di PINO NANO – Ancora lui, il grande oculista calabrese lascia tutti di stucco. È la prima volta in Italia,infatti, e tra le prime al mondo che viene effettuato un intervento sull’occhio umano con un impianto telescopico.Questo impianto innovativo –precisa il professor Stanislao Rizzo, direttore della UOC di Oculistica del Policlinico Gemelli e Ordinario di Clinica Oculistica all’Università Cattolica, campus di Roma, e fiero delle sue origini cosentine- restituisce in parte la vista e l’autonomia agli anziani affetti da maculopatia
Il grande medico calabrese Stanislao Rizzo (in alto nella foto insieme alla dottoressa Roberta Mattei) sa di parlare di un traguardo di altissimo livello scientifico. “Questo telescopio che abbiamo utilizzato assomiglia un po’ alle eliche di un motoscafo e sembra fatto apposta per celebrare la ‘Giornata di Galileo’, che cade proprio oggi, trattandosi di un vero e proprio telescopio galileiano miniaturizzato, messo a punto per restituire almeno in parte la vista alle persone affette da maculopatia senile. Questo impianto telescopico assolutamente innovativo si chiama SING IMT™ , che sta per “Smaller-Incision New-Generation Implantable Miniature Telescope”, ed è stato impiantato per la prima volta in Italia e tra le prime al mondo, su tre pazienti (due uomini e una donna, tra i 65 e gli 80 anni), assistiti presso di noi”.
– Ma di cosa si parla concretamente?
«Questo tipo di trattamento – spiega il professor Stanislao Rizzo – è riservato ai pazienti con una forma avanzata di maculopatia. La macula è la parte centrale della retina, il tessuto più nobile e sofisticato del nostro organismo, composto da cellule altamente specializzate, i fotorecettori, che trasformano uno stimolo luminoso, un’immagine, in un impulso elettrico che viaggia dalla retina al cervello, nell’area dove la visione si forma. È la macula che ci consente di vedere i dettagli, di riconoscere i volti dei nostri cari, di vedere i colori e di leggere libri o gli sms sul cellulare. La macula – prosegue ancora l’illustre ricercatore della Cattolica- è costituita da 9 strati di cellule diverse; ad oggi non siamo in grado di ricostruirla, né di farla rigenerare (ad esempio con le staminali), né di trapiantarla, perché è troppo sofisticata».
Una nota ufficiale della Cattolica ci ricorda che oggi la maculopatia è un problema sociale di grande rilevanza nel mondo occidentale e lo sarà sempre di più negli anni a venire, visto l’invecchiamento della popolazione. Nel nostro Paese, è affetto da questa condizione oltre un milione di persone, 200-300.000 dei quali in forma grave.
Il professore Stanislao Rizzo ci aiuta ad approfondire meglio il tema generale.«Oggi – ci dice – a guidare la classifica delle principali cause di cecità nel mondo occidentale è la maculopatia senile, un processo degenerativo che compare soprattutto dopo i 60 anni. Ne esistono due forme: quella secco-atrofica, a evoluzione più lenta, per la quale non si dispone di terapie al momento (anche se ci sono molti trial sperimentali in corso) e la forma umida, più aggressiva e veloce nell’evoluzione, per la quale da qualche anno sono stati introdotti una serie di farmaci di grande efficacia”.
– Come si avverte la malattia?
“I pazienti affetti da maculopatia spesso lamentano come primo sintomo una difficoltà nella lettura, la distorsione delle immagini, il ‘salto’ di alcune lettere mentre legge. Per esempio, non vedi il centro della parola. Oppure vedono lo stipite della porta o le mattonelle del bagno deformate. Per aiutare questi pazienti, ci avvaliamo di sistemi riabilitativi ottici, che permettono a pazienti dotati di buona volontà e di buon senso plastico della retina e del cervello, di sfruttare mediante sistemi telescopici semi-galileiani veri e propri, le parti della macula ancora funzionanti. Il paziente impara a utilizzare questi ‘telescopi’ per cercare di ingrandire l’immagine sfruttando la parte di macula ancora funzionante».
– Ma questo fino a ieri, nel senso che tutto questo ormai appartiene al passato?
«La lente intraoculare prodotta dalla Samsara Vision che abbiamo impiegato ora non è altro che un telescopio miniaturizzato che viene impiantato nel corso di un normale intervento di cataratta, al posto del cristallino opaco. Questo sistema telescopico consente di sfruttare la parte di macula ancora funzionante».
– È vero che l’intervento da lei effettuato è del tutto simile a un intervento di cataratta classica?
«Rispetto all’intervento tradizionale cambia solo la larghezza dell’incisione, che è di 2 mm nell’intervento classico e di 7 mm in questo. Questa lente-telescopio è foldable, cioè pieghevole e si espande una volta inserita, ma è comunque più spessa di una lente normale. Per questo è necessario mettere due-tre punti di sutura, che poi vengono rimossi a distanza di qualche settimana. L’intervento si effettua in Day Surgery e dura 15-20 minuti. Il paziente è vigile e cosciente e per l’anestesia vengono utilizzate gocce oculari anestetiche o una piccola infiltrazione peribulbare».
Ma non è finita qui. A questo punto entrano in scena anche gli ortottisti, che sono fondamentali sia nella fase di selezione dei pazienti da avviare all’intervento, sia nella fase di riabilitazione.
«Nei giorni successivi all’intervento – sottolinea il professor Rizzo – il paziente dovrà riabilitare il suo cervello, per ‘insegnargli’ a utilizzare quella parte di retina ancora funzionante; questo viene effettuato nel corso di sei sedute di riabilitazione visiva nel post-operatorio, nel corso delle quali l’ortottista spiega al paziente come utilizzare al meglio questo sistema».
Al Policlinico Gemelli di Roma oggi c’è aria di festa, perché questo intervento così elitario riporta ancora una volta il grande ospedale romano al centro dell’attenzione della ricerca mondiale.