La tradizione e il mito di Santa Lucia narrati attraverso le gesta degli adolescenti del rione Fondo Gesù di Crotone sono al centro di “Lux Santa” documentario del regista crotonese Matteo Russo, prodotto da Naffintusi, in collaborazione con Rai Cinema con il supporto di Fondazione Calabria Film Commission. Il docu-film sarà proiettato in anteprima assoluta durante la 41esima edizione del Torino Film Festival – nella sezione documentari italiani in concorso martedì 28 novembre presso il cinema Romano (ore 19.30, piazza Castello, 9 – Galleria Subalpina).
Crotone, piccola cittadina del sud Italia, 70 mila abitanti circa. Ogni 13 dicembre sullo sfondo silenzioso del cielo e del mare, gruppi di ragazzi onorano la tradizione dei fuochi di Santa Lucia costruendo e facendo ardere delle maestose piramidi di legno. La leggenda popolare narra che Santa Lucia era cieca: i dipinti la ritraggono con lo sguardo perso nel vuoto e in mano un piatto d’argento con sopra riposti i suoi occhi. Dunque il rito, nella cittadina, non deriva soltanto da una banale tradizione, bensì ha l’intento di restituire attraverso il fuoco la luce (“lux” in latino) a Santa Lucia nel suo giorno.
Interamente girato in Calabria, a Crotone, “Lux Santa” riporta sul grande schermo la storia di gruppo di ragazzi del quartiere popolare di Fondo Gesù che che nelle giornate, per le vie della città, alla ricerca della legna per le pire, fanno i conti con i problemi personali delle loro vite familiari. Si ritrovano a vivere già senza i loro padri e sono costretti ad essere mariti, sentendosi addosso il peso insormontabile della perdita dell’adolescenza. C’è chi ha a che fare con un padre in carcere, chi non lo ha mai conosciuto o chi, da qui a poco, lo perderà. Un rito quello dei Fuochi di Santa Lucia che li unisce come fratelli nel perseguire un unico obiettivo: realizzare la struttura più alta e imponente della città. La maestosa piramide che arde li aiuta a ritrovare se stessi e oltre alla gioventù perduta anche un barlume di luce e speranza nelle loro vite buie.
Racconta il regista Matteo Russo: «Lux Santa ha l’intento di sollevare il velo dalla cronaca nera e mostrare spiragli di una bellezza solitamente nascosta. Documentare una tradizione millenaria che possa resistere negli anni e innalzarla a livello spirituale. I nostri protagonisti, attraverso i loro occhi colmi di dolore, ci portano per le vie del quartiere mostrandoci di come in un territorio così ostile (Fondo Gesù), la vita, l’amicizia e l’unione intorno a questa tradizione popolare li aiuta a sopravvivere all’assenza dei loro padri. Il primo obiettivo che mi sono posto, è quello di accorciare la distanza, in primo luogo, tra me e i miei “nuovi amici” e di conseguenza avvicinare lo spettatore a quelle vite, in maniera del tutto naturale. Dare la sensazione a chi guarda di poter essere lì con loro a superare ogni ostacolo e a raggiungere la vetta della maestosa piramide. Accorciare, dunque, la distanza tra opera e realtà, tra soggetto e oggetto. Il contatto con la realtà è l’elemento che conduce in questa opera all’avvicinamento tipico del documentario, al quale, però, si somma l’incombenza di “fabulizzare”. La struttura narrativa si fonde con lo scenario documentaristico del film. La tradizione e il mito di Santa Lucia sono narrati proprio attraverso le gesta degli adolescenti di Rione Fondo Gesù. Il muro tra realtà e finzione però è invisibile, gli elementi documentaristici scompaiono ogni qual volta la struttura narrativa (che racconta i problemi dei nostri protagonisti) prende il sopravvento. Ho avuto accesso a queste vite in via del tutto esclusiva, mi sono conquistato la fiducia delle famiglie tassello, dopo tassello e adesso mi ritrovo ad avere una seconda famiglia a cui voglio bene. Mi sono sentito l’obbligo di portare sullo schermo le loro fragilità, la loro forza, i loro sogni, la loro bellezza, ma soprattutto di come Santa Lucia li guiderà a diventare “spissule che si levano inta l’aria pronte a diventare stelle”». (rkr)