La segretaria generale di Fenauil Calabria, Maria Elena Senese, ha chiesto che la Regione crei una task force di tecnici per non perdere i fondi europei destinati alla mitigazione del rischio idrogeologico.
«L’Europa ha destinato all’Italia, per gli interventi di mitigazione del dissesto idrogeologico – ha ricordato – un finanziamento di circa 2,5 miliardi da qui al 2026. Stiamo parlando di fondi, gestiti dal ministero dell’Ambiente, che verranno resi disponibili in base ai progetti presentati dalle regioni che, a loro volta, dovranno destinarli pro-quota ai Comuni una volta individuate le priorità. E la nostra regione a che punto è?».
«Apprendiamo che ha appena avviato un master plan dei rischi della Calabria e, nelle prossime settimane ma con data da definirsi – ha continuato – si presenterà questo piano ai sindaci per determinarsi sulle attività che andranno messe in atto per mitigare il rischio da eventi avversi. Quindi capiamo bene che siamo in notevole ritardi visto che siamo in piena stagione invernale e si sono già verificati i primi eventi alluvionali. Anche perché gli interventi legati al dissesto richiedono non solo una pianificazione precisa e puntuale ma competenze specifiche. Parliamo di opere come vasche di laminazione, il dragaggio di fiumi o il contenimento dei cigli franosi».
«Se la regione volesse veramente accelerare i tempi ed intervenire prima che si verifichi l’ennesima catastrofe – ha spiegato – occorrerebbe istituire una task force di professionisti (ingegneri, geometri, geologi), figure che forse si fa fatica anche a recuperare per stipendi troppo bassi nel pubblico impiego, da mettere a disposizione degli enti locali al fine di sostenerli nella progettazione e realizzazione di interventi che hanno una natura determinante per la sicurezza delle persone e la tenuta del territorio.
La gran parte delle risorse accantonate dai Comuni per questi progetti, poi, finiscono per arricchire la contabilità delle gare deserte. Più di qualcuno segnala la concorrenza sleale del Superbonus al 110% che, negli ulti mi tre anni, ha spostato la domanda di opere sul residenziale-civile impegnando le poche aziende (e le poche competenze rimaste) in opere meno sofisticate da un punto di vista ambientale e sicuramente con minori rischi di contenzioso».
«Queste carenze, se ancora ve ne fosse bisogno – ha proseguito ancora – mettono in evidenza la disattenzione con la quale il legislatore ha normato il consumo di suolo. “Privilegiando le nuove opere sulla manutenzione di quelle vecchie, evitando di fare chiarezza anche sulla pletora di incentivi che riguardano le ristrutturazioni edilizie”, come segnala Stefano Ciafani, presidente di Legambiente».
«In questo delicato settore, infine, l’ultimo cortocircuito lo segnala Alessandro Trigila, ricercatore dell’Ispra a capo del dipartimento dei fenomeni franosi, che denuncia la difficoltà nel capire quanto (e come) le regioni comunicano al ministero dell’Ambiente le richieste di finanziamento per gli interventi contro il dissesto. Uno stato di arretratezza e grande superficialità che potrebbe riversare i suoi effetti nefasti sulla qualità della vita dei calabresi», ha concluso. (rcz)