Addio a VIncenzo D’Atri maestro di giornalismo in Calabria

di SERGIO DRAGONE – Un altro pezzo della storia del giornalismo calabrese vola via. Vincenzino D’Atri è stato un professionista serio e onesto, un galantuomo d’altri tempi, incapace di gelosie o slealtà in un mondo dominato dall’ego. Veniva dalla carta stampata prima di approdare in RAI. Forse per questo negli anni Settanta, quando facevo praticantato a Cosenza nella redazione del Giornale di Calabria, mi aveva “adottato” assieme a quel mostro sacro del giornalismo che è Emanuele Giacoia. Mi hanno aiutato molto a superare le difficoltà di ambientazione in una città per me nuova. Avevo poco più di vent’anni e bisogno di punti di riferimento. Vincenzino ed Emanuele riuscirono perfino a farmi avere, di straforo, il tesserino per accedere alla mensa aziendale della RAI, la mitica trattoria “Da Giocondo” in via Montesanto. “Tu non guadagni molto, questo ti aiuterà un poco”, mi dicevano i due Maestri.

Chi farebbe oggi qualcosa del genere per un giovane praticante un po’ spiantato? Questo a dimostrare la straordinaria umanità di Vincenzino, la sua bontà d’animo e la sua non comune sensibilità. Negli anni, anzi nei decenni, questo affetto e questa stima non sono mai venuti meno.

Vincenzino è approdato in RAI nella fase pionieristica e più difficile. Le tecnologie dell’epoca non sono minimamente paragonabili a quelle odierne e ciò rende l’idea degli sforzi sovrumani dei primi “pionieri” (ricordo tra quelli che ho conosciuto personalmente, Gegè Greco, il già citato Emanuele Giacoia, Enzo Arcuri, Franco Falvo).

D’Atri non aveva incontrato difficoltà nel passare dalla carta stampata al microfono. La sua stella di riferimento era sempre e comunque la notizia, un fatto da raccontare nel migliore dei modi, sulla base di elementi certi e fondati. Non amava gli scoop o le notizie non verificate rigorosamente.

Si era perfettamente calato nel ruolo di conduttore dei primi telegiornali regionali quando nacque la Terza Rete e già questo lo colloca stabilmente nella storia del giornalismo televisivo della Calabria.

Ma Vincenzino era anche un uomo passionale. Il suo “unico grande amore”, ovviamente dopo la sua adorata famiglia, era il Cosenza, la squadra che gli faceva battere il cuore e per la quale aveva dato tutto, perfino personali contributi in denaro nei momenti di maggiore difficoltà.

Vincenzino “era il Cosenza” e credo che la società rossoblù e il Comune debbano trovare il modo di ricordarlo perennemente alle future generazioni.

Alla figlia Gabriella, che ne ha raccolto il testimone in RAI, dico – sapendo di dire una cosa scontata e banale – di conservare sempre nel cuore il ricordo e l’esempio di questo padre speciale. A me resta il ricordo dolce di un giornalista già affermato che prese per mano un giovane praticante un po’ spaesato e con pochi spiccioli in tasca. Ciao Vincenzino! (sdr)

 

 

EMANUELE GIACOIA, GLI SPLENDIDI 91 ANNI
CALABRIA, GIORNALISMO, RAI E 90° MINUTO

di PINO NANO – La ricorrenza dei 50 anni di Novantesimo minuto,  offre lo spunto per celebrare un grande protagonista dell’informazione in Calabria, Emanuele Giacoia: i suoi 91 anni, splendidamente portati, uno dei protagonisti della popolare trasmissione Rai sin dalle prime puntate. Era il 27 settembre 1970 e la RAI teneva a battesimo e mandava in onda la prima puntata di  Novantesimo Minuto, uno dei programmi più famosi della storia della TV italiana. Della squadra di Novantesimo Minuto entra presto a far parte anche il giornalista Emanuele Giacoia, una straordinaria esperienza professionale vissuta tutta in Calabria, al servizio della Sede Rai di Cosenza dove Emanuele Giacoia, oggi novantunenne, arriva giovanissimo chiamato dall’allora direttore di Sede Enrico Mascilli Migliorini e da dove di fatto non è più andato via.

«È stata davvero lunga la mia epopea giornalistica in Rai. Dall’inizio, fino al giorno della pensione, la Rai è stata la mia casa, e credo di avere avuto da questa azienda più di quanto io stesso potessi desiderare. Lo riconosco, fare poi il giornalista Rai in Calabria non è stato facile, soprattutto in passato, quando cioè questa regione sembrava enormemente complessa e lunga da percorrere. Penso alle strade, erano fatte solo di curve e tornanti, che riducevano la nostra vita ad un frappè. Si arrivava sbattuti, esausti, stanchi, dopo ore e ore di marcia. Da Cosenza a Catanzaro, passando per Rogliano e toccando Soveria Mannelli, si contavano 1867 curve diverse. Non è una battuta, erano esattamente 1867. Da Cosenza a Reggio Calabria servivano invece dalle cinque alle sei ore di macchina. Ricordo che si sostava a Vibo per il cambio dei cavalli, noi dicevamo così, un caffè e due panini, poi si riprendeva il lungo viaggio. A Cosenza io divenni persino Caporedattore, un lavoraccio ed una grande responsabilità che porto ancora sulla mia pelle. Oggi la sede è faraonica, ma non fatevi ingannare: se sentite qualcuno mugugnare, scalciare, strepitare contro l’Azienda, non preoccupatevi più di tanto. La Rai non la lascerà mai davvero nessuno».

91 anni già compiuti il 4 marzo scorso, o meglio 91 anni meravigliosamente ben portati, straordinariamente rappresentati, orgogliosamente palesati, e che non sono soltanto la festa di compleanno di un grande telecronista sportivo come Emanuele Giacoia, ma sono soprattutto la festa di compleanno di un’intera generazione di radiocronisti e telecronisti, quelli di “Novantesimo minuto”, la trasmissione più popolare della RAI e che oggi compie i suoi primi 50 anni di messa in onda, e che ha reso grande il nome e l’immagine della Rai nel mondo.

I suoi compagni di viaggio, in tutti questi lunghi anni di radiocronache e telecronache sportive, sono stati davvero tanti, e il “grande vecchio” Emanuele Giacoia, come oggi in Calabria tutti lo chiamano, li ricorda uno per uno, senza mai temere un calo di memoria, o peggio ancora un errore di sottovalutazione.

Da Nicolò Carosio, ad Alfredo Provenzali, Enrico Ameri, Sandro Ciotti, Riccardo Cucchi, Claudio Ferretti, Ezio Luzzi, Piero Pasini, Enzo Foglianese, Gianfranco Pancani, Massimo Valentini, Tito Stagno, Carlo Sassi, Mario Giobbe, Ferruccio Gard,

Ma ancora: Nando Martellini, Bruno Pizzul, Alfredo Pigna, Giampiero Galeazzi, Claudio Icardi, Paolo Valenti, Giorgio Bubba, Lugi Necco, Ninì Talamo, Fabrizio Maffei, Beppe Viola, Andrea Boscione, Nico Sapio, Tonino Carino, Alfredo Pigna, Maurizio Losa, Italo Moretti, Luca Liguori, Italo Gagliano, Mario Gismondi, Adriano De Zan, Lello Bersani, Paolo Frajese, Marcello Giannini, Gianni Minà, Aldo Agroppi, Everardo Dalla Noce  Arnaldo Verri, Nuccio Puleo, Cesare Viazzi, Mario Guerrini, Carlo Nesti, Cesare Castellotti, Livio Forma, fino ai più giovani, l’indimenticabile Tonino Raffa o il grande Marco Civoli, una generazione di cronisti sportivi che hanno accompagnato con la loro voce, le loro cadenze, i loro tic personali e la loro simpatia milioni di italiani per almeno 50 anni di vita italiana.

Franco Martelli, Raffaele Malito ed Emanuele Giacoia
Rai Cosenza anni 80: Franco Martelli, Raffaele Malito ed Emanuele Giacoia (Foto di Pino Nano)

Attenzione però, Emanuele Giacoia non è stato soltanto un grande cronista sportivo della TV di Stato, ma per una certa fase della sua vita è stato anche il Capo della Redazione Giornalistica della Sede Rai della Calabria, interprete diretto delle tensioni e delle speranze del popolo calabrese di quegli anni, ed è stato soprattutto per la gente di Calabria, lui campano, uno degli opinionisti più influenti e più autorevoli del suo tempo e del suo mondo, catapultato in Calabria quasi per scherzo dalla storica sede Rai di Napoli dove ancora ragazzo aveva incominciato a lavorare come semplice annunciatore.

«Oggi forse pochi sanno  – sorride Emanuele Giacoia – che la sede Rai calabrese vanta un record nazionale. È quello cioè di essere stata la prima sede Rai del dopoguerra. Solo più tardi, dopo Cosenza infatti, la Rai tenne a battesimo molte delle altre sue sedi regionali. Una per ogni regione. Dopo di noi, ricordo Potenza, Perugia, Pescara. E pochi sanno ancora che Il Corriere della Calabria, o il Gazzettino (come si dice ancora oggi), andava già in onda dalla sede Rai di Napoli, e questo accadeva ancora prima che venisse trasmesso Il Corriere della Campania. Altro primato storico. Io allora ero a Napoli. Capo redattore c’era Enrico Mascilli Migliorini. In redazione, ricordo, affluivano le notizie che venivano inviate dai corrispondenti della Calabria. A Reggio avevamo dei colleghi molto bravi, Giuseppe Tassoni, Antonio Latella, Franco Cipriani, Domenico Morace. Ma da Reggio Calabria arrivavano anche i servizi registrati di Ninì Talamo. Ricordo ancora perfettamente bene le buste del buon Ninì, legate con tanto di nastrino dentro, e alle 12.10 in punto, allora come oggi, ecco gli annunciatori correre a leggere i testi preparati dalla redazione napoletana del giornale radio. Ricordo, via etere, attraverso i ponti e i centri televisivi il Corriere veniva diffuso in tutta la Calabria. Allora, era il 1957, più di quarant’anni fa, io ero annunciatore a cachet, venivo pagato a prestazione, una specie di lavoro a cottimo. La cosa mi faceva un po’ ridere, mi ricordava la pubblicità del cachet Fiat: sui cartelloni una specie di mago con tanto di tuba in testa e con un gesto delle mani un tantino provocatorio ed osceno propagandava appunto il cachet Fiat. Ma quando, a fine mese, andavo a ritirare la mia busta alla cassa trovavo la cosa meno ridicola e decisamente piacevole. Già a quei tempi quel poco che mi davano mi pareva una somma enorme. Incominciai da Napoli, dunque, a snocciolare le prime notizie sulla Calabria. Curiosità, fatti di cronaca, notizie, avvenimenti di una regione che allora mi pareva sonnacchiosa, tranquilla, bonacciona, tradizionale. I toni drammatici e preoccupati della Calabria di questi anni erano ancora assai lontani. Ricordo che mi incuriosivano i nomi di alcuni paesi, Longobucco, Papasidero, Acquaro, Serrastretta, Cosoleto, Africo e via dicendo. Mi chiedevo “Ma che accidenti di paesi saranno mai questi, con questi strani nomi?”».

Nessuno meglio di lui può oggi ricostruire e raccontare la nascita della Sede calabrese della Rai, quando per la prima volta mise piede a Cosenza quello straordinario animale del giornalismo italiano che rispondeva al nome di Enrico Mascilli Migliorini.

– Direttore partiamo da quel lontano 12 dicembre 1958?.

«Quell’11 dicembre di 40 anni fa al numero 25 di Via Montesanto, al quinto piano di quel vecchio palazzo, in una Cosenza piovosa – ricorda Emanuele Giacoia – c’ero anch’io. Ricordo che per mandare su al quinto piano autorità e invitati ci fu qualche problema per via di un improvviso blackout. Allora, quarant’anni fa, si diceva più semplicemente “è andata via la luce”. L’ascensore si fermò per qualche minuto, vai a capirne il perché. La Rai preoccupatissima aveva fatto venire apposta un tecnico specializzato, un ascensorista. Ma questo non impedì che al pianterreno si vivessero momenti di panico generale. La maggior parte di noi si domandava: “Come facciamo ora a mandare su l’ingegner Rodinò, l’allora amministratore delegato della Rai?”, “E il vescovo mons. Aniello Calcara, poeta e pastore della Chiesa cosentina?”. Per fortuna il blackout durò poco. Come Dio volle la corrente elettrica tornò subito dopo, e nessuno di loro fu costretto a quei cinque piani a piedi. Per tutti noi, quel giorno, incominciava una straordinaria avventura».

– Direttore, ma come fa a ricordare tutto questo con perfetta lucidità? Sono passati 60 anni da quel giorno…

«Come potrei non ricordare? Vedi, quel primo giorno fu davvero un grande evento per tutti noi. Spesso e volentieri nel nostro essere giornalisti si fa uso ricorrente ad aggettivi esagerati, e lo si fa per qualunque argomento, anche il più banale, “planetario”, “mitico”, “la fine del mondo”, poi in realtà si sta seduti da McDonald a mangiare un banalissimo panino freddo e magari anche senza nessun sapore speciale. Uso questa metafora per spiegare meglio che cosa rappresentò la nascita della Rai in Calabria. Quel 12 dicembre del ‘58 fu davvero una giornata storica per il Paese, e lo fu soprattutto per la Calabria. Il Corriere della Calabria, che fu il primo appuntamento radiofonico irradiato dalla sede Rai di Cosenza, fu in realtà il primo vero biglietto da visita che questa regione, dopo le tragedie delle alluvioni degli anni precedenti, potè offrire agli ascoltatori di tutta Italia. Furono tredici puntate in tutto, una più geniale e più accattivante dell’altra, che decretarono il successo nazionale della formula e dei conduttori, che eravamo io e Ninì Talamo, lui Ninì Talamo davvero bravissimo. Nessuno ha il coraggio di dirlo, ma 60 anni dopo, la lunga e affascinante storia della Rai in Calabria è ancora tutta da scrivere, e la fine è ancora tutta da scoprire e da raccontare».

Ancora oggi, nonostante Emanuele Giacoia sia fuori dalla Rai da oltre 25 anni, la gente che ci incontra per strada, soprattutto a noi che allora eravamo considerati i suoi ragazzi e i suoi discepoli, non fa che chiederci in continuazione «Come sta?», «Dov’è finito?», «Perché non lo si vede più al telegiornale?», segno palpabile dell’amore che la gente aveva verso di lui e che ha ancora per lui.

– Quando Mascilli Migliorini la chiamò in Calabria, avrebbe mai immaginato di restarci poi per tutta la vita?

«No di certo. Anche se quando l’avvocato Mascilli Migliorini mi chiese di seguirlo in Calabria era chiaro che non si trattava di una gita fuori porta. L’avvocato mi stava proponendo l’assunzione nella nuova sede che stava per nascere a Cosenza. Accettai immediatamente, anche se della Calabria sapevo ben poco. Ricordo che allora, chissà perché? immaginavo che il capoluogo di regione fosse Reggio Calabria. Forse perché sui libri di testo, e sulle carte geografiche, il puntino che lo indicava era più evidente di quello che segnava Catanzaro e Cosenza. Sapevo qualche cosa della Sila, ma la immaginavo una località misteriosa. La conoscenza che avevo della regione dove mi sarei presto trasferito finiva lì, anche se a furia di leggere decine e decine di Gazzettini la mia cultura si era arricchita di quei nomi da Paese dei Balocchi. Ricordo Cinquefrondi, Brognaturo, Intavolata, Acquappesa, Castroregio, Spilinga, ma dove saranno mai? In Calabria arrivai un mese prima della inaugurazione ufficiale della sede. E il mio primo appuntamento ufficiale risale al novembre del 1958. Mi mandarono a Paola per un primo collegamento radiofonico con una trasmissione di Mike Bongiorno. Si chiamava Il Campanile d’oro: Era una sfida tra comuni, che si combatteva a suon di quiz, riguardavano la storia locale, la geografia, la storia culinaria e le tradizioni di una località e di una regione d’Italia. Io, ricordo, curavo il collegamento con lo studio centrale di Roma dove c’era Mike Bongiorno, mentre da un altro comune d’Italia arrivavano le voci e i rumori del secondo paese in collegamento con la trasmissione. Paola venne eliminata dal gioco, ma in seguito toccò a Bagnara. La città del pesce spada arrivò in finale, ma questa è un’altra storia ancora. Bene in quella occasione conobbi per la prima volta i tecnici calabresi che erano stati chiamati all’allestimento di questa prima trasmissione nazionale, Ciccarone, Esposito, e ultimo più giovane di tutti Roberto Salvia, di cui sarei poi diventato amico carissimo. Il giorno dopo la trasmissione mi portarono in macchina a Cosenza perché mi rendessi conto di quale sarebbe stato il mio nuovo posto di lavoro. Era novembre, pioveva, una giornata uggiosa, senza colore. Non ne fui entusiasta…”.

Il vecchio Emanuele Giacoia oggi è qui attorniato dalla sua grande famiglia, un uomo tutto di un pezzo, avvolgente, ironico, istrionico, straordinariamente ed eternamente affabile, giornalista di razza, severo, scrupolosissimo, rispettoso della notizia, ma soprattutto un cronista alla vecchia maniera, profondamente rispettoso dei sentimenti e dell’umanità della gente che ha incontrato nella sua vita. Così lo si vedeva in televisione, ma così Emanuele è sempre stato per tutti noi nella vita di ogni giorno. Per me è stato, e rimarrà per sempre nella mia vita, un indimenticabile e meraviglioso Caporedattore. Credetemi, mai come nel suo caso personale, la televisione è stata così sincera e così reale, dando di lui prima alla radio e poi alla televisione l’immagine fiera di un grande romanziere delle immagini. Indimenticabile il timbro della sua voce, e la maniera con cui salutava il suo pubblico: “Dal vostro…Emanuele Giacoia”.

Oggi per Emanuele Giacoia, che per lunghi anni dopo l’avventura Rai è stato anche storico Direttore del Quotidiano del Sud, è arrivato il momento di festeggiare questi suoi primi 91 anni, vi dicevo perfettamente ancora ben portati, con la lucidità di sempre, ma soprattutto con il garbo la modestia e la classe che lo hanno sempre reso diverso dagli altri, doti queste che hanno poi fatto di lui un vero e proprio mito della televisione italiana.

Il vecchio Maestro non ha dubbi, e sulla sua torta di compleanno ha chiesto al figlio prediletto Riccardo che venisse scritta questa frase “Vi aspetto tra dieci anni, sempre qui!”. Solo lui. (pn)

Su RaiPlay lo speciale di Rai Calabria dedicato all’Eparchia di Lungro

Andato in onda sul digitale terreste di Rai 3 solo in Calabria, è adesso disponibile su RaiPlay l’ omaggio che Rai Calabria ha voluto dedicare al Centenario dell’Eparchia di Lungro, con il bel documentario realizzato in collaborazione con la direzione della TGR, del Centro Televisivo Vaticano, di Rai Quirinale, di Rai Vaticano e della struttura di produzione della Sede Rai Cosenza. Un filmato affascinante che suggeriamo di non perdere:

click qui per vedere il documentario

Secondo il direttore della sede Rai di Cosenza Demetrio Crucitti – intervistata da Pino Nano per PrimaPaginaNews – è  «Un grande successo per la Sede Regionale della Rai calabrese che a questo speciale ha dedicato mesi e mesi di preparazione e di lavoro, per un docufilm interamente dedicato alla storia degli albanesi di Calabria». Quasi un omaggio ideale che la Sede Regionale della Rai ha scelto di dedicare ad un anniversario storico per la comunità arbereshe, e per il suo capo spirituale, l’Eparca di Lungro mons. Donato Oliverio, uno degli intellettuali più fecondi e più attivi della Chiesa Bizantina cattolica in Italia di rito orientale.

Demetrio Crucitti, direttore della Sede Rai di Cosenza
Demetrio Crucitti, direttore della Sede Rai di Cosenza

«Vale la pena di ricordare – aggiunge ancora il Direttore della Sede Rai della Calabria che «L’Eparchia di Lungro degli Albanesi dell’Italia continentale comprende le comunità italo-albanesi rimaste fedeli al tradizionale rito religioso bizantino-greco, sparse in 4 regioni dell’Italia continentale e 5 province, Cosenza, Potenza, Bari, Lecce, Pescara, per un totale di 26 comunità con 30 parrocchie diverse, ma solo a Lungro nel 2016 la comunità contava 32.800 battezzati su 32.900 abitanti: questo la dice lunga sul ruolo che l’Eparchia nel suo complesso esercita in una realtà composita come la Calabria. Il nostro docufilm è la “summa” delle Celebrazioni ufficiali del Primo Centenario dell’Eparchia, e i cui festeggiamenti sono stati anticipati da una visita storica in Calabria del nostro Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella insieme al Presidente della Repubblica dell’Albania Ilir Meta a Novembre del 2018 a San Demetrio Corone, presso il Collegio di Sant’ Adriano dove giovani italo-albanesi, ai primi dell’Ottocento si sono formati e hanno studiato per liberare e rispettive nazioni dagli oppressori».

Uno straordinario lavoro di squadra – scrive Pino Nano – a cui la Sede regionale della Rai è abituata da sempre e che questa volta ha messo insieme il meglio della produzione regionale. La voce narrante dello speciale è di Francesca Pecora, il Coordinamento tecnico e la regia di Andrea Recchia, con la collaborazione del Vicario Generale dell’Eparchia di Lungro Proto Sincello Pietro Lanza, della storica regista Rai Anna Bruna Eugeni, di Giuseppe Guttilla, le immagini sono invece firmate da Emanuele Franzese, Carlo Spadafora, Massimiliano De Lio, Antonio Vacante, Gianluca Fazio, Pietro Bianco, Specializzati di ripresa Pino Manzo, Franco De Cario, Aldo Morrone, Tecnico della produzione Mauro Tedesco, post-produzione presso la stessa Sede Rai della Calabria. Fondamentale è stata invece la ricerca d’archivio, e nessuno meglio di Giuseppe Nocito, memoria storica della Rai calabrese di questi ultimi 40 anni, avrebbe potuto farlo. E con lui anche Nicola Napoli.

Lo speciale TV spiega con grande chiarezza come siano passati ormai cento anni dalla istituzione dell’Eparchia di Lungro e «oggi essa è più che mai impegnata nella grande questione della ricomposizione dell’unità dei cristiani e nella salvaguardia del principio della legittima diversità nell’unità della fede».

Il docufilm della Rai ricostruisce il lungo processo storico che è stato necessario per arrivare alla istituzione della Eparchia di Lungro, «pensate che ci sono voluti oltre quattrocento anni – ricorda lo stesso Demetrio Crucitti – dal tempo in cui gli albanesi giunsero in Calabria, Basilicata, Puglia e Sicilia».

L’esodo degli albanesi in Italia risale ai secoli XV-XVIII, dopo alcuni grandi avvenimenti quali il Concilio di Firenze del 1439, la caduta di Costantinopoli del 1453 e la morte nel 1468 di Giorgio Castriota Skanderbeg, `Lo chiamavano l’atleta di Dio per l’impegno in difesa della libertà e dell’autodeterminazione del proprio popolo e della cristianità europea». Parliamo qui di una realtà a tratti inimmaginabile: «olo in Provincia di Cosenza – precisa lo speciale TV – vivono oltre 50.000 italo -albanesi, suddivisi in una ventina di Paesi e frazioni, che in casa e per strada parlano due lingue, l’italiano imparato a scuola, e l’arbёresh imparato per trasmissione diretta tra madre e figli».

Non tutti forse lo sanno, – fa notare Pino Nano – ma la lingua parlata dagli arbёreshё ha ancora oggi la stessa base di quella parlata dagli albanesi in Albania, ma ha dei termini più antichi e alcuni di origine greca. E nella maggior parte di questi centri la gente in Chiesa prega cantando in greco e seguendo il Rito Bizantino. Nulla di più affascinante e di magico insieme, e che si coglie per intero dalle immagini di repertorio che Rai Teche ha permesso di utilizzare per lo speciale.

Il docufilm ricostruisce poi le tappe fondamentali delle tante cerimonie solenni per il Centenario della nascita dell’Eparchia, partendo dalla delegazione ricevuta ufficialmente il 24 maggio 2019 dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Quirinale. Il pomeriggio di quello stesso giorno una folta rappresentanza di pellegrini provenienti da tutti i paesi dell’Eparchia ha partecipato alla Divina Liturgia, celebrata all’Altare della Cattedra della Basilica di San Pietro.

Il giorno dopo gli stessi pellegrini sono stati ricevuti in udienza speciale dal Santo Padre, Papa Francesco, nell’Aula San Paolo VI. Ma ancora, nel mese di settembre il Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, visitando l’Eparchia di Lungro ha sottolineato il rilevante ruolo ecumenico svolto dalla piccola Chiesa, con il forte auspicio e l’impegno comune di far diventare i Paesi italo-albanesi della piccola diocesi cattolica bizantina di Lungro “palestre di incontro per scambi fraterni tra cristiani, ortodossi e cattolici, latini e bizantini, sulla scia della luminosa considerazione di San Paolo VI del 25 aprile del 1968, quando in occasione del V° centenario della morte di Giorgio Castriota Skanderbeg definì gli albanesi “anticipatori del moderno ecumenismo”.  (rrm)

(Courtesy PrimaPaginaNews)