NUOVA VITA DAI RIFIUTI AGROALIMENTARI
I RISULTATI DELLA RICERCA DELL’UNICAL

di FRANCO BARTUCCILa trasformazione industriale dei prodotti agroalimentari è accompagnata, spesso, da una tale quantità di sottoprodotti che a volte supera, in peso, il prodotto finito. Da sempre gli scarti di lavorazione sono stati utilizzati per scopi secondari, o come mangime per animali o come fertilizzanti.

Tuttavia, oggi i procedimenti per valorizzare gli scarti di produzione sono molto attenzionati e sono oggetto di numerosi studi che mirano all’ottenimento di materie prime ad alto valore aggiunto che vanno dalla produzione di carta, di coloranti, fragranze, di cosmetici nutraceutici e farmaci, packaging commestibile, plastica compostabile, biocarburanti, alle biomasse.

Oggi, il paradigma di economia circolare impone una revisione profonda di tutti i cicli produttivi, in cui la valorizzazione dei sottoprodotti significa, non soltanto risparmiare i costi di smaltimento e salvaguardare l’ambiente, ma significa anche garantire la sostenibilità di un processo produttivo.

In Calabria, le grandi produzioni agroalimentari riguardano le colture di olivi, viti e agrumi intorno alle quali si sono interessate molteplici industrie farmaceutiche e biochimiche per la creazione di sinergie virtuose e la realizzazione di estratti ad alto valore aggiunto caratterizzate principalmente dalla presenza di polifenoli, composti antiossidanti che consentono di contrastare il fenomeno ossidativo apportando effetti benefici sulle malattie croniche

Nella produzione del vino si stima che per ogni ettolitro di vino prodotto si producano circa 30 kg di scarti costituiti da vinacce, raspi, e altri residui. Da sempre gli scarti della lavorazione del vino sono stati utilizzati per produrre prodotti secondari. Le vinacce sono utilizzate per produrre la grappa, l’acido tartarico e il cremor tartaro.

Possono essere utilizzate come fertilizzante o addizionate ai mangimi per animali o semplicemente come biomasse per la produzione di energia. Dai vinaccioli, ovvero i semi dell’uva, viene ricavato un olio. Gli scarti dunque sono inseriti integralmente nella filiera produttiva. Anche le olive, che come l’uva accompagnano la storia dell’umanità, vengono sfruttate al 100%, dopo la spremitura per ricavare l’olio il residuo, costituito dai noccioli frantumati e dalla polpa e la buccia delle olive, viene filtrato e si separano i frammenti dei noccioli. Questi frammenti sono ricchi di potere calorico per la presenza di olio e vengono trasformati in pellet per il riscaldamento civile o industriale.

La frazione rimanente separata dall’ acqua è detta sansa e viene usata come aggiunta al mangime bovino. Le acque reflue di lavorazione delle olive vengono filtrate e se ne ricavano acqua pulita, un residuo melmoso che si aggiunge alla sansa ed un concentrato di polifenoli che possono essere utilizzati dall’ industria cosmetica e farmaceutica oppure possono essere usati come concime fogliare.

Ma è intorno ai sottoprodotti della trasformazione industriale degli agrumi che si è concentrata la maggior parte della ricerca innovativa. Negli scarti di lavorazione di tutti i membri del genere citrus, sono presenti composti bioattivi, dalle molteplici proprietà funzionali, quali attività antiossidante, antinfiammatoria, anticancerogena, antivirale e antimutagena.

Ad oggi, gli agrumi rappresentano una delle colture di frutta più importanti ed abbondanti del mondo, con una produzione annuale superiore a 122,5 milioni di tonnellate, di cui un terzo viene lavorato e destinato per la produzione di succhi, marmellate o per l’estrazione di oli essenziali. Il processo produttivo di un’azienda agrumaria produce principalmente due rifiuti: il pastazzo di agrumi (quantitativamente pari al 50-60% della frutta processata) e le acque reflue.

Durante la lavorazione, i residui di buccia sono la frazione primaria degli scarti, pari a quasi la metà del peso totale del frutto. La maggior parte della ricerca volta alla valorizzazione dei sotto prodotti si è concentrata proprio su questi residui, che hanno in realtà un grande valore, in quanto contengono una serie di importanti composti bioattivi, come pectina, polifenoli e terpeni che possono essere riutilizzati in svariati settori (nutraceutica, alimentazione umana e animale, agricolo, cosmetico, ecc.). Molti processi innovativi di recupero di sostanze funzionali da pastazzo di agrumi riguardano le estrazioni di pectina (con un grado di esterificazione notevolmente basso), di polifenoli (flavanoni e derivati dell’acido idrossicinnamico) e di terpeni (principalmente d-limonene) migliorando soprattutto il rendimento e la durata di processo.

La ricerca applicata ha portato anche alla messa a punto di metodiche innovative per l’estrazione di una fibra cellulosica dalla buccia d’arancia, o da altri scarti dell’industria di produzione di succhi di agrumi. Questo rappresenta una frontiera della valorizzazione dei sottoprodotti agrumari. Le fibre, infatti, pur se vengono estratte mediante reagenti chimici dagli scarti degli agrumi dopo la spremitura, dopo essere filate creano un tessuto versatile e biodegradabile.

Quindi, il completo riutilizzo sembra essere il destino di tutti i residui dei processi di trasformazione di prodotti agroalimentari, soprattutto per l’interesse verso quelle sostanze ad alto valore aggiunto contenute nei sottoprodotti. 

Fatta questa ampia premessa sulle nuove frontiere per il recupero degli scarti agroalimentari, con il contributo illustrativo del prof. Giancarlo Statti, entriamo nel merito di una importante ricerca e lavoro progettuale europeo in corso di svolgimento all’Università della Calabria ed in collaborazione con altre Università europee, del quale ne parliamo a seguire in quanto il gruppo si è appena trovato nel Campus universitario di Arcavavata.

Tutto rientra nel progetto Erasmus KA2 “Strategie per la valorizzazione dei sottoprodotti agro-alimentari come alimenti funzionali nel contesto di un’economia circolare (BYPRODUCTS) project no. 2020-1-RO01-KA203-080172”, che ha visto coinvolti  il prof. Giancarlo Statti e la prof.ssa Filomena Conforti del dipartimento di Farmacia, Scienze della Salute e della Nutrizione dell’Università della Calabria, condividendone il percorso di studio e ricerca con altri colleghi della Facoltà di Ingegneria Alimentare dell’Università di Scienze della Vita “King Mihai I” di Timisoara (Romania), della Facoltà di  Scienze e tecnologie alimentari dell’Università di Scienze Agrarie e di Medicina Veterinaria di Cluj Napoca (Romania), dell’Istituto di Scienze Agrarie e Ambientali della Università di Estonia, di Scienze della Vita di Tartu, nonché dell’associazione non governativa Rompan (Patrocinio rumeno dell’industria della molitura, dei prodotti da forno e della farina) di Bucarest. 

Il transnational meeting (così è stato definito) appena concluso presso l’Università della Calabria ha evidenziato importanti strategie per la valorizzazione dei sottoprodotti come fonte di reddito aggiunto per le industrie di produzione e di trasformazione dei settori agroalimentari.

«Tali strategie innovative – ha dichiarato il prof. Giancarlo Statti –  possono trovare applicazioni di immediata attuazione, che aumentano la sostenibilità economica, ambientale e sociale di molte imprese operanti nel settore agroalimentare in Calabria, come dimostrato anche dagli accordi di collaborazione realizzati con le aziende che hanno ospitato parte del meeting: la START-Up Reolì S.r.l. e la società agricola Terzeria».

«Come output di progetto – ha concluso il prof. Statti – il team si è proposto di intraprendere congiuntamente ricerche finalizzate all’ottenimento di nuove tecnologie per la realizzazione di estratti ad alto valore aggiunto, dalle colture tipiche dei paesi partner, utilizzabili in settori di rilevanza economica, quali quello nutraceutico e cosmetico, che rappresentano settori ancora in forte crescita in Europa». (fb)