METROCITY RC ANCORA SENZA DELEGHE:
SONO PASSATI DIECI ANNI E TUTTO TACE

di VINCENZO VITALE – Che la città metropolitana di Reggio Calabria sia un monstrum geografico è un dato di fatto: basti pensare che la sua superficie è dieci volte maggiore di quella della città metropolitana di Napoli, pur avendo un decimo dei suoi abitanti.

Poco e male infrastrutturata, sì che per recarsi da un suo estremo all’altro, come da Reggio a Caulonia per esempio, occorre più tempo che per andare da Milano a Lugano, la nostra Metrocity è tanto smisuratamente grande da contenere al suo interno l’intero perimetro del Parco d’Aspromonte, caso unico al mondo di una città che abbia un “suo” parco nazionale. Eppure questo handicap, questo vizio di nascita, se ben gestito potrebbe essere un vantaggio, sia dal punto di vista turistico e logistico che da quello agricolo e industriale, per non parlare della esuberante disponibilità ad accogliere braccia produttive che non disdegnino attività lavorative oggi poco gradite ai residenti.

Però la Città Metropolitana reggina langue e non solo per colpa dei suoi amministratori. Pur abbastanza grande da poter essere una piccola Regione autonoma, si pensi al Molise che ha più o meno la metà degli abitanti della già Provincia reggina e una superficie di poco superiore, non ha ancora ricevuto deleghe e funzioni dalla Regione Calabria, mai come in questo caso lontana e ostile. La Legge Del Rio lo impone ma la Regione Calabria, pur avendo deliberato nel 2014 che entro il 31 dicembre del 2015 avrebbe operato i trasferimenti, non lo ha ancora fatto.
Sono passati dieci anni e tutto tace, nonostante formali interventi cui nemmeno si risponde (ultimo quello del 23 gennaio di quest’anno). Tutte le altre città metropolitane continentali (Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari), chi prima chi dopo, hanno tutte avute già nel 2015 deleghe e funzioni dalle rispettive Regioni. Manca solo la decima città, la nostra, che subisce così l’anomalia di essere un Ente monco.
Bene ha fatto, quindi, il sindaco Giuseppe Falcomatà a portare il caso a livello nazionale con una formale denuncia di questa assurdità sul tavolo del Coordinamento della Città Metropolitane dell’Anci, che ha deliberato un suo intervento. Staremo a vedere. Nel frattempo non si può non notare che un simile argomento non ha un posto di rilievo nell’agenda dei nostri rappresentanti al parlamentino regionale di via C. Portanova né dei membri reggini nelle stanze decisionali di Germaneto.
Sembra di rivedere le dinamiche già subite dalla città di Reggio sul finire degli anni Sessanta, che diedero la stura ai Fatti dei primi anni Settanta: i nostri parlamentari regionali irretiti dalle logiche partitiche che perdevano di vista i veri interessi dalla loro città. Allora ci fu il sindaco Battaglia che denunciò le trame e aprì le ostilità. Dobbiamo oggi assegnare a Falcomatà il ruolo che comincia a rivendicare?
Negli anni Settanta, sulla questione dello scippo del Capoluogo effettato da Catanzaro ai danni di Reggio, una sinistra miope e politicamente succube parlò di battaglie per un inutile “pennacchio spagnolesco”. Oggi la destra di governo a Catanzaro offre alla sinistra di governo cittadino la possibilità di insorgere a difesa dei diritti negati della città sullo Stretto. Nel mentre i consiglieri comunali e metropolitani reggini, di destra e sinistra, tacciono sulla questione come se non fossero affari loro, a Catanzaro studiano come non perdere potere col trasferimento delle funzioni alla Città Metropolitana reggina. Falcomatà come Battaglia? Se lo si lasca fare da solo, perché non dovrebbe intestarsi questa querelle e trarne i relativi vantaggi elettorali? Prescindendo dalle primogeniture e dai vessilliferi, questa è una guerra cittadina e, come tale, tutti devono partecipare. (vv)
[Vincenzo Vitale è presidente della Fondazione Mediterranea]

FUSIONE DI COMUNI, IN CALABRIA I DUBBI
CHE LA LEGGE DEL RIO NON SA SCIOGLIERE

di GIOVANNI LENTINI e DOMENICO MAZZA – Ad oggi per orientarsi ed affrontare la tematica delle unioni e delle fusioni di Comuni la chiave di volta resta la legge 56 del 2014, la cosiddetta “Del Rio”. Fatta quest’affermazione, in parte chiarificatrice, e senza entrare nel merito, almeno momentaneamente, sulle eventuali unioni e fusioni che potrebbero interessare i Comuni della Calabria, accentriamo la nostra attenzione su quello, invece, appare un tema propedeutico a tale discussione: le Zone omogenee territoriali (Zot).

Strutture amministrative, quelle su richiamate, che non essendo presenti nello Statuto della regione Calabria, andrebbero individuate ed, eventualmente, istituite. Il tutto, tenendo conto delle caratteristiche geografiche, storiche, culturali, sociali ed economiche, ma anche della natura dei luoghi, del patrimonio, delle infrastrutture e dei servizi esistenti. Esplicitando, per ogni Zot, le principali vocazioni e gli obiettivi strategici che le caratterizzano. Determinando e promuovendo, con incontri sul territorio, le attività della Regione sulla cultura dell’e-government e della gestione associata dei servizi comunali. Tenendo presente che, per quegli ambiti ove siano presenti Comunità Montane o organismi consultivi territoriali già istituiti dai Comuni, sarebbe opportuno che le aree coincidessero con le medesime perimetrazioni.

Le Zot si prefiggono l’obiettivo di favorire l’attuazione di processi aggregativi per quei Comuni rimasti orfani di punti di riferimento nei servizi. Semplificando e rendendo più efficienti, al contempo, i rapporti amministrativi fra gli Enti. Vieppiù, ottimizzando le risorse umane e finanziarie. Quindi, svolgendo funzioni propositive e di coordinamento in ordine a questioni d’interesse generale attinenti la programmazione e la pianificazione del territorio di propria competenza. Avvalendosi, infine, di strumenti di consultazione e interlocuzione con gli organi provinciali ed interprovinciali, con particolare riguardo alla programmazione strategica, allo sviluppo economico, alle infrastrutture, ai servizi d’Area Vasta, ai progetti di rilevanza regionale e comunitaria.

Su questa scia, regioni come il Veneto e la Lombardia si sono già attrezzate. Per tempo, infatti, si sono prodigate ad istituire i menzionati organismi amministrativi. Col fine ultimo di promuovere ogni processo di governance dei territori, senza snaturarne peculiarità ed interessi.

La Calabria — proprio per la sua disomogeneità fra contesti d’ambito — per agevolare processi d’amalgama tra aree ad interesse comune, dovrebbe valutare un approccio interprovinciale nella creazione delle Zot.

La nostra idea — quella che ci permettiamo di suggerire agli organi competenti in materia — invita a spingersi oltre i semplistici steccati amministrativi oggi esistenti. Individua e classifica, pertanto, i territori per vocazioni, affinità, economie fra loro complementari e legate da rapporti di sussidiarietà. Attraverso la pianificazione delle Zot, quindi, si potrebbero generare forti sinergie volte alla valorizzazione e allo sviluppo dei contesti individuati per progettare e pianificare — in maniera ottimale — unioni, fusioni e conurbazioni di Comuni.

E — partendo dai 10 contesti urbani regionali (Castrovillari, Catanzaro, Corigliano-Rossano, Cosenza/Rende/Montalto, Crotone, Gioia/Palmi/Rosarno, Lamezia T, Locri/Siderno, Reggio Calabria/Villa S.G., Vibo V.) — immaginiamo quattro Ambiti Ottimali a loro volta sintesi di più Zot collegate: Stretto/Piana/Locride, Serre/Istmo, Valle Crati/Area Tirrenica/Pollino interno, Crotonese/Sibaritide. Quattro vaste ripartizioni territoriali, pertanto, a loro volta sommatoria di due o più affini Zot, caratterizzate da rapporti di conformità territoriale e condividenti le medesime economie.

Chiaramente, un disegno richiamante la descritta visione favorirebbe processi di unione, fusione, conurbazione e amalgama di scopo fra centri contermini. Rilascerebbe, ancora, rinnovato appeal a pratiche spesso intrise di stantii ed obsoleti argomenti inneggianti sterili pennacchi e dannosi municipalismi. Costituirebbe, altresì, un banco di prova importante per avvicinare i contesti più periferici ai naturali fulcri di riferimento territoriale.

Riteniamo, in ragione di quanto descritto, che la Politica calabrese dovrebbe sfruttare opportunità già sondate in altri scenari regionali. Con la consapevolezza che cambiare gli attuali schemi di gestione amministrativa sia necessario a accelerare auspicati ed attesi processi di crescita.

In caso contrario, la Regione resterà sempre addentellata a sistemi di chiara matrice centralista. Gli stessi che, già, hanno rallentato ogni occasione di sviluppo e, inesorabilmente, chiuderanno qualunque possibilità di progresso sostenibile.

È necessario, in definitiva, approcciarsi verso un ritrovato e rinnovato protagonismo della Calabria che — assieme ed in condivisione con le altre Regioni meridionali — dovrà formare un blocco unico, compatto e scevro da campanilismi di sorta. Per essere interprete ed attrice protagonista, e non già controfigura, nel Paese e nel Continente. E, per non farsi trovare impreparata e non all’altezza delle sempre più complesse sfide e minacce che ci attenderanno nei prossimi decenni.

Per cambiare un paradigma che declina questa Regione come accodata e stanca alle motrici economiche internazionali, trasformandola in locomotore di progresso per l’Italia e l’Europa. (dm e gl)