DRAGHI, LA MISSIONE È RILANCIO DEL SUD
OBIETTIVO: STOP ALL’INCAPACITÀ DI SPESA

di SANTO STRATI – C’è un positivo risultato dalla due giorni promossa dalla ministra Mara Carfagna sulle idee per far ripartire il Sud: il Mezzogiorno è stato al centro del dibattito politico, con un’evidente assunzione di responsabilità del Presidente del Consiglio Mario Draghi (in apertura dei lavori) e del ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco (in chiusura). Il Governo, in buona sostanza, è cosciente che “esiste” un problema Mezzogiorno, che esiste un divario che si allarga ogni giorno di più tra Nord e Sud e che, obiettivamente, non è più tollerabile.

Non era, né voleva essere, un’operazione mediatica (peraltro riuscita anche in questo senso), bensì un progetto di ascolto e raccolta di idee dal territorio (oltre 500 le proposte inviate via web) e la formale assunzione di impegni istituzionali per cambiare il presente. La parola magica è rinnovamento, là dove il Paese riuscirà ad offrire uguali opportunità a ciascuno dei suoi abitanti, indipendentemente dal suo luogo di residenza o, peggio, di provenienza. Non è più accettabile che la spesa dello Stato corrisponda a circa 320 euro per un cittadino del centro Nord e di malcontati venti euro per un cittadino del Mezzogiorno. Occorre partire da questa considerazione, fatta propria dal presidente Draghi, se si vogliono davvero creare i presupposti sociali per una nuova stagione di inclusione e coesione: senza il Sud il Paese non riparte e, d’altra parte, il Nord non va avanti se vengono a mancare i consumi del Mezzogiorno. Quindi è necessario un impegno comune che travalichi posizioni antistoriche tra Nord e Sud e pensi unicamente al bene del Paese, un Paese unito, coeso, solidale.

Soprattutto emerge da queste assise di riscossa del Sud l’elemento chiave che spiega la causa del divario e di un apparente abbandono delle aree meridionali: l’incapacità, fin qui dimostrata, di saper spendere (sia nel Mezzogiorno sia in tutto il Paese). È un punto anticipato da Draghi nel suo discorso di apertura, ma ripreso dai tanti autorevoli oratori che si sono susseguiti e ribadito infine dalla ministra Carfagna: « I soldi ci sono – ha detto –, bisogna trasformarli in opere. Noi abbiamo un modello di efficacia: il ponte Morandi. Ha rappresentato una grande tragedia nazionale. Però ha rappresentato anche un modello di efficienza. All’indomani del crollo, le istituzioni hanno saputo fare squadra, rete, hanno messo da parte contrapposizione e lavorato in un’unica direzione e anche le imprese hanno accelerato ogni procedura. Nessuno si perse in ricorsi e cavilli. Dopo un anno, Genova piangeva ancora i suoi morti e la ferita profonda, però aveva il suo ponte. Oggi, davanti a un’emergenza così larga, che riguarda circa 20 milioni di cittadini meridionali, il loro benessere, futuro, speranze e diritti. Il nostro dovere di classe dirigente è individuare i modi e gli strumenti per replicare su scala nazionale e meridionale quel modello di efficienza. Il governo è già all’opera per individuare questi strumenti».

Teniamo a mente quest’ultima affermazione. L’impressione è che, stavolta, il Governo abbia la volontà politica di fare e non di perdersi in chiacchiere, secondo tradizione. Il Mezzogiorno ha bisogno di interventi, il ministro dell’Economia Franco lo ha detto senza girarci intorno: serve un impegno corale che deve vedere tutti remare nella stesa direzione. Le risorse ci sono – questo è chiaro, fin troppo evidente – serve però la volontà politica per un grande rilancio del Paese che passi attraverso un obiettivo trasversale di rinascita di tutto il Meridione.

È quello che viene fuori da queste singolari assise che hanno visto una grande partecipazione e una grande voglia di contribuire, ognuno con le proprie competenze, a delineare un disegno strategico che servirà a far decollare il Sud. Anche perché è l’ultima spiaggia. Quando ricapita una situazione che richiama, per certi versi, il dopoguerra con il Piano Marshall? L’Italia venne ricostruita in breve tempo, conquistando un ruolo di primo piano in Europa: oggi siamo alle soglie di un nuovo Piano Marshall che deve far ripartire il Paese e bisogna esser pronti appena la pandemia cesserà di essere un nemico insidioso e invisibile, avversario della socialità e dello sviluppo, artefice di morti e sventure economico-finanziarie, ma non un nemico imbattibile.

Per questo, bisogna essere pronti. La prima bozza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – come Calabria.Live aveva indicato subito, lanciando l’allarme – non aveva preso in alcuna considerazione la Calabria, oggi, nella riscrittura della bozza che dovrà essere presentata tra 40 giorni a Bruxelles, la Carfagna ha detto che vuole far emergere il “peso” del Sud in ogni capitolo del PNRR: il Sud – ha annunciato la ministra – intercetterà circa il 50 % degli investimenti.

«Abbiamo scelto – ha detto la ministra Carfagna – di legare insieme le principali priorità per lo sviluppo: assistenza contro la povertà educativa, lotta alle mafie, irrobustimento delle infrastrutture sociali e materiali per le aree interne, attrattività delle aree portuali, stimolo alla creatività e all’innovazione. Nello specifico, intendiamo puntare sul rilancio delle ZES, le Zone Economiche Speciali, con una riforma che le renda davvero operative e attrattive per gli investitori e con 600 milioni di opere infrastrutturali dedicate».

Ce n’è di che ragionare e pianificare. Adesso bisogna aspettare i fatti. I meridionali, i calabresi, in particolare, vogliono concretezza. C’è un voluminoso dossier messo insieme in questi due giorni e c’è da attendersi un impegno non più fatto di annunci, ma di realizzazioni e di realtà. Occorre, però, essere vigili, pur sostanzialmente e ottimisticamente fiduciosi. La Carfagna e la Nesci, due donne contro il divario: abbiamo la sensazione che lasceranno il segno. (s)