SERVE UNA POLITICA DEI BENI CULTURALI
PER TUTELARE I TESORI DELLA CALABRIA

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Serve una politica per i Beni Culturali in Calabria. È ciò di cui hanno bisogno i borghi, i musei, i palazzi storici, le piazze, le Chiese e tutto il patrimonio culturale calabrese. Ma è anche quanto è emerso da una tavola rotonda svoltasi nei giorni scorsi a Cittanova, in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio, organizzata dall’Associazione Città della Piana.

I lavori sono stati avviati dal presidente dell’Associazione, Armando Foci, a cui sono seguite le relazioni di Marcello Anastasi, già consigliere regionale, sul tema Una politica per i beni culturali. Sull’argomento Anastasi si è soffermato sulle questioni critiche ancora oggi aperte sui Beni culturali, proponendo anche possibili soluzioni a favore della tutela e della salvaguardia del Patrimonio  ed in funzione alla promozione dell’inclusività, la coesione sociale, la legalità, del senso di appartenenza al territorio di ogni cittadino. 

Nonostante  i passi in avanti rispetto al passato bisogna  continuare a lavorare intensamente per mantenere alti i livelli di vigilanza e superare le problematiche  da affrontare e risolvere, puntando anche facendo ricordo alle nuove tecnologie e anche a forme di collaborazione spontanee ripartendo dal basso, dalla comunità civile nell’opera di  valorizzazione del Patrimonio al quale va    riconosciuta anche l’importanza  dell’accessibilità, dell’inclusione e  della sostenibilità e del  concetto di benessere, nella sua accezione più ampia, che implica uno stato di salute congiunto a quello di felicità sociale.

«Mentre coloro che, da sempre, operano nel settore – ha spiegato Anastasi – sono alle prese con  le nuove sfide della società contemporanea  per ridefinire  il loro ruolo e le loro pratiche, a maggior ragione debba  riconoscersi il valore delle comunità locali  nei processi e nelle decisioni a sostegno del patrimonio».

Anastasi nella sua relazione ha ribadito l’urgenza, ormai evidente, si rendere chiare e accessibili le informazioni e le conoscenza, ma non solo: è necessario, anche, capire quali iniziative servono – e come intraprenderle – per tutelare le bellezze storiche, artistiche e paesaggistiche.

Significativa, poi,  è stata  la testimonianza del prof. Giovanni Laruffa, già sindaco di Polistena, che si è interessato personalmente a sostenere  il restauro e la rivalorizzazione della famosa statua della “Fortuna” di Giuseppe Renda, posta nel cortile di Palazzo Avati di  Polistena (RC).

Un esempio – è stato questo l’auspicio – che venga rifatto aprendo la strada a nuove collaborazioni.

L’ Archeologo Gian Luca Sapio,  ha raccontato la sua esperienza come esperto operatore nei beni culturali e presidente dell’Associazione RoPAM (Rosarnesi per il Parco dell’Antica Medma), adoperandosi  per l’apertura, dopo cinquant’anni di abbandono, del Parco archeologico  dell’antica Medma. Il Parco Archeologico dell’antica Medma è ampio circa quattordici ettari, ed è tra i luoghi più suggestivi e significativi della Calabria.

Da questa storia si evince, dunque, che anche se nel  mondo  dei Beni culturali siano state numerose le leggi e le norme per riformare e migliorare la gestione del patrimonio dei beni culturali, purtroppo sembra che le stesse non abbiano poi goduto, in corso d’opera, di validi  supporti rispetto ai reali bisogni,  portando spesso ad ottenere risultati al di sotto delle aspettative.

È evidente, dunque, che servono nuove forme di collaborazione per affrontare la questione dell’incuria, della cancellazione dei monumenti, palazzi storici a causa dell’abusivismo; della spoliazioni di opere, dei furti di beni artistici trafugati e falsificati. E, ancora, della mancanza di illuminazione o degli strumenti di video sorveglianza nei Parchi Archeologici a cielo aperto. Quest’ultimi, in particolare, sono soggetti ad atti di vandalismo. Un esempio lampante è il Parco Archeologico di Monasterace, lasciato all’incuria più totale e senza nessuna sorveglianza, tanto che ormai è diventato un passaggio per scendere a mare.

Secondo, Marcello Anastasi,  numerosi sono ancora i  reperti  che rimangono sotterrati in attesa di essere riportati  alla luce mediante  nuove  campagne di scavi da finanziare, come nel caso delle aree di Palmi-Seminara. «Da non  dimenticare, anche – ha continuato Anastasi – quel che rimane sommerso in fondo ai mari che circondano la Calabria. Inoltre, i siti archeologici industriali, i vecchi casolari  testimonianze importanti  della nostra cultura contadina, insieme a vecchi  mulini,  acquedotti,  frantoi…».

«Altrettanto si può dire – ha proseguito – per  le vecchie stazioni ferroviarie, oggi dismesse, appartenenti alle linee ferroviarie della Calabro lucane e delle Ferrovie dello Stato. 

Rivolgendosi al consigliere regionale Pietro Molinaro, presente al convegno, è stato chiesto di porre all’attenzione del Consiglio regionale tali questioni, compresa anche quella delle numerosi professionalità di archeologi, storici d’arte, architetti, numismatici, archivisti, restauratori, operatori per i  Beni culturali, presenti nel territorio, mancanti di un   impiego e che potrebbero rientrare in un piano speciale di collaborazioni per il recupero e la tutela dei beni del patrimonio, piuttosto che  rischiare di perderli  aggiungendosi alla lunga lista di cervelli  in fuga verso altre regioni italiane o i Paesi esteri.

Particolare attenzione è stata, poi, rivolta a nuove infrastrutture o all’ammodernamento stradale, dotandole anche di un maggior numero di indicazioni turistiche sui luoghi d’arte da  visitare o sulle bellezze paesaggistiche. Se si vuole fare turismo e cultura insieme va  migliorata  l’offerta dei  servizi a partire dal trasporto per collegare i centri d’arte, i paesaggi caratteristici, i borghi anche a rischio  di spopolamento  per i quali servono urgentemente efficaci azioni  di rivitalizzazione.

Operazioni indispensabili realizzare un sistema  di connettività tra Patrimonio culturale e il Settore del  Turismo utili a drenare maggiori ricchezze economiche  per la nostra regione. Una  manovra  economica turistico – culturale davvero importante che coinvolga gli Enti pubblici e le Agenzie private nella promozione turistica che prevedano misure straordinarie  a favore  delle istituzioni scolastiche mediante  straordinari  finanziamenti a favore di iniziative varie, visite guidate o gite d’istruzione, in seno alla stessa nostra Regione; speciali sgravi fiscali per gli investimenti  a favore  della valorizzazione  del patrimonio, l’acquisto di beni e servizi culturali, prevedendo la  detrazione  dalla dichiarazione dei redditi  delle spese in merito (acquisto libri, biglietti di  ingresso ai cinema, ai  teatri, musei,   aree archeologiche, trasporto per visite al patrimonio ,musei, aree archeologiche, convegni. 

Il dott. Giacomo Oliva, direttore del Museo Diocesano di Locri- Gerace, intervenendo al dibattito  ha evidenziato  la necessità   di una migliore  comunicazione nella gestione  del patrimonio regionale  attraverso moderni sistemi digitali di informazione anche multilinguistica di cui dispone lo stesso Museo diocesano di Gerace che dirige, che pure quest’anno, ha registrato un elevatissimo numero di   presenze   calcolabile intorno a circa trentamila persone.

L’ing. Paolo Martino, direttore del Museo diocesano di Oppido Palmi , nel fare  riferimento alle Chiese della Piana di Gioia Tauro   ha posto in evidenza il numero  di opere d’arte di importante valore artistico culturale in esse custodite, appartenenti ai secoli passati e sfuggite fortunatamente alla furia distruttiva di  vari terremoti e che mancano di valorizzazione per l’inesistenza di segnaletica stradale all’interno delle stesse città e di altre forme di informazione.  

Un patrimonio che vanta nomi  d’arte come Montorsoli, Gagini, Bottone, Jerace, Tigani, e altri ancora. Ha poi aggiunto che  , ormai da tempo, la Chiesa si confronta anche con l’arte contemporanea, nella consapevolezza della grave crisi che la produzione artistica sacra sta vivendo. Il Museo Diocesano di Oppido Palmi, ha la primaria missione di essere frontiera di conservazione del patrimonio di arte sacra del territorio ma  è anche impegnato nella proposizione di un nuovo dialogo tra arte e fede, un dialogo continuo con gli artisti contemporanei, avviando    iniziative di tipo laboratoriale-didattico.

Un lavoro di conservazione e di promozione permesso  anche grazie alle donazioni previste dall’otto per mille.  

Il dott. Pietro Criaco, responsabile dei servizi del Polo Museale -Casa della Cultura  Leonida Repaci di Palmi, ha  illustrato a riguardo  la struttura  dotata di ampie sale, auditorium, biblioteca comunale, una pinacoteca d’arte moderna e contemporanea, sale per   conferenze, dibattiti, concerti,  mostre d’arte e  manifestazioni culturali di vario tipo fra le quali  il Concorso Nazionale di Esecuzione Musicale per Flauto e Musica d’insieme “F. Cilea”, giunto alla XXX edizione, ed il Premio letterario “Palmi” già all’XI edizione. Anche qui si avverte il bisogno di maggiori risorse sia professionali che  economiche  vista la mole  di servizi  per la comunità come  studenti  degli Istituti scolastici della Piana o anche  stranieri  in visite  di scambio  dei programmi Erasmus.

Il dott. Domenico De Luca, storico e Giornalista,  ricordato le grandi opere   dello scultore cittanovese Michele Guerrisi ed esposte in seno alla Gipsoteca. La dott.ssa Lucia Lojacono, Direttore del Museo Diocesano  di Reggio Calabria, ha illustrato la l’esperienza educativa e didattica del Museo diocesano di Reggio Calabria, quale  luogo di socializzazione e di dialogo con il territorio e le comunità, attraverso la condivisione dell’esperienza della Bellezza, al fine di favorire l’inclusione sociale e la piena accessibilità.

Ed infine il  Prof. Mario Panarello, Docente di Storia dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Lecce, ha relazionato sul valore  della ricerca storica per  conoscere e   valorizzare il Patrimonio, di cui è esempio  la sua esperienza del Museo delle ceramiche di Seminara, quale  costola del Centro Studi “Esperide” per la  cultura artistica in Calabria, che già promuove  una rivista scientifica e diversi importanti progetti e mostre.

La tavola rotonda si è, poi, conclusa con l’auspicio da parte dell’arch. Armando Foci, Presidente della Associazione Città della Piana  che ha ringraziato gli ospiti dell’incontro ed il numeroso pubblico presente , formulato l’auspicio che molto di più si possa ancora  fare  per il  Patrimonio, confidando in un impegno maggiore da parte degli Enti, le Istituzioni scolastiche, le Associazioni, i liberi cittadini a favore della tutela, la valorizzazione ed  il senso di appartenenza al territorio. (ams)  

 

CALABRIA, MANUTENZIONE PROGRAMMATA
ETERNA SMEMORATEZZA DI TANTI COMUNI

di MIMMO NUNNARI – C’è un tema da affrontare in Calabria, con forza e determinazione, che interessa la quasi totalità dei 404 comuni e in primo luogo le cinque città capoluogo: Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio e Vibo. Riguarda la “manutenzione programmata”, un termine tecnico che significa prevedere nella programmazione annuale e nei bilanci una costante manutenzione, in particolare dei centri storici e delle periferie che sono le più colpite dal degrado e dell’abbandono.

A nessuno, che abbia un minimo di amore per la propria città, per la loro storia, e rispetto per i cittadini, può sfuggire l’importanza del complesso di operazioni necessarie a conservare funzionalità ed efficienza dei beni di una comunità: strade, edifici, monumenti, macchinari, argini di fiumi, impianti di depurazione, acquedotti, edifici storici. L’elenco può essere lungo, e ognuno può aggiungerci qualcosa a piacimento poiché la “reintegrazione” di ciò che non funziona, o funziona male,  è un “interesse” comune, riguarda tutti.

La manutenzione, che chiameremo fattore “M”, pone una questione seria, fondamentale, anzi due: la migliore qualità della vita urbana e la sicurezza della vita dei cittadini. 

Nonostante il problema sia fondamentale per il controllo del territorio e per il suo sviluppo, da anni sembra scomparso dall’agenda dei comuni e dai bilanci. 

Si pensa, ad ogni inizio di amministrazione, ad opere nuove che in buona parte non saranno mai completate, ma poco, o nulla, si fa per la cura, il restauro e la riconquista di spazi sempre più degradati. Un tempo, il fascino calabrese, ciò che attraeva i visitatori,  riguardava luoghi, paesaggi, testimonianze delle antiche civiltà, delle città scomparse. Molto di questo patrimonio, di questa enorme ricchezza, è andata distrutto per incuria, terremoti, calamità naturali, ma tanto è rimasto, e altrettanto è stato ricostruito, a volte anche sensatamente, con criteri urbanistici e architettonici eccellenti. Pensiamo alla nuova Reggio del dopo terremoto del 1908, ma pensiamo anche alla trascuratezza di Cosenza (l’Atene della Calabria) che ha uno dei centri storici più importanti del Meridione che aspetta di essere valorizzato, alla Catanzaro con i balconi sul Golfo di Squillace, con le viuzze, i vecchi palazzi, con la “Grecìa”, il più antico quartiere catanzarese, e poi a Crotone, con le sue pietre che parlano di arte, di storia e di cultura, e a Vibo, con le sue architetture religiose, i palazzi storici, i reperti di un grande passato.

Tutte queste città, con un glorioso passato alle spalle, avrebbero bisogno di una manutenzione costante, di un restauro, per conservare la loro invidiabile bellezza e tenere lontano il degrado, che è il segno più impietoso del sottosviluppo e del deficit di civiltà. Ma così non è stato e la degradazione ha aggredito centri storici e periferie, senza risparmiare nessuno. Le colpe, in questo caso, inutile andarle a trovare altrove, col cattivo costume del vittimismo, poiché sono colpe interne, colpe di chi non ha agito, di chi non ha vigilato, di chi è stato ed è ancora oggi, incapace di sviluppare azioni programmate. 

È mancata la politica urbana o, peggio, se c’è stata è stata pessima, per aver consentito urbanizzazioni scriteriate, messo alla porta la parola manutenzione, scambiato il restauro con la demolizione.

 Non si potrà fare mai turismo, o pensare al patrimonio artistico e culturale della Calabria come ad un attrattore, se non si volta pagina. Altro che gadget, che ragionevolmente il presidente Occhiuto ha bloccato, spiegando che le priorità sono altre, per richiamare i visitatori in Calabria. Chi vive a Reggio – per fare un esempio di quello che non va –  una delle più belle città del Mediterraneo, dove si preparano a stravolgere una piazza storica (De Nava) con sottostante necropoli ellenistica, con un progetto avventato, dove sono state installate 46 colonne metalliche in via Marina che somigliano ai ferri che fuoriescono delle palazzine mai finite, dove per celebrare i 50 anni del ritrovamento dei Bronzi di Riace è stata ingaggiata Anna Falchi, sa delle strade gruviera, dei tombini otturati, dei marciapiedi sbriciolati, degli acquedotti rotti, della sporcizia diffusa, della spazzatura accatastata, del tapis roulant dormiente, del Lido divenuto casa dei topi, dei semafori spenti, delle voragini e del livello di civiltà, miseramente basso, frutto della maleducazione di una minoranza di cittadini ma conseguenza anche, o soprattutto, della politica amministrativa inadeguata. 

I “costumi greci” (e Reggio è greca) si chiamavano così perché i cittadini imitavano lo spirito e il gusto della politica, si ispiravano all’arte, alla cultura, al bello. Oggi da imitare c’è poco, prevale lo stile barbaro della distruzione e della “coatta” convivenza col degrado. Citiamo Reggio perché nella sua storia questa città ha bellezza e civiltà, ma oggi, con un presente declinante, occupa uno dei primissimi posti nella graduatoria nazionale dell’inefficienza, della degradazione, delle opere incompiute, delle bruttezze programmate.  

Il problema, sia chiaro, esiste in tutte e altre città capoluogo, e in tutti, o quasi tutti, i comuni grandi e piccoli della regione, salvo rare lodevoli eccezioni, che sarebbe giusto encomiare e citare, ma soprattutto premiare. In Francia molti comuni e villaggi si fregiano di fiori che appaiono sui loro cartelli segnaletici (una specie di stella Michelin) che corrispondono a qualità, pulizia e arredo urbano. Più funzionano i servizi, di più fiori ci si può fregiare, e più contributi si possono ricevere. Sarebbe bello se il tandem Occhiuto-Princi oggi al vertice della Regione, istituisse qualcosa del genere, premiando i comuni virtuosi, incentivandoli con finanziamenti aggiuntivi e autorizzando a fregiarsi di un simbolo, un fiore, una stella, un segno di riconoscimento, un frutto rinomato, un bergamotto, un cedro, un grappolo d’uva e così via in misura corrispondente ai meriti. Sono mille i simboli della Calabria che rappresentano la sua storia.

È chiaro, va detto, che la manutenzione richiede quadri pubblici preparati e adeguate professionalità e si obietterà che ci sono comuni dove se un sindaco non sa scriversi una lettera, quella lettera non la scriverà nessuno, ma non è un buon motivo per non mettere in atto politiche che consentono di conservare i beni comuni e contestualmente promuovere i processi di sviluppo delle città. In passato, soprattutto nei piccoli comuni, era sufficiente un buon ragioniere per il bilancio e un buon geometra preparato per i lavori pubblici, per ottenere ottimi risultati. Il problema è, dunque, essenzialmente, politico, di cultura amministrativa. Certo ci sono pure insufficienze che derivano da problemi di bilancio, anche questo è vero, ma è pur vero che le risorse spesso si sprecano, si distraggono in feste, festicine, sagre, manifestazioni pseudo culturali dove manca la cultura, rassegne del “qualunquemente”, che magari saranno pure gradite, ad una fetta di cittadini, o servono per rispondere ad una certa domanda sociale, ma le buche, i tombini intasati, le caditoie otturate, i marciapiedi rotti e così via dovrebbero avere priorità. Questi scempi, dobbiamo dircelo, sottovoce, riguardano le amministrazioni del Sud, della Calabria in particolare, perché a queste latitudini la manutenzione è sconosciuta. 

In qualsiasi città del Nord, le cose vanno diversamente. I centri e le periferie sono puliti, il verde è curato, i servizi sono efficienti, i parchi pubblici un gioiello. Ci pesa fare questi raffronti, anche in considerazione del fatto che le differenze Nord Sud come sappiamo sono al fondo di ogni problema di deficit del Meridione, ma il modo di fare di sindaci, amministrazioni, ha condannato le città calabresi alla logica dell’incompletezza, del tiriamo a campare, che è il segno più evidente del sottosviluppo. (mn)