Domani mattina, a San Basile, alle 9.30, presso il Lab Center, il Generale dell’Arma dei Carabinieri Angiolo Pellegrini, uno degli uomini più fidati di Giovanni Falcone, presenterà il suo libro, scritto insieme a Francesco Condoluci, Noi, gli uomini di Falcone. La guerra che ci impedirono di vincere.
L’evento è stato organizzato in occasione della Giornata della Legalità, e sarà introdotto dal sindaco, Vincenzo Tamburi, e dal dirigente scolastico, Rosa Maria Ferraro.
Intervengono il prefetto di Cosenza, Paola Galeone, l’Assessore alla cultura della regione Calabria, Maria Francesca Corigliano, ed il comandante della compagnia Carabinieri di Castrovillari, il capitano Giovanni Caruso.
Il libro, edito da Sperling & Kupfer, ha la prefazione di Attilio Bolzoni.
Sinossi
Palermo, gennaio 1981. Il capitano Angiolo Pellegrini assume il comando della sezione Anticrimine dell’Arma dei carabinieri. Un ruolo scomodo: la mafia in Sicilia ha seminato una lunga scia di cadaveri eccellenti e tiene l’isola sotto scacco. Molto più di quanto si voglia ammettere. Unica speranza, un giudice palermitano che con alcuni colleghi ha fatto della lotta alle cosche la sua missione: Giovanni Falcone. Ha bisogno però di uomini fidati che portino avanti le indagini a modo suo. E Pellegrini non si tira indietro: mette insieme una squadra di fedelissimi – la banda del «capitano Billy The Kid» – e va a infilare il naso dove nessuno ha mai osato, guadagnandosi l’amicizia e la stima del magistrato. Mentre i viddani di Totò Riina e Binnu Provenzano falcidiano a colpi di kalashnikov le vecchie famiglie, carabinieri, polizia e magistrati si alleano in un’azione congiunta che culmina nel rapporto dei 162 e nell’estradizione di Tommaso Buscetta. Il maxiprocesso potrebbe essere il colpo decisivo, e invece… Questo libro ricostruisce dall’interno, a ritmo serrato, il periodo più drammatico ed eroico della guerra a Cosa Nostra: quello che vide uno sparuto gruppo di uomini coraggiosi combattere davvero e dare nuova speranza alla Sicilia; ma anche quello che vide cadere Dalla Chiesa, D’Aleo, Chinnici, Cassarà, Montana. Forse inutilmente, perché il vero nemico rimase senza volto: un oscuro, ambiguo potere politico che prima negò mezzi, risorse e possibilità, e poi smantellò la squadra. In fondo, a voler vincere quella guerra, erano davvero in pochi. (rcs)