SOLE E VENTO E CON LA RIGASSIFICAZIONE
MEZZOGIORNO PIATTAFORMA ENERGETICA

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – Una visione sistemica quella che traspare dal discorso che Giorgia Meloni ha fatto nell’ambito della XV Conferenza delle Ambasciatrici e degli Ambasciatori d’Italia nel mondo.  Che merita un apprezzamento per la visione, vista l’abitudine a sentire i nostri politici più pronti  a guardare agli interessi del back garden di ciascuno, soprattutto da quando rappresentanti di movimenti territoriali si sono impadroniti di parte del potere. 

Non deve stupire troppo questa posizione, considerato che  Giorgia Meloni prima di essere Presidente del Consiglio è leader del partito Fratelli d’Italia, che ha una vocazione unitaria e nazionalista. 

Ma va bene sentire che la vocazione del Paese è quella di essere centrale rispetto ad una visione di una Eurabia, fondamentale per gli assetti dell’Europa, considerato che l’allargamento ad Est, pur se necessario, sta provocando danni consistenti agli equilibri internazionali. 

Questa è la visione giusta, quella che vede, finalmente, la localizzazione geografica di uno stivale proteso verso il NordAfrica, quasi a toccarlo, che guarda il canale di Suez, via d’acqua fondamentale per unire l’Estremo Oriente alla Mittel Europa. 

In una visione che non sia quella estrattiva ma di collaborazione utile e opportuna, anche per evitare che la povertà di alcuni popoli porti a forme di emigrazione epocali che poi mettono in discussione gli equilibri sociali anche dei Paesi europei. 

Bene ha fatto  il Presidente del Consiglio a mettere in evidenza come l’Italia possa diventare la piattaforma energetica di tutta l’Europa, bene ha fatto a dire che un investimento in energie rinnovabili fatte nel Mezzogiorno ha un rendimento di oltre il 30% in più rispetto a quello fatto in altre parti d’Europa. 

E il Mezzogiorno è disponibile a mettere a disposizione le sue dotazioni  di sole e  di vento, nonché la sua vicinanza ai territori del Nord Africa per riuscire a contribuire allo sviluppo economico dell’Italia e dell’Europa.

Non è per una forma di egoismo però che il Mezzogiorno pretende che oltre all’osso, rappresentato dall’essere piattaforma energetica e dall’ospitare impianti di rigassificazione, solari, idraulici,  voglia anche quella carne rappresentata dalla valorizzazione della sua posizione geografica che lo vede frontaliero di Suez. 

Per questo saremo  grati alla Meloni se insieme alla  puntualizzazione della vocazione  ad essere batteria europea aggiunga anche quella di essere il punto di arrivo di una parte delle merci, che oggi, inopinatamente, attraversano tutto il Mediterraneo e parte dell’Atlantico,  per arrivare nei porti di Rotterdam, Aversa, Amburgo, lasciando in essi l’attività manifatturiera che serve per trasformare i semilavorati che arrivano dall’Estremo Oriente.

Augusta, Catania, Gela, Licata, Palermo, Trapani, Gioia Tauro, Napoli, Bari, Taranto, Brindisi, Reggio Calabria, Messina, devono diventare punti di arrivo delle merci provenienti da tutta l’area del Medioriente,  piuttosto che da quella cinese e indiana.

Questi territori sono vocati a ricevere le merci molto più di quanto non lo siano Genova e Trieste,  oltre che ovviamente Rotterdam, perché oggi è impensabile che grandi navi max porta container continuino a girare, inquinando con le emissioni di CO2 l’atmosfera, quando potrebbe la merce viaggiare  su treni veloci di alta capacità ferroviaria se solo il nostro Paese avesse la determinazione e il  coraggio, oltreché una visione sistemica, per collegare Augusta con il ponte sullo stretto costruito e l’alta velocità capacità ferroviaria alla rete nazionale esistente, per poter fare arrivare in tempi brevi e senza inquinamento le merci a Berlino o invece  a Colonia piuttosto che a Parigi. 

Ma non solo il Paese deve capire finalmente che, essendo frontalieri di un’Africa che vediamo ad occhio nudo, possiamo anche essere punto di riferimento per una sanità di eccellenza per la loro classe media, piuttosto che per la formazione dei loro quadri direttivi, che non devono per forza arrivare alla London School of Economics o alla meno prestigiosa Bocconi di Milano, ma che possono tranquillamente studiare, favoriti da un clima molto simile al loro, presso Atenei prestigiosi meridionali. 

Roma è stata centrale nelle dinamiche di potere solo quando si estendeva verso il Nord Africa, ma diventa periferica e  marginale se la proiezione è verso il Nord/Est  europeo. Ciò è avvenuto  grazie all’atteggiamento colposo anche di Romano Prodi, sotto la cui Presidenza della Commissione si attuò quell’allargamento ad Est, tanto desiderato dai cugini tedeschi per motivi molto comprensibili, ma senza un adeguato potenziamento delle risorse dedicate al Nord Africa per consentire la pacificazione e la crescita di quei territori. 

Mentre il nostro Paese dovrà smetterla di concentrare tutti gli organismi internazionali, come ha fatto anche con la richiesta fallita di Ema, l’agenzia del farmaco,  nella parte nord del Paese, nella quale peraltro vi è una carenza di risorse umane perché  si va verso il pieno impiego, con una  disoccupazione frizionale assolutamente non più diminuibile. 

La visione di Giorgia Meloni, che guarda il Paese nella sua interezza, è quella che serve e certo non può essere portata avanti se si continua  a giocare con i desideri repressi  di Calderoli, Zaia e Fontana o di Bonaccini.    

È necessario che prevalga finalmente una visione sistemica che guardi al futuro del nostro Paese, che non può certamente prevedere che il 33% del degli italiani e il 40% del territorio rimangano a fare da colonia rispetto a tutta l’altra parte.

Che abbiano come progetto di futuro quello dell’emigrazione di massa, come alcuni vorrebbero o quello dell’assistenzialismo diffuso come altri accarezzano. 

Questo Paese ha bisogno di più capitali. Non ne può avere una sola che si chiama Milano, perché, oltre a quella naturale che tutti ci rappresenta, ce n’è un’altra che si chiama Napoli certamente,  ed è un Paese di tanti campanili,  nel quale Bologna, Firenze, Palermo,  Bari, Catania, Torino sono altrettanti centri culturali e di attrazione che devono essere valorizzati. 

Per fare questo abbiamo bisogno di statisti non certo di giocatori che contemporaneamente vogliono fare gli arbitri, in una visione che non sia ferma e permeata da vecchi pregiudizi di appartenenze politiche, che hanno dimostrato nella loro azione tutta la loro inconsistenza. (pmb)

(courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia)