NEL MARE DELLA DISPERAZIONE, L’UMANITÀ
CALABRESE NELLA TUTELA DEGLI “ULTIMI”

di PAOLO CANCELLI –  Il mare che bagna le coste, irrora le sabbie, risplende di profumi e desideri lontani, sogni e speranze di bene comune. Le onde che volteggiano con energia ed impeto portando con se la dicotomia delle paure e dei sogni, la dolcezza delle possibilità di futuro e l’amarezza della rassegnazione, il limite, la vita e la morte.

È lo stesso mare, il nostro Ionio plumbeo della notte invernale, dove ancora galleggiano le parti in legno dei relitti, frantumate dalla forza delle onde e del destino, dove è annegata la vita e la speranza di uomini e donne in fuga dall’indigenza, campeggia in ordine sparso il vuoto della rassegnazione dei sopravvissuti, che portano negli occhi la morte dei propri cari e le rughe della disperazione più profonda.
I nostri piedi affondando nella costa dei gelsomini e dei bergamotti, dei matematici e dei poeti, lo sguardo di libertà si dilata verso l’orizzonte accompagnato dal fragore delle piccole pietre della costa che ricorda l’andar via del tempo.

È il mare delle culture, della storia, delle tradizioni, delle religioni, dell’armonia, della sinfonia delle diversità, talenti e vocazioni. La chiamata all’ accoglienza è nel cuore di queste coste calabresi ricche di passione, di saper fare e saper essere. È il genius loci del dialogo tra l’eleatismo, la Scuola filosofica greca di Parmenide, dell’essere statico e immutabile, e il divenire di Eraclito, secondo il quale viceversa «tutto cambia».

È l’ambiente del pensiero integrale che riflette a partire dal testo “Sulla Natura”, opera principale del filosofo della Magna Grecia che si pone tra il mondo sensibile, molteplice e mutevole, regno del divenire e dell’apparenza, oggetto della ragione, il solo che esista. Un pensiero sempre in movimento, complesso e raffinato che proietta l’essere così affermato come unica vera realtà, declinato da Melisso di Samo, per il quale era ammessa, in linea di principio, la possibilità di una pluralità di realtà.

Per dirla nella traiettoria del Magistero di Francesco quello che stiamo vedendo ripetutamente nel Mare Nostrum è un disastro umano e ambientale, che non riconosce ai nostri fratelli di qualsiasi paese di provenienza e approdo un valore proprio, fino alla reazione di negare ogni peculiare valore all’essere umano. Ma non si può prescindere dall’umanità. Non ci sarà una nuova relazione con la natura senza un essere umano nuovo. Non c’è ecologia senza un’adeguata antropologia.

Quando la persona umana viene considerata solo un essere in più tra gli altri, che deriva da un gioco del caso o da un determinismo fisico, si corre il rischio che si affievolisca nelle persone la coscienza della responsabilità come ricorda il Santo Padre nell’ Enciclica Laudato Si.
Il pensiero della storia della filosofia radicato nelle nostre memorie aiuta a far riflettere noi Calabresi nel mondo sul cosa significhi morire nel nostro mare, nel terrore dei sensi, nella desolazione più nera, nel buio di una notte del mare in tempesta di fine febbraio del 2023.

È annegata la vita, la speranza, la possibilità di uno sviluppo umano integrale, emblema di dignità universale.
Certamente non possiamo farci travolgere dalle onde dell’indifferenza, dell’anestesia percettiva che annulla e sfuma ogni capacità di reazione. Rimane il Mediterraneo della fratellanza dove il rapporto tra Occidente e Oriente è un’indiscutibile reciproca necessità, che non può essere sostituita e nemmeno trascurata, affinché entrambi possano arricchirsi a vicenda della civiltà dell’altro, attraverso lo scambio e il dialogo delle culture.

È il mare dove far salpare le navi del dialogo e non le barchette della disperazione, locus della cooperazione e non luogo nefasto di damnatio memoriae. Le morti dello scontro tra poteri non possono far crollare il sentiero dell’incontro di civiltà, vera sinfonia dei talenti, speranza concurante di bene comune, la chiave di volta per i popoli mediterranei. «Questa vocazione o questa missione storica comune consiste nel fatto che i nostri popoli e le nostre nazioni sono portatori di una civiltà che, grazie all’incorruttibilità e alla universalità dei suoi componenti essenziali, costituisce un messaggio di verità, d’ordine e di bene valido per tutti i tempi, per tutti i popoli e per tutte le nazioni».

Seguendo il pensiero di Giorgio La Pira “statista dell’umiltà” gli elementi essenziali sono tre. «Primariamente la componente religiosa della rivelazione divina che trova in Abramo – patriarca dei credenti – la comune radice soprannaturale. Il Tempio, la Cattedrale e la Moschea costituiscono precisamente l’asse attorno al quale si costruiscono i popoli, le nazioni e le civiltà che coprono l’intero spazio di Abramo. In secondo luogo la componente metafisica elaborata dai Greci e dagli Arabi: è ad essa che si deve l’immensa ricchezza di idee che sostengono una visione ordinata, essenzialmente metafisica e teologica del mondo, e che costituiscono intellettualmente ed artisticamente la bellezza stessa della civiltà di cui i nostri popoli e le nostre nazioni sono portatori. In terza prospettiva c’è la componente giuridica e politica elaborata dai romani. È a questa che si deve la strutturazione di un ordine giuridico e politico di cui gli elementi maggiori costituiscono il tessuto essenziale dove si articola ogni ordine sociale e umano autentico».

Così si descrive la nostra matrice da cui partire per avviare un nuovo sguardo, costruire ponti, avviare processi di autentica cura della casa comune dove l’ Occidente potrebbe trovare nella civiltà dell’Oriente rimedi per alcune sue malattie spirituali e religiose causate dal dominio del materialismo, e viceversa, l’Oriente potrebbe trovare nella civiltà dell’Occidente tanti elementi che possono aiutarlo a salvarsi dalla debolezza, dalla divisione, dal conflitto e dal declino scientifico, tecnico e culturale.

È importante prestare attenzione alle differenze religiose, culturali e storiche che sono una componente essenziale nella formazione della personalità, della cultura e della civiltà orientale; ed è importante consolidare i diritti umani generali e comuni, per contribuire a garantire una vita dignitosa per tutti gli uomini in Oriente e in Occidente, evitando l’uso della politica della doppia misura che favorisce le povertà e le partenze disperate delle popolazioni migranti del mediterraneo allargato. La costruzione della nostra casa comune, del Mare Nostrum deve essere realizzata con i mattoni della tutela dei diritti fondamentali dei bambini a crescere in un ambiente familiare, all’alimentazione, all’educazione e all’assistenza: un dovere della famiglia umana e della società universale.

Le arcate della costruzione comune sono i diritti universali delle popolazioni migranti che devono essere garantiti e tutelati sempre come superiore interesse collettivo, affinché non manchino e non vengano negati a nessun bambino in nessuna parte del mondo. La nostra diaconia di bellezza scolpita nella storia della nostra terra di Calabria condanna qualsiasi pratica che violi la dignità dei bambini migranti o i loro diritti. È importante vigilare contro i pericoli a cui essi sono esposti e considerare come crimine il traffico della loro innocenza e qualsiasi violazione della loro infanzia.

La tutela integrale degli ultimi, la dignità della povera gente è radicata nelle nostre menti e alberga nei nostri cuori meridiani insieme al desiderio di cura per gli anziani, per i deboli, per i disabili e per gli oppressi. La tenerezza della Madre Celeste e l’umiltà di Francesco D’Assisi possano accompagnare le più profonde vocazioni alla pace e la bene comune attivando in ognuno di noi la luce della missione di co-costruzione, convocazione costituente per l’Euro-Mediterraneo allargato alle Afriche e all’Oriente, adottando la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio. (pc)

[Paolo Cancelli è Direttore Ufficio Sviluppo e Relazioni Diplomatiche della Pontificia Accademia Mariana Internationalis (Città del Vaticano/Stato Pontificio/Santa Sede in Roma)]