L’OPINIONE / Giusy Staropoli Calafati: Sergio Rubini e la Calabria

di GIUSY STAROPOLI CALAFATI – Voglio diventare il divulgatore ufficiale della Calabria».

Va bene l’entusiasmo, Rubini, ma non era meglio un garbatissimo “vorrei”?

“Voglio” sembra più una questione di necessità, “vorrei” candida invece il desiderio. La voglia di mettersi a disposizione di un progetto.

Sergio Rubini, attore dallo stile assai singolare, si auto candida a divulgatore ufficiale della Calabria. 

Il suo amico Emiliano gli consiglia di non andare in Puglia. Troppa gente quest’anno. 

E lui, non si capisce bene se piega o ripiega, sulla regione più mistica e misteriosa d’Italia. 

La Calabria. 

Il pensiero di Rubini alla Calabria ci onora, il pensiero di chiunque ci rende orgogliosi, ma la Calabria deve sorgere spontanea. Deve venire in mente come un lampo di genio a primo mattino, uscire direttamente dal cuore. 

Non può essere sostitutiva a nessun’altra terra, non si vivrebbe bene, mancherebbe il “fino in fondo”, rimarrebbe a distanza. 

La Puglia è bella, certo (è casa per Rubini), la Calabria è bellissima però.

 Il fascino di una venere accatastata nuda sotto il cielo.

Filare di fichidindia costeggiano lo Jonio, accogliente e mai severo. I gelsomini qui non profumano di fiore, ma delle mamme gelsominaie. 

Le tavole rimangono imbandite H24, e le distese di spiaggia coi riflessi viola, sono fiorite a Soldanella. C’è la montagna che sovrasta il mare, la luna a forma di pane. La tarantella al posto della pizzica, ma che se mescolate bene però, danno effetto di meridione totale. Assolutezza, estasi.

Zero trulli, niente masserie, ma meravigliosi calanchi bianchi sì. A Palizzi. 

E ancora le cinque dita rocciose di Pentedattilo, lo scoglio dell’ulivarella a Palmi. La magia sospesa di Chianalea. L’arco Magno a San Nicola Arcella, il ponte del diavolo a Civita, l’isola di Dino, il rafting sul fiume Lao.

 L’amore fatto ai piedi di un loricato, o sulle sponde notturne del Bonamico. I baci a ‘pizzichillo’ scambiati a Tropea, lo Stromboli visto da Capo Vaticano. 

Le rupi, i pianori e le torri cavallare. Le vigne di Cirò, il cedro e il bergamotto. I sogni fatti nelle case albergo, le leggende ricavate dai borghi antichi. 

La vita diffusa. Scilla, Cariddi e Fata Morgana.

 I Bronzi, la Magna Grecia. Il greco antico, l’arberia, Pitagora e Rino Gaetano. 

Il cielo sempre più blu.

L’auto candidatura di Rubini, tutto sommato, ci onora. Conferma la meravigliosa creatura con cui il Creatore si è voluto cimentate quando fu il giorno della Calabria. 

Essa che è divulgatrice di sé stessa ancora prima di Rubini e di tutti quelli che la mirano come ipotetica fortuna per la propria celebrazione. 

L’unica ragione, Rubini, è questa qui, se non ti verrà concesso il gagliardetto. Ma tu fatti divulgatore a prescindere, l’ufficialità è di ognuno di noi.

Oh, voi tutti, venite in Calabria, e sempre più amici e meno paladini. 

Al netto di tutto, questa terra fa gli occhi a cuoricini a cui veni veni. (gsc)