati che cominciarono a farlo morire, molto tempo prima della strage di Capaci».

C’è una frase di Paolo Borsellino, suo grande amico e collega, ucciso anche lui da Cosa Nostra, che ha tutte le sembianze di un j’accuse, e che Martelli acutamente riprende: «Lo Stato, la magistratura, che forse ha più colpe di ogni altro, cominciarono a far morire Falcone nel gennaio 1988. Giovanni si era candidato a capo dell’Ufficio Istruzione, solo per continuare il suo lavoro e qualche Giuda si impegnò subito a prenderlo in giro, e il giorno del mio compleanno, il Csm ci fece questo regalo di preferirgli con motivazioni risibili Antonino Meli. Mi resi subito conto che nel volgere di pochi mesi Giovanni Falcone sarebbe stato distrutto… morto professionalmente nel silenzio senza che nessuno se ne accorgesse…doveva essere eliminato al più presto, Giovanni Falcone».

Parole che Claudio Martelli studia attentamente e parafrasa più volte nel suo libro-denuncia, scritto con la giusta distanza di chi ha poi compreso nel tempo, i misteri e i dubbi che ancora aleggiano sulla morte del coraggioso magistrato. È soprattutto quella frase, «la magistratura, che ha forse più colpe di ogni altro», a scuoterlo nell’intimo e a spingerlo a ricostruire la vicenda del giudice che, per la prima volta nella storia, aveva costretto i capi mafiosi alla sbarra, facendoli condannare sulla base di riscontri oggettivi, legati ad una lettura articolata di un potere criminale che, come spiegava, era diventata la più potente organizzazione criminale del mondo, non perché figlia del sottosviluppo, ma perché capace di approfittare di uno sviluppo distorto come quello che si era realizzato proprio in Sicilia.

Già dopo lo strano attentato dell’Addaura, il 21 giugno 1989, Falcone parlò di menti raffinatissime, e Martelli fa notare che non si riferiva soltanto a quelle dei mafiosi: «Nelle settimane e nei mesi successivi poliziotti che erano sul luogo e potevano fornire testimonianze decisive a chiarire l’identità degli esecutori, sono stati assassinati e gli assassini mai trovati».

Per non parlare dei depistaggi successivi alla strage di via D’Amelio, continua: «Con l’invenzione di rei confessi, poi creduti dai magistrati come oro colato quando si autoaccusarono, ma ignorati per tutti gli anni successivi in cui ritrattarono e rivendicarono la loro innocenza, accusando poliziotti e magistrati di averli forzati con metodi brutali e manipolati con false promesse».

Proprio da qui iniziano le domande, gli interrogativi, che l’ex guarda sigilli pone al centro della sua analisi, delle sue riflessioni, nel racconto forte e determinato di una verità che, a distanza di anni, tarda ad essere svelata.

«Sarebbe importante sapere – conclude – se anche i magistrati che congiurarono contro il giudice Falcone si sono pentiti, se riconoscono le loro colpe. Parlo dei magistrati che erano suoi colleghi, che l’avversarono apertamente, ma parlo soprattutto dei finti amici, giornalisti e politici, che l’ingannarono e lo tradirono». (mm)

Il Liceo Zaleuco di Locri alla commemorazione in ricordo di Paolo Borsellino

Un pomeriggio denso di emozioni, quello che si è vissuto martedì, 19 luglio, alle ore 17.00, sotto l’insegna della via dedicata ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, per commemorare la scomparsa di quest’ultimo, avvenuta, nello stesso giorno e nella stesa ora, trent’anni fa in via Mariano d’Amelio a Palermo.

Un ordigno esplosivo di intensità inaudita esplose proprio mentre il giudice stava citofonando alla madre, per accompagnarla dal cardiologo. In un attimo fu dilaniato lui e cinque componenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

All’evento, oltre alle Forze Militari, all’Amministrazione Comunale, nella persona del sindaco Giovanni Calabrese e dell’assessore Domenica Bumbaca, a diversi cittadini, anche e soprattutto la presenza delle scuole. E non poteva mancare una rappresentanza del Liceo Scientifico Zaleuco di Locri, nella persona del vice Preside prof. Vincenzo Romeo, accompagnato dalla prof.ssa Rosella Fontana, dalla prof.ssa Raffaela Cortese, e dai due ex rappresentanti d’Istituto, Giorgio Arcidiacono e Angelo Praticò.

Quest’ultimo si è detto orgoglioso di chiudere in bellezza la sua funzione di rappresentanza, partecipando ad un momento di così alta levatura civica e morale. Una scuola, il Liceo Zaleuco, che non smette di trasmettere valori ai suoi allievi, richiamando ad una legalità che non è fatta solo di regole da imparare, da ricordare, ma da atteggiamenti da vivere, da incarnare nella vita sociale, per creare un ambiente sempre più consapevole che, fare la cosa giusta, senza prevaricare, nel rispetto e nel dialogo, possa allontanare quella pseudo – sicurezza dettata da un atteggiamento vessatorio, violento e omertoso. Il sacrificio di Borsellino non è stato solo quello di un giudice che rappresentava le Istituzioni, ma anche quello di un uomo che amava ridere, scherzare, amante della sua terra, appassionato della sua famiglia. La vera lezione sta in questo: per essere veri e autentici cittadini, bisogna essere, prima di tutto, persone leali, autentiche, che sanno stupirsi della bellezza, che la sanno scovare anche dove sembra non ci sia, anche nelle tenebre più profonde. Bisogna crederci e avere coraggio!

Ed è per questo che ci vuole una formazione scolastica che punti alla conoscenza, intrecciandola ai desideri dei ragazzi, per tessere un uomini caparbi, resilienti e liberi, capaci di affrontare, a testa alta, il futuro nella sua complessità. Cittadini che forgino un futuro propositivo, superando tutta l’incertezza della situazione socio – politica che stiamo vivendo nel presente. Quindi, un ringraziamento, è doveroso, al Liceo Zaleuco, per stimolare continuamente, in maniera eccellente, ideali sani ed eticamente lodevoli. Dopo aver posto una corona, per ricordare il momento della strage, l’Assessore Bumbaca ha letto alcune frasi del giudice Borsellino.

Al termine, ognuno ha ripreso la sua strada, ma non da solo, portando con sé una parte di Paolo Borsellino. “La lotta alla mafia deve essere, innanzitutto, un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità” (Paolo Borsellino). (Luisa Totino)

La Giunta Regionale oggi a San Luca per commemorare Giovanni Falcone

Oggi, 23 maggio, è il 28esimo anniversario della morte di Giovanni Falcone, della moglie e dei tre agenti di scorta nella strage di Capaci. Per l’occasione, la presidente della Regione Calabria, Jole Santelli e la Giunta, insieme a tanti rappresentanti delle Istituzioni, si sono riuniti nella piazza principale di San Luca per ricordare Giovanni Falcone.

Tanti tra parlamentari, consiglieri regionali, la Giunta regionale al completo e il Presidente del Consiglio, sindaci con la fascia tricolore e anche molti giovani, in una giornata di grande unità per costruire una Calabria orgogliosa della sua ripartenza.

«Venire a San Luca – ha dichiarato la presidente Santelli – significa sfidare la retorica per dire che le parole di Falcone e la sua storia sono reali proprio in questi territori, nei quali le persone perbene sono tante e devono camminare con la schiena diritta. A loro dico che le istituzioni sono al loro fianco».

«Il ricordo della strage di Capaci e il sacrificio di Falcone, della moglie, Francesca Morvillo, e degli uomini della scorta – spiega Santelli – devono continuare a rimanere impressi nella memoria di tutto il Paese e, soprattutto, di quelle comunità che hanno conosciuto il potere e la sopraffazione della mafia. San Luca, per troppo tempo, è stato il paese simbolo della ‘ndrangheta, di una Calabria finita sotto il giogo della più grande e potente holding criminale del mondo. San Luca e tutti i suoi cittadini perbene hanno però già ribadito da tempo da che parte vogliono stare: quella dello Stato, delle istituzioni democratiche, della legalità».

«San Luca, oggi – dice ancora la governatrice – è l’emblema di una Calabria che sogna e insegue con determinazione e coraggio il suo riscatto. L’elezione di un nuovo consiglio comunale, avvenuta lo scorso anno dopo un lungo periodo di commissariamenti, è un segno tangibile di questo graduale e costante processo di crescita sociale e istituzionale, rispetto al quale sento di ringraziare il sindaco Bruno Bartolo e Klaus Davi, la cui passione democratica ha consentito al Comune di San Luca di tornare alla normalità».

«Sono dunque tanti i motivi per cui è importante ricordare la strage di Capaci a San Luca. Da questo luogo simbolo – conclude Santelli – verrà ribadito, ancora una volta e al di là dei diversi schieramenti politici, che i calabresi e i cittadini del Sud sono e saranno sempre al fianco degli uomini come Falcone, dalla parte dello Stato».

Da parte sua Klaus Davi  ha detto di sposare «in pieno l’iniziativa di Jole Santelli, che ha voluto celebrare una giornata importante come questa nel mio comune, San Luca, un comune situato in un paradiso terrestre, additato in tutto il mondo come una sorta di tempio delle mafie, ora è diventato il simbolo del cambiamento».

 (rcz)