di NICOLA MARAZZITA – Nella storia oscura dell’umanità ci sono eventi che, sebbene sepolti dal tempo, continuano a pulsare nel cuore della memoria collettiva. La strage di Rizziconi è uno di questi tragici capitoli, un orrore del passato che avvenne durante la Seconda Guerra Mondiale. La sua eco, però, trascende il tempo, risuonando con particolare intensità in un mondo ancora oggi dilaniato dalle violenze che insanguinano le terre di Ucraina, Palestina e Israele. Questa tragedia rimane un’ombra indelebile nel tessuto della storia umana, un doloroso ricordo che si rinnova in un’epoca segnata da conflitti devastanti.
Quest’anno, in occasione dell’ottantunesimo anniversario dell’evento, è più che mai doveroso ricordare quei tragici avvenimenti. Il 6 settembre 1943, mentre l’Italia era ancora formalmente alleata della Germania nazista, la comunità di Rizziconi fu travolta da una violenza tanto improvvisa quanto insensata, inflitta da coloro che, in teoria, avrebbero dovuto essere alleati. Fu in quel giorno che il colonnello Krueger, comandante della 71° Divisione Panzergrenadier, dalle alture del Monte Poro, ordinò un devastante bombardamento su questo piccolo centro calabrese, apparentemente privo di valore strategico.
Le ragioni di questa furia restano oscure: forse Krueger stava eseguendo ordini superiori, o forse fu spinto da una follia incontrollabile. Quel che è certo è che Rizziconi si trasformò in un inferno di fuoco. Le case si sgretolarono come fragili castelli di sabbia sotto la pioggia di bombe, mentre gli abitanti, colti di sorpresa, divennero bersagli indifesi di una violenza cieca. Diciassette vite furono spezzate, tra cui dieci bambini: fiori del futuro strappati ancor prima di poter sbocciare. Ventitré persone rimasero ferite, e cicatrici invisibili marchiarono per sempre l’animo di chi sopravvisse a quella tragica giornata.
Alla luce degli eventi successivi, l’attacco tedesco a Rizziconi assume un significato ancora più agghiacciante. Pochi giorni dopo, l’8 settembre 1943, l’Italia annunciò l’armistizio con le forze alleate, ponendo fine all’alleanza con la Germania e aprendo un nuovo, tragico capitolo della guerra. Fu allora che la strage di Rizziconi rivelò la sua vera natura: un’anticipazione della svolta brutale che avrebbe portato i tedeschi a considerare il territorio italiano non più come quello di un alleato, ma di un nemico da annientare.
Da quel momento, la furia tedesca si abbatté con crescente violenza sull’Italia. Solo tre giorni dopo, l’11 settembre, la strage di Nola ne divenne un tragico esempio: le truppe tedesche massacrarono numerosi soldati italiani che si erano rifiutati di consegnare le armi. In tutta la penisola, migliaia di militari italiani furono catturati, internati e deportati nei lager nazisti, vittime di una rappresaglia implacabile contro coloro che, fino a poco prima, erano stati compagni d’armi.
In questo contesto, la tragedia di Rizziconi emerge come un sinistro presagio di ciò che sarebbe accaduto nelle settimane e nei mesi successivi: una violenza cieca e spietata contro un popolo e un esercito già provati dalla guerra. Per lungo tempo, questo massacro nazista in Calabria è rimasto un capitolo oscuro, sepolto sotto il peso del silenzio. Solo nel 2016, grazie all’impegno instancabile di studiosi determinati a preservare la memoria, quell’atrocità è stata finalmente riconosciuta e censita nell’Atlante delle stragi nazifasciste in Italia, a testimonianza della nostra promessa di non dimenticare.
Nel cuore di Rizziconi, una maestosa stele marmorea, scolpita dallo scultore Alberto Sparapani, si erge come un monolito a memoria per le generazioni future. Su di essa sono incisi con cura i nomi delle diciassette vittime. Questi nomi non sono solo scolpiti nella pietra, ma anche nel cuore della memoria collettiva, una promessa solenne di non dimenticare mai il sacrificio e l’ingiustizia. Ogni nome è una storia, un futuro rubato, e la memoria di questa tragedia deve essere il nostro perpetuo dovere.
La strage di Rizziconi, come quelle che ancora oggi devastano il mondo, ci ricorda che l’indifferenza verso la sofferenza umana è un pericolo che non possiamo permetterci. La storia ci insegna che dobbiamo agire per evitare che le atrocità del passato si ripetano. (nm)
[Nicola Mazzarita è Presidente, Sezione Anei – Associazione Nazionale Ex Internati nei Lager nazisti – Volontari della Libertà – Città Metropolitana di Reggio Calabria]