Domani a Roma i funerali dello scultore Silvio Amelio

di PINO NANOAveva 83 anni Silvio Amelio, famoso artista e scultore di Taverna, il paese di Mattia Preti in Calabria, che da aveva scelto Roma Capitale come sua seconda casa. I funerali si svolgeranno domani pomeriggio proprio a Roma nella chiesa di Santa Maria della Provvidenza.

«La direzione del Museo Civico e l’Amministrazione Comunale di Taverna – è scritto in un comunicato – rendono omaggio all’artista scomparso. Personalità poliedrica e complessa che attraverso il suo genio creativo ha saputo valicare i confini culturali del luogo natio. Le sue sculture, donate e installate permanentemente nel centro urbano di Taverna, unitamente alle numerose opere destinate alla sala a lui dedicata, già in allestimento nella nuova sezione d’arte contemporanea del museo, costituiscono il segno tangibile e duraturo del suo vero “ritorno”, oltre i limiti del tempo e dell’umana esistenza».

Una morte improvvisa, imprevista, inimmaginabile. Ma Silvio, è giusto dirlo, è morto prima di poter realizzare quello che era il suo ultimo sogno. Voleva regalare alla città di Catanzaro tutto quello che aveva realizzato nella sua vita di scultore, ma il tempo, e forse anche qualche distrazione di troppo, gli ha impedito di “partire finalmente felice”.

L’ultima volta che lo avevo visto è stato poco più di un mese fa qui a Roma, nel grande bar che sta difronte all’entrata della Biblioteca Nazionale di Castro Pretorio. Mi aveva cercato lui, era appena rientrato da un viaggio tra Stati Uniti e Canada, e voleva che io lo aiutassi a veicolare un messaggio tutto suo personale. Un anno prima lui stesso mi aveva scritto: «Lascio tutto quello che ho alla città di Catanzaro, come gesto di legame e di amore profondo per la mia terra natale. Dopo aver girato il mondo sento che è arrivato il momento per un bilancio della mia vita di artista, e l’unico modo per dimostrare il tuo legame con il tuo popolo è rendere al tuo popolo quello che da lui hai ricevuto. Dalla città di Catanzaro e dai calabresi io ho ricevuto solo affetto, ammirazione e stima profonda, e io oggi in cambio di tutto questo dono le mie opere alla città di Catanzaro con la speranza che l’Amministrazione Comunale ne sappia fare buon uso».

Parliamo di oltre 250 dei suoi lavori, tra sculture grandi e piccole. Altorilievi e bassorilievi in bronzo, marmo, vetroresine e gesso, unici esemplari di sculture dedicate a personaggi come Michelangelo, Leonardo, Mozart, Mandela, Toscanini. Poi tutta una serie di dipinti a colori acrilici della vita di Gesù, e pubblicati ogni settimana dall’Osservatore Romano per un intero anno. 

Gli chiesi perché avesse deciso di fare una donazione così importante alla città di Catanzaro, e via whatsapp mi rispose in questa maniera: «Perché sento che alla mia età devi mettere un punto, e che una carriera come quella che è stata la mia carriera non può finire lasciando la propria vita nel disordine. Ho selezionato il meglio delle mie opere e le regalo oggi alla mia città perché tutti possano in futuro goderne. Pure essendo nato io a Taverna, quindi a due passi da qui, è questa la città che amo e dove ho incominciato a percorrere i miei primi passi nel mondo dell’arte. Che senso avrebbe dover andare a Roma o a Milano o a New York per vedere i bozzetti delle mie sculture? È giusto che ogni cosa ritorni al suo posto e il posto della mia vita da dove tutto è iniziato è qui a Catanzaro». 

Ma chi era in realtà Silvio Amelio?  La sua storia è quasi una leggenda. Pensate, Silvio Amelio nasce a Taverna e si trasferisce giovanissimo a Roma – dove ha abitato fino al giorno della sua morte – e dove lavorava, nel suo studio di Via Toscani 69. La critica ufficiale oggi dice di lui che è stato uno dei grandi protagonisti dell’arte italiana negli anni soprattutto che hanno chiuso e salutato l’ultimo secolo. Conosciuto, amato, apprezzato, inseguito, ricercato dalla Roma che più conta Silvio Amelio lascia al mondo dell’arte italiana un patrimonio di opere e di sculture che è raro trovare in altri paesi del mondo.

Per una lunga fase della sua vita e della sua carriera Silvio Amelio è stato il vero re incontrastato del Teatro dei Dioscuri al Quirinale, uno dei Palazzi più solenni del Colle che ospita la residenza ufficiale del Presidente della Repubblica e da dove, nel corso del suo mandato e della sua missione, sono davvero transitati i grandi della terra. Eppure, non c’era occasione, momento, situazione in cui lo scultore non trovasse il tempo per raccontare a chi arrivava nel suo palazzo, che è proprio di rimpetto alla Corte Costituzionale, le sue origini e la magia della sua terra.

«Silvio Amelio – scrive di lui lo scrittore calabrese Mimmo Nunnari – a parte la indiscutibile bravura di artista che lo colloca tra i migliori scultori contemporanei di livello Internazionale-era una persona buona, generosa di altri tempi, che viveva in un mondo fantastico e fatato, con improvvisi risvegli in questa nostra società individualista opportunista ed egoista, che a volte gli rendeva torti proprio per la sua ingenuità. Lo considero un esempio di cos’è la vera amicizia sgombra da tutto, disinteressata, nobile nell’accezione di nobiltà d’animo. Mi viene in mente che l’ho conosciuto attraverso Carmelo Malara… quindi non poteva che essere così com’era anche lui, l’indimenticabile Carmelo».

Silvio, e ancora Silvio, fortissimamente Silvio Amelio. Di Amelio, Francesco Sisinni – che è stato uno dei massimi responsabili della cultura italiana di questi ultimi 50 anni in Italia – ne parla con un rispetto quasi sacro: «Amelio – dice Sisinni – aggredisce la materia con un impulso titanico, antico. E nella materia trasferisce una parimenti antica angoscia di vivere… Eppure, l’arte di Silvio Amelio non è grido di vendetta ma è auspicio di vita. Anzi, è esaltazione lirica della verità della vita, liberatrice e salvifica».

Prima di salutarlo, quel pomeriggio a Roma, gli chiesi se avesse consapevolezza del valore reale della sua donazione, e mi rispose con grande fermezza: «Non parliamo di denaro per favore. Una donazione è un atto d’amore, non una semplice e volgare valutazione economica. Mi ero dimenticato di dirle che lascio anche il gruppo delle nove Muse dell’antica Grecia che formavano il Parnaso e realizzate tutte in marmi differenti e pregiati. Tutte le opere andranno, parte al Teatro dell’Opera Politeama, altre in diverse istituzioni come Regione, Provincia, Accademia di Belle Arti, formando un percorso nella città. Tutto il resto andrà a Palazzo Fazzari. All’esterno del portale del palazzo andrebbe sistemato il cartiglio in marmo statuario di Carrara e che rappresenta Garibaldi a cavallo con in braccio la bandiera dove sono riportati i volti più rappresentativi che hanno voluto l’unità d’Italia. È l’altorilievo realizzato in occasione del 150° dell’Unità d’Italia. Copie del cartiglio in bronzo si trovano in molti paesi nel mondo; persino in Cina, Stati Uniti, Canada, in quasi tutti i paesi europei»(pn)