L’OPINIONE / Nino Mallamaci: Mimmo Lucano ideale candidato unitario della sinistra

di NINO MALLAMACI – Oramai, è noto, le squadre dei campionati italiani sono piene di giocatori di altri paesi. Tra essi fuoriclasse, mediocri, portatori d’acqua, giovani, meno giovani. Forti di questi precedenti nello sport, alcuni protagonisti della scena politica avranno pensato, all’arenarsi dell’esperienza Conte, di ricorrere al mercato estero. 

Un tedesco, un francese, uno svizzero, magari avrebbero potuto favorire il cambio di passo del quale tanto si blatera. La suggestione si è incagliata davanti alla banale constatazione che l’Italia deve essere governata da un italiano. Scarso o bravo che sia, non si può prescindere da questo elemento fondamentale E non per il fatto formale della necessaria cittadinanza italiana, ma in quanto governare una comunità richiede un’appartenenza culturale, sociale, di conoscenza, di radicamento, dalla quale nello sport si può prescindere.

E allora, su Luigi De Magistris candidato alla presidenza della Regione la prima e non unica perplessità sta in questo. Un napoletano, colà nato e cresciuto, capitato in Calabria per qualche anno per il suo lavoro e tornato al luogo natio per fare il addirittura il sindaco, che c’entra con la Calabria e coi calabresi? Ha dunque ragione Corrado Augias: se tra due milioni di calabresi non se ne trova uno che ci rappresenti degnamente, siamo veramente irrecuperabili, senza speranza.

Siamo destinati alla colonia perpetua, perché siamo noi stessi a determinare questa condizione. A parte ciò, il sindaco di Napoli è un fautore della politica declinata in alla prima persona singolare: ciò si desume già dal nome della sua creatura De.Ma. È un populista, sempre in cerca di visibilità, di titoloni, di scontri all’arma bianca con chiunque gli capiti a tiro, si tratti di De Luca o di Mastella. La Calabria ha bisogno di lavoro pancia a terra, sobrio, silenzioso, se possibile, se non per parlare di ciò che si è fatto, non di ciò che, forse, un giorno si farà.

L’occasione per fare uscire l’area politica – nella quale mi riconosco – da questa situazione l’ha offerta Nicola Irto, ritengo in maniera non pretestuosa. Che si accolga il suo appello. Si azzeri tutto per trovare un punto d’incontro, se si vuole sul serio aspirare a un risultato che non ricalchi quello delle scorse elezioni. E vengo alla proposta. In moltissimi abbiamo chiesto a Mimmo Lucano la disponibilità a candidarsi alle ultime elezioni europee, fungendo da collante per tutte le energie di Sinistra orfane, disorientate, disperse. Non c’è stato verso, forse perché l’assalto a lui e all’esperienza di Riace era troppo fresco.

Oggi Mimmo decide di candidarsi a sostegno di De Magistris, capeggiandone una lista. Nel frattempo, il castello di accuse sembra crollare, e due dei protagonisti di quelle infamie sono stati addirittura arrestati per vicende legate proprio al mondo al quale Mimmo ha dedicato la sua vita. E allora, giacché il passo è deciso, perché non andare fino in fondo, consentendo al centro sinistra di presentarsi al cospetto degli elettori con un progetto credibile, di vero e profondo rinnovamento? Questa, a mio avviso, sarebbe la soluzione ideale e a portata di mano. Il campione ce l’abbia in casa: è figlio e frutto del vivaio calabrese, è onesto e ha dimostrato di sapere amministrare allacciando rapporti col mondo intero.

Credo che il centro sinistra e la Calabria tutta non debbano farsi sfuggire questa occasione, dandosi la possibilità di sostenere un uomo che ha rivoltato l’immagine della nostra terra, rendendoci orgogliosi di essere calabresi. (rrm)

Il fuorilegge, di Mimmo Lucano (2020)

di FRANCESCO KOSTNER – Si avverte un senso di preoccupazione, dopo aver letto Il fuorilegge di Mimmo Lucano. Ciò, nonostante le positive riflessioni che scaturiscono dalla testimonianza, senza dubbio suggestiva e avvincente, dedicata dall’autore al “modello” Riace: la “rivoluzione copernicana” nel rapporto con gli immigrati, di cui è stato protagonista nel piccolo centro della città metropolitana di Reggio Calabria. Il comune assurto agli onori della cronaca internazionale nel 1972, dopo il ritrovamento in mare di due statue bronzee di epoca greca, e diventato poi il simbolo di una straordinaria esperienza di integrazione multiculturale. Un meraviglioso caleidoscopio di relazioni interetniche, che ad un certo punto, però, viene messo con le spalle al muro. Vittima (fa capire, ma talvolta dice, Lucano) di oscure dinamiche politico-istituzionali. Forse anche di quella misteriosa “energia autodistruttiva”, che sembra perennemente gravare sul destino della Calabria, e di cui anche il “modello” Riace ha saggiato la micidiale forza disgregatrice.

Si viene assaliti dal dubbio che la meravigliosa epopea del sistema di accoglienza riacese possa cadere nell’oblio: questo preoccupa! Un timore affatto immotivato, sol che si consenta alla memoria di fare capolino nella sterminata distesa dell’identità calabrese, e nell’inquietante “cimitero” della (in)coscienza che vi è ospitato. Un luogo in cui hanno trovato posto (ignorati o sacrificati, a seconda dei casi) contributi ed esperienze importanti sui quali è calato il sipario. Proprio come è accaduto a Lucano. E al modello “Riace”. Concepito in rapporto alla dignità dell’uomo. Contro i diktat asfissianti della globalizzazione. Le logiche esclusive del profitto. I pregiudizi. L’assurda schematizzazione tra “buoni” e “cattivi”, operata sulla pelle di migliaia di immigrati, provenienti da territori poveri e senza prospettive.

Di quel “modello”, purtroppo, oggi rimane solo una fievole traccia. Dovremmo chiederci perché. Come sia stato possibile chiudere un’esperienza sociale e culturale di questa portata. Non tutti lo facciamo. Eppure sarebbe necessario. Senza questi interrogativi, d’altra parte, è difficile entrare con lo spirito giusto nell’intensa testimonianza di Mimmo Lucano. Riuscire a cogliere i valori fondanti della sua storia. La sua visione del mondo, in cui tutti hanno il diritto di vivere dignitosamente. E nel quale ognuno è chiamato a fare la propria parte per alleviare le sofferenze degli altri. Non è “aria fritta”. Chiacchiericcio abusato e inconsistente. Distante dalla realtà. Dai “veri” bisogni, dalle “priorità” del Paese. Dalle “leggi” del mercato. Dalle logiche del profitto. Dalle differenze e dalle sperequazioni, tra chi vive bene e chi soffre, contro cui niente e nessuno potrà mai qualcosa. Insomma, il meglio dell’armamentario populista e dell’inconsistenza parolaia di questi tempi bui. Niente di tutto questo. Lucano ha sconfessato sul campo questa costruzione “ideologica” e “strutturale”. A Riace è riuscito a stabilire priorità e valori diversi. A porre al centro dell’attenzione l’uomo. Le sue sofferenze. I suoi disagi. Le sue aspirazioni. Le sue speranze. Le mille identità che ne abitano e ne colorano la vita. Senza confini né barriere. Un enorme “apparato” antropologico, culturale, sociologico, che Lucano è riuscito a decifrare (e a cui ha dato forma) nel solco di una visione solidale della Storia. Di una relazionalità cosmopolita. Che privilegia l’abbraccio alla distanza. L’incontro alla diffidenza. La condivisione all’emarginazione. In una parola: il significato vero, concreto di un’umanità che ritrova sé stessa, fino in fondo, uscendo dal tunnel di egoismi sfrenati. Di aberranti logiche isolazioniste. In cui tutto è solo numero. Valore materiale.

Accoglienza. Amore. Solidarietà. Sono i pilastri di questo prezioso libro di Lucano. Le strutture portanti sulle quali poggia il suo racconto. A partire dall’infanzia, quando (inconsapevolmente) i dolorosi addii di parenti e amici, di interi nuclei familiari costretti ad emigrare con la morte nel cuore, diventano il “combustibile” della formazione culturale e politica del futuro sindaco di Riace. Della sua progressiva presa di coscienza dei drammi umani e sociali che affliggono il mondo. Riferimenti imprescindibili, che Lucano non perderà mai di vista. Insieme con i valori della libertà e della giustizia sociale. Parole discrete, ma efficaci, rivelano il contesto pedagogico in cui si è formato: “Non sono mai stato capace di guardare con gli occhi di chi esclude. Non sopporto i privilegi e le discriminazioni. Nella Riace della mia infanzia ho scoperto l’umanità come bellezza…mia madre mi invitava a essere curioso e mai diffidente verso l’altro, a essere generoso, perché tutti eravamo bisognosi”. E ancora, in un flusso di ricordi che arriva fino ai giorni nostri: “Ho scelto di condividere il senso della fragilità esistenziale, delle precarietà quotidiane, del popolo che si muove ai margini delle strade, dei cittadini più deboli, categoria sociale a cui sento con orgoglio di appartenere”. Tutto nel segno dell’operosità e della concretezza: “Intorno al tema dell’accoglienza c’è tanta retorica non supportata dagli ideali, ma solo fine a se stessa. A me interessa soltanto il sapore della libertà, la mia libertà e quella degli altri, di coloro che ne hanno sete”. Libertà, giustizia, solidarietà. Ma anche lotta alla ‘ndrangheta. Innanzitutto creando opportunità di lavoro, dice con chiarezza Lucano (e noi con lui), le sole in grado di affrancare i giovani dal rischio della deviazione, purtroppo sempre dietro l’angolo.

Insomma, il disegno di quella nuova società, multirazziale e cosmopolita, alla cui realizzazione Lucano ha dedicato la vita. Ogni energia. Un lavoro paziente. Tenace. Coraggioso. Sulla scia di testimonianze ed esempi eticamente vigorosi. Una straripante platea di eroi “senza tempo”: Rocco Gatto, il proprietario di un mulino ucciso il 12 marzo 1977 a Gioiosa Jonica, per non avere accettato di pagare il pizzo ad una cosca locale; Peppe Valarioti, segretario del partito comunista e consigliere comunale di Rosarno, sopraffatto da due colpi di lupara, l’11 giugno 1980; Giannino Losardo, assessore comunista al comune di Cetraro e segretario  capo della Procura della Repubblica di Paola, ammazzato il 21 giugno 1980; Gianluca Congiusta, un giovane imprenditore sidernese eliminato nel 2005 per essersi opposto alla prepotenza della ‘ndrangheta. E Dino Frusillo, giornalista e attivista pacifista foggiano, con una lunga militanza politica in Democrazia proletaria: “A lui”, scrive, “devo gli strumenti mentali per comprendere la causa curda. Diceva che non possiamo limitarci solo a essere oppure a non essere d’accordo, ma dobbiamo anche, in qualche misura, fare come loro. Dobbiamo agire. Il suo impegno, infatti, passava dall’azione, al punto da rischiare in prima persona. Nel 1998, per esempio, con una delegazione di pacifisti, giornalisti e simpatizzanti viaggiò fino a Dijarbakir, in Turchia, per festeggiare con la comunità curda e con il Partito dei lavoratori il loro capodanno, la festa del Nawruz. I festeggiamenti si trasformarono presto in una marcia di protesa contro i diritti negati, le ingiustizie, i massacri subiti. La polizia turca intervenne disperdendo il corteo a colpi di manganello su uomini, donne e bambini, e arrestando circa cento manifestanti, tra cui Dino e due studenti partiti insieme a lui, Giulia Chiarini e Marcello Musto. I due ragazzi furono scagionati dopo un paio di giorni, lui rimase in carcere per oltre quaranta giorni e infine venne espulso dalla Turchia il 16 giugno, dopo le timide pressioni del parlamento europeo e del governo italiano”. Altri incontri fondamentali per Lucano sono quelli che, attraverso attente letture, lo avvicinano via via a Michail Bakunin, Pierre-Joseph Proudhon, Jean-Paul Sartre, “i fautori del pensiero anarchico”; a padre Pino Puglisi, ai teologi della Liberazione Gustavo Gutiérrez, Leonardo Boff, Camilo Torres, Pedro Casaldàliga. E a quattro giganti della libertà e dei diritti umani: Gandhi, Che Guevara, Martin Luther King e Nelson Mandela.

Lucano rende omaggio anche a Giancarlo Maria Bregantini, vescovo di Locri dal 1994 al 2007, convinto sostenitore del suo “modello”; ad Alex Zanotelli, “il missionario comboniano dalla camicia variopinta, segnato da venti anni di lotte e sacrifici in Africa”, capace di mettere in discussione la propria fede “al punto da domandarsi se Dio fosse ‘malato’, dopo aver visto nei lunghi e faticosi anni in Kenya degrado, fame, miseria e bambini malati di Aids”. Un testimone di quella Chiesa degli ultimi, riflesso del messaggio evangelico: “ama il prossimo tuo come te stesso”, in cui Lucano si è sempre riconosciuto. E si inchina, infine, davanti a Papa Bergoglio, che il 12 dicembre 2016 scrive al “Caro fratello sindaco”, esprimendogli “ammirazione e gratitudine per il suo operato intelligente e coraggioso a favore dei nostri fratelli e sorelle rifugiati”.

“Un’altra Riace è possibile”, aveva promesso presentando la sua candidatura a sindaco nel 2004, premiata dai riacesi anche cinque anni più tardi. Proprio di quella seconda competizione elettorale Lucano ricorda l’intervento, nella piazza “Bronzi” di Riace Marina, del presidente della Regione Agazio Loiero: «Venne a sostenerci di sua spontanea iniziativa e iniziò il suo intervento quasi chiedendo scusa alla lista avversaria, e cercando di giustificare la sua presenza. Io sono il presidente di tutti i calabresi, per cui dovrei essere neutrale, al di sopra delle parti, ma in questo Comune è accaduto qualcosa di straordinario: accogliendo in ogni maniera possibile i profughi in fuga dagli orrori delle guerre, il mondo ha potuto conoscere il volto più autentico della Calabria, una terra destinata dalla storia ad accogliere chiunque abbia un sogno per la propria vita. Tutto ciò mi rende orgoglioso di essere il presidente di questa terra. Un patrimonio così non può essere disperso, il mio auspicio è che questa storia sopravviva, continui a prescindere dal risultato elettorale». La lista di Lucano vinse con 44 voti di scarto. Un segnale di insoddisfazione, da parte di una fetta consistente di elettori, accolto con consapevolezza: «Ho sempre pensato – scrive Lucano – che lo sviluppo della Marina dipendesse molto dal centro storico, dalla sua bellezza, dalla riqualificazione urbana, dall’idea di riportare l’intera Riace in una dimensione che la legasse all’identità storica delle comunità agropastorali. L’immagine delle botteghe artistiche, dei carretti con gli asini, le vie antiche curate e pulite, il valore sacro dell’accoglienza, l’assenza di pregiudizi, la volontà di riscattare l’antropologia dei luoghi sono valori e qualità che per le comunità locali dovrebbero suscitare orgoglio. Ecco perché chi non vive questa dimensione, chi non ha vissuto mai in una realtà dove tutto sembra essere comunitario, non può capire cosa significhi vivere gli spazi dell’abitare da uomini liberi. Nei nostri borghi la chiave alle porte quasi non serve, non c’è bisogno dei campanelli, basta bussare ed entrare. Non c’è neppure bisogno di sentirsi dire che la porta è aperta. Quando qualcuno si sentiva male, tutti i vicini accorrevano per prestare soccorso e dare una mano in qualche modo. C’è un risvolto anche nella tradizione culinaria: “il levatu”. Quando si preparava il pane si metteva da parte un po’ dell’impasto per conservarlo per i bisognosi. Si dice che il levatu non si nega nemmeno al peggiore nemico! Basta confrontarsi con i contadini, con le persone più umili, per averne conferma, ancora oggi: meno le realtà hanno subito la contaminazione della società moderna, quel senso irrefrenabile del consumo, della competitività, degli arrivismi, più vi si trovano una dimensione umana e una generosità disinteressata».

Uno straordinario esempio di integrazione multiculturale, messo nero su bianco anche da documenti rimasti (stranamente) a lungo indisponibili, come la relazione del Centro di accoglienza straordinaria ricevuta dal comune di Riace il 20 febbraio 2018. Lucano ne propone giustamente più di un passaggio: «Si comincia dalla scuola, un edificio che ospita un numero cospicuo di ospiti stranieri, grandi e piccoli, in classi composite, variegate e multilingue, in un miscuglio di razze, dialetti, diademi e treccine. In una stanza più grande giocano quattro bambini africani, piccoli, che guardano i visitatori con occhi sgranati. La stanza, spiega il Sindaco, che serve oggi da asilo nido, sarà presto sostituita da una struttura completamente nuova, ormai in fase di avanzata realizzazione, nella vicina frazione Marina. La giovane, anch’essa di origine africana, che accompagna amorevolmente i piccoli e li segue nei loro spostamenti, al tempo del suo arrivo in Italia, ci spiegano si prostituiva per sopravvivere.

«Nelle classi, ai cui muri sono attaccati i manifesti elementari che spiegano i rudimenti della lingua italiana, troviamo persone del Gambia, del Mali, della Siria (una coppia di sposi non più giovanissimi e che portano ancora sul volto i segni della paura), del Pakistan, dell’Africa subsahariana. Giovani e meno giovani, adolescenti con il loto smartphone e bambini minuscoli attaccati alle loro madri, impegnate nello studio. La pluriclasse, infine, è un tripudio di razze dietri i banchi della scuola. Due ragazzini di Riace scherzano e scambiano commenti ironici con i loro coetanei dell’Africa o del vicino Oriente, fino a radunarsi su invito della maestra per una foto di gruppo. Sono lì tutti insieme, in arrivo da tante parti del mondo, lontane tra loro…».

Alla Commissione prefettizia non sfugge anche l’effervescenza sociale che ha pervaso la nuova Riace: «Scendiamo e risaliamo lungo i vicoli del paese e troviamo case nelle quali riconosciamo anche alcuni degli alunni della scuola, visti prima. Chi ci accompagna spiega loro che siamo della Prefettura e tutti ci lasciano entrare per consentirci di guardare come vivono e cosa fanno. Pur nella povertà dei mezzi, si scorge sempre una dignità nel modo di vivere e nel modo di affrontare la vita. Sono persone che cercano un riscatto, che hanno voglia di dimenticare il passato e che mantengono l’entusiasmo di poter ricominciare. Riace è anche questo. E’ un paese che ha ricominciato a fare tante cose. Risalendo, nei pressi della scuola, un bellissimo parco giochi invade la nostra visuale. Non se ne vedono molti così, nei paesi spogli e disadorni della provincia reggina. Non c’erano bambini in quel momento ma non era difficile immaginarlo arricchito da decine di facce nere, gialle, bianche e rosse per il freddo, ma felici per le arrampicate, le cadute, le ginocchia sbucciate e la voglia, infine, di tornare a casa…».

Anche gli esercizi commerciali e le tradizioni artigianali hanno ripreso a pulsare: «…Sono le famose botteghe artigiane di Riace dove si lavora il legno, il vetro, la lana, i tessuti e molte altre cose. In ognuna di queste troviamo un ragazzo (o una ragazza) di Riace ed almeno un o una migrante, tutti nelle rispettive uniformi di lavoro, intenti nelle loro attività quotidiane, frutto di un apprendimento paziente di mestieri antichi, di una bellezza mai spenta. Dentro un bugigattolo lungo e stretto, ingombro di giocattoli di legno di ogni forma e dimensione, troviamo un uomo di mezz’età (ha 50 anni, dice), che viene dal Kurdistan e, racconta, è arrivato a Riace nel 1998. Ci spiegano che è uno dei primi stranieri ad essere arrivato a Riace e, da allora, non se ne è mai andato. Lavora il legno mentre parla, dipinge a mano una bambolina. Il tocco è preciso, solo un momento si ferma ed alza gli occhi, quando gli chiediamo del suo Paese. ‘Non va bene’, dice…’Non va bene’ e ricomincia a dipingere, quasi a voler mantenere il distacco dalle idee e dai ricordi di un tempo…».

La relazione prefettizia si sofferma anche su uno degli aspetti più caratteristici del “modello” creato da Lucano: “…Più in basso, per una estensione di svariate decine di metri, sono stati realizzati alcuni terrazzamenti ordinati, in cima ai quali si palesa una specie di aia, con degli asini al pascolo. Servono per la differenziata, ci spiegano, che viene fatta con il metodo della raccolta porta a porta (a dorso di mulo), nelle stradine strette di Riace, dove le automobili non passano. Su quelle terrazze, che degradano sotto gli zoccoli dei muli, sorgono ad intervalli differenziati delle piccole costruzioni vuote, con un ampio spazio di terra intorno. Il sindaco spiega che il progetto che stiamo osservando prevede la concessione in uso ai migranti di tutte quelle casettine, nelle quali custodire i propri animali domestici e provvedere quindi alla coltivazione, da parte di ciascuno, di un orto, i cui frutti potranno approvvigionare le dispense con i prodotti della terra (casomai i bonus non dovessero bastare). Riace è anche questo: l’inventiva legata alla tradizione, l’idea di recuperare spazi per lavorare la terra e sfamare i propri familiari con quello che la fatica delle mani riesce a realizzare. Certo, avremmo potuto chiedere al Sindaco maggiori dettagli sul rispetto delle regole urbanistiche nella realizzazione del progetto e se le casette fossero state realizzate da ditte iscritte nella white list o individuate con manifestazione d’interesse aperta almeno a 5 concorrenti, ovvero se le dimensioni dei terrazzamenti fossero rispondenti a quelle previste dalla legge agraria del 1982, ma eravamo lì per l’ispezione ai Cas e non potevamo venire meno all’incarico che ci era stato affidato…”.

L’opera di Lucano non è stata oggetto solo di legittimi interrogativi, come quelli appena ricordati. Anche la magistratura ha indagato sul sindaco di Riace, finito agli arresti domiciliari e successivamente riconosciuto estraneo ai fatti che gli erano stati contestati. Un esito importante, certo, ma che non potrà cancellare l’umiliazione delle prime pagine dedicate a Lucano dalle principali testate, dai siti web, dalle tv di tutto il mondo. E nemmeno l’amarezza per la fine del grande sogno di Riace. Un gran peccato. Tutto funzionava bene. L’orologio della solidarietà segnava un tempo preciso. Costante. Regalava sorrisi. Era stato capace di restituire la speranza di una vita diversa ad un esercito di donne, uomini, bambini provenienti da territori poveri, piagati dalla fame, dalle malattie. Dilaniati dalla guerra. Teatro di profonde sopraffazioni. «Chiunque bussi alla nostra porta, che sia un miserabile, un profugo o un viaggiatore, rappresenta l’unica salvezza per il mondo intero, la sola speranza contro la violenza della storia», rispondeva Lucano a chiunque gli chiedesse il segreto di quella positiva esperienza. Aggiungendo che Riace contribuiva a «riaffermare i valori della Costituzione nata dalla lotta dei partigiani, in nome di un’umanità solidale che deve essere ribadita per contrastare l’onda nera che sta attraversando il mondo. Un fenomeno globale, come è globale l’esistenza di un popolo in viaggio affamato d’umanità. È un processo che investe l’Africa e il Medio Oriente, come ben sappiamo, così come l’America con le carovane che attraversano il Centro America e si muovono verso gli Stati Uniti solo per trovarsi davanti a trafficanti di uomini, muri, fucili e propaganda».

Lucano, nonostante tutto, continua a credere che ogni comunità debba fondarsi sul rispetto della dignità umana. Merita la nostra ammirazione anche per questo. Ma ognuno di noi deve avere fiducia in questa idea e operare perché non cada nell’oblio. Significherebbe non solo tradire i valori fondamentali della nostra democrazia, ma indebolire il senso stesso della nostra esistenza. (fk)

IL FUORILEGGE – La lunga battaglia di un uomo solo
di Mimmo Lucano
Feltrinelli (2020) ISBN 9788807173813

Imperdibile Mimmo Lucano stasera a “Che Tempo che fa” da Fazio, tra i mugugni della Lega

21 ottobre – Questa sera su Rai1 l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano sarà ospite per un’intervista da Fabio Fazio a Che tempo che fa. Un’ospitata “scomoda”, tra i mugugni dei parlamentari leghisti della Commissione di Vigilanza che hanno chiesto in vari modi a Fazio e alla RAI di non invitare l’uomo simbolo del modello Riace nell’accoglienza ai migranti. «Nonostante la revoca agli arresti domiciliari – hanno scritto in una nota i parlamentari della Lega membri della commissione di Vigilanza – è evidente come Lucano sia accusato di aver violato norme civili, amministrative e penali sull’accoglienza. Chiediamo quindi che Fazio non chiami il sindaco in trasmissione. La tv pubblica non può divulgare modelli distorti sull’onda di strumentalizzazioni ideologiche. Sulla questione prepareremo, inoltre un’interrogazione in Commissione di Vigilanza Rai». I parlamentari della Lega in Commissione di Vigilanza sono: Paolo Tiramani, Massimiliano Capitanio, Simona Pergreffi, Dimitri Coin, Igor Iezzi, Giorgio Maria Bergesio e Umberto Fusco.
Ai leghisti ha risposto con un tweet Davide Faraone, membro della Commissione di Vigilanza, di area PD: «Secondo i parlamentari della Lega  Mimmo Lucano non dovrebbe essere invitato in trasmissione da Fazio perché comunicherebbe modelli distorti e lontani dalla legalità. Se questo è il criterio, chiederei alla Rai di far sparire dagli schermi Salvini ed i dirigenti Lega». Contro la presa di posizione della Lega si è schierato anche il Partito democratico: «La Lega vuole limitare la libertà di informazione e distruggere un modello di accoglienza che ha funzionato. Per questo vuole censurare l’intervista di Fabio Fazio a Domenico Lucano. Sono metodi di altre epoche storiche, non applicabili nel 2018 e in una democrazia moderna. I parlamentari leghisti in Commissione di Vigilanza Rai dovrebbe dimettersi per inadeguatezza. E quelli del Movimento 5 stelle non hanno niente da dire?».
La Federazione della Stampa e l’Usigrai (il sindacato dei giornalisti Rai) a questo proposito hanno fatto pervenire un perentorio messaggio al governo: «Rassegnatevi, i partiti non possono e non devono decidere chi può e chi non può essere ospite di una trasmissione. Come non devono mettere bocca sui sommari dei Tg. O peggio sui direttori di reti e testate. Siamo certi che nessuno in Rai cederà al veto dei parlamentari della Lega su Domenico Lucano. La soluzione non è mai cancellare. Ma semmai aumentare le occasioni di ascolto, di confronto e di dibattito. È di questo che si nutre la democrazia liberale».
Per questo l’intervista di stasera di Fazio a Mimmo Lucano diventa imperdibile. Com’è noto, l’ex sindaco (il prefetto di Reggio lo ha sospeso dall’incarico e il Tribunale del Riesame ha disposto il divieto di dimora a Riace) continua a raccogliere tanta solidarietà in ogni parte d’Italia e non solo. In più si sono mobilitati artisti, intellettuali, esponenti politici, a sua difesa e crescono iniziative in suo favore. È importante ascoltare dalla viva voce – in diretta – di Lucano le sue idee, i suoi progetti che molti vogliono soffocare, le sue ragioni. Non dovrà difendersi (ci sono i tribunali per questo) ma raccontare pacatamente come stanno i fatti, cosa è successo prima, cosa è successo negli ultimi tempi, cosa potrebbe succedere domani. La gente deve potersi fare un’idea personale, senza obbligo di schierarsi pro o contro, ma soprattutto è giusto lasciar parlare e quindi ascoltare Lucano.
In Calabria il modello Riace ha fatto scuola: ovviamente se sono stati commessi reati i responsabili dovranno essere giudicati e subire le conseguenze, ma – una volta tanto – c’è da sperare che la giustizia non rispetti i suoi usuali tempi biblici. Occorre in questo caso che il processo, ove vi siano rinvii a giudizio, sia rapido, veloce e lontano da qualunque condizionamento. Purtroppo la tv ci ha abituati a processi mediatici che assolvono e condannano con una faciloneria che fa paura: evitiamo, questa volta, di creare presunti eroi o indifendibili “colpevoli”. Lucano è una persona per bene, parlano per lui dieci anni di accoglienza. I giudici ci dicano dove e come ha sbagliato, nel caso i fatti lo accertino, ma rispettino l’uomo e le sue idee e, soprattutto, rispettino i calabresi che sul modello di Lucano hanno mostrato, come sempre, di saper interpretare a pieno i sentimenti di accoglienza e solidarietà. E cioè facciano presto, prima che il processo mediatico che inevitabilmente verrà divida l’Italia e il Paese, tra chi stima Lucano e chi non lo approva. (s)

Lucano ha lasciato Riace, non può restare nel paese che ha bisogno di lui

17 ottobre – È partito da Riace questa mattina presto, poco dopo le 6, Mimmo Lucano, diretto a un paese del circondario, a seguito della decisione del tribunale del riesame di Reggio che ieri ha revocato gli arresti domiciliari, disponendo, però, la misura del divieto di dimora. Da un lato un’attenuazione delle misure restrittive, dall’altro il provvedimento appare come un “esilio” amaro che lo allontana dal paese dove tutto è cominciato dieci anni fa. Il modello Riace per l’accoglienza ha lasciato sicuramente il segno, ma, obiettivamente, bisogna proprio pensare che si si stia facendo di tutto per cancellarlo.
Perché Mimmo Lucano dà fastidio? La domanda ha troppe implicazioni per trovare una risposta semplice. Il fatto è che gli tolgono gli arresti (domiciliari) e lo esiliano dal paese dove hanno bisogno di lui. Il divieto di dimora è una misura cautelare obbligatoria prevista dall’art. 283 del codice di procedura penale. Al di fuori dell’ambito territoriale Lucano ha piena libertà di circolazione: evidentemente i giudici del riesame ritengono “pericolosa” la presenza dell’ex-sindaco (il prefetto lo ha sospeso) a Riace (inquinamento delle prove o reiterazione del reato?). (rrm)

Per chi lo avesse perso, segnaliamo il bel servizio di ieri di SkyTg24

 

Su Facebook il prof. Nicola Fiorita (Unical) ha diffuso il 5 ottobre scorso un suo intervento, che riteniamo utile far conoscere anche ai nostri lettori:

«Ho atteso alcuni giorni prima di intervenire pubblicamente sull’arresto del sindaco di Riace. Ho voluto prima leggere l’ordinanza del Gip, ho voluto riflettere su tanti commenti, ho voluto lasciar sedimentare le mie emozioni. Per diverse ragioni – non ultimo, il mio ruolo di docente di materie giuridiche che insegna ai propri allievi il valore della legge, il diritto della critica e dell’impegno per cambiare le norme ingiuste ma anche il dovere di rispettarle finché vigenti – ho ritenuto di non poter confinarmi in uno slogan (io sto con Mimmo Lucano, questo è certo) ma di dover articolare il mio pensiero, distinguendo alcuni profili, a mio avviso i più rilevanti, della vicenda.
C’è innanzitutto l’aspetto giuridico-formale. Posto che il Gip liquida molti dei capi d’accusa (e inviterei tutti a soffermarsi su questo dato: è abbastanza raro che un Procuratore capo sia così clamorosamente smentito in sede di valutazione delle richieste di misura cautelare) e che la vicenda dei matrimoni combinati è risibile (è davvero incredibile che per un (1) matrimonio forse combinato e un (1) matrimonio suggerito e nemmeno celebrato si parli di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina) l’unica accusa rimasta in piedi è quella relativa all’affidamento diretto del servizio di raccolta differenziata a cooperative prive dei requisiti richiesti.
Rispetto a questa accusa Mimmo Lucano è un cittadino come tutti gli altri. Dovrà difendersi secondo le regole, ha diritto ad essere considerato innocente fino all’ultimo grado di giudizio e dovrà pagare nel caso abbia sbagliato. Si può e si deve aggiungere che non gli viene contestato nessun arricchimento personale, che l’affidamento riguarda un servizio erogato in un piccolissimo centro abitato e quindi per importi molto contenuti e che è del tutto evidente la sproporzione dei mezzi d’indagine utilizzati e della misura cautelare applicata, ma chiunque – anche se vittima di un accanimento investigativo – deve essere giudicato come tutti gli altri.
Accanto a queste considerazioni ci sono quelle più propriamente politiche. Le dichiarazioni di Salvini (e anche di alcuni deputati 5 stelle) sono inaccettabili in qualunque contesto democratico. La criminalizzazione delle idee altrui, la volontà di annientamento degli avversari, l’odio sparso a piene mani, la strategia di estremizzazione delle posizioni ravvivano ancora una volta l’allarme sullo scivolamento di questo paese verso una democrazia svuotata dei propri valori e riempita di autoritarismo. Allo stesso modo, l’azione sempre più dura di pezzi della magistratura e dell’apparato statale in Calabria sta conducendo verso l’azzeramento di esperienze scomode e alternative, con il rischio (o la volontà) di sterilizzare i fermenti positivi che ancora si sviluppano in questa Regione. Tra scioglimenti dei comuni, interdittive antimafia e ordinanze di custodia cautelare poi annullate si sta colpendo – da Cortale a Gioiosa a Riace – sempre più spesso chi non è allineato.
Guardare alla magistratura e/o alle prefetture con la massima fiducia e con la speranza che da loro venga lo sradicamento della ‘ndrangheta e della mala politica non può significare accettare acriticamente che esse si posizionino oltre la legge.
Ma non è ancora questo il punto.
Se si inscrive la vicenda di Mimmo Lucano dentro un perimetro esclusivamente legalitario o politico non si può comprendere quello che è accaduto in questi anni a Riace.
Riace è stato un modello si è chiesto qualcuno in questi giorni? Penso di si, penso anche che forse lo abbiamo rivestito di una retorica eccessiva e non abbiamo voluto vederne alcuni limiti (ad esempio, si dovrebbe riflettere sulla capacità o meno di generare sviluppo economico duraturo una volta ripopolati i borghi), ma Riace ha parlato al mondo della possibilità di salvare le vite degli ultimi, di dargli una speranza, di costruire incontri, di privilegiare l’umanità invece del denaro. E soprattutto Mimmo Lucano è stato un uomo, un uomo che ha caparbiamente e generosamente dedicato le proprie energie verso uomini e donne che non conosceva, che avevano un altro colore dal suo, che scappavano da guerre lontane. Un uomo che ha fatto indubbiamente, evidentemente, costantemente del bene.
E’ per questo dato – l’umanità che trionfa in un minuscolo paesino della Locride mentre soffre nel resto del mondo – che Mimmo Lucano dovrebbe essere candidato per il premio Nobel della Pace. Anche, o forse soprattutto, se avesse violato qualche norma procedurale o non avesse osservato qualche disposizione di legge. Per i suoi eventuali errori dovrebbe pagare, ma allo stesso tempo per i suoi evidenti e straordinari meriti dovrebbe essere riconosciuto per quello che è: un uomo speciale, un eroe.
Qualche giorno fa, prima di questa vicenda, all’inizio del mio corso ho chiesto ad alcuni studenti di leggere un libro di Natalia Ginzburg (Serena Cruz, o la vera giustizia) per poi discutere del rapporto tra legge e giustizia. La tensione tra legge e giustizia affonda nella notte dei tempi e sappiamo anche che non sempre chi sta dalla parte della giustizia ottiene ragione. Ma questo non è un motivo sufficiente per non continuare a stare dalla parte degli indiani, come direbbe il mio amico Giancarlo Rafele.
Chi, come me, insegna diritto nelle aule universitarie, insegna – deve insegnare – anche a non trasgredire la legge. Ma se mai mi capitasse di essere sindaco della mia città e di trovarmi dinanzi ad una regola che sento profondamente ingiusta e dalla quale può dipendere la vita di una persona, proprio come Mimmo Lucano non esiterei, assumendomene tutte le responsabilità, a trasgredirla. Non viviamo per essere salvi, viviamo per essere giusti». (Nicola Fiorita)

 

 

 

 

In migliaia per solidarietà a Mimmo Lucano: «Riace non si arresta»

6 ottobre – In migliaia oggi pomeriggio accorsi da tutt’Italia a Riace per manifestare solidarietà al sindaco Mimmo Lucano, ancora agli arresti domiciliari: una marea umana eterogenea e multicolore, quasi cinquemila, in festa – anche se non c’era niente da festeggiare – perché essere tutti lì insieme è la risposta a chi vuole smontare il modello Riace per l’accoglienza ai migranti. Con due slogan ripetuti allo sfinimento: “Mimmo libero” e “Siamo tutti clandestini”, in marcia fin sotto casa dell’ex sindaco (il prefetto di Reggio lo ha sospeso dall’incarico) costretto ai domiciliari per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e illeciti amministrativi nell’assegnazione del servizio di raccolta dei rifiuti urbani.

Tantissimi extracomunitari insieme con sindaci, esponenti politici, sindacalisti, semplici cittadini. C’era anche l’ex presidente della Camera Laura Boldrini: «Sono cittadina onoraria di Riace dal 2013 ma ho conosciuto e amato questa straordinaria esperienza molto prima – ha detto la Boldrini – nel pieno rispetto della magistratura, ho ritenuto necessario essere qui oggi per manifestare sostegno a Lucano. Sono certa che sarà in grado di chiarire ogni accusa. Ritengo indecoroso che un ministro dell’Interno indagato per sequestro di persona abbia gioito dell’arresto del sindaco. Piuttosto dovrebbe farlo per quello dei capi delle ‘ndrine».
Tra gli altri, la giornalista Luciana Castellina, il segretario di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea Maurizio Acerbo, i sindaci della Locride e quello di Cerveteri, Alessio Pascucci, che nei giorni scorsi si era detto pronto all’autodenucnia per lo stesso reato contestato a Lucano: «Se serve la disobbedienza civile di un sindaco per mettere in pratica la solidarietà e l’accoglienza – ha detto – ci dichiariamo tutti colpevoli e complici».

Il sindaco (sospeso) di Riace Mimmo Lucano saluta dalla finestra di casa i manifestanti

Acerbo ha dichiarato: «Sono orgoglioso di poter essere oggi a Riace per essere anche fisicamente accanto a Mimmo Lucano e alla sua battaglia per la convivenza fra i popoli e contro il razzismo. Riace rappresenta un esempio positivo che abbiamo esportato in Europa, una storia ventennale in cui si dimostra come l’accoglienza fra pari dia fastidio ai predicatori  di odio.
«Se il suo operato è celebrato come un modello di civiltà e anche sviluppo locale e se i Salvini e le Meloni non trovano di meglio che gettare fango sul suo operato, significa che Lucano sta rompendo una narrazione tossica secondo cui gli immigrati sono i nemici e il problema del paese. Intendo continuare la battaglia del nostro partito insieme a lui e agli amministratori locali che invece di far divenire business l’accoglienza o invece di innalzare barricate contro i profughi, costruiscono speranze di un futuro migliore, per tutte e per tutti. Sono loro quelli che cambieranno, dal basso, questo paese».
A nome del sindaco De Magistris è venuto l’assessore del Comune di Napoli Enrico Panini. Non si è visto Oliverio che aveva incontrato ieri Lucano nella sua casa-prigione: «Oggi, come ieri, sono al suo fianco. – ha detto il presidente della Regione Calabria – Sicuro della sua onestà, fiducioso nella giustizia e certo che sarà chiarito ogni aspetto di questa vicenda».
Roberto Saviano ha twittato così: «A Riace tutti per Mimmo Lucano a difendere un modello virtuoso di accoglienza e integrazione. Mimmo non è un feticcio né un ottuso burocrate, ma un uomo del sud che conosce il dolore di tutti i sud del mondo».
Mimmo Lucano ha detto al giornalista dell’Agenzia Italia: «Sono rimasto senza parole un’emozione indescrivibile, un fiume di solidarietà, non avrei mai immaginato che un giorno sotto questa casa arrivasse così tanta gente. Spero di tornare a essere una persona normale, libera, che non deve subire questi condizionamenti anche perché sul piano psicologico lasciano un segno. Voglio tornare a essere una persona libera come tutti. ». (rrc)

Stupore e indignazione: la Calabria e l’Italia sono con Mimmo Lucano

2 ottobre – La notizia degli arresti (domiciliari) del sindaco di Riace Mimmo Lucano ha provocato molta indignazione e tanto stupore non solo in Calabria. Il presidente della Regione Mario Oliverio ha diffuso una nota di vicinanza al sindaco simbolo dell’accoglienza: «Non sono ovviamente a conoscenza – dice Oliverio – dei dettagli dell’inchiesta che ha portato all’arresto di Mimmo Lucano, tranne quello che trapela in queste ore sugli organi dì informazione a seguito del comunicato diffuso dagli inquirenti. Sono però a conoscenza di chi sia Mimmo Lucano, della sua opera, della sua passione, del suo impegno indefesso per gli altri e soprattutto per i migranti. Sono – ancora – perfettamente a conoscenza di quello che era Riace un tempo e di quello che Riace è oggi. Sono perfettamente a conoscenza che il modello di integrazione di Riace è un faro, un modello appunto, un simbolo di quello che dovrebbe essere – e invece non è – l’accoglienza nel nostro Paese. Sono perfettamente a conoscenza che Mimmo Lucano è uomo di specchiata onestà e credibilità, che ha agito e agisce esclusivamente per gli altri e si batte per i diritti degli ultimi, dei poveri, di chi scappa dai loro paesi per guerre fame miseria .Di quelli che Mimmo chiama gli zeri. Per questi motivi sono dunque vicino a Mimmo Lucano e lo difenderò e lo aiuterò nella certezza che i tempi bui che stiamo vivendo troveranno alla fine un’uscita e che diritti dignità e libertà alla fine trionferanno. Mimmo Lucano non è solo e io sono con lui, oggi come ieri. Sono con lui perché lo ho conosciuto da vicino e so che è una persona onesta e semplice. Una persona che ha dedicato la sua vita per gli ‘ultimi della terra».

La manifestazione a Roma in piazza dell’Esquilino

Beppe Fiorello ha stigmatizzato con un «allora arrestateci tutti»: «Crederò in te più di prima. Qualcuno si porterà sulla coscienza la vita di un uomo straordinario, io lo so che Mimmo non sopporterà questa vergogna, ora cerco parole per difenderlo ma mi rendo conto che non va più difeso, va amato come lui ama il prossimo.
«Con l’arresto, – ha detto l’attore che nella fiction mai andata in onda impersona il sindaco Lucano – vacilla  il “mito” di un amministratore diventato famoso per il suo impegno in favore dei migranti, che in migliaia avevano trovato ospitalità nel centro della Locride. L’impegno di Lucano in favore dei migranti gli diede enorme notorietà anche a livello internazionale, tanto che nel 2016 la rivista americana “Fortune” lo inserì tra le 50 personalità più potenti nel mondo. I “guai” per Lucano cominciarono quando la Prefettura di Reggio Calabria, lo scorso anno, dispose un’ispezione nel Comune di Riace dalla quale emersero una serie di irregolarità nell’utilizzo dei finanziamenti governativi per la gestione dei migranti. I risultati dell’ispezione fecero scattare l’inchiesta della Procura della Repubblica di Locri da cui sono emersi gli illeciti che oggi hanno portato all’arresto di Lucano e della compagna, Tesfahun Lemlem».

Secondo Roberto Saviano «Questo governo, attraverso questa inchiesta giudiziaria, da cui Mimmo saprà difendersi in ogni sua parte, compie il primo atto verso la trasformazione definitiva dell’Italia da democrazia a stato autoritario. Con il placet di tutte le forze politiche. Nelle azioni di Mimmo Lucano non c’è mai finalità di lucro, ma disobbedienza civile».

A Roma questa sera in piazza dell’Esquilino una manifestazione di solidarietà nei confronti di Mimmo Lucano organizzata dal centro sociale Baobab, l’associazione di volontari che si occupa della gestione dei migranti nella Capitale, e dall’Arci. Centinaia di cittadini hanno chiesto la libertà per il sindaco. In piazza anche la segretaria della Fiom, Francesca Re David, rappresentanti dell’Anpi, degli studenti, di “Articolo 1-Mdp”, molti attivisti dei movimenti, rappresentanti del Pd, Radicali, Potere al Popolo e Liberi e Uguali e tanti cittadini accorsi spontaneamente.
«Colpendo lui – hanno detto i rappresentanti di Baobab in un post su Facebook –  si cerca di arrestare un’idea di convivenza, un’idea di società di pace.Riace era disabitata, oggi vive in un incontro di culture e persone di diversa provenienza. Riace ha dato uno schiaffo a chi ha dipinto il fenomeno migratorio come un problema, come una paura. Riace, nel suo piccolo borgo, ha dimostrato a tutti che la realtà è in mano nostra e che non c’è nulla di già scritto. L’accusa avanzata contro il sindaco Mimmo Lucano è quella di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, un reato legato alla condizione di esseri umani dichiarati fuori legge solo per la mancanza di un foglio, di un timbro. Lo Stato, oggi, fa la guerra al sindaco di un piccolo paese calabro perché ha cercato di aiutare degli esseri umani, perché ha deciso di rimboccarsi le maniche»

Secondo il vicepremier Luigi Di  Maio non c’è nulla da imputare allo Stato. «Questa è un’inchiesta della magistratura che nasce prima dell’insediamento di questo governo. Spero, quindi, che questo non diventi un caso politico. Evitiamo di enfatizzare modelli che poi finiscono addirittura arrestati. Quello che non accetto è che si accusi il governo quando questa è un’inchiesta della magistratura e mai come in questo momento a capo del Csm di certo non c’è uno vicino a noi».

Lo scrittore e impresario di spettacolo Ruggero Pegna, autore del libro antirazzismo “Il cacciatore di meduse”, ha dedicato questa riflessione alla vicenda del sindaco Lucano agli arresti domiciliari: «In un’area difficile della Calabria e del mondo, la sensibilità e l’umanità di un sindaco hanno costruito un esempio di straordinaria convivenza di etnie, fedi, culture, tradizioni, storie, colori, suoni, emozioni (e molto altro). La burocrazia più becera e una giustizia in cui, oramai, credono in pochi, hanno schiaffeggiato un simbolo di pace e, con lui, la Calabria più bella, chi ancora crede nei valori e nella dignità di ogni uomo, oltre ogni barriera e diversità, chi crede che il mondo non abbia confini e ognuno sia libero di sperare in una vita migliore per sé e i propri figli, nel segno di una fratellanza universale. A Mimmo Lucano, stima e solidarietà». (rrm)

CATANZARO: MIGRANTI, ACCOGLIENZA E SOLIDARIETÀ, UN BEL CONVEGNO

12 settembre – Vasta eco ha avuto il convegno “Storie Migranti Accoglienza e Solidarietà: valori calabresi” che si è svolto ieri a Catanzaro nell’ambito della rassegna “Settembre al parco” in programma fino al 21 settembre al Parco della biodiversità mediterranea di Catanzaro. Tra i partecipanti, come ospite d’onore, il sindaco di Riace Mimmo Lucano. L’incontro, che si è svolto al Musmi (Museo Storico Militare), è stato introdotto da Rosetta Alberto, direttore del Musmi e moderato dal giornalista calabrese Luciano Regolo, condirettore di Famiglia Cristiana. È intervenuto anche il presidente della Regione Mario Oliverio.
Parlando del sindaco Lucano, Oliverio ha detto: «Lucano è una persona, un calabrese, che non solo ha fatto una scelta di campo: quella della civiltà ma ha costruito un modello di accoglienza e di integrazione che ha consentito di rivitalizzare un borgo e di creare lavoro per la comunità residente. Un modello alternativo a quello basato sulle paure e che spinge sulle limitazioni delle libertà». Oliverio nel sottolineare che le competenze sull’immigrazione sono del Ministero ha poi affermato che «la Regione non deve rimanere chiusa nelle gabbie delle competenze. Ritengo che Riace è la Calabria nelle sue viscere. La Calabria che non si gira dall’altra parte di fronte alle miserie del mondo perché l’ha vissuta sulla propria pelle l’esperienza dell’allontanamento. Mi sono schierato con Lucano anche perché ritengo che le istituzioni abbiamo l’obbligo di trasmettere il rispetto dell’altro e la solidarietà verso chi vive situazioni di disumanità».
Il presidente è anche tornato sull’argomento della mancata messa in onda della fiction su Mimmo Lucano da parte della Rai: «È stato impedito che Riace potesse andare in onda perchè avrebbe consentito a milioni di persone di poter essere informate e di poter verificare direttamente il valore di Riace. Il modello Riace – ha rimarcato ancora il presidente Oliverio – va sostenuto perché rappresenta un modello di civiltà per il quale bisogna battersi. E partendo da questa esperienza la sinistra deve avere il coraggio di recuperare la bussola dei valori e rappresentarli come idea di società. Come il vento non si può fermare con le mani – ha dichiarato infine Oliverio -, il fenomeno dell’immigrazione non si può fermare con i respingimenti».
Il convegno al Musmi era  dedicato all’accoglienza e all’integrazione dei migranti all’insegna di una Calabria che accoglie e fa della diversità una risorsa. E in tal senso il sindaco Lucano ha esordito affermando che «L’esperienza di Riace fa emergere l’anima antica e nuova della Calabria, di questa terra che deve essere legata a un senso spontaneo di sensibilità, perché non si può fare campagna elettorale sull’opposto della natura umana. L’accoglienza, e soprattutto l’integrazione, per noi ha rappresentato la possibilità del futuro per la comunità di Riace. Quanti arrivano da noi sono esseri umani e Riace è la prova concreta che è possibile affrontare il fenomeno dell’immigrazione con una dimensione umana».

Oliverio al convegno sui migranti di "Settembre al Parco": "le istituzioni abbiano l'obbligo di trasmettere il rispetto dell'altro"
L’intervento del condirettore di Famiglia Cristiana, il giornalista calabrese Luciano Regolo. Alla sua destra il Presidente della Provincia di Catanzaro Enzo Bruno e il presidente della Regione Oliverio. Ultimo a sinistra, nella foto, il sindaco Mimmo Lucano.

Lucano poi, rispondendo ad una domanda sulla sospensione della fiction Rai, ha evidenziato che «probabilmente milioni di italiani e di persone all’estero che avrebbero visto la serie televisiva avrebbero capito che se la convivenza di diverse culture è stata possibile in un territorio limite quale Riace, con tutti i suoi problemi di abbandono, declino demografico e rassegnazione sociale, sarebbe stata possibile ovunque. Il messaggio della fiction sarebbe stato controcorrente rispetto a quello che oggi sta accadendo in Italia, dove addirittura – ha rilevato il sindaco – si crea il consenso politico spingendo sempre più verso la civiltà della barbarie. Noi abbiamo costruito un laboratorio politico di scambi e la rivendicazione – afferma Lucano riferendosi alle vicende giudiziarie che lo hanno coinvolto portandolo anche ad uno sciopero della fame –  non è stata solo economica ma principalmente contro l’occultamento di questa esperienza. E in un contesto di solitudine – ha infine dichiarato il sindaco Lucano – aver conosciuto il presidente Oliverio, che mi ha ascoltato e ha scelto di stare vicino a me, ma soprattutto vicino agli ultimi, mi ha dato la forza di andare avanti per non far finire questa esperienza legata al sentimento di umanità che tutti i calabresi possediamo».
I lavori del convegno sono stati introdotti dal presidente della Provincia Enzo Bruno: «Attraverso questa manifestazione – ha detto Bruno – diamo voce ai valori della vera Calabria. La rassegna, affidata alla direzione artistica di Massimo Fotino, in sette giorni vivrà decine di spettacoli, opere teatrali, grandi concerti dibattiti. E lo facciamo nonostante le grandi difficoltà economiche che oggi vivono le Province. Per questo devo ringraziare in particolare la Giunta regionale e il presidente Oliverio che ha puntato su Catanzaro capoluogo della Calabria e ci ha consentito di mantenere a questi livelli il Parco della Biodiversità, uno dei parchi più belli d’Italia».
Al convegno sono intervenuti anche il direttore del Corriere della Calabria Paolo Pollichieni il quale ha sostenuto che «il modello Lucano mette in difficoltà il business dell’accoglienza. Se ci fosse un reato di ingenuità Mimmo sarebbe condannato all’ergastolo. Non è ancora cosciente del casino che ha combinato»; il Presidente dell’associazione Gutenberg Armando Vitale secondo cui «la scuola deve creare un clima che sollevi il problema di cosa è il fenomeno dell’immigrazione per difendere i diritti di civiltà della nostra Europa. Serve una grande mobilitazione politica, civile, ideale»”.  (rcz)

L’INTERVISTA A LUCANO SU REPUBBLICA: “CON RIACE VINCE L’ITALIA CHE RESISTE”

31 agosto – Quasi una pagina dedica oggi il quotidiano la Repubblica sui fondi per l’accoglienza per Riace prima tagliati e poi ripristinati dopo una grande mobilitazione popolare, con l’adesione di intellettuali, artisti, magistrati, associazioni, partiti, sindacati e sacerdoti. Una bella intervista al sindaco di Riace Mimmo Lucano, di Alessia Candito, mette in luce come il “modello Riace” risulti, alla fine, vincente sotto tutti i punti di vista.


«Veniamo – ha dichiarato Lucano alla giornalista – da una battaglia che dura da quasi due anni. SUl piano politico, burocratico, procedurale, mediatico. Probabilmente c’è qualcuno che ha interesse a sabotare Riace e il progetto politico che rappresenta. Qui non facciamo né attività alberghiera, né assistenzialismo, qui creiamo comunità e ne beneficiano tutti. Riace, come altre aree interne della Calabria era destinata allo spopolamento, ma qui solo quest’anno sono nati 20 bambini. Nell’asilo multietnico che abbiamo creato lavorano 14 giovani del posto. È la dimostrazione che l’accoglienza funziona e fa crescere».
Il sindaco Lucano constata che non c’è più margine per essere neutrali. «Ovunque vada, incontro solo persone che considerano il nostro borgo una speranza. Nel mondo, la nostra comunità è vista come un modello. Anche registi come Wim Wenders hanno voluto raccontarla».  (rrm)

MODELLO RIACE: LO SCIOPERO DELLA FAME DEL SINDACO LUCANO

3 agosto – Il Sindaco di Riace Mimmo Lucano ha iniziato uno sciopero della fame per denunciare che da settembre 2016 la Prefettura di Reggio Calabria non eroga le risorse e questo, nei fatti, non permette a quest’esperienza di continuare a vivere, mentre per il 2018 il Comune di Riace non è stato compreso tra gli Enti beneficiari. «Faccio lo sciopero della fame – ha detto – per salvare l nostro paese».
Sull’iniziativa è intervenuto il Presidente Oliverio: «Sono vicino a Mimmo Lucano Sindaco di Riace – ha detto – costretto allo sciopero della fame per difendere una esperienza di accoglienza, che ha saputo affermarsi come punto di riferimento sul piano internazionale. Riace non può morire soffocata da logiche burocratiche che di fatto gli tolgono l’ossigeno. Quanto denunciato da Mimmo Lucano è grave. Non procedere al trasferimento delle risorse del progetto SPRAR dal settembre 2016 ed aver escluso Riace dal saldo luglio-dicembre 2017 e per il 2018 non averla compresa tra gli enti beneficiari impegnati nel primo semestre fa sorgere legittimamente il sospetto che è in atto un disegno cinico per affossare l’esperienza di Riace.
«È inconcepibile che un modello di accoglienza come quello portato avanti, con generosità ed abnegazione da Mimmo Lucano, possa essere fermato con motivazioni meramente formali. Abbiamo il dovere – conclude il Presidente della Regione – di difendere e valorizzare l’esperienza di Riace, per far crescere una cultura ed una pratica dell’accoglienza come risposta possibile ad un fenomeno che coinvolge uomini, donne e bambini provenienti dal Sud del Mediterraneo spinti da guerre, fame e disperazione».