Il giorno di Natuzza con il nuovo vescovo Attilio Nostro

di PINO NANO – Guarigioni inspiegabili, diagnosi scientifiche pronunziate con assoluta padronanza scritte di sangue impresse sui fazzoletti usati per asciugare le stigmate che aveva diffuse sul suo corpo, il dialogo continuo con i morti, il fenomeno della bilocazione, le sue apparizioni nello stesso momento in luoghi differenti e un profumo intenso che ne segnalava la presenza mentre lei non si è mai mossa dalla sua casa in Calabria, insieme al racconto insistente di visioni e colloqui con la Madonna e l’Angelo custode. 

Tutto questo è stata Natuzza Evolo. 

Il 1° novembre di 12 anni fa Natuzza muore nella sua casa di Paravati, e 12 anni più tardi, la mattina di lunedì 1° novembre 2021, a renderle gli onori solenni di Santa Romana Chiesa sarà il nuovo vescovo della Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, mons. Attilio Nostro, giovane e affascinante intellettuale della Chiesa italiana allevato alla Scuola Lateranense e fortemente voluto da Papa Francesco alla guida della diocesi di cui Natuzza Evolo era fervente praticante e fedele discepola. 

Sarà infatti mons. Attilio Nostro a presiedere e celebrare la solenne omelia in suo ricordo, sulla grande spianata dove Natuzza 60 anni fa aveva immaginato di poter costruire una Grande Basilica. E probabilmente sarà ancora lui, nei prossimi mesi a tenere a battesimo la “Grande Casa di Natuzza”, alla presenza questa volta – spera il Presidente della Fondazione Cuore Immacolato di Maria Rifugio Delle Anime, Pasquale Anastasi- alla presenza di migliaia e migliaia di fedeli e di gruppi di preghiera che riuniremo qui in Calabria da ogni parte del mondo”. 

Ricordo come fosse appena ieri il giorno in cui andai a trovarla per la prima volta…Erano le prime ore del pomeriggio. Alla porta della sua casa arrivò una giovane signora, veniva da Taranto, e ricordo perfettamente bene il momento di quell’incontro tra queste due donne, frazioni di secondi carichi di una commozione impossibile da descrivere e da immaginare, l’una avvinghiata all’altra, il silenzio rotto dalle lacrime di questa giovane donna arrivata da lontano, un pianto disperato, quasi liberatorio, a dirotto, come se per tutta la vita questa ragazza, perché tale era, non avesse aspettato altro per liberarsi di tutto il pianto custodito per anni nel chiuso del suo cuore. 

Non capivo se quel pianto fosse il segno palpabile e manifesto di una tragedia personale, o fosse invece l’espressione di un dramma appena vissuto e ormai finalmente lontano. Aspettai allora con calma che tutto ritornasse come prima, poi mi avvicinai alla giovane signora e le chiesi il perché di quella commozione. 

Questa la risposta che mi diede: “Qualche anno fa mi trovavo a Parigi. Ero capitata in uno dei più grandi ospedali parigini perché mio padre era gravemente ammalato di tumore. Lo avevo accompagnato con la speranza di poter in qualche modo prolungare i pochi giorni di vita che ancora gli restavano. E un pomeriggio, nell’androne del reparto oncologico, incontrai Natuzza. Mi disse che veniva da lontano, che la sua terra era simile alla mia, io venivo dalla Puglia lei dalla Calabria, io venivo per mio padre, lei per stare accanto ad una persona che amava molto. Dopo aver scambiato i soliti discorsi che normalmente si fanno in queste tragiche occasioni, Natuzza mi accarezzò, appena sotto il collo. 

“Mi parve la sua una carezza carica di amore, lasciai che questa donna mi accarezzasse il più a lungo possibile, ma subito dopo averlo fatto Natuzza mi guardò quasi implorante negli occhi, e mi pregò di farmi controllare dai medici del reparto. 

“Natuzza mi disse solo che aveva avvertito che sotto la parte che mi aveva accarezzato c’era qualcosa che secondo lei andava ben guardata da un medico. Pensai subito che questa povera donna avesse voluto dirmi che a suo modo pensava anche alla mia salute fisica. Chissà? 

“I primi giorni lasciai correre, tentati di dimenticare quel gesto e quel consiglio, ma la cosa non fu facile. Ogni qual volta la rincontravo, Natuzza non faceva altro che ripetermi quello che già mi aveva detto, “fatti guardare da un medico! E fallo presto per favore!”. 

“Fu così che una mattina, dietro le sue insistenze decisi allora di approfittare di questa mia permanenza in ospedale a Parigi e di farmi visitare…”.

L’esito di quella visita medica a cui la donna si sottopose direttamente in ospedale fu decisamente dirompente. I medici parigini scoprono che questa giovane donna ha una ghiandola ingrossata all’altezza della tiroide, ne studiano le cause, ne esaminano il liquido estratto e scoprono che si tratta di un tumore invasivo. 

La donna viene operata d’urgenza, mentre suo padre, rispetto a lei, sembrava invece completamente guarito. 

Il tempo passa, e poco più tardi i medici parigini che l’avevano operata finalmente la tranquillizzano. Le spiegano però che era arrivata appena in tempo, per permettere loro un intervento chirurgico risolutivo. Se fossero passate altre due settimane -le spiegano- sarebbe morta devastata dal cancro. E quando le chiedono come avesse fatto da sola a scoprire di essere gravemente ammalata, lei non seppe dare nessuna risposta plausibile. 

Si limitò solo a far finta di non capire la loro lingua, sorrise, poi corse in agenzia e prenotò un volo per Lamezia Terme: prima di arrivare in Puglia volle passare da Paravati, in Calabria, perché una notte in sogno Natuzza era tornata a trovarla e le aveva detto di volerla rivedere.

Tantissime storie incredibili come questa ho avuto il privilegio di raccogliere in tutti questi anni seguendo da vicino e personalmente per la Rai il caso-Natuzza Evolo, storie apparentemente impossibili, al limite del mistero, storie tutte uguali, ricorrenti, cicliche, ognuna di esse più bella e più tragica dell’altra. 

In tutti questi anni c’è anche chi si è preso la briga di catalogare tutte queste “morti evitate”, questi “miracoli” che forse diventeranno tali fra un secolo, se in futuro la Chiesa li riconoscerà come tali. Uno straordinario professore universitario, fisico nucleare, il prof. Valerio Marinelli, ha raccolto in almeno dieci volumi diversi questo immenso pianeta del dolore e della sofferenza che si muoveva attorno a Natuzza, Evolo con la stessa precisione maniacale di un postulatore di una causa dei santi. 

A distanza di dodici anni oggi dalla sua morte, tutto questo grande patrimonio di conoscenze di uomini e donne, e storie correlate, è ora in Vaticano sotto la lente di ingrandimento di Santa Romana Chiesa che su Natuzza ha già avviato un processo di canonizzazione ancora in corso. Chi vivrà vedrà.  (pn)

Cordoglio per la scomparsa di Antonio Nicolace, figlio della mistica Natuzza Evolo

di GIUSY STAROPOLI CALAFATI – 27 di aprile 2021. Una giornata di sole mesto, quella in cui stamane giunge a tutti la nuova che Antonio Nicolace, è morto.

Un fulmine a ciel sereno. Un lampo che squarcia il cielo. Un dolore che trafigge il petto. Una notizia triste e inattesa.  Antonio era figlio di una madre speciale. Figlio di sangue e latte di Natuzza Evolo. In terra, la madre delle madri, la mistica di Paravati.

Un viaggio prematuro e improvviso, un cammino del quale Antonio non aveva avuto mai paura, ma al quale probabilmente ancora neppure pensava. Ma la morte è come la vita, non si sa mai quando arriva. E si improvvisa in tutta la sua tragicomica opera. Senza particolari attenzioni o privilegi. Con Antonio infatti, non si dimostra affatto clemente, seppure avesse una santa speciale in paradiso. 

Per Paravati, e per l’intera Calabria, è un giorno triste. Lo conoscevano tutti, Antonio. Era il fil rouge che univa i figli spirituali, a mamma Natuzza. Il volto sincero che rimandava subito a sua madre. Anzi, quello che sua madre la portava impressa nei sorrisi e nella luce che emanavano i suoi occhi neri. 

Antonio lascia la sua vita terrena, forse senza neppure rendersene conto, o magari, e noi non lo sapremo mai, giusto il tempo di rivedere la sua dolce madre tornare sulla terra, prenderlo e portalo via con sè. Accoccolato al suo seno caldo come quando era bambino. 

Questa mattina, Antonio, si era recato in campagna per quei lavoretti a cui era solito prestarsi, ma il suo cuore inaspettatamente ha cessato di battere. Un malore improvviso che lo costringe ad arrendersi e a intraprendere via, via, il viaggio conclusivo della vita terrena, verso la vita eterna.

E ora, è nell’abbraccio di mamma Natuzza, che ci piace pensarlo, Antonio Nicolace. Stretto stretto al suo petto caldo, illuminato dalla meraviglia di Dio. Con gli angeli e i santi. In quella luce di cui mamma Natuzza aveva sempre parlato.

Alla famiglia, va il cordoglio più sincero e affettuoso. Ad Antonio il nostro più caro saluto.

«Va, Antonio. Vola verso la vita più bella e sii felice. Porta a mamma Natuzza e alla Madonna, le nostre preghiere. E se puoi raccomanda loro un occhio di riguardo per questa nostra povera terra».

Requiem aetrnam! (gsc)

Natuzza, avviata la causa di beatificazione. Nella sofferenza cresce il seme della speranza

La Calabria, quasi certamente, avrà una nuova santa, anzi dapprima una nuova beata, Natuzza Evolo, ma il lungo processo di beatificazione partito sabato 6 aprile prelude, in verità, alla santificazione della mistica di Paravati.

Natuzza Evolo, scomparsa il 1° novembre 2009, è più che mai presente nella Villa della Gioia, dove sorge un santuario che porterà il suo nome, e la moltitudine di fedeli (oltre diecimila) accorsi per l’avvio del processo di beatificazione sono la testimonianza più vivida del miracolo della fede.

Natuzza è fondamentalmente questo, il miracolo di chi crede e trova, anche nella sofferenza, il seme della speranza. La Chiesa guarda con attenzione il caso della mistica di Paravati, “mamma” Natuzza, e non per niente a celebrare l’avvio della causa di beatificazione c’erano cinque vescovi (mons. Luigi Renzo, mons. Salvatore Nunnari ex presidente della CEI calabrese, mons. Donato Oliverio che regge l’eparchia di Lungro, mons. Lorenzo Bonanno che regge la diocesi di San Marco Argentano, mons. Vincenzo Rimedio vescovo emerito della diocesi di Lamezia e mons. Luigi Cantafora attuale vescovo di Lamezia) e più di cento parroci. E non sono mancate le autorità civili, a partire dal Presidente della regione Mario Oliverio , al prefetto di Vibo Giuseppe Gualtieri, il senatore Giuseppe Mangialavori e tanti sindaci del circondario. Non solo un “obbligo” istituzionale, ma per diversi di loro il bisogno di essere presenti a questo momento intenso e profondamente vissuto, soprattutto da chi ha fede. Quella fede che, improvvisamente, qualche volta appare dopo lunga latenza e fa capire la grandezza di Dio e dei suoi rappresentanti sulla terra, come la “serva di Dio” Natuzza.

Natuzza ha lasciato un segno indelebile in migliaia di fedeli: sono in tantissimi a ricordare come già al primo incontro la mistica già sapesse il nome e il motivo della supplica. E nella Fondazione a suo nome, che aveva provocato qualche malinteso anche con la Diocesi, sono in tanti a prestare volontariamente la loro opera a favore di chi, da ogni parte, si reca a visitare la tomba della mistica e i luoghi dove ora aleggia il suo spirito. Se ci sono stati miracoli lo dovrà stabilire il Tribunale Diocesano che, attraverso l’apposita commissione di postulazione, istruirà l’inchiesta necessaria per portare alla beatificazione, valutando testimonianze e documenti.

L’ultimo “miracolo” – se vogliamo definirlo così – l’ha fatto al vescovo mons. Renzo che ha raccontato che temeva di non poter essere presente, per i postumi di un’operazione subita nei giorni scorsi. «La mia gratitudine – ha detto il presule – va al Signore per il dono che ci ha fatto di Mamma Natuzza, E devo dire grazie anche a lei non solo per la sua testimonianza di fede, ma anche per la premura e la cura che mi ha riservato soprattutto in questi ultimi mesi: vi assicuro che oggi non sarei stato qui e non avremmo potuto aprire la causa senza il suo concreto ed avvertito aiuto. Stava per saltare tutto per alcune complicazioni emerse dopo l’intervento chirurgico che nei giorni scorsi ho dovuto sostenere a Bologna. Mi sono visto quasi perduto, quando, alla fine di febbraio, a Bologna, mi chiesero nuovi esami clinici che comportavano tempi lunghi. Il tempo stringeva e non sapevo come risolvere. Ho chiesto aiuto a lei se non voleva che saltasse tutto. Devo riconoscere che Natuzza mi ha fatto trovare tutte le porte aperte. E oggi siamo qui ad avviare il processo di beatificazione».

Questo, ovviamente, è il primo passo per giungere a presentare la richiesta di beatificazione al Santo Padre: «Solo quando arriverà il decreto del Papa – ha detto mons. Renzo – che riconosce le sue virtù eroiche potremo parlare della Venerabilità della nostra Mistica». Adesso è tempo di pregare. (rrm)

Nell’immagine dio copertina, mons. Luigi Renzo