di SANTO STRATI – C’è un comune destino che accompagna due sogni “impossibili”: il Ponte sullo Stretto e il progetto Mediterranean Life. Il primo, sognato da oltre un secolo, progettato esecutivamente oltre dieci anni fa e stoppato, inopinatamente, dal Governo Monti, riguarda il futuro di due regioni, Calabria e Sicilia, ma in realtà la sua realizzazione (?) interessa l’intera Europa; il secondo, frutto di una visione intelligente di un gruppo privato, potrebbe cambiare radicalmente la vita di una città come Reggio Calabria. Città sul mare, ma mai appropriatasi delle risorse che il mare stesso le offre, senza riuscire a diventare Città “di” mare. Anzi, l’assenza di programmazione e di visione politica hanno condannato la città di Reggio all’abbandono e all’inevitabile degrado. Parlano da soli il degrado vergognoso in cui è lasciato da anni il Lido Comunale (nonostante il progetto del Museo del Mare che dovrebbe sorgere lì firmato nientemeno che dall’archistar Zaha Hadid), le montagne di rifiuti inimmaginabili in una città civile, e le risorse preziose sprecate senza il minimo di programmazione (per esempio i Bronzi su cui si litiga su come festeggiarne il cinquantenario).
Cosa accomuna due progetti che, in maniera evidente, hanno entrambi a che fare con lo Stretto e possono trasformare l’intera area? Per il Ponte è facile intuire gli ostracismi e la decisione di “non decidere” seguendo la politica del rinvio perenne: l’ultimo scandalo che nessuno stigmatizza sono i 50 milioni buttati via, decisi dal ministro Enrico Giovannini, per finanziare nuovi studi di fattibilità sul progetto. Spesa inutile, manovra che serve solo a rinviare ulteriormente i tempi della (quasi certamente impossibile) realizzazione, quando esiste già un progetto esecutivo e c’è un contenzioso tra Stato e società che ha vinto l’appalto (ex Impregilo, oggi Webuild che fa capo all’ing. Pietro Salini) che vedrà con buone probabilità soccombere il pubblico (oltre 800 milioni di penale). Che senso aveva, come ha fatto l’ex ministra Paola De Micheli creare un tavolo ad hoc con esperti e consulenti lo scorso anno, per partorire una documentazione che nulla aggiungeva alle tonnellate di carte già prodotte in cinquant’anni di studi? Quella commissione è costata ai contribuenti un po’ di milioni, ma non serve a nulla. Peggio sarà con i 50 milioni “investiti” da Giovannini: un’ulteriore inutile spesa di cui si poteva tranquillamente fare a meno, tanto, finché manca la volontà politica, il Ponte – che sarebbe un capolavoro dell’ingegno e dell’industria italiana – non si farà mai.
Quali sono le ragioni di tanto accanimento, dove accanto alle risibili ragioni di qualche bizzarro biologo marino (“l’ombra del Ponte darà fastidio ai pesci nello Stretto”) ci sono evidentemente interessi e motivazioni di natura economica che travalicano il nostro Paese, ancora una volta sottomesso a specifiche volontà “esterne”? Se il Ponte fosse stato costruito, quando venne varato il progetto e furono iniziati i lavori (2011), oggi avremmo la consolidata realtà del corridoio europeo Ten T (quello dei trasporti, che prevede il collegamento da Helsinki alla Valletta). Con nessuna scusante per l’Alta Velocità/Alta Capacità che renderebbe la Sicilia ragionevolmente più vicina al Continente. Con gli evidenti vantaggi per la stessa Calabria, dove già il tracciato ipotetico dell’alta velocità ferroviaria allunga i tempi di percorrenza anziché accorciarli.
Misteri di un Paese dove lo sport più praticato dai burocrati è complicare gli affari semplici e fermare qualsiasi idea di sviluppo. Chi sceglie, chi decide di “allungare” il percorso, quando a rigor di logica l’Alta Velocità dovrebbe ridurre i tempi di percorrenza? In base a quale criterio si ipotizza un tracciato che allunga di oltre trenta minuti il viaggio? Già adesso, il Frecciarossa costretto a fare fermate che servono a mantenere vivo il consenso locale dell’amministratore di turno, impiega troppo sui vecchi binari che qualcuno aveva escluso come utilizzabili per i treni veloci. C’è voluto un guasto al Frecciargento, qualche anno fa, e l’utilizzo – ultima ratio – di un Frecciarossa sostitutivo per confermare che sì, sui vecchi binari potevano correre (senza esagerare) anche i treni di nuova generazione. È uno dei tanti segnali come la mobilità, lo sviluppo, la crescita del territorio sono argomenti tabù per chi governa sudditi che immagina ancora arrendevoli, ma l’aria sta cambiando e ci si può permettere un cauto ottimismo. La gente è stufa, incazzata nera e con l’inflazione alle stelle non arriva nemmeno a metà del mese. E i problemi maggiori di questo Paese sono gli scazzi tra Di Maio e Conte la leadership contesa tra Meloni e il resto della destra alla continua ricerca di un centro introvabile.
Il Ponte, del resto, è il simbolo del Sud che reagisce (e questo non piace ai Signori del Nord) e potrebbe mostrare di cosa sono capaci i progettisti e gli ingegneri italiani. Una straordinaria e invidiabile competenza, in grado di superare ogni problema: rischio sismico, sostenibilità ambientale, correnti marine, forza dei venti. Un esempio pratico? In Turchia hanno inaugurato un ponte che è poco più piccolo di quello che dovrebbe collegare Reggio e Messina. Un capolavoro di ingegneria, interamente basato sul progetto (bocciato) del Ponte sullo Stretto. Gli altri Paesi progrediscono con le competenze e le capacità dell’ingegno italico (quanti cervelli all’estero, e fra questi quanti calabresi andati via per assenza di opportunità nella propria terra?), da noi invece si litiga per quisquilie, nel segno costante del campanile e, nel caso della Calabria, delle gelosie e dell’invidia.
E veniamo all’altro scandaloso “silenzio” che circonda da anni un progetto che cambierebbe completamente la fisionomia del territorio e l’economia dell’intera Città Metropolitana di Reggio. Era il 24 agosto del 2019 e Calabria.Live dedicava al progetto Mediterranean Life il suo focus di apertura. “Pellaro farà diventare Reggio come Dubai”, titolavamo, con l’entusiasmo di chi – carte alla mano – intravedeva un futuro straordinario per un’area trascurata e dimenticata da Dio e dagli uomini. Che cos’è Mediterranean Life? È la trasformazione dell’area sud di Reggio, quella intorno a Pellaro per intenderci, in un polo turistico di attrazione internazionale, con alberghi, attracchi per navi da crociera, spazi museali, un auditorium da 6000 posti per spettacoli ed eventi congressuali, aree di verde attrezzato e tanto altro ancora.
Una grandiosa (se non gigantesca) città “di” mare ideata dall’arch. Pino Falduto (in un’altra vita ex assessore della Giunta del compianto Italo Falcomatà) che ha trovato i soldi (privati), condiviso le idee e l’amore per la sua Reggio, in una visione di futuro che, in qualunque altra parte del mondo, sarebbe accolta, apprezzata e valorizzata.
Bene, sono trascorsi quasi tre anni da quando ne abbiamo parlato per la prima volta e, ancora oggi, si continua a mantenere il silenzio assoluto sul progetto da parte dell’amministrazione locale e da parte della Regione (il Presidente Occhiuto probabilmente ignora – incolpevolmente – il progetto). Continuare a parlare di scandalo e cercare l’indignazione popolare è un esercizio inutile. Il consigliere comunale di Reggio Massimo Ripepi lo scorso maggio ha denunciato che l’Amministrazione comunale «tiene ancora nel cassetto il progetto del secolo», nonostante una mozione approvata dallo stesso Consiglio comunale il 13 novembre 2021. Un progetto – tanto per capire di cosa stiamo parlando – che prevede 500 posti di lavoro e 4 milioni di visitatori l’anno (due milioni di passeggeri in più per l’Aeroporto dello Stretto). Aeroporto trascurato, dimezzato, dimenticato, che si ferma anche per sterpaglie che bruciano, tanto è arrivato lo stato di abbandono. Anche qui ci sono 25 milioni che il deputato reggino Francesco Cannizzaro aveva con un colpo di mano fatto uscire dalla finanziaria del 2019. Fondi per ristrutturato lo scalo: ad agosto 2019 ci fu un evento all’Aeroporto con tanto di slide e powerpoint per illustrare i progetti che si sarebbero realizzati con quei fondi (a cui si sono aggiunti altri tre milioni dai fondi di coesione). Bene, carta straccia e con quei soldi che prevedevano la recinzione dell’area e il nuovo pavimento dell’aerostazione, si potrebbe fare una nuova costruzione per lo scalo. Il solito Falduto, con i suoi investitori privati, ha presentato un progetto bellissimo e di facile realizzazione per un nuovo aeroporto e l’ha offerto gratuitamente alle istituzioni: gli hanno detto subito no, grazie, senza nemmeno guardarlo.
Quello che, insomma, è capitato per Mediterranean Life: la sua realizzazione dà, evidentemente, fastidio, quindi il progetto va bloccato, buttato in un cassetto per essere dimenticato. Un progetto, ricordiamolo, interamente finanziato dai privati, così come Salini aveva dichiarato la propria disponibilità di metterci di tasca il necessario per fare il Ponte, eppure non interessa all’Amministrazione locale, nonostante le prospettive di occupazione e i ritorni sul piano economico.
L’arch. Falduto che ha realizzato Porto Bolaro, un centro commerciale bellissimo che ha trasformato interamente la zona (che poi è nella stessa area dove dovrebbe sorgere Mediterranean Life, ha progettato e realizzato anche un piccolo lido (Marina di Porto Bolaro) che è un sogno ad occhi aperti per i turisti che ci capitano ed è diventato un porto d’attracco per la nautica da diporto. Falduto ha capito da tempo che il traffico nel Mediterraneo di yacht e della nautica da diporto va intercettato e chiede ormeggi con servizi e assistenza. Quello che fa Marina di Porto Bolaro. Quello che farebbe Mediterranean Life, con l’aggiunta dell’attracco delle navi da crociera. Ma nessuno risponde: a nostro avviso, c’è già abbastanza materia per il penale se qualche pm volesse metterci il naso…
Nel Mezzogiorno, rassegniamoci, prevale la logica del non fare, di azzoppare i progetti, disperdere le idee, non occuparsi del bene comune. E difendere spesso l’indifendibile, in nome di una pretesa (e assurda) autonomia differenziata. Quando fu il momento di scegliere la rotta della cosiddetta Via della Seta, al posto di indicare Gioia Tauro (lo sbocco più naturale e più funzionale del Mediterraneo) furono preferite Genova e Trieste, perché probabilmente la classe politica meridionale (pressoché inesistente) non ha saputo far valere le giuste ragioni, le motivazioni più logiche, per dare ulteriori opportunità al Sud. Ma in Calabria si replica su tutto (a vuoto) e, anzi, nel Sud del Sud (per citare il bel libro di Giuseppe Smorto) accanto a eccellenze, professionalità e ingegno prolifera l’indifferenza o, peggio, il rigetto assoluto di qualsiasi idea innovativa che abbia ricadute serie per la popolazione, nel nome di quel bene comune di cui si perdono troppo spesso le tracce.
Il progetto di Pino Falduto, quest’idea straordinaria di futuro, nonostante non chieda finanziamenti e porti occupazione e sviluppo a un territorio degradato, continua a essere ignorato, nella segreta speranza che gli investitori dirottino altrove i propri quattrini, e lo stesso vale per il Ponte. Basterebbe immaginare come cambierebbe lo scenario di questa parte di Calabria con queste due realizzazioni per chiedere a Comune, Città Metropolitana e Regione (per Mediterranean Life) e al Governo e allo Stato (per il Ponte) di aprire finalmente gli occhi e pensare al territorio e alla gente che ci vive. La prima fase dei lavori del Ponte, per la sola costruzione porterebbe subito 25mila posti di lavoro, ma c’è chi si preoccupa dei pesci dello Stretto “turbati” dall’ombra di un Ponte chiamato desiderio. Perduto in un Mediterraneo a cui si nega un progetto vitale (Mediterranean Life) che Dubai ci copierebbe se non avessero fatto già qualcosa di simile. Ma i calabresi stanno perdendo la pazienza e i politici si ricordino che un altr’anno si torna alle urne.