di FRANCO BARTUCCI – Concluse al Santuario di San Francesco di Paola le giornate organizzate per celebrare il 40esimo anniversario della visita pastorale fatta in Calabria da San Giovanni Paolo II nel mese di ottobre del 1984, con una permanenza notturna fatta proprio al Santuario nelle giornate tra il cinque e il sette ottobre.
Ad accompagnare Papa Wojtyla in quella circostanza c’era il suo segretario, oggi cardinale, Stanislaw Jan Dziwisz, Arcivescovo emerito di Cracovia, che ha fatto giungere al Correttore provinciale dei Minimi, padre Francesco Trebisonda, un suo messaggio che riporteremo più in avanti.
Nelle giornate del cinque e sei ottobre scorsi l’area del Santuario e la nuova chiesa sono state animate da varie manifestazioni religiose e non, grazie alla presenza di una statua di San Giovanni Paolo II e di una reliquia, arrivate dal Santuario di Cardolo di Feroleto, in provincia di Catanzaro dove vengono custodite.
Sono stati organizzati degli incontri festosi sul piazzale antistante il Santuario con gli alunni delle Scuole della città e del comprensorio, nonché una festa per i bambini; il tutto caratterizzato da una mostra filatelica “Pellegrino di speranza” e relativo annullo, realizzata nel chiostro del Santuario a cura del circolo filatelico San Francesco di Paola di Crotone.
Le celebrazioni, in ricordo del 40° anniversario della presenza di Giovanni Paolo II a Paola e nel Santuario di San Francesco, hanno trovato il punto spirituale più alto domenica 6 ottobre con la celebrazione eucaristica, svolta nella nuova chiesa, presieduta dal Vescovo emerito di Oppido Mamertina/Palmi, Monsignor Francesco Milito, coadiuvato dal Correttore provinciale dei Minimi, padre Francesco Trebisonda, che nel prendere la parola, in apertura della cerimonia religiosa, ha fatto una sua breve considerazione introduttiva sul significato della presenza di Papa Wojtyla nel Santuario; ha poi fatto i dovuti ringraziamenti alle autorità presenti ed infine ha lanciato un appello accorato agli autori del furto del busto di San Francesco avvenuto nella nottata tra il 2 e il 3 ottobre 1983, chiedendo loro di restituirlo alla devozione dei fedeli.
Per entrare nel ricordo della presenza di Papa Wojtyla a Paola, padre Trebisonda ha letto il contenuto della lapide marmorea, posta nell’atrio del Santuario, nella quale si afferma: «Sua Santità Giovanni Paolo II in visita pastorale alla Calabria nei giorni 5-6-7 ottobre 1984 diede alti ammaestramenti di fedeltà a Cristo e di amore alla Chiesa, conquistato dallo spirito di s. Francesco. Ha parlato di lui amabilmente ai frati minimi e ai paolani accorsi in masse. Pregò nella Basilica col mondo cattolico ed apostolo instancabile qui due notti sostò per riposare alla fine di giornate memorande».
«Una lapide che custodisce nel tempo – ha detto padre Trebisonda – la memoria di una delle visite più illustri che la terra di Calabria e questo celebre Santuario abbiano mai ricevuto. Con questa Eucarestia si esaurisce il fitto programma di celebrazioni stilato per il 40° anniversario della visita pastorale di Giovanni Paolo II a Paola e alla Calabria; tuttavia, gli echi di queste giornate altrettanto “memorande”, vivranno a lungo nel cuore di tutti noi».
Proseguendo il suo intervento ha poi ringraziato don Francesco Benvenuto e la comunità ecclesiale di Cardolo di Feroleto (CZ) per aver concesso in via del tutto eccezionale l’immagine del Papa e alcune venerate reliquie; un saluto particolare al Sindaco di Paola, Giovanni Politano, al Presidente del Consiglio Mattia Marzullo, al vicesindaco Mariapia Serranò e tutta l’amministrazione comunale della Città di San Francesco; come pure l’amministrazione del tempo che molto si prodigò per l’ottima riuscita di quell’evento.
«Anche l’attuale amministrazione – ha proseguito il padre Correttore – da Lei coordinata, egr. sig. sindaco, in questa circostanza così singolare ha dato prova ancora una volta di nutrire grande amore e passione per la Casa di S. Francesco. Il sentito ringraziamento mio è anche quello di tutti i frati del Santuario».
Un saluto, anche, per la città di Montalto Uffugo, rappresentata dal sindaco, Biagio Faragalli, unitamente all’assessore alla Cultura Silvio Ranieri, alla prof.ssa Natalizia Sinopoli, delegata per il gemellaggio e per il cammino di S. Francesco e a tutta l’amministrazione comunale della città natale della cara e amata Monaca Santa. Come pure il parroco di Montalto centro, P. Alìrio dei religiosi Ardorini.
Non sono mancati i ringraziamenti alla Polizia di Stato, alla Polizia Municipale, ai carabinieri, alla guardia di finanza e a tutte le forze dell’ordine intervenute, alle scuole della città, al terz’Ordine, ai volontari, alle fiamme argento, al servizio liturgico, alla corale del Santuario, agli infaticabili portatori della statua di S. Francesco, alla cappellania dell’ospedale e ai preziosi tecnici di Lan Produzioni per le dirette e soprattutto per il bellissimo documentario diffuso nelle giornate celebrative dell’evento di Papa Wojtyla.
Ma un ringraziamento particolare lo ha rivolto a Padre Domenico Crupi per quanto ha svolto in Piazza IV novembre, la sera del 3 ottobre, con l’arrivo delle reliquie di San Giovanni Paolo II a Paola; nonché per tutta la sua meravigliosa squadra distinguendosi brillantemente nel coordinamento degli eventi delle quattro giornate commemorative.
L’appello di padre Trebisonda: “Restituiteci l’antico busto di San Francesco” –
«In questi giorni – ha proseguito il padre provinciale – tante volte si è detto che S. Giovanni Paolo II ha fatto la storia, questa storia. Vorrei approfittare della circostanza, quindi, e lanciare per l’ennesima volta un accorato appello, anch’esso vecchio di 41 anni. Nel nome di S. Giovanni Paolo II, nel nome di S. Francesco e di San Bruno, nel nome di tutti coloro che come i nostri Santi hanno scritto la nostra bellissima storia, a nome di questa comunità torno a chiedere con pressante insistenza che sia restituito l’antico busto in argento del nostro S. Francesco trafugato nella notte del 2 e 3 ottobre del 1983. Dico ai responsabili: restituiteci la nostra storia, restituiteci la nostra bella identità. Parlino e si costituiscano coloro che sanno o che hanno visto: nel corso di questi quattro decenni, il furto sacrilego ha segnato profondamente il cuore, la sensibilità e la religiosità del nostro popolo. Tutta la Calabria non si arrenderà e non perderà la speranza di riavere il suo San Francesco. Aiutateci tutti! Carissimi, mi auguro che queste giornate siano state non solo occasione di festa ma soprattutto momento importante per fare un’attenta e seria revisione di vita cristiana. Giovanni Paolo II ci ha rivolto tanti discorsi, pieni di amore e di passione. In questi 40 anni, cosa abbiamo messo in pratica di quanto ci ha detto? Quanto abbiamo realmente vissuto e incarnato? Sia questa Eucarestia fonte di grazia, momento favorevole per riempire di profumo e di freschezza la nostra testimonianza cristiana. Così sia!».
Un appello che ci ha emozionato ed il nostro cuore ha avuto un sussulto di amore ancora più profondo unito ad una intensa preghiera rivolta al Signore affinché quelle parole arrivassero a toccare il cuore e la sensibilità di colui che conserva il busto argenteo del nostro San Francesco, creato nel ‘700 da un ignoto artista napoletano, tale da gridare al “Miracolo”. Sarebbe una gioia ed una festa per lo stesso autore del furto insieme all’ innumerevole famiglia dei devoti del nostro Santo sparsi nel mondo.
La messa che n’è seguita concelebrata dal Vescovo emerito di Oppido Mamertina/Palmi, Monsignor Francesco Milito, è stata segnata da questo particolare appello ed invocazione del padre correttore che non ha risparmiato parole di ringraziamento per quella sua presenza e concelebrazione. “ Grazie per aver accettato di venire in pellegrinaggio – ha detto – da S. Francesco e da S. Giovanni Paolo II, due giganti della fede cristiana, accomunati dall’amore appassionato per la Chiesa e soprattutto dalla data del 2 aprile: dies natalis per entrambi”.
Nell’omelia Monsignor Milito, dedicata alla famiglia secondo le letture del giorno, ha voluto ricordare la sua esperienza personale avuta nel Seminario S. Pio X di Catanzaro, in qualità di Rettore, con Papa Wojtyla, dove fu ospitato durante la sua visita nel capoluogo catanzarese. Furono momenti pieni di bellezza spirituale, creando entusiasmo e speranze per una società migliore.
«Tanti di noi ebbero la grazia di vederlo e sentirlo lasciando in ciascuno la gioia di una condivisione di valori profondi e di spirito missionario da vivere».
Il messaggio del Cardinale Stanislaw Jan Dziwisz, Arcivescovo emerito di Cracovia (Polonia)
La messa si è conclusa con la lettura di un messaggio inviato al correttore Provinciale, Padre Francesco Trebisonda, dal cardinale Stanislaw Jan Dziwisz, Arcivescovo emerito di Cracovia, che fu segretario particolare di Giovanni Paolo II e che lo accompagnò durante quelle cinque giornate di visita apostolica nella nostra Calabria.
«Ho ben vivo, pur a distanza di molti anni – ha scritto il Cardinale Dziwisz – il ricordo di quella visita. È difficile dimenticare anche uno solo dei pellegrinaggi di San Giovanni Paolo II, dal momento che i viaggi e le visite pastorali in ogni angolo del mondo sono stati elementi fondamentali di tutto il pontificato. Oltre al ricordo dei vari momenti della visita, vorrei richiamare in primo luogo il contesto generale in cui quel viaggio si svolse. Si trattava di un viaggio a carattere regionale, nel cuore di uno dei territori più importanti e significativi del Mezzogiorno d’Italia. Per cinque giorni, Giovanni Paolo II esplorò in lungo e in largo una terra bellissima, ma, come tutto il Sud del Paese, tormentata da molti problemi e soprattutto in alcune zone segnata da una vera e propria emergenza sociale. Il Papa voleva conoscere ed entrare a fondo nelle diverse realtà non solo ecclesiali della sua seconda patria, l’Italia, di cui era Primate. E partiva con una missione: portare speranza».
Fatta questa premessa il messaggio entra poi nel merito della permanenza di Papa Wojtyla nel cosentino ed a Paola in particolare.
«Ho ancora oggi chiaro come in quel viaggio regionale, iniziato a Lamezia Terme e concluso a Reggio Calabria, la tappa di Paola, e principalmente il pellegrinaggio al Santuario Regionale di San Francesco, divenne il momento centrale di tutta la visita. Era naturalmente la prima volta che il Papa visitava quel luogo, ma sembrò subito, al primo impatto con la calda e festosa accoglienza di Paola, che Giovanni Paolo II fosse di casa in quel luogo e non vedesse l’ora di entrare nel tempio vivo, la Basilica di San Francesco, da cui, quasi misteriosamente, questa sintonia così immediata si sprigionava, C’era entusiasmo tra la folla in attesa, ma era facile avvertire, tra il Papa e la folla, il senso di una profonda sintonia spirituale».
«Di quanto stava accadendo me ne rendevo conto momento per momento. Sapevo con quanta cura il Santo Padre aveva preparato il viaggio in Calabria, e soprattutto, con quanta dedizione si era dedicato alla figura di un Santo come Francesco di Paola, “vissuto – come affermò nell’omelia della celebrazione per i religiosi e religiose – lontano dai libri, ma vicino a Dio”. La sua permanenza nel Santuario lo portò a scoprire delle affinità spirituali con il Santo Paolano. Non trascurò di parlare della figura di San Francesco di Assisi e della differenza monastica fra minori e minimi, tanto che alla fine lo portò a dire: “Questa giornata è molto importante nella mia vita, perché ho potuto venire qui e conoscere che cosa vuol dire essere minimi…. Penso allora che con questa visita un po’ di quello spirito di San Francesco di Paola e del suo minimismo possa scendere anche nel mio spirito».
«Francesco di Paola, l’eremita, l’uomo del radicalismo evangelico assoluto – si legge nel messaggio dell’Arcivescovo di Cracovia – era già nel cuore di Giovanni Paolo II, ma dopo quella visita il suo saluto ai frati minimi fu il ringraziamento alla Provvidenza per aver avuto la possibilità di incontrare più da vicino e respirare più a fondo la spiritualità di un Santi che “seppe penetrare nei cuori più e meglio di tanti dotti teologi”. Paola fu il luogo dove sostò più tempo durante la visita dei cinque giorni in Calabria. E il suo commento, al riguardo, fu davvero significativo: “Adesso capisco, disse, perché l’episcopato calabrese mi ha messo qui, nel vostro convento: perché qui è la vera fortezza della Chiesa in Calabria».
Nel messaggio c’è anche un riferimento al grande amore che Papa Wojtyla aveva verso i giovani considerati come il futuro dell’umanità ed è stato bello trovare tanti giovani animare le piazze sia a Paola che a Cosenza, sentirli vicini nella recita del Santo Rosario in Basilica e con i canti sul piazzale antistante il Santuario.
«Fu in quelle occasioni che il Santo Padre manifestò in maniera ancora più aperta, e direi assoluta, la gioia di trovarsi in Calabria, ma principalmente nel luogo e nella terra di un santo come Francesco, un “piccolo”, anzi un “minimo”, come amò qualificare sè e i suoi figli ma che meritò di essere maestro dei grandi della terra, grazie alla luce che Dio riversava nella sua anima. Sentiva forte, il Santo Padre, l’affinità spirituale che da Paola si diffondeva in tutta “una regione bricca – come affermò nell’omelia della celebrazione per i religiosi e le religiose – di fondazioni monastiche e che ha dato alla Chiesa figure di santi quali San Saba, San Nilo, San Bruno e lo stesso San Francesco».
«Non posso dimenticare, conoscendo la spiritualità del Santo Padre e la sua attrazione verso i mistici, la densità e la bellezza di quell’omelia che mirabilmente orientava lo spirito di preghiera al servizio del progresso e del benessere anche sociale di una regione gravata da disagi economici ereditati dal passato. Un modo per dire alla gente di Calabria di porre le basi per diventare artefici del proprio futuro. Un discorso che riguardava in primo luogo i giovani. E ricordo che, al rientro da Cosenza, quando li trovò ad attenderlo in piazza, non esitò a fermarsi e a improvvisare il discorso che mise definitivamente al centri di tutta la visita, la tappa di Paola, la città del Santi che seppe stare alla corte dei “grandi” come nutrirsi del silenzio dell’eremo. Davanti a quella folla inattesa, il Santo Padre più che esprimere, confesso con le parole che uscivano dal cuore, senza nessun testo preparato, tutta la sua gioia per essere lì, non solo in Calabria, ma proprio a Paola, una terra in cui da secoli Francesco aveva lasciato un profumo di santità».
Nel concludere il suon messaggio il cardinale Stanislao Dziwisz ha voluto ricordare le parole che Papa Wojtyla pronunciò a braccio rivolti ai calabresi nel nome di San Francesco: «Voi siete, dopo tanti secoli, i concittadini di questo grande Santo, grande perché si è chiamato minimo. Egli era molto umile, molto buono e pieno di carità, A voi tocca imitarlo. Vi auguro di essere concittadini di San Francesco in questo senso».
Una giornata ed una emozione profonda che si è conclusa con la recita della Supplica alla Madonna di Pompei per la Pace nel mondo. (fb)