ECCO IL PATTO TRASVERSALE PER IL PONTE
UN’OPERA PER L’EUROPA, ORA BASTA RINVII

di SANTO STRATI – La trasversalità del patto sottoscritto per il Ponte sullo Stretto viene suggellata a Palazzo Madama, nella sala dedicata ai martiri di Nassirya: ci sono deputati e senatori di ogni schieramento, anche di Fratelli d’Italia, che, com’è noto, sono all’opposizione. Il senatore calabrese Marco Siclari (FI), che aveva promosso con la senatrice Silvia Vono (Italia Viva) il meeting di Villa San Giovanni della scorsa settimana, è visibilmente soddisfatto, orgogliosamente consapevole di essere riuscito in un’impresa quasi impossibile. E invece, sul documento cosiddetto “Patto per il Ponte” che finirà direttamente nelle mani di Mario Draghi ci sono firme di tutti i partiti. Questo, sia chiaro, non vuol dire che tutti vogliono il Ponte, anzi c’è una maggioranza insidiosa che rema contro, più per un pregiudizio ideologico che per vera convinzione. Il fatto è che sono passati 50 anni e stiamo ancora a parlare di Ponte e sarebbe un’altra mera occasione di accademico confronto se le condizioni politiche non fossero, in questo momento, diverse. C’è un esecutivo a guida Draghi che punta sulla ripresa e sulla crescita e quindi non può accogliere a braccia aperte l’odiosa politica del no-sempre a cui ci hanno abituato negli ultimi anni i grillini. Talebani in nome dell’anticasta fino a che non sono diventati essi stessi parte integrante della casta stessa e si stanno autodistruggendo da soli perché la scelta della “decrescita infelice” per troppo tempo predicata non poteva restare in piedi con una pandemia disastrosa e assassina. E ancora oggi assistiamo a singolari prese di posizioni antitetiche che disorientano ulteriormente il popolo pentastellato: il sottosegretario alle Infrastrutture Cancellieri ha dichiarato due giorni fa in un’intervista a La Stampa di essere favorevole al Ponte e i suoi compagni di partito si sono messi le mani nei capelli.

Questo per dire che abbiamo la fortunata coincidenza di un esecutivo del fare che difficilmente troverà una configurazione politica così ampia: larghe intese (con qualche mugugno, certo) come non s’era visto mai, con accenni di liti subito sopite. E quando ricapita un’occasione del genere? Quale migliore occasione per cercare la convergenza necessaria per passare dal sogno del Ponte a una realtà progettuale fatta di cantieri e lavoro? Già, perché il Patto che sarà presentato a Draghi dice praticamente questo: ci sono tutte le condizioni per dire sì al Ponte. Persino l’inutile commissione istituita dalla ministra Paola De Micheli ha partorito, dopo nove mesi, un topolino, affermando che – comunque – ci sono le condizioni per dire sì al Ponte. Anzi no, ci sono le condizioni per prendere ulteriore tempo e decidere se il ponte va fatto a una campata o a due o tre. Attenzione, la pur discutibile relazione non chiude dicendo: il ponte non si può né si deve fare, indica, invece, che andrebbe studiata la soluzione migliore per l’attraversamento stabile dello Stretto, mediante un ponte sospeso.

La questione delle campate del Ponte, per la verità, suggerisce più di un sospetto che sia, alla fine, un buon pretesto per perdere altro tempo. Una scorciatoia comoda per rinviare ulteriormente, richiedendo nuovi studi e approfondimenti che richiederebbero buoni altri dieci anni. E perché? Quando, di fatto esiste un progetto approvato e immediatamente cantierabile con tutti i nulla osta del Ministero dell’Ambiente, che rispetta sostenibilità e territorio, cancellato da un esecutivo (quello di Mario Monti) privo di visione strategica per il Paese. perché perdere altro tempo? I due governatori di Sicilia e Calabria, Nello Musumeci e Nino Spirlì, non hanno intenzione di subire e si preparano a una battaglia epica, anche in vista delle prossime elezioni. Intanto, il patto trasversale ieri in Senato ha raccolto altre firme che hanno superato ideologia e appartenenza partitica nella convinzione di fare la cosa giusta per Calabria e Sicilia, o meglio per l’Europa. Perché, dev’essere chiaro, il Ponte non serve a collegare due regioni marginali nel contesto europeo, bensì a far diventare realtà il corridoio europeo Helsinki-La Valletta. E L’Alta Velocità (quella vera, come ha voluto sottolineare Draghi) in Calabria non avrebbe senso se si fermasse a Reggio Calabria e non proseguisse – attraverso il Ponte – fino a Palermo.

Abbiamo chiesto un ulteriore parere sulla questione sollevata dalla Relazione sul Ponte: «Per soluzioni di attraversamento aereo – ha detto a Calabria.Live il prof. Enzo Siviero docente dell’Iuav di Venezia, professore di Ponti e Rettore dell’Università E-Campus, uno dei maggiori esperti del settore – diverse da quelle considerate nel progetto definitivo esistente, ovvero per ponti a più campate con pile in alveo, dovranno essere condotte indagini geofisiche, geologiche, geotecniche, fluidodinamiche. Si dovranno analizzare le azioni e gli effetti delle correnti marine, la presenza di faglie, frane sottomarine e di tutti i tipi di accumuli di sedimenti sommersi che possono subire deformazioni, spostamenti, rottura, liquefazione dinamica. Le indagini dovranno permettere di valutare il comportamento meccanico dei volumi di terreno che influenzano e sono influenzati dalle opere a terra e in alveo. Bisognerà inoltre considerare che nelle parti centrali dello Stretto, nella zona assiale del graben, è attesa una subsidenza cosismica superiore al metro in caso di attivazione di faglie ai margini dello Stretto per terremoti di magnitudo M > 6,5”. (Pag.137 della relazione del GdL De Micheli). Credo – dice Siviero – sia più che sufficiente per capire in che guaio si è infilato il ministro Enrico Giovannini. Ci vorranno anni per tutto questo E magari riscontrare che i costi sono esorbitanti e i tempi non calcolabili. In più tutto l’assetto urbanistico territoriale dovrebbe essere completamente rivisto».

Gli fa eco Giovanni Spalla, ordinario di Urbanistica all’Università di Genova: «Condivido pienamente il giudizio critico e di delusione che il prof. Siviero ha manifestato, senza mezzi termini, alla relazione della commissione De Micheli del Mit, che arriva con dieci anni di ritardo a riconoscere necessario un collegamento stabile tra Messina e Reggio Calabria e improponibili le ipotesi di tunnel sottomarino. Siviero – dice Spalla – mette in luce, in generale, le carenze di carattere scientifico e metodologico e le diverse omissioni previste dal progetto approvato di ponte a campata unica: dalla elaborazione del monitoraggio ambientale ai vantaggi della cantierizzazione e del riuso dei materiali di scavo in funzione del ripascimento dei litorali erosi. E dimostra tutte le criticità insite nelle argomentazioni riportate dalla suddetta relazione ministeriale a sostegno del ponte a tre campate, nella quale si afferma che la sua “localizzazione sarebbe più prossima ai centri abitati di Messina e Reggio Calabria, con conseguente minore estensione dei raccordi multimodali, un minore impatto visivo, una minore sensibilità agli effetti del vento, costi presumibilmente inferiori e maggiore distanza dalle aree naturalistiche pregiate”». Secondo il prof. Spalla, la validità di tale ipotesi di spostamento di tale ponte più vicino ai centri abitati di Reggio e Messina è tutta da dimostrare, per diverse ragioni. In primo luogo, perché si prevede che i maggiori flussi di trasporto di persone e merci non saranno generati dalle attività della costituenda area metropolitana di Reggio e Messina, ma soprattutto da quella molto più ampia, che coinvolge il territorio nazionale ed europea. In secondo luogo, è buona norma, in termini di urbanistica dei trasporti, tenere questi grandi flussi ferroviari e autostradali il più lontano possibile dai centri abitati di cui sopra, per evitare che essi siano colpiti da fenomeni di intasamento del traffico locale urbano e metropolitano, e dal conseguente maggiore inquinamento visivo, acustico e chimico».

Il prof. Spalla è ancora più esplicito: «Nei limiti delle mie competenze urbanistiche, dico che l’unica soluzione valida per collegare stabilmente Reggio Calabria e Messina sia quella del ponte a campata unica nella configurazione già elaborata di pianificazione integrata metropolitana e di progettazione strutturale, cui fa riferimento il prof. Siviero, come progetto approvato di “elevatissima qualità” progettuale, innovativo e esemplare “che non ha eguali al mondo, vanto dell’ingegneria italiana e che il mondo ci sta copiando, a livello mondiale”. È totale la mia condivisione del valore eccezionale, architettonico e strutturale, del progetto di ponte a unica campata, anche secondo il punto di vista dell’urbanistica del paesaggio (argomento verosimilmente sconosciuto alla politica politicante), nella sua nuova declinazione del Landscape Urbanism, che vede l’estetica ecologica del paesaggio integrata con l’urbanistica territoriale, la cui competenza, insieme a quella dell’ingegneria strutturale, manca del tutto nella relazione del Mit».

Fin qui due massime autorità che smontano la relazione del Gruppo di Lavoro, ma in Sala Nassirya, nell’incontro con la stampa non sono mancate argomentazioni politiche di tutto rispetto. Il presidente ff Spirlì ha ribadito che bisogna «de-provincializzare il progetto del Ponte sullo Stretto: non è un’opera della Calabria o della Sicilia, ma un progetto europeo. Se volessimo pensare a un referendum consultivo, dovremmo perciò fare un referendum europeo. Questo non è più il tempo delle chiacchiere, è quello dei grandi fatti. Non si deve neppure perdere tempo attorno alla questione delle campate: il progetto c’è già, approvato e cantierato. C’è solo da farlo ripartire. Magari va rivisto, ma dopo i necessari controlli e ammodernamenti bisogna partire dal progetto che abbiamo già in mano».

Di altro tenore l’intervento del vicepresidente della Regione Sicilia Gaetano Armao che ha fatto notare quanto pesino i costi dell’insularità alla sua terra: quattro miliardi l’anno (diventati sei a causa della pandemia). E quanto costa la marginalità per la Calabria? Con tutti questi soldi, nei dieci anni che si sono persi, si costruiva un ponte l’anno… È un argomento che nessuno, fino a oggi, ha mai trattato. Facciamoli questi conti.

La sen. Silvia Vono, nell’esprimere soddisfazione per il documento, sostiene che bisogna chiedere che «si decida in termini brevissimi di avviare ogni iter di realizzazione dell’opera che permetta una nuova visione del nostro paese anche in rapporto alle relazioni con l’Europa che si aspetta da noi progetti all’altezza di qualificare il nostro meraviglioso paese in ambito internazionale. Le possibilità di nuova occupazione, di investimenti concreti, di sviluppo economico che si riflette immediatamente su quello sociale non possono essere sottomesse a logiche politiche e il confronto, e i lavori, devono essere immediatamente avviati, entro questa legislatura. Questo Governo è nato per creare debito buono, quel debito che può essere definito “buono” solo se sblocchiamo i cantieri utili per uno sviluppo strategico di presente e futuro dell’Italia senza che questi progetti “visionari” impediscano la realizzazione di opere minori che invece vengono rafforzate perché i territori amplieranno le potenzialità di crescita e anche i comuni più piccoli che li popolano potranno godere di un periodo di espansione socio-economica».

Secondo il sen. Ernesto Magorno (Italia Viva) è stata «una conferenza stampa riuscitissima che rafforza l’unione di intenti per la realizzazione di un’opera fondamentale per proiettare il Sud verso il futuro. Continuiamo a lavorare per il rilancio di un’area dell’Italia che non può restare indietro». E lo stesso promotore dell’incontro Marco Siclari ha chiuso dicendo: «chiederemo al Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi di incontrare tutte le parti del patto, i rappresentanti dei Sindaci dei territori interessati e coinvolti, una rappresentanza  parlamentare di ognuna delle forze politiche ed i Presidenti delle Regioni Sicilia e Calabria per presentare il Patto del Ponte. Abbiamo piena fiducia nel Presidente del Consiglio, Mario Draghi».

Insomma, c’è un certo ottimismo, ma soprattutto la convinzione che i tempi siano maturi: «se non si fa adesso non si farà mai più» è opinione comune. «Non usiamo – ha detto Spirlì – la parola mai più: si farà e basta». Più ottimisti di così… (s)