Confedilizia Calabria: Blocco sfratti, alla Corte Costituzionale l’ultima parola

Sandro Scoppa, presidente di Confedilizia Calabria, è intervenuto in merito alla decisione del Tribunale di Trieste, che ha disposto la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, meglio nota come “blocco degli sfratti”, per violazione di ben sei articoli della Carta fondamentale.

«L’ordinanza del Tribunale di Trieste – ha detto Scoppa – sembra dare voce alle voci sempre più numerose che si sono alzate per una misura palesemente iniqua, che penalizza notevolmente soprattutto i piccoli proprietari. Questi ultimi rappresentano una categoria eterogenea e variegata, costituita per gran parte da lavoratori dipendenti, pensionati, artigiani, commercianti e operai, piccoli risparmiatori, spesso gravati da un mutuo, che dalla casa o dal locale commerciale locato traevano le risorse per mantenersi, quale unica entrata o quale integrazione di un reddito da lavoro o da pensione modesto. Si aggiunga poi che gli sfratti bloccati riguardano per lo più situazioni che nulla hanno a che fare con il Covid e molto risalenti nel tempo». 

«In ogni caso – ha aggiunto – anche nelle realtà – ovviamente esistenti – in cui vi è una difficoltà dell’inquilino, è il sistema pubblico che deve farsi carico del problema, non un altro privato su imposizione dello Stato. Se ci sono persone in situazione di bisogno (e fra i tanti beneficiari del blocco – insieme con gli approfittatori – ci sono ovviamente anche quelle), sono Stato, Regioni e Comuni che devono intervenire». 

«La Corte costituzionale, ora – ha concluso – è chiamata ad esprimersi, ma Governo e Parlamento avrebbero tutto il tempo per intervenire prima, anche modificando quanto appena disposto in occasione della conversione in legge del decreto sostegni. Lo faranno?».

Nel provvedimento, a parte il dubbio sulla carenza dei presupposti di necessità ed urgenza richiesti, si fa notare che «non può giustificarsi ed è palesemente irragionevole» la sospensione dei rilasci per morosità preesistenti alla pandemia e l’aggravamento della posizione del proprietario «quasi che egli non dovesse subire i contraccolpi della pandemia allo stesso modo, o anche maggiormente, in confronto all’occupante».

Davanti all’abusività dell’occupazione dell’immobile – aggiungono ancora i giudici triestini – «non si comprende la ragione per cui non debba prevalere il ripristino della legalità violata». 

«La mancata considerazione delle rispettive, concrete situazioni, del proprietario e dell’occupante abusivo – sottolinea altresì il Tribunale – non è più costituzionalmente tollerabile», visto che finisce col tramutarsi in un «esproprio in senso sostanziale senza indennizzo, con penalizzazione di un legittimo investimento».

 Da ultimo il Tribunale fa notare che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha già avuto modo di censurare, fin dal 2002, i ritardi e la dilazione dell’esecuzione del rilascio degli immobili in Italia e che «appare dunque illegittimo il disporre con legge la ritardata dilazione dell’esecuzione di provvedimenti giurisdizionali di rilascio degli immobili (anche) per situazioni estranee all’emergenza sanitaria e senza tenere nel minimo conto i legittimi diritti del proprietario pur se incisi dall’emergenza medesima». (rcz)