Successo per il convegno sul libro sulla Strage di Pentedattilo

di ARISTIDE BAVAUn notevole successo ha accompagnato la presentazione del libro Il giglio, la spada e la mano di pietra che riassume le vicende che si sono accompagnate alla strage di Pentidattilo ed è stato scritto a quattro mani da Giuseppe F. Macrì e Carmine Laganà.

La presentazione è stata oggetto di un convegno molto partcipato che si è tenuto, organizzato dai Lions Club di Locri, Roccella e Siderno, presso la sede del Lions Club di Locri in piazza stazione. Dal convegno sono emersi ampi spazi di verità su quella che è stata battezzata appunto, molti anni addietro,  la Strage di Pentidattilo, ma resta ancora il mistero su quali siano stati effettivamente i reali motivi che hanno scatenato la furia omicida che nel lontano 1686  calò  sulla famiglia Alberti  nel piccolo borgo aspromontano annientata nel proprio castello dagli accoliti della famiglia Abenavoli.

L’evento culturale ha avuto come ospiti e relatori gli storici ( e scrittori) Vincenzo De Angelis e Pasquale Flachi che si sono ampiamente soffermati sulle vicende narrate nel romanzo Il giglio, la spada e la mano di pietra con sottotitolo Antonia Alberti e la strage di Pentidattilo e lo stesso coautore del libro Giuseppe F. Macrì che con Carmine Laganà (che ha portato telefonicamente  il suo saluto ai partecipanti da Milano) ha fatto delle certosine ricerche storiche che hanno consentito una narrazione certamente più veritiera di quanto in precedenza si era scritto ma che, ancora,  presenta qualche lato oscuro.

De Angelis, Flachi e Macrì sono stati concordi nell’affermare che non è stato l’amore non corrisposto da Antonia Alberti (come in molti supponevano) a scatenare la furia di Bernardino Abenavoli e quella che era ritenuta la sua feroce vendetta nei confronti dell’altra famiglia. Forse è stata (Macrì è sembrato  più propenso verso questa tesi) una questione “economica” e di supremazia territoriale. Supposizioni, però, senza una reale certezza perché i documenti storici ritrovati e analizzati lasciano spazio a molti dubbi emersi anche dagli interrogativi che molti dei partecipanti alla presentazione hanno avanzato durante un articolato e interessante dibattito che ha fatto da cornice alla presentazione del libro.

Certo è che i  due coautori  Giuseppe Macri, ingegnere di Bovalino trapiantato a Locri  ben noto cultore di cartografia storica e di storia della Calabria, nonché Carmine Laganà, architetto di Palizzi, trapiantato a Milano, curatore di arte contemporanea con all’attivo diverse monografie, hanno fatto veramente un lavoro molto meticoloso rivisitando la tragica vicenda   avvenuta grazie al ritrovamento, negli archivi  degli Alberti,  di importanti documenti che hanno consentito di scrivere un affresco storico di notevole spessore dal quale emerge anche la condannabile condizione femminile dell’epoca in uno con le prevaricazioni più abiette della tirannia feudale.

I lavori sono iniziati, dopo una introduzione della cerimoniera Lions, Giulia Arcuri con i saluti di Lorenzo Maesano e Vincenzo Mollica rispettivamente presidenti dei Club Lions di Roccella e Siderno. Poi un primo intervento molto attento, e riflettente le condizioni sociali dell’epoca di Vincenzo De Angelis, al quale ha fatto seguito quello di Pasquale Flachi che già tempo addietro, aveva scritto anche lui un libro sulla strage di Pentidattilo.

Quindi l’intervento di Giuseppe F.Macrì che ha raccontato della simbiosi con Carmine Laganà, del ritrovamento dei documenti storici sulla vicenda e della decisione di scrivere il libro non mancando di precisare che in qualche parte la vicenda è romanzata per la mancanza di documentazioni certe, ma nel complesso la storia è decisamente reale. Quindi un ricco dibattito con la partecipazione di molti uomini e donne di cultura tra cui Bruna Filippone, Roberto Polito, Nicolò La Barbera, Gianni Pittari, Caterina Origlia, Emmida Multari, Enzo Scirripa, Maria Luisa Muscoli.

Dopo  nuovi interventi di Macrì, Flachi e De Angelis che hanno dato le loro risposte alle molteplici domande arrivate dal dibattito i lavori sono stati chiusi dal Presidente della XI Circoscrizione Lions, Giuseppe Ventra che ha espresso il suo compiacimento per la riuscita ottimale dell’evento e per i risvolti sociali che dallo stesso sono arrivati.

Non solo, dunque, la presentazione di un buon romanzo,  ma anche, e soprattutto,la possibilità di offrire spazi di riflessione, di ampia portata culturale, sulla società di un tempo e sulla condizione femminile che vigeva in un’epoca in cui le uniche donne libere – per come è stato ripetutamente evidenziato durante il convegno – erano le prostitute e sulla vita feudale che era spesso accompagnata da pesanti risvolti negativi.  (ab)

 

A Locri si presenta il libro sulla strage di Pentedattilo

di ARISTIDE BAVA – Venerdì sarà presentato, a Locri,  presso la sede del Lions Club, in Piazza stazione, da Giuseppe Macri, ingegnere di Bovalino trapiantato a Locri  ben noto cultore di cartografia storica e di storia della Calabria, nonchè Carmine Laganà, architetto di Palizzi, trapiantato a Milano, curatore di arte contemporanea con all’attivo diverse monografie il libro Il giglio, la spada e la mano di Pietra con sottotitolo Antonia Alberti e la strage di Pentedattilo

Il libro è uscito in questi giorni e ricostruisce sulla base di precisa documentazione la vicenda della strage di Pentedattilo  e di Antonia Alberti che di quella vicenda fu vittima.  Una rivisitazione di quella vicenda avvenuta grazie al ritrovamento, negli archivi  degli Alberti, da parte dei due autori, di importanti documenti che i due scrittori hanno incorniciato nel romanzo. Il libro, edito da Laruffa si presenta come un affresco storico di notevole spessore dal quale emerge la condannabile condizione femminile dell”epoca, «nella opprimente cornice di una società pesantemente zavorrata da una tradizione oscillante fra i tratti suggestivi di riti, usi e costumi da una parte e le prevaricazioni più abiette della tirannia feudale dall’altra».

La presentazione del libro organizzata dai Lions club di Locri, Siderno e Roccella, sarà arricchita da alcune relazioni di Vincenzo De Angelis e Pasquale Flachi con conclusioni del presidente della XI Circoscrizione Lions, Giuseppe Ventra. L’incontro culturale, è previsto con inizio alle ore 18.

Una vicenda che risale al 1686 avvenuta nel piccolo borgo di Pentedattilo, allora feudo tenuto dai marchesi Alberti, di cui hanno anche  parlato storici nazionali e storici locali, nonché lo stesso viaggiatore, scrittore e paesaggista Edward Lear. Per molto tempo la storia di quella vicenda è stata tramandata  sulla base di tradizioni orali che hanno privilegiato solo alcuni degli aspetti indicati e, probabilmente, falsati da errate considerazioni.

Una storia che ha come protagonisti due giovani innamorati e due famiglie, quasi a ricordare la Verona del 1300 e il dramma vissuto da Giulietta e Romeo, anche se in questo caso riguarda Pentedattilo, allora piccolo marchesato della Calabria. In sintesi si racconta che tra la famiglia Alberti, marchesi di Pentedattilo, e la famiglia Abenevoli, baroni di Montebello Ionico, vi era da sempre una rivalità nata per questioni relativi a confini comuni.

Nel 1680, anche su pressioni del Viceré di Napoli che desiderava che nella zona regnasse la pace, le tensioni tra le due famiglie parevano andassero a scemare tanto che il capostipite della famiglia Abenevoli, il marchese Bernardino, progettava di prendere in moglie Antonietta, figlia del marchese Domenico Alberti, di cui si era innamorato e dalla quale veniva corrisposto.

Il marchese Domenico aveva acconsentito al matrimonio subordinandolo alla maggiore età della figlia. Però mori anzitempo e  gli succedette il figlio Lorenzo, il quale, poco tempo dopo la morte del padre, prese in moglie la figlia del Viceré di Napoli, Caterina Cortez. Proprio in occasione di questo matrimonio giunse a Pentedattilo il corteo nunziale: il Viceré accompagnato dalla moglie, la futura sposa e il fratello Don Petrillo Cortez.

Quest’ultimo conobbe in tale occasione Antonietta e se ne innamorò.  Chiese quindi a Lorenzo di poter sposare Antonietta e il marchese Alberti acconsentì alle nozze, non tenendo in alcuna considerazione la promessa del padre al barone Bernardino che saputo del “tradimento” andò su tutte le furie e decise di vendicarsi sulla famiglia Alberti. Quindi la notte di Pasqua del 16 aprile 1686, Bernardino riuscì ad introdursi nel castello di Pentedattilo con i suoi uomini e, arrivato fino alla camera da letto di Lorenzo, lo uccise.

Nel frattempo, i suoi uomini assalirono le varie stanze del castello uccidendo quasi tutti i suoi abitanti, compreso un bambino di soli nove anni, fratello di Antonietta che venne risparmiata e, dopo la strage, portata nel castello  di Bernardino a Montebello Ionico e poi da lui sposata. La notizia della strage giunse presto alle orecchie del Viceré di Napoli, il quale inviò una spedizione militare in Calabria che attaccò il Castello degli Abenavoli, e catturò gli esecutori della strage, le cui teste furono tagliate e appese ai merli del castello di Pentedattilo.

Poi la storia si mescola alla leggenda e si racconta che il barone di Montebello, riuscì a fuggire insieme ad Antonietta e, dopo aver lasciato quest’ultima presso un convento a Reggio Calabria, scappò prima a Malta ed in seguito a Vienna dove entrò nell’esercito austriaco. Bernardino trovò la morte in battaglia nell’agosto del 1692 mentre Antonietta Alberti, il cui matrimonio fu comunque sciolto dalla Sacra Rota in quanto contratto per effetto di violenza, finì i suoi giorniin un convento di clausura, consumata dal dolore e dal rimorso per essere stata lei la causa dell’eccidio dell’intera sua famiglia. Il ritrovamento dei documenti negli archivi Alberti consentono adesso un racconto più vicino alla verità, per quanto scomoda essa possa essere. (ab)